Vai al contenuto

Pagina:Da Vinci - Frammenti letterari e filosofici.djvu/217

Da Wikisource.

la natura. 169


XCVI. — sullo stesso soggetto.

Guarda il lume e considera la sua bellezza. Batti l’occhio e riguardalo: ciò che di lui tu vedi, prima non era e, ciò che di lui era, più non è.

Chi è quel che lo rifà, se ’l fattore al continuo muore?

XCVII. — ancora sullo stesso soggetto.1

Anassagora. Ogni cosa vien da ogni cosa, ed ogni cosa si fa ogni cosa, e ogni cosa torna in ogni cosa, perchè ciò ch’è nelli elementi è fatto da essi elementi.

XCVIII. — sulla esistenza della morte e del dolore nel mondo.

La natura pare qui in molti o di molti animali stata più presto crudele matrigna che madre, o d’alcuni non matrigna, ma pietosa madre.

XCIX. — sul medesimo soggetto.

Perchè la natura non ordinò, che l’uno animale non vivesse della morte dell’altro?

La natura, essendo vaga e pigliando piacere del creare e fare continue vite e forme, perchè conosce, che sono accrescimento

  1. Secondo Anassagora, ogni cosa nel mondo è composta da una somma di componenti della stessa natura dell’intero, chiamati da lui stesso σπέρματα (Fr. 1, 3, 6 [4]): questi principi ultimi si trovano sparsi da per tutto, sempre eguali a se stessi, ed entrano nella composizione di ogni essere inorganico e organico. Si veda Zeller, Gesch. der Philosophie der Griechen. I, pag. 875-885. Le medesime espressioni del frammento di Leonardo si trovano nel De umbris idearum, Berlino, 1868, pag. 28, del Bruno, e risalgono probabilmente a Lucrezio, De rerum natura, lib. I, v. 830 e segg.