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Utente:MisterIp/Sandbox

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«Lo sport non è solo star bene fisicamente – ci ha detto Andreea, in una breve intervista –: è cercare di dare il meglio di sé stessi, ogni volta, anche se hai disabilità. Io non pensavo di riuscire ad arrivare a Rio, dove ho preso la medaglia. Ma con tanti o la medaglia, ce la fai: devi fare qualsiasi cosa per raggiungere i tuoi obiettivi. E io ho fatto di tutto e di più, e ho realizzato il mio sogno.»

Andreea Mogos
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Scherma
SpecialitàFioretto e Sciabola[1]
Carriera
Squadre di club
????-Lamerotanti Wheelchair Fencing[2]Fiamme Oro[1]
 

Andreea Mogos (nata come Andreea Ionela Mogos[2]; Vaslui, 2 giugno 1988) è una schermitrice italiana, medaglia di bronzo alle paralimpiadi di Rio del 2016[3].

Figlia di romeni emigrati a Volpiano[4], è cugina del calciatore della nazionale rumena di calcio Vasile Mogoș, i loro padri sono fratelli[5].

Rimasta paralizzata dopo un incidente automobilistico[2] in Austria durante il viaggio di ritorno a casa dalla Romania, da quel momento scopre lo sport e accidentalmente la scherma[6]

Attività sportiva

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Fiorettista, tira anche di sciabola, nel novembre 2016 durante i Mondiali di Pisa vince la medaglia d'argento nella sciabola femminile[7]; è allenata da Andrea Pontillo[1].

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https://www.federscherma.it/homepage/la-scherma/atleti/fiteam/12112.html

Elisabetta Mijno
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Tiro con l'arco
Carriera
Squadre di club
2002-Fiamme Azzurre
 

Elisabetta Mijno (Moncalieri, 10 gennaio 1986) è un'arciera italiana, paralimpica,.

Attività sportiva

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Francesca Fenocchio
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Scherma
SpecialitàFioretto
Carriera
Squadre di club
2002-Scherma Mogliano
Statistiche aggiornate al 14 settembre 2016

Francesca Fenocchio (...) è una schermitrice italiana, paralimpica,.

Attività sportiva

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Silvia De Maria
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Scherma
SpecialitàFioretto
Carriera
Squadre di club
2002-Scherma Mogliano
Statistiche aggiornate al 14 settembre 2016

Silvia De Maria (...) è una schermitrice italiana, paralimpica,.

Attività sportiva

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Mahila Laura Maria Di Battista
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Scherma
SpecialitàFioretto
Carriera
Squadre di club
2002-Scherma Mogliano
Statistiche aggiornate al 14 settembre 2016

Mahila Laura Maria Di Battista (...) è una schermitrice italiana, paralimpica,.

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Florinda Trombetta
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Scherma
SpecialitàFioretto
Carriera
Squadre di club
2002-Scherma Mogliano
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Florinda Trombetta (...) è una schermitrice italiana, paralimpica,.

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Claudia Schluer
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Scherma
SpecialitàFioretto
Carriera
Squadre di club
2002-Scherma Mogliano
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Claudia Schluer (...) è una schermitrice italiana, paralimpica,.

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Antonella Cecilia
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Scherma
SpecialitàFioretto
Carriera
Squadre di club
2002-Scherma Mogliano
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Antonella Cecilia (...) è una schermitrice italiana, paralimpica,.

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Francesca Salvade
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Scherma
SpecialitàFioretto
Carriera
Squadre di club
2002-Scherma Mogliano
Statistiche aggiornate al 14 settembre 2016

Francesca Salvade (...) è una schermitrice italiana, paralimpica,.

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Silvia Veratti
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Scherma
SpecialitàFioretto
Carriera
Squadre di club
2002-Scherma Mogliano
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Silvia Veratti (...) è una schermitrice italiana, paralimpica,.

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Stefania Chiaroni
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Scherma
SpecialitàFioretto
Carriera
Squadre di club
2002-Scherma Mogliano
Statistiche aggiornate al 14 settembre 2016

Stefania Chiaroni (...) è una schermitrice italiana, paralimpica,.

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Emanuela Romano
NazionalitàItalia (bandiera) Italia
Scherma
SpecialitàFioretto
Carriera
Squadre di club
2002-Scherma Mogliano
Statistiche aggiornate al 14 settembre 2016

Emanuela Romano (...) è una schermitrice italiana, paralimpica,.

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Aisha Rocek


Lina Freppa Felice Cottrau Violetta D'Urso

 Joseph Guillaume Cottrau[1]
sp. Adelaide Girault d'Egrefeuille[1]
 
   
 Guglielmo Cottrau
1 sp. Giovanna Cirillo[2]
Pietro Felice
pittore[2], mancano informazioni
Jeanne
sp. Freppa[2], mancano informazioni
 
       
 Teodoro
sp. Rosa Ercole (1828-1908), ved. Salvatore D'Urso[2]
 Felice
giornalista e critico musicale[2], mancano informazioni
 Paolo
ammiraglio[2], mancano informazioni
 Alfredo
1 sp. Edwige Panceri e successivamente Enrica Giussani[2]
Arturo
mancano informazioni[2]
Adelaide
sp. Paolo Panceri, zoologo[2]
Guglielmina
sp. Amato Martonelli[2]
  
           
 Livia
1 sp. Corrado Capocci[3]
Maria
sp. Paolo Cottrau[2], omonimo dello zio (?) ammiraglio[4]
Erminia
sp. Enrico Benevento[2]
Anna
sp. Adolfo Cerillo[2]
Giuditta
mancano informazioni[2]
Sofia
mancano informazioni[2]
Alfredo
(1884-1947) sp. Giulia Salvini (1884-1951), discendenza conosciuta[2]
Albina
sp. Mario D'Urso sr.[2]
Enrico
mancano informazioni[2]
Ines
sp. Paolo Salvini[2]
Mario
sp. Annie Fokker e successivamente Milena Kraus Kopfova, discendenza conosciuta[2]
  
      
Teodoro
morto in guerra
Arturo
morto per malattia contratta durante la guerra, mancano informazioni
Oscar
avvocato, 1 sp. Eugenia Avena
Maria
nessuna discendenza
?
discendenza certa
 Alessandro D'Urso
1, mancano informazioni, sp. Clotilde Serra di Cassano[2]
  
     
 Adriana
Paola
discendenza certa
 Mario D'Urso
[2]
Carlo D'Urso
1 sp. Mita Cattaneo di Sedrano e successivamente Giovanna Albertini, discendenza conosciuta[2]
 Luigi D'Urso
1 sp. Inès de la Fressange[2]
  
    
 Alessandra
mancano informazioni
Altri
mancano informazioni
Nina
mancano informazioni[2]
Violetta
mancano informazioni[2]


https://archive.org/details/bub_gb_zOw5AAAAIAAJ/page/n225?q=%22jules+cottrau%22 https://www.loc.gov/resource/musschatz.10636.0/?sp=23





https://archive.org/details/bub_gb_zOw5AAAAIAAJ/page/n225?q=%22jules+cottrau%22 https://www.loc.gov/resource/musschatz.10636.0/?sp=23

Carlo D'Urso (Roccaraso, 10 agosto 1943[5]1 febbraio 2015[6]) è stato un avvocato italiano.

Bisnipote di Alfredo Cottrau e fratello dell'avvocato Mario D'Urso[2], è stato «avvocato di fiducia di Mediobanca»[7] e «alleato storico dell’industriale mantovano Roberto Colaninno»[8]. Esponente di una nota famiglia di origini napoletane che aveva avuto tra i suoi esponenti diversi avvocati (prima di lui suo padre, nonno Mario e il bisnonno Alessandro), dopo aver conseguito la laurea in Giurisprudenza a Roma e aver svolto il proprio tirocinio presso lo studio di famiglia, D'Urso entra nel mondo della finanza milanese, legandosi professionalmente a Pietro Trimarchi, uno dei legali considerati vicini a Mediobanca, assieme al quale entra nello studio legale dell'avvocato civilista Cesare Grassetti, assurgendo rapidamente ad un posto di primo piano tra gli avvocati d'affari italiani.[9][10] Di lui si è scritto, in occasione della candidatura a membro del consiglio di sorveglianza di Banca Popolare di Milano, che è stato «per le grandi famiglie imprenditoriali, per gli ambienti delle professioni, non solo un legale ma anche un vero punto di riferimento, un consigliere equilibrato, saggio e molto riservato» e definito «storico avvocato di Mediobanca» ed «attore nelle vicende finanziarie italiane degli ultimi 30 anni»[11]. Altri osservatori hanno definito D'Urso come un esponente di punta del cosiddetto "capitalismo di relazione", tipico del tessuto economico italiano del dopoguerra.[12][13][14] Consigliere dell'Inter, si è occupato dello sbarco in borsa delle azioni della società[15]; il suo studio ha assistito la Lactalis in occasione della disputa con la Ferrero per il controllo della Parmalat[16].

D'Urso, uno degli esponenti nel secondo dopoguerra della prima generazione degli avvocati d'affari del Paese[17] entrando ben presto a far parte del gotha forense[17] (dal 1971 al 2004 guidando lo studio che portava il suo nome e in seguito dando vita ad uno studio associato chiamato nel 2010 d'Urso Gatti e Bianchi),[17] ha inoltre fatto parte del consiglio di amministrazione di Acedes, Banca Leonardo[18], Fondiaria-Sai, Gim, Che Banca, Premafin e Snai.[19][20] Carlo d'Urso era inoltre vice presidente del consiglio di amministrazione e amministratore non esecutivo di IMMSI spa.[21]

In suo ricordo è stato istituito nel 2015 dall'Università statale di Milano il premio annuale di studio Carlo d'Urso riservato a neolaureati in giurisprudenza con una votazione di 110 o 110 e lode.[22]

  1. ^ a b Pasquale Scialò e Francesca Seller, op. cit., pagina 67
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u v w x y z aa Carughi e Guida, p.15 Errore nelle note: Tag <ref> non valido; il nome "unocinque" è stato definito più volte con contenuti diversi
  3. ^ ingegnere, viene ricordato per alcuni progetti come una nuova via di unione fra piazza S. Ferdinando e Via dei Mille a Napoli, fonte G.Russo, Il Risanamento e l'ampliamento della città di Napoli, volume II, p.236
  4. ^ mancano fonti sui suoi genitori
  5. ^ Carlo d'Urso immsi.it
  6. ^ Una cerimonia per l’avvocato Carlo d’Urso, il “consigliere delle dinastie” repubblica.it
  7. ^ Tutta la Milano degli affari per l'addio a Carlo D'Urso adnkronos.com
  8. ^ Addio a Carlo d’Urso Alleato e socio di Colaninno gazzettadimantova.gelocal.it
  9. ^ Addio a Carlo D'Urso - Toplegal.it
  10. ^ Il D’Urso avvocato d’affari amico di vip e banchieri lastampa.it
  11. ^ Bpm, pronta la squadra Bonomi ilsole24ore.com
  12. ^ Avvocati d'affari, il gran business dei facilitatori di business - Il Foglio
  13. ^ Quei Poteri Forti degli studi legali - La Repubblica
  14. ^ Luigi Zingales, Esperti poco indipendenti - Il Sole 24 Ore
  15. ^ Ecco in esclusiva il piano in 3 mosse di Thohir per portare l’Inter alla quotazione a Singapore nel 2016 ilsole24ore.com
  16. ^ Parmalat, i fondi vendono a Lactalis. I francesi salgono al 29% - Ferrero: «Ancora interessati se matureranno le condizioni» ilsole24ore.com
  17. ^ a b c Addio a Carlo d'Urso, decano dei business lawyer italiani, su legalcommunity.it, 2 febbraio 2015. URL consultato il 23 dicembre 2019.
  18. ^ Soci di prim'ordine per Braggiotti in Banca Leonardo - Il Sole 24 Ore
  19. ^ Amalia di Carlo, "Una poltrona non due", TopLegal, aprile 2012, pp. 10-25
  20. ^ Troppe cariche: ecco i manager più assenteisti - Il Sole 24 Ore
  21. ^ Addio a Carlo d'Urso Alleato e socio di Colaninno - Gazzetta di Mantova
  22. ^ Premio di studio in ricordo dell'avv.Carlo d'Urso, su beccaria.unimi.it. URL consultato il 23 dicembre 2019.
  • Ugo Carughi, Guida Ermanno, Alfredo Cottrau (1839-1898). L'architettura del ferro nell'Italia delle grandi trasformazioni, Napoli, Electa, 2003, ISBN 88-510-0049-2.

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«‘I shall never forget the evenings spent at Mrs Freppa’s with him [Bellini] and Chopin, in the most intimate circle»

Jeanne Nicoline Cottrau, nota anche con lo pseudonimo di Lina Freppa, in ambito familiare anche come Angelina[1] (Parigi, 26 settembre 1802[1] – .), è stata una cantante lirica italiana.

Sorella di Guglielmo Cottrau, nel marzo 1820 sposa[2] Giovanni Freppa [3], pittore e scultore livornese[4]; il matrimonio, infelice, la spinse a tornare a Parigi[5]. Fryderyk Chopin le dedicò le ultime 4 mazurche dell'Opus 17[6].

  • Pasquale Scialò e Francesca Seller, Passatempi musicali: Guillaume Cottrau e la canzone napoletana di primo '800, Guida Editori

Felice Cottrau (nato Pierre Felix Cottrau e conosciuto a Napoli anche come Pietro Felice Cottrau[1]; Parigi, 6 marzo 1799[2]19 dicembre 1852) è stato un pittore italiano.

Fu Professore Onorario[1] al Real Istituto di Belle Arti[3].

  • Pasquale Scialò e Francesca Seller, Passatempi musicali: Guillaume Cottrau e la canzone napoletana di primo '800, Guida Editori


Violetta D'Urso

Violetta D'Urso (...) è una supermodella italiana.

Proviene da famiglie nobili sia da parte di padre sia da parte di madre, Luigi D'Urso era bisnipote del franco napoletano Alfredo Cottrau[1] che a sua volta era figlio della Contessa[2] Adelaide Girault d'Egrefeuille[3], la madre Inès de la Fressange è figlia del marchese André de Seignard de la Fressange[4].

  • Ugo Carughi, Guida Ermanno, Alfredo Cottrau (1839-1898). L'architettura del ferro nell'Italia delle grandi trasformazioni, Napoli, Electa, 2003, ISBN 88-510-0049-2.

Gli immortali, togliere gli stranieri

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Probabili (ma anche sicuri) centenari

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I giocatori seguenti non hanno la data di nascita nel template:Bio, così non è possibile sapere al 100% se sono ancora vivi.

Coccodrilli da cercare in ordine cronologico

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Nell'estate del 1971, rispondendo a un invito di Ravi Shankar, Harrison organizzò in prima persona il celebre concerto per il Bangladesh, iniziativa benefica a favore delle popolazioni di profughi dalla guerra civile tra India e Pakistan che portò alla costituzione dello Stato del Bangladesh.[senza fonte]

Pubblicità per la pubblicazione del singolo Bangla Desh
La chitarra usata da Harrison durante il concerto per il Bangladesh

L'evento, che sarebbe diventato il suo "fiore all'occhiello", fu la prima iniziativa musicale di beneficenza di ampia portata ed ebbe una risonanza mondiale. Il 1º agosto furono organizzati due spettacoli dal vivo al Madison Square Garden di New York che fecero registrare il "tutto esaurito" grazie alla presenza di ospiti illustri quali Bob Dylan, Ravi Shankar, Eric Clapton, Leon Russell e Ringo Starr.[senza fonte]

Gli spettacoli furono seguiti da un pubblico di circa 40.000 spettatori. Il secondo concerto fu registrato e pubblicato sul triplo LP live intitolato The Concert for Bangla Desh (1971), che ottenne un notevole successo in tutto il mondo, vendendo circa cinque milioni di copie.[1]

Dall'evento fu ricavato anche un film concerto dallo stesso titolo (1972). George Harrison e Ravi Shankar ricevettero poi il premio Child Is The Father of the Man dall'UNICEF, come riconoscimento per gli impegni umanitari, mentre il doppio album ricevette il premio "Album dell'anno" ai Grammy Award del 1972. Considerando la portata dell'evento, gli intenti benefici furono tuttavia raggiunti soltanto parzialmente. Nel corso del 1972, i funzionari del Fisco americano sollevarono varie questioni in merito ai proventi raccolti dal concerto e dalle iniziative connesse.

L'album, tra l'altro, non fu considerato una pubblicazione benefica, con la conseguente applicazione sui proventi della normale tassazione per le pubblicazioni standard. Una parte consistente dei fondi raccolti rimase quindi bloccata fino al 1981.[senza fonte]

Fu un duro colpo per Harrison, che rimpianse per lungo tempo il fatto di aver organizzato il concerto in fretta (cinque settimane soltanto) e di non aver istituito, causa i tempi ristretti, una fondazione benefica a cui destinare subito e senza problemi tutti i fondi raccolti.[2]

Da Living in the Material World alla fine degli anni settanta (1973-1979)

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Pubblicità per la pubblicazione dell'album Dark Horse

Come riflesso dei suoi interessi umanitari e soprattutto dopo le spiacevoli vicende fiscali seguite al Concerto per il Bangladesh, nell'aprile 1973 Harrison istituì la Material World Charitable Foundation, una fondazione con cui volle supportare attivamente vari progetti di beneficenza in tutto il mondo. Alla fondazione decise di donare i proventi derivanti dai diritti d'autore di alcune canzoni incluse nel suo album successivo, Living in the Material World, che ancora una volta fece registrare vendite molto alte, stimate in oltre quattro milioni di copie in tutto il mondo, anche grazie al successo del singolo Give Me Love (Give Me Peace on Earth) che arriva primo nella Billboard Hot 100. Dai testi di molte canzoni dell'album si capiva quanto Harrison fosse preoccupato per le condizioni del mondo e quanto fosse interessato alla spiritualità anziché alla materialità.

Nel 1974 Harrison fondò una propria etichetta discografica, la Dark Horse Records, la cui prima scrittura andò all'amico e maestro di sitar Ravi Shankar. Proprio con lui, tra novembre e dicembre di quell'anno, Harrison effettuò una tour di cinquanta concerti tra gli Stati Uniti e il Canada. L'evento promosse l'uscita dell'album Dark Horse e del singolo omonimo. Tuttavia, in quel periodo Harrison fu affetto da una persistente laringite e le sue performance vocali durante i concerti furono alquanto stentate. Decise comunque di portare a termine la tournée che, sebbene ben seguita dal pubblico, ricevette critiche pesantemente negative da parte della stampa americana. A causa di questa reazione negativa, le vendite del nuovo album furono seriamente compromesse (furono meno della metà di quelle dell'album precedente), così come fu messa in discussione addirittura la reputazione di Harrison nel music business internazionale.

Le critiche suscitate dal tour americano contribuirono, almeno in parte, a favorire il graduale distacco di Harrison dalla ribalta. Nella seconda metà degli anni settanta le sue apparizioni pubbliche furono sporadiche e tra esse si ricordano: una partecipazione televisiva al programma Saturday Night Live con Paul Simon nel 1976, una partecipazione allo special televisivo Ringo nel 1978 e, pochi mesi dopo, una piccola parte in All You Need Is Cash (1978), un graffiante film parodistico di Eric Idle (del gruppo di comici inglesi Monty Python) sulla storia dei Rutles, una banda fittizia che prendeva in giro i Beatles.

Harrison continuò a pubblicare nuovi album, registrati per lo più nel suo studio privato a Friar Park, uno tra i più sofisticati del mondo. Le vendite dei dischi si mantennero su livelli piuttosto buoni e gli fruttarono qualche altro successo di media classifica. Nel 1975 pubblicò l'album Extra Texture (Read All About It) che portò al successo il singolo You. L'anno seguente uscì, invece, Thirty-Three & 1/3 che portò al successo i singoli This Song e Crackerbox Palace.

Dall'ultima parte degli anni settanta Harrison iniziò a dedicare molto del suo tempo libero a due passatempi: le corse automobilistiche di Formula Uno (per cui fu ospite frequente tra il pubblico degli appassionati in varie parti del mondo) e la cura attenta per lo splendido parco della sua tenuta di Friar Park, nei pressi di Oxford. Alla fine del decennio, ad oltre due anni dall'album precedente, uscì l'album eponimo George Harrison (1979) che portò al successo il singolo Blow Away.

La HandMade Films (1978-1982)

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Alla fine degli anni settanta, l'amicizia con il gruppo di comici Monty Python lo stimolò nel finanziare la produzione del film Life Of Brian (1978), inizialmente rifiutato dalla Warner Brothers. L'iniziativa ebbe successo tanto da indurlo a fondare con il socio Dennis O' Brien la casa di produzione HandMade Films, parte della Dark Horse Productions, con l'obiettivo di finanziare pellicole dal budget contenuto, che le case più grandi avrebbero magari rifiutato.

Nel frattempo, anche la vita privata aveva raggiunto una tranquilla stabilità. Dopo il divorzio dalla prima moglie Pattie Boyd, nel 1978 Harrison aveva sposato Olivia Trinidad Arias, un'ex-segretaria della Dark Horse di origini messicane, da cui aveva avuto il figlio Dhani.

Successivamente, nel 1979 Harrison pubblicò, prima in edizione limitata (Genesis Publications) poi in edizione commerciale (1980), il libro I, Me, Mine, una breve ma celebre autobiografia in cui rivelava retroscena inediti e amari dell'epoca dei Beatles e del suo difficile rapporto con la fama e con lo show business, due realtà molto spesso accettate con riluttanza.

Da Somewhere in England agli anni del ritiro dalle scene (1981-1987)

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Lo stesso argomento in dettaglio: Somewhere in England e Gone Troppo.

Negli anni ottanta Harrison ridusse notevolmente l'attività musicale e si dedicò prevalentemente alla produzione cinematografica, ottenendo buoni successi internazionali soprattutto come produttore esecutivo dei film dei Monty Python. Nel corso della sua attività, la HandMade Films alternò pellicole di successo ad episodi meno fortunati. Verso la metà del decennio la casa di produzione di Harrison diventò una presenza importante nell'ambito del cinema indipendente britannico. Harrison fu costretto a vendere la Hand Made Films nel 1994, per motivi economici.

Sul fronte discografico, l'album Somewhere in England (1981) subì parecchi ritardi e uscì sul mercato in un'edizione differente da quella inizialmente prevista. La prima versione del disco fu infatti rifiutata dalla casa discografica, secondo la quale quattro canzoni in essa incluse erano al di sotto dello standard qualitativo di Harrison. Il musicista registrò quindi quattro nuovi brani in sostituzione di quelli scartati, tra i quali la bella All Those Years Ago, suo personale tributo all'ex-collega John Lennon, recentemente scomparso e inizialmente destinata al nuovo album di Ringo Starr. Il singolo, a cui parteciparono lo stesso Ringo, Paul e Linda McCartney, diventò un immediato successo, raggiungendo il primo posto in Canada, il secondo posto negli Stati Uniti e quasi tutte le Top 20 internazionali.

Nonostante il recente successo, Harrison si sentiva sempre più in difficoltà nel mettersi in relazione con il music business del tempo, di cui faceva parte suo malgrado. Per far fronte all'ultimo obbligo contrattuale con la Warner Brothers, nel 1982 registrò comunque l'album Gone Troppo per il quale, tuttavia, non volle effettuare alcuna promozione. Per questa ragione, una volta pubblicato, l'album fu un tremendo insuccesso: raggiunse soltanto la 108ª posizione nella classifica degli Stati Uniti e passò praticamente inosservato.

Trascorsero poi ben cinque anni durante i quali l'artista - a parte gli impegni nel campo della cinematografia - rimase lontano dalle cronache e fece parlare di sé assai di rado. Anche le sue apparizioni in pubblico furono scarse: le uniche degne di nota furono un'estemporanea presenza sul palco con i Deep Purple in Australia (1984), la partecipazione allo special televisivo Carl Perkins Tribute (1985) e la partecipazione al concerto per il decimo anniversario della fondazione benefica Prince's Trust (1987).

Rientro in scena (1987-1988)

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Lo stesso argomento in dettaglio: Cloud Nine.
Eric Clapton, frequente partner musicale di Harrison (qui negli anni settanta)

Pubblicato alla fine del 1987, l'album Cloud Nine segnò il prepotente rientro di George Harrison sulla scena musicale e ottenne un notevole successo, che riuscì a rinverdire antichi fasti. Prodotto insieme a Jeff Lynne, che collaborò anche alla scrittura dei brani, il disco si avvale della presenza di altri illustri colleghi quali Eric Clapton, Elton John, Gary Wright e Ringo Starr.

L'album si segnala, in particolare, per gli arrangiamenti curati e per le melodie fresche e briose, che hanno "aggiornato" la magia dei Beatles agli anni ottanta. Il singolo Got My Mind Set on You, cover di una vecchia canzone di Rudy Clark, riportò il nome di Harrison in vetta alla classifica statunitense dopo molto tempo. Buon successo ottenne anche la canzone When We Was Fab, in cui Harrison ricordava i tempi andati evocando intenzionalmente i Beatles. La canzone deve una parte della sua popolarità al sofisticato e divertente videoclip con cui fu promossa. Nel filmato assieme ad Harrison si vedono Ringo Starr nel ruolo del batterista, Jeff Lynne in quello di un suonatore di violino ed Elton John in quello di un passante che fa l'elemosina a Harrison non accorgendosi di essere derubato dallo stesso. Nel finale del brano (di stile molto "beatlesiano") si sente un assolo di sitar, suonato dallo stesso Harrison per evocare il suo importante periodo di sperimentazione orientale.

Il 25 febbraio 1988, giorno del suo 45º compleanno, Harrison fu ospite al Festival di Sanremo. In quell'occasione fu proiettato il videoclip di When We Was Fab, poi premiato dalla giuria del Festival come "Miglior Video dell'Anno".

I Traveling Wilburys (1988 - 1990)

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Lo stesso argomento in dettaglio: Traveling Wilburys e Traveling Wilburys Vol. 1.

Alla fine del 1988 suscitò sorpresa la partecipazione di Harrison a Traveling Wilburys (1988), un progetto discografico di moderna american music straordinariamente riuscito. L'album, che ottenne un notevole successo commerciale vendendo quasi sei milioni di copie in tutto il mondo, è accreditato ai fantomatici "fratelli Wilburys", sigla dietro la quale oltre all'ex-Beatle si celavano Bob Dylan, Tom Petty, Jeff Lynne e Roy Orbison il quale morì improvvisamente poche settimane dopo l'uscita del disco. Questo lavoro deve il suo successo critico e commerciale al fatto di essere riuscito a trarre il meglio da ciascuno dei musicisti coinvolti. In effetti, ottenne un riscontro di vendite superiore a quello che avevano ottenuto (o che avrebbero potuto ottenere) gli album solisti di ciascun componente del gruppo.

Le critiche che in passato avevano messo in ombra una parte della produzione di Harrison erano ormai un lontano ricordo. Anche Paul McCartney, dopo tanti anni, gli propose di tornare a comporre insieme. Harrison tuttavia rifiutò e preferì continuare a lavorare in altre occasioni con i suoi più recenti collaboratori, che avevano invece apprezzato il suo talento da sempre senza mai criticarlo. Nel periodo, Harrison seguì ancora i "Fratelli" anche in alcuni loro progetti solisti, contribuendo agli album Full Moon Fever di Tom Petty, Mystery Girl di Roy Orbison nel 1989 e a Under the Red Sky di Bob Dylan l'anno successivo.

Sempre nel 1989, il termine del secondo decennio di carriera individuale fu onorato con la pubblicazione di un'antologia, Best of Dark Horse 1976-1989, che raccoglie i brani più importanti del periodo e include due canzoni nuove.

Dal tour in Giappone alla Beatles Anthology (1990-1997)

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A molto tempo ormai dai fasti dei Beatles, negli anni novanta George Harrison, ormai appagato sotto molti punti di vista, si divise comodamente tra i consueti impegni nel campo della cinematografia e una comoda attività musicale. L'unico risultato in studio fu il secondo capitolo della saga dei Traveling Wilburys, ironicamente intitolato Traveling Wilburys Vol. 3 (1990), che ottenne un confortante successo commerciale. Il disco è dedicato allo scomparso Roy Orbison ed è realizzato sempre in compagnia dei "fratelli" Bob Dylan, Tom Petty e Jeff Lynne. Quest'ultimo produsse il lavoro assieme ad Harrison.

Espletati gli impegni con la "famiglia" Wilbury, nel dicembre 1991 il chitarrista, convinto da Eric Clapton, decise di affrontare nuovamente il pubblico, a tanti anni dall'ultima tournée. La mossa fu comunque criticata dai media, visto che Harrison optò solo per alcune date da effettuarsi in Giappone. Ad accompagnarlo c'erano l'amico di sempre Eric Clapton e la sua band, un gruppo di musicisti di prima scelta in cui si segnala Chuck Leavell alle tastiere. Il risultato discografico fu il doppio album Live In Japan (1992) che, nonostante le critiche positive, nulla aggiunse alle fortune dell'ex-Beatle. Poco dopo la tournée giapponese, il 6 aprile 1992, Harrison suonò dal vivo alla Royal Albert Hall di Londra. Il concerto faceva parte delle attività promozionali per il lancio del NLP, Natural Law Party (Partito della Legge Naturale), ideologia dietro la quale si celava ancora una volta l'anziano Maharishi. Successivamente, un altro impegno di rilievo fu la sua partecipazione al concerto di tributo alla trentennale carriera dell'amico Bob Dylan realizzato al Madison Square Garden di New York il 16 ottobre 1992 e trasmesso in TV via satellite. Le registrazioni del concerto furono pubblicate sul doppio album dal vivo Bob Dylan - The 30th Anniversary Concert Celebration (1993). Verso la fine dell'anno, il 6 dicembre, Harrison fu poi il primo musicista insignito del "Century Award", prestigioso riconoscimento alla carriera da parte della rivista statunitense Billboard.

Nel 1994, a causa di problemi finanziari, Harrison fu costretto a vendere la HandMade Films. La spiacevole vicenda portò con sé strascichi legali destinati a durare a lungo.

Quello stesso anno, il chitarrista tornò in studio di registrazione insieme con Paul McCartney e Ringo Starr per il progetto Anthology dei Beatles, realizzato tra il 1995 e il 1996 in un film-documentario e ben tre doppi album. Nonostante le critiche controverse, il progetto ha avuto il potere di consolidare ulteriormente il mito del più famoso gruppo musicale del Novecento. George appare in alcuni momenti molto sarcastico nel ricordare i vecchi tempi.

Gli ultimi anni (1998-2001)

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Lo stesso argomento in dettaglio: Brainwashed.
George Harrison in India (1996)

Il meditativo Harrison, come di consueto, tra un progetto e l'altro non fece parlare molto di sé. Dopo l'Anthology dei Beatles, nel 1995 lavorò alla compilazione di In Celebration, un box antologico di Ravi Shankar. Nelle note di copertina del cofanetto ebbe il privilegio di essere definito il vero padrino della world music. Lavorò poi alla produzione di Chants of India (1997), un nuovo album di studio del musicista indiano.

Nel 1998, da un'intervista concessa dallo stesso Harrison, si venne a sapere che il musicista aveva recentemente sofferto di un tumore alla gola provocato, a suo dire, dal fatto di aver ripreso a fumare. Fu uno spiacevole ostacolo, che per un periodo ne bloccò l'attività musicale. Harrison rincuorò comunque i suoi fan, dichiarandosi completamente guarito.

Il 30 dicembre 1999 il musicista subì un'aggressione da uno squilibrato, tale Michael Abram, introdottosi nella sua residenza inglese nel corso della notte sfondando una delle porte a vetro, pugnalandolo svariate volte al torace.[3] Fu salvato dalla moglie Olivia, che colpì l'aggressore sulla testa con un attizzatoio.

Nel 2000 Harrison curò personalmente la realizzazione di un'edizione rimasterizzata del celebre album All Things Must Pass, pubblicata all'inizio del 2001, nella quale tra l'altro aggiunse My Sweet Lord 2000, una nuova versione di My Sweet Lord. Harrison annunciò inoltre l'imminente pubblicazione di un nuovo album unitamente ad un box antologico con nuove ristampe degli album del catalogo Dark Horse Records.

Le confortanti notizie sul suo stato di salute furono smentite quando, nel luglio del 2001, fu diffusa la notizia secondo cui il musicista aveva seguito in una clinica svizzera delle terapie a causa dell'insorgere di un tumore al cervello, sviluppatosi dopo il cancro secondario a un polmone.[4]

Il Gange, dove furono sparse le ceneri di George Harrison

George Harrison è morto di cancro all'età di 58 anni il 29 novembre 2001 a casa di un amico a Los Angeles. Il suo corpo è stato cremato, come da lui richiesto nelle sue ultime volontà, e le sue ceneri, raccolte in una scatola di cartone, sono state sparse nel sacro fiume indiano, il Gange, secondo la tradizione induista.[5] Alla notizia della morte, tanti fan si radunarono presso gli studi di Abbey Road, simbolo dell'epopea beatlesiana, per commemorarlo; la maggior parte di loro non era neanche nata quando i Beatles raggiunsero fama mondiale. La sua scomparsa ha suscitato commozione in tutto il mondo, compresi personaggi come Tony Blair, la Regina Elisabetta II del Regno Unito, gli amici di sempre Paul McCartney e Ringo Starr piangendolo sapendo che la sua chitarra piangente (While My Guitar Gently Weeps) non avrebbe più suonato. Poco dopo la morte, la moglie Olivia rilasciò alla stampa la seguente dichiarazione: «Ha lasciato questo mondo come aveva vissuto: consapevole di Dio, senza paura della morte e in pace, circondato dalla famiglia e dagli amici»[senza fonte]. Spesso ripeteva: «Tutto può attendere, non la ricerca di Dio e amatevi l'un l'altro»[senza fonte].

«Nell'insieme non avrebbe proprio importanza se non avessimo mai fatto dischi o cantato una canzone. Non è importante quello. Quando muori avrai bisogno di una guida spirituale e di una conoscenza interiore che vada oltre i confini del mondo fisico. Con queste premesse direi che non ha molta importanza se sei il re di un paese, il sultano del Brunei o uno dei favolosi Beatles; conta quello che hai dentro. Alcune delle migliori canzoni che conosco sono quelle che non ho scritto ancora, e non ha neppure importanza se non le scriverò mai perché sono un niente se paragonate al grande quadro.»

L'ultimo album, Brainwashed, è stato pubblicato un anno dopo la morte e ha ottenuto ottime recensioni da parte della critica. Il disco raccoglie undici nuove canzoni e il remake di uno standard, Between the Devil and the Deep Blue Sea. Lasciato incompiuto da Harrison, il disco è stato successivamente completato da Jeff Lynne e dal figlio Dhani. La volontà di Harrison, per ammissione degli stessi Lynne e Dhani, era di pubblicare l'album come una raccolta di demo. Prima della morte, tra l'altro, Harrison (sempre assieme a Lynne) stava lavorando a un'antologia dei Traveling Wilburys.

Gli anni successivi

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Contemporaneamente alla pubblicazione di Brainwashed, la moglie Olivia ed Eric Clapton hanno organizzato un concerto in tributo alla sua memoria, Concert for George, svoltosi alla Royal Albert Hall di Londra il 29 novembre 2002. La registrazione è stata pubblicata sull'album Concert for George (2003). All'evento hanno partecipato Ravi Shankar, Paul McCartney, Ringo Starr, Eric Clapton, Tom Petty, Jeff Lynne, Gary Brooker, Billy Preston, Albert Lee, Anoushka Shankar e il figlio Dhani. È spiccata la grande assenza di Bob Dylan.

All'inizio del 2004 è stato pubblicato il cofanetto The Dark Horse Years - 1976-1992, contenente le nuove ristampe degli album da Thirty-Three & 1/3 a Live in Japan, di cui Harrison aveva già parlato intorno al 2000. Tutti gli album del periodo (fuori catalogo da alcuni anni) sono stati quindi reimmessi sul mercato accompagnati da un interessante DVD con interviste inedite e divertenti video promozionali di alcune canzoni.

A ottobre 2005, infine, il concerto per il Bangladesh (album e film) è stato nuovamente pubblicato sia su doppio CD sia su DVD.

Nel settembre 2006 è stata pubblicata la versione rimasterizzata di Living in the Material World del 1973 (in versione normale e in formato deluxe).

Il 29 novembre 2006, a cinque anni esatti dalla scomparsa di George Harrison, Editori Riuniti (Collana Pensieri e Parole) pubblica Le Canzoni di George Harrison di Michelangelo Iossa, il primo libro italiano che analizza i testi di tutti i brani del canzoniere harrisoniano, dal periodo-Beatles sino alle produzioni postume.

Nell'ottobre del 2011 è stato rilasciato un documentario su George Harrison, diretto da Martin Scorsese, intitolato George Harrison: Living in the Material World.

Il 26 e 27 novembre 2011, a tre e due giorni di distanza dal decimo anniversario della morte, in concerto a Casalecchio (nei pressi di Bologna) e ad Assago (nei pressi di Milano), Paul McCartney ha ricordato George cantando Something.

Vita privata, relazioni e interessi personali

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Relazioni personali

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Lo stesso argomento in dettaglio: Pattie Boyd.
La casa in cui vissero George Harrison e Pattie Boyd dal 1965 al 1970

George Harrison incontrò la modella Pattie Boyd durante le riprese di A Hard Day's Night, film dei Beatles del 1964 in cui lei faceva la comparsa, e si innamorò immediatamente della ragazza, tanto che quando le regalò il suo autografo, scrisse sette baci sotto la propria firma. La prima cosa che le chiese fu se lei fosse intenzionata a sposarlo, ma ricevendo una risposta negativa preferì correggere la richiesta, invitandola a cena con lui. Nonostante lei avesse già un fidanzato, interruppe la relazione per poter uscire con George.

Pattie e George si fidanzarono e decisero di sposarsi solo due anni dopo. Il matrimonio avvenne il 21 gennaio del 1966: si trattò di una semplice cerimonia alla quale parteciparono le famiglie degli sposi e Paul McCartney (unico tra i Beatles ad essere rimasto in Inghilterra in quel mese). Nella stessa giornata, durante una conferenza stampa, i due affermarono di essere intenzionati ad avere una famiglia e dei figli, ma di voler aspettare ancora. La coppia partì per un viaggio di nozze a Barbados l'8 febbraio e trascorse la luna di miele sull'isola. Nel 1967 fu proprio Pattie a incoraggiare George a dedicarsi alla religione induista, da lui appena scoperta, e a supportarlo nella meditazione.

Nel 1969 George scrisse la canzone Something, nota come una tra le più grandi canzoni d'amore di sempre (giudicata la migliore da Frank Sinatra), dedicata probabilmente a Pattie, nonostante lui avesse confermato più volte che scrivendola aveva pensato a Krishna.

Tuttavia, nonostante la coppia fosse considerata "la coppia più bella e felice" nel mondo dello spettacolo, dopo vari anni d'amore cominciò una crisi. Nei primi anni settanta, mentre George cercava sé stesso mediante l'induismo e la sua musica, Pattie cominciò a sentirsi trascurata (ella stessa, nella sua autobiografia Wonderful Today, racconta che il marito aveva intrapreso una relazione segreta con Maureen Cox, all'epoca ancora moglie di Ringo Starr), e pochi anni dopo tutto arrivò al culmine.

Eric Clapton, da molti anni amico di George, era innamorato di Pattie già da un periodo e dopo vari tentativi la convinse a lasciare il marito e a fidanzarsi con lui. Nel 1974, così, Boyd lasciò George e andò a vivere con Eric Clapton; George non provò a fermarla ma la lasciò andare, perché aveva capito che la loro storia era terminata e che erano entrambi pronti per una nuova vita. Divorziarono il 9 giugno del 1977.

Tuttavia, George non provò rancore nei confronti dell'amico, Eric Clapton; anzi, egli fu presente al matrimonio di Clapton con Pattie Boyd e i musicisti rimasero molto uniti fino alla morte di Harrison, tanto che nel 1991, dopo che Clapton e la Boyd avevano divorziato, fecero ancora un tour insieme e che lo stesso Clapton suonò al Concert for George, a un anno dalla morte dell'amico. Fu lo stesso Clapton a organizzare il concerto.

Anche George e Pattie rimasero grandi amici per sempre e si frequentarono fino alla morte di lui.

Olivia Trinidad Arias

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Lo stesso argomento in dettaglio: Olivia Harrison.

Nel 1974 George conobbe la segretaria dell'A&M Records, Olivia Arias, una ventiseienne di origine messicana, residente in California, con la quale cominciò a frequentarsi.

I due si innamorarono e si fidanzarono. Il 1º agosto 1978 nacque il loro unico figlio, Dhani, e il 2 settembre dello stesso anno i due si sposarono.

Nel 1999, il trentaseienne Michael Abram, affetto da schizofrenia, entrò nella casa di George, a Friar Park, con l'intento di ucciderlo. Lo accoltellò varie volte, ma Olivia salvò la vita del marito, rompendo una lampada sulla testa dell'aggressore. Qualche secondo dopo, quando quello si accanì contro di lei, fu George, nonostante fosse privo di forze, a salvare la vita alla moglie, gettandosi sull'uomo e riuscendo a bloccarlo.

Olivia Harrison rimase accanto a George fino alla sua morte nel 2001.

Da allora Olivia Harrison si dedica alla musica del marito, alla ripubblicazione dei suoi dischi e ai progetti insieme agli altri Beatles, riguardanti la musica dei quattro musicisti.

Rapporti con gli altri Beatles

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Lo stesso argomento in dettaglio: George Harrison e i Beatles.
Lo stesso argomento in dettaglio: John Lennon.

Per i primi anni George ha sempre avuto una sorta di timore per John che era più grande di 3 anni, forte, talentuoso e deciso. I due avevano un buon rapporto anche se John considerò George come "un ragazzino con la chitarra taciturno" per troppi anni per sua stessa ammissione. John scrisse due canzoni nei Beatles (Do You Want to Know a Secret, da Please Please Me, 1963 e I'm Happy Just to Dance with You, da A Hard Day's Night, 1964, ambedue con un piccolo contributo di McCartney) che cantò il solo Harrison[7][8]. George suonò in quasi tutti i brani lennoniani, con impegno[9] e talvolta innovazione (come l'aggiunta del sitar a Norwegian Wood),[10] mentre John varie volte non suonò nei brani del compagno.[9]

Una chitarra resofonica, suonata da George nell'album Imagine di Lennon

Suonò la chitarra e il dobro nell'album di Lennon Imagine (1971), dando un notevole contributo; chiese la partecipazione di Lennon al suo Concert for Bangladesh, a cui John non volle partecipare senza che fosse invitata anche Yōko Ono.[11] Si incontrarono ancora nel 1974 a New York, strimpellarono insieme qualcosa, probabilmente non si videro più di persona, anche se è stato ipotizzato un incontro nei primi mesi del 1976, sempre a N.Y., mentre Harrison promuoveva il suo album Thirty-Three & 1/3.[12]

Nel 1980 George scrisse il libro autobiografico I, Me, Mine, dove in effetti Lennon ha un ruolo assolutamente marginale; John si risentì e lo esplicitò alla stampa.[13][14] Dopo la morte di Lennon, avvenuta nel dicembre del 1980, George realizzò All Those Years Ago, un brano dedicato a John, anche se originariamente pensato per Ringo Starr[14] e già registrato dai due; alla registrazione, nel dicembre dell'anno seguente parteciparono anche Paul e Linda McCartney assieme a Denny Laine e venne adoperata la base ritmica incisa assieme al batterista, che infatti vi suona la batteria.[15]

Paul McCartney

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Lo stesso argomento in dettaglio: Paul McCartney.

Fu Paul a conoscere per primo George: i due giovanissimi studenti abitavano vicini e avevano solo 8 mesi di differenza (George era il più giovane). Paul insistette con John per far entrare George nella band, evidentemente già un chitarrista capace e solido. Negli anni seguenti George e Paul ebbero un buon rapporto e nel 1966, quando George sposò Pattie Boyd, il suo testimone di nozze fu proprio Paul. In quello stesso anno uscì il disco dei Beatles Revolver, nel quale l'apporto di McCartney alle canzoni di Harrison fu notevole (l'assolo di chitarra in Taxman e l'arrangiamento di I Want to Tell You). in seguito Paul e gli altri seguirono George in India ad un seminario di meditazione.

Tuttavia, McCartney era un grande accentratore di potere e attenzioni, e dava la precedenza alle proprie composizioni e ai propri elaborati arrangiamenti, catturando l'attenzione del produttore George Martin. Spesso i pochi pezzi di George che venivano ammessi alla registrazione erano trattati con sufficienza da Paul. La forte personalità di John, la famelica personalità di Paul e naturalmente il loro assoluto genio lasciavano davvero pochissimo spazio al "terzo incomodo". La personalità di George nel 1968 era però ormai maturata, e il suo talento come autore era cresciuto moltissimo. Le tensioni nella band crebbero anche per questo. Paul, pur avendo memorabili litigate con George, diede ai più celebri "brani Beatles" di Harrison notevoli contributi al basso, ai cori e all'arrangiamento complessivo.

Lo scioglimento dei Beatles li allontanò moltissimo. Si rividero in pochissime occasioni e non collaborarono più sino al 1994, in occasione della Beatles Anthology, quando si ritrovarono su tutto, ritornando amici come non mai. Paul e George trascorsero diverse ore insieme nel novembre del 2001.[16] La morte di George, avvenuta il 29 novembre, scosse profondamente Paul, che da quel momento in poi ha sempre onorato la memoria di George con innumerevoli manifestazioni di affetto e stima (Paul e la famiglia di George hanno un rapporto eccellente).

Lo stesso argomento in dettaglio: Ringo Starr.

Tra Ringo e George il rapporto fu sempre più che ottimo. Entrambi erano la seconda metà dei Beatles, due caratteri perfettamente compatibili e pochissimo conflittuali. L'armonia tra George e Ringo si respira a pieni polmoni in tutto il periodo Beatles e anche successivamente. Sarebbero state numerosissime le collaborazioni tra i due outsider: Ringo avrebbe suonato spesso nei dischi di George e viceversa. George scrisse numerosi brani per i dischi di Ringo.[senza fonte] Tutto questo non impedì a George di avere una relazione sentimentale con la moglie di Ringo, Maureen,[17] ma la solida amicizia fra i due musicisti consentì di superare le ovvie tensioni dovute al tradimento di Maureen.

Dopo la morte di George, Ringo ha scritto Never Without You dedicata ad Harrison, coinvolgendo il comune amico Eric Clapton nell'assolo di chitarra. Durante le riprese di Living in the Material World, il film documentario di Martin Scorsese dedicato interamente a George, Ringo, ricordando l'amico, non è riuscito a trattenere le lacrime.[senza fonte]

Interessi nella cultura indiana

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Sitar e musica indiana

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Sitar

Durante il tour americano dei Beatles del 1965, David Crosby dei Byrds, introdusse Harrison alla musica classica indiana e alla musica del sitarista indiano Ravi Shankar. Comprò il suo primo sitar in un negozio di Londra chiamato "India Craft"; e suonò lo strumento nel primo brano dei Beatles con influenze stilistiche orientali, Norwegian Wood, nell'album Rubber Soul (1965). Nel giugno del 1966 incontrò Ravi Shankar, che in seguito suonò per John Lennon e Ringo Starr a casa di George.

Dopo la fine dell'ultimo tour del gruppo, nell'agosto del 1966, George fece un viaggio in India, a settembre, per studiare il sitar, mentre gli altri Beatles si dedicavano ad altro. Nell'album realizzato dal gruppo nel 1966, Revolver, George introdusse notevoli elementi stilistici della musica tradizionale indiana. Dei tre brani composti interamente da lui, uno in particolare, Love You To, è registrato interamente con musicisti indiani, e Harrison suona il sitar. Altri brani in Revolver possiedono sonorità musicali tipiche della musica indiana, assai innovative per il periodo; Taxman, I'm Only Sleeping e Tomorrow Never Knows.

Nel novembre del 1966 i Beatles iniziarono le registrazioni di Strawberry Fields Forever, brano di Lennon; George vi introdusse scale musicali discendenti ottenute con uno swarmandal, strumento cordofono indiano. Nell'album successivo, Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band, George compose Within You Without You, nel quale suona il sitar con altri suonatori indiani di tabla e tampura; in Lucy in the Sky with Diamonds George segue per una parte la voce di John con la chitarra, imitando lo strumento indiano detto sarangi.

«Lucy in the Sky with Diamonds mi piacque tantissimo. John ha sempre avuto un certo modo di andare oltre nelle sue canzoni. Mi piacevano soprattutto i suoni, perché ero riuscito a sovrapporre strumenti indiani su musica occidentale. Avevo scritto brani come Within You Without You, per cercare gli strumenti indiani; normalmente non avrebbe funzionato con una canzone occidentale come Lucy, che ha cambi di accordi e modulazioni, mentre le tamboura e i sitar rimangono sempre sulla stessa tonalità. Mi piaceva il modo in cui si inseriva il bordone di tamboura. E c'era un'altra cosa: nella musica indiana nei brani cantati si accompagnano con uno strumento chiamato sarangi che ha un suono simile alla voce umana e il vocalista e il sarangi sono più o meno all'unisono nell'esecuzione. Per Lucy ho pensato di sfruttare quest'idea ma, dato che non so suonare il sarangi, ho provato a renderlo con la chitarra. Nei middle eight si può sentire la chitarra che suona all'unisono con la voce di John. Stavo cercando di copiare la musica classica indiana.»

Dopo il viaggio dei Beatles in India al seguito del Maharishi Mahesh Yogi, all'inizio del 1968, per approfondire la meditazione trascendentale e la cultura indiana, il gruppo tornò a Londra; George registrò The Inner Light dove canta, con alcune parti insieme a Paul McCartney e John Lennon; la strumentazione è interamente affidata a musicisti indiani. In altri brani successivi vi saranno sonorità indiane o orientali, Dear Prudence e Across the Universe.

Spiritualità e visione del mondo

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George, nato da una famiglia per metà cattolica e metà protestante, sino all'età di 23 anni non ha dato alcun peso o quasi alla religione e alla spiritualità in genere. Nel film Help! del 1965, sente per la prima volta lo strumento musicale "sitar", queste sonorità lo affascinano a tal punto da volerne conoscere le origini e la storia. Scopre quindi il mondo orientale, quello indiano in particolare, rimanendone del tutto rapito nel senso migliore del termine. La filosofia orientale, la religione, l'approccio alla vita e a Dio in particolare di questo popolo lo coinvolgono totalmente, chiede e ottiene dagli altri Beatles di trascorrere proprio in India vicino al fiume Gange, un periodo di meditazione. Per tanti fu una moda, per George Harrison no.[senza fonte]

Tutto il resto della sua vita fu per sua stessa dichiarazione "una forte contraddizione" tra la ricerca di Dio e la spiritualità e la "vita materiale", fatta di lusso, castelli, auto da corsa e donne. George arrivò alla conclusione che "Dio è tutto", Dio sia in ognuno di noi, la vita sia senza dubbio eterna e anche in questo passaggio terreno il Divino può essere colto appieno, capito e vissuto in maniera totale. Ammetteva, ormai maturo, che solo l'amore per il figlio lo tenesse legato ancora alla vita terrena, che tutto potesse aspettare "tranne la ricerca costante di Dio". La moglie, Olivia Arias, disse che nel momento stesso in cui George morì era perfettamente consapevole dell'esistenza di Dio e che la stanza dove avvenne il trapasso si illuminò intensamente.[senza fonte]

Strumentazione

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  • 1956: Egmond (chitarra classica)
  • 1958: Höfner President (chitarra acustica)
  • 1959: Hofner Club 40 model 244
  • 1959: Resonet Futurama
  • 1961: 1957 Gretsch 6128 Duo Jet
  • 1962: 1962 Gibson J-160E
  • 1963: 1958-62 Gretsch 6131 Jet Fire Bird
  • 1963: 1962 Gretsch 6122 Country Gentleman
  • 1963: Maton Mastersound MS-500
  • 1963: 1963 Gretsch 6122 Country Gentleman
  • 1963: 1962-63 Gretsch 6119 Tennessee Rose
  • 1963: Jose Ramirez Guitarra de Estudio
  • 1963: 1962 Rickenbacker 425 Fire-glo
  • 1964: 1963 Rickenbacker 360/12 Fire-glo
  • 1964: 1963 Gibson ES-345-TD
  • 1965: 1965 Rickenbacker 360/12 Fire-glo
  • 1965: 1961 Fender Rocky Stratocaster
  • 1966: Epiphone E230TD(V) Casino
  • 1966: 1964 Gibson SG Standard
  • 1968: Gibson J-200
  • 1968: 1957 Gibson Les Paul Standard 'Lucy'
  • 1968: 1968 Fender Telecaster Rosewood

Ricevette inoltre da Clapton una Gibson Les Paul Black e dalla Gretsch una 12 corde elettrica. Ebbe un Vox Mando-Guitar V257 (mandolino a 12 corde), un 1968 Fender Jazz Bass (basso a 4 corde), un Fender Bass VI (basso a 6 corde) e un Burns Nu-Sonic Bass (basso).

Lo stesso argomento in dettaglio: Discografia di George Harrison.

Doppiatori italiani

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Nelle versioni italiane delle sue apparizioni cinematografiche come attore, Harrison è stato quasi sempre doppiato da Oreste Lionello, ad eccezione del film d'animazione dove è stato invece doppiato da Glauco Onorato.

  1. ^ The New Rolling Stone Encyclopedia of Rock & Roll, pag. 419.
  2. ^ Harry Castleman & Walter J. Podrazik, All Together Now: The First Complete Beatles Discography 1961–1975, pag. 134, Ballantine Books, New York, NY, 1976; ISBN 0-345-25680-8.
  3. ^ George Harrison aggredito e accoltellato in casa, su repubblica.it, La Repubblica.it. URL consultato il 13 ottobre 2013.
  4. ^ (EN) Harrison ‘fine' after cancer treatment, su news.bbc.co.uk, BBC news. URL consultato il 13 ottobre 2013.
  5. ^ Le ceneri di George Harrison disperse nel sacro Gange, su ricerca.repubblica.it, La Repubblica.it. URL consultato il 13 ottobre 2013.
  6. ^ Pagina 355, The Beatles Anthology; Rizzoli, Milano, 2010.
  7. ^ Luca Biagini, Do You Want to Know a Secret, su pepperland.it, Pepperland. URL consultato il 9 luglio 2014.
  8. ^ Luca Biagini, I'm Happy Just to Dance with You, su pepperland.it, Pepperland. URL consultato il 9 luglio 2014.
  9. ^ a b Dal sito Pepperland, su pepperland.it.
  10. ^ Luca Biagini, Norwegian Wood (This Bird Has Flown), su pepperland.it, Pepperland. URL consultato il 9 luglio 2014.
  11. ^ Pag. 169, Guida completa ai Beatles, Chris Ingham, Antonio Vallardi Editore, 2005.
  12. ^ (EN) Autori vari, John Lennon - George Harrison, su forums.stevehoffman.tv, Steve Hoffman Music Forum. URL consultato il 9 luglio 2014.
  13. ^ Pag. 517, John Lennon, la biografia, Philip Norman, Mondadori, 2009.
  14. ^ a b Pag. 172, Guida completa ai Beatles, Chris Ingham, Antonio Vallardi Editore, 2005.
  15. ^ (EN) Graham Calkin, George Harrison - All Those Years Ago, su jpgr.co.uk, JPGR. URL consultato il 9 luglio 2014.
  16. ^ Pag. 177, Guida completa ai Beatles, Chris Ingham, Antonio Vallardi Editore, 2005.
  17. ^ Pag. 171, Guida completa ai Beatles, Chris Ingham, Antonio Vllardi Editore, 2005.
  18. ^ Pagine 242-243, The Beatles Anthology; Rizzoli, Milano, 2010.
Ingrid Bergman a 14 anni

Unica figlia di Justus Samuel Bergman, pittore e fotografo svedese, e della tedesca Friedel Adler[1], perse la madre a soli due anni. Trascorse un'infanzia solitaria con il padre fino ai tredici anni, quando, rimasta orfana, venne adottata da parenti, gli zii Otto e Hulda. Grazie al lavoro paterno sin da bambina si abituò a stare davanti ad un obiettivo, essendo filmata in moltissime occasioni, sia di vita reale che di posa. Nel corso della sua carriera Ingrid, oltre a tenere un diario, continuò ad usare una piccola macchina da presa per immortalare momenti di vita privata e il dietro le quinte dei set in cui lavorava.

Ingrid nel suo primo film, Munkbrogreven,1935

All'età di 11 anni, visto per la prima volta uno spettacolo teatrale, ebbe una specie di illuminazione: sarebbe diventata un'attrice. Studiò alla scuola del Reale Teatro Drammatico (Kungliga Dramatiska Teatern or Dramaten)[2] di Stoccolma e a diciannove anni, presentata dal medico Peter Lindstrom ad un dirigente dell'industria cinematografica svedese (Svenskfilmindustri), riesce ad ottenere una piccola parte ne Il Conte della città vecchia (1935); in questo suo primo film, inedito in Italia, Ingrid interpretò la cameriera di un modesto albergo della "città vecchia" di Stoccolma.

Venne notata da Gustaf Molander, che intuendone le grandi doti, la lanciò: in soli quattro anni, dal 1935 al 1938, Ingrid interpretò così un'altra dozzina di film diretti dal regista finlandese, tra cui Intermezzo (1936), che sarà il suo passaporto per Hollywood, e Senza volto (1938), di cui verrà girato un remake con Joan Crawford nella parte della protagonista.

In realtà la casa di produzione non voleva scritturare Ingrid per Senza volto, perché avrebbe avuto un ruolo cinico e malvagio, e insisteva perché interpretasse un altro film dello stesso regista. L'attrice, che considerava il ruolo della pellicola alternativa decisamente noioso, accettò la parte solo dopo aver avuto la conferma che avrebbe interpretato anche Senza volto[3]. Questa determinazione nel cercare ruoli significativi e nel rifiuto di ruoli imposti avrebbe contrassegnato anche il suo periodo americano. La giovane attrice dimostrava elevata fotogenia e buona predisposizione per la macchina da presa ma, oltre al notevole fascino, possedeva bravura e carattere; nonostante avesse lavoro assicurato in patria, il desiderio di uscire dal ristretto ambito della cinematografia svedese la portò a sperimentare all'estero.

Nel 1938 colse l'occasione di lavorare a Berlino, chiamata dal regista Carl Froelich ad interpretare il film Quattro ragazze coraggiose. Ingrid era molto conosciuta ed apprezzata in Germania, e, avendo trascorso molte estati dai parenti della madre ad Amburgo, aveva una buona padronanza del tedesco, tanto che non fu necessario doppiarla. In seguito la scelta di lavorare in Germania fu criticata, in quanto sembrava sottintendere un appoggio al nazismo, ma tutti i biografi confermano che all'attrice interessasse solo lavorare, e che non seguisse, se non distrattamente, la vita politica dei paesi nei quali visse; contrariamente alla connazionale Zarah Leander, non tornò più a lavorare in Germania.

Nel 1937 sposò Peter Lindstrom[4], da cui ebbe l'anno successivo la prima figlia, Pia Friedal (acronimo di Peter, Ingrid e Aron).

Il successo negli Stati Uniti

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Il produttore David O. Selznick, intenzionato a girare una versione statunitense di Intermezzo, la convocò negli Stati Uniti per offrirle un contratto allettante: per sette anni la Bergman avrebbe potuto scegliere personalmente i copioni da recitare, i registi e perfino i partner. Privilegi insoliti per l'epoca, ma che fanno capire quanto prestigio avesse raggiunto l'attrice, prima ancora di sbarcare negli Stati Uniti. È verosimile che Selznick avesse pensato a Ingrid Bergman come alla possibile erede di Greta Garbo, attrice di soli dieci anni maggiore di lei, ma che dopo il passaggio dal muto al sonoro si trovava nella fase discendente della sua carriera (di lì a qualche anno si sarebbe ritirata per sempre dalle scene). Ingrid rifiutò: il marito doveva terminare gli studi intrapresi (sarebbe diventato neurochirurgo) e la figlia aveva solo un anno, per cui firmò solo per un anno e con la clausola di poter tornare in patria se il film non avesse avuto successo.

Il remake di Intermezzo ottenne invece enormi consensi. Così, dopo essere tornata in Svezia e aver completato alcuni altri film, nel 1940 tornò negli Stati Uniti questa volta per un contratto a lungo termine, anche perché in Europa era già scoppiata la seconda guerra mondiale. Il produttore, contrariamente a quanto successo anni prima alle altre dive europee Greta Garbo e Marlene Dietrich, non le impose dei cambiamenti estetici, e la campagna pubblicitaria la presentò come una diva acqua e sapone. Il marito, rimasto in Svezia nell'eventualità di essere chiamato alle armi come riservista, la raggiunse qualche mese, ma non si trasferì ad Hollywood, bensì rimase con la figlia nella costa occidentale; l'attrice dovette dunque viaggiare continuamente per raggiungere la famiglia durante le pause di lavoro.

Ingrid Bergman con Gary Cooper in Per chi suona la campana (1943)

I primi film americani furono dei grandi successi e come consuetudine il produttore Selznick[5] concedette Ingrid, così come altri attori sotto contratto con lui, a varie case di produzione ottenendo un ottimo tornaconto economico. Ingrid, che non si curava troppo di discutere questioni economiche, era ben felice di lavorare con attori famosi anche se cercava di scegliere ruoli di carattere e non di semplice innamorata. La MGM continuava a proporle ruoli di bella e brava ragazza innamorata, e per Dr. Jekyll e mr. Hyde (1941) le offrì il ruolo della tenera fidanzata di Spencer Tracy[6], ma Ingrid, stufa di personaggi melensi, insistette ed ottenne il ruolo di Ivy, la cameriera vittima del mostro.

Nel 1942 Selznick la concesse in prestito alla Warner per la realizzazione di un film a basso costo, diretto da Michael Curtiz[7], accanto a Humphrey Bogart: era Casablanca (1942), destinato a diventare un classico di tutti i tempi. L'anno successivo Ingrid ricevette la sua prima nomination all'Oscar come migliore attrice per il film Per chi suona la campana (1943), girato per la Paramount in Technicolor. La prima scelta della casa di produzione era caduta su Vera Zorina, nonostante il parere negativo dello scrittore Ernest Hemingway, ma dopo l'abbandono di costei che mal si adattava alla parte venne chiamata proprio Ingrid.

L'anno successivo Ingrid vinse la statuetta per il thriller Angoscia (1944). Al momento di ricevere l'Oscar dichiarò di essere onorata di iniziare a lavorare con il miglior regista e il migliore attore di quell'anno, ovvero con Leo McCarey e Bing Crosby che, dopo il grande successo de La mia via, vollero realizzarne il seguito, Le campane di Santa Maria (1945), proprio con la Bergman. Per questo film ricevette una nuova candidatura al premio quale migliore attrice senza però vincerlo.

Ingrid Bergman in Angoscia (1944), per il quale l'attrice ha vinto il suo primo Oscar alla miglior attrice.

Nel 1946 uscì Notorious; sul set il rapporto con il protagonista Cary Grant fu talmente buono che Ingrid lo considerò sempre uno dei suoi migliori amici, ma anche con il regista Alfred Hitchcock i rapporti furono ottimi. Di questo film è passato alla storia il bacio che, pur spezzettato da qualche battuta intermedia, detiene ancor oggi il record di quello cinematografico più lungo. Questo fu anche l'ultimo film che la Bergman girò con Selznick: Lindstrom convinse la moglie che il produttore l'aveva ampiamente sfruttata, incassando milioni di dollari in cambio di un compenso di soli 80 000 dollari annui, e così Ingrid firmò con una nuova casa di produzione per interpretare Arco di trionfo (1948) con Charles Boyer, dall'omonimo romanzo di Remarque. Il film, velleitario e confuso, non ebbe il successo sperato e l'attrice, che per anni aveva chiesto invano a Selznick di poter interpretare sullo schermo il ruolo di Giovanna D'Arco, decise di rischiare: costituì una società di produzione indipendente e, con un costo di ben cinque milioni di dollari (cifra astronomica per l'epoca), realizzò il suo Giovanna d'Arco (1948), produzione ricca di costumi sfarzosi, di personaggi e di scenografie spettacolari.

Pur fruttandole la quarta nomination all'Oscar, il film fu un clamoroso fallimento. Anche il successivo Il peccato di Lady Considine (1949) non convinse il pubblico, nonostante in questo film tecnicamente molto difficile ci fosse una intensa e lunga scena senza stacchi. La delusione per l'insuccesso alimentò la convinzione della Bergman sull'eccessiva importanza che Hollywood attribuiva al lato commerciale del cinema, a scapito dell'aspetto artistico; nello stesso periodo la crisi con il marito, che continuava a vivere e lavorare sulla costa occidentale si fece più acuta.

La carriera in Italia

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Spinta dall'amico Robert Capa, famoso fotoreporter col quale intreccia una breve relazione, Ingrid si interessa alla nuova ondata di cinema che viene dall'Europa ormai libera dalla dominazione nazifascista[8], e in particolare al neorealismo italiano. Dopo aver visto Roma città aperta rimase folgorata, ma aspettò di vedere il secondo film, Paisà, per poi scrivere al regista italiano Roberto Rossellini una lettera rimasta famosa, in cui si dichiarò pronta a recitare per lui:

Ingrid Bergman con il marito Roberto Rossellini.

«Se ha bisogno di un'attrice svedese che parla inglese molto bene, che non ha dimenticato il suo tedesco, non si fa quasi capire in francese, e in italiano sa dire solo "ti amo", sono pronta a venire in Italia per lavorare con lei...»

Rossellini non si lasciò scappare l'opportunità: nel cassetto aveva un copione destinato in origine ad Anna Magnani, al tempo sua compagna, e ambientato a Stromboli. La Bergman era in Europa, impegnata nelle riprese di Il peccato di Lady Considine e il regista si precipitò a Parigi, dove riuscì a incontrarla e a proporle il progetto del film.

Ottenuto nel frattempo un finanziamento da Howard Hughes, grazie alla notorietà della Bergman, Rossellini ricevette per telegramma una risposta positiva dall'attrice e, nel marzo 1949 ebbe inizio la lavorazione di Stromboli (Terra di Dio). Il set era assediato da fotografi e giornalisti e cominciarono a trapelare indiscrezioni sulla relazione sentimentale fra il regista e la sua interprete. Alla fine dell'anno la stampa pubblicò la notizia della gravidanza della Bergman. Per l'opinione pubblica americana fu uno scandalo enorme: Ingrid Bergman, fino a quel momento considerata una santa, diventò improvvisamente una "adultera da lapidare"[9] e la stampa la definì Hollywood's apostle of degradation (apostolo della degradazione di Hollywood), montando a suo sfavore una campagna denigratoria senza precedenti. Il dottor Lindstrom chiese il divorzio e ottenne l'affidamento della figlia Pia, che a sua volta dichiarò di non aver mai voluto bene a sua madre.

Nel 1950 Rossellini e la Bergman[10] si sposarono e nacque Roberto Rossellini jr, detto Robertino: nella clinica romana che ospitò la puerpera dovettero intervenire le forze dell'ordine per sedare le folle di paparazzi e di curiosi. Intanto uscì nelle sale Stromboli: in Italia avrà un buon numero di spettatori, attirati più che altro dalla curiosità, mentre negli USA il film registrò un clamoroso fiasco, sia per l'atteggiamento sfavorevole dei media, sia per le pressioni dei finanziatori del film, che pretesero un montaggio che non rispecchiava minimamente le intenzioni dell'autore.

Nel giugno 1952 nacquero le gemelle Isotta Ingrid e Isabella; la Bergman riconquistò lentamente le simpatie del pubblico, la stampa la ritrasse in pose da casalinga e da mamma felice[11] e la stessa attrice affermò di aver trovato finalmente la serenità a Roma, anche se i film che continuava a girare sotto la direzione di Rossellini (tra cui almeno due vanno ricordati: Europa '51 e Viaggio in Italia) venivano ignorati dal pubblico.

Il ritorno a Hollywood

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Nonostante avesse costruito una famiglia, Ingrid desiderava tornare a lavorare. Continuava a ricevere proposte ma se non era lei a rifiutare era il marito a bloccarla, volendo essere lui il solo a dirigerla. Anni dopo la Bergman commentò che considerava buoni, se non addirittura ottimi, i film di Rossellini ma lei come attrice, nata nel teatro e con una lunga carriera statunitense alle spalle, mal si adattava allo stile improvvisato dei set del marito. Ritornò in teatro con una lunga tournée europea con il personaggio da lei più amato Giovanna d'Arco al rogo[12] nel giugno del 1953 al Palais Garnier di Parigi ed al Teatro San Carlo di Napoli il 5 dicembre, con Tullio Carminati, Marcella Pobbe, Miriam Pirazzini, Agnese Dubbini, Giacinto Prandelli e Piero De Palma, diretta da Gianandrea Gavazzeni, e nel 1954 al Teatro alla Scala di Milano, con Memo Benassi, Cloe Elmo, Giuseppe Nessi, Prandelli, Gino Del Signore, Mario Carlin ed Enrico Campi, diretta da Gavazzeni.

Ingrid Bergman nel film drammatico La vendetta della signora (1964)

Nel 1956 la Bergman ricevette dagli Stati Uniti una favolosa offerta da parte della Fox, per il ruolo di protagonista in una pellicola ad alto budget sulla superstite dell'eccidio[13] della famiglia dello zar di Russia. Con questo ruolo, nel film Anastasia (1956), la Bergman fece il suo ritorno trionfale a Hollywood dopo lo scandalo, e vinse l'Oscar come "migliore attrice" per la seconda volta. Non potendo presenziare di persona alla cerimonia, Una parte della stampa non aveva ancora dimenticato lo scandalo italiano e la Bergman non presenziò di persona alla consegna della statuetta, che venne ritirata dal suo grande amico Cary Grant.

L'unione con Rossellini era ormai in crisi: il regista partì alla volta dell'India per realizzare un documentario e ne tornò dopo qualche tempo con una nuova compagna, Sonali das Gupta[14]. Ingrid intanto riprese a interpretare successi come Indiscreto e La locanda della sesta felicità, entrambi usciti nel 1958, e conobbe un impresario teatrale svedese, Lars Schmidt[15], che diventerà il suo terzo marito nel dicembre 1958. Grazie a lui, proprietario di una piccola isola proprio di fronte alla cittadina di Fjällbacka, l'attrice tornò regolarmente in Svezia per passare le vacanze estive portando i figli della famiglia allargata.

Nonostante il grande successo e il perdono concesso dagli americani, Ingrid volle restare vicino ai figli e si stabilì prima a Parigi e poi a Londra. Negli anni sessanta continuò ad alternare interpretazioni in film americani ed europei, ma nello stesso tempo recitò anche in teatro e alla televisione, salvo un intervallo di circa un paio di anni in cui si dedicò completamente alla figlia Isabella che si era sottoposta ad un delicato intervento chirurgico necessario per curare la sua scoliosi e che prevedeva una lunga e dolorosa riabilitazione.

Gli ultimi anni della carriera

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Ingrid Bergman interpreta Constance Middleton nella piece The Constant Wife.

Nel 1962, intervistata dalla giornalista italiana Oriana Fallaci, rivelò di non temere la vecchiaia né tanto meno la morte, l'unica cosa che le premeva è fare le proprie scelte senza paura[16]. Nel 1967 ricevette una proposta dalla Svezia per un film a episodi, Stimulantia, e solo per poter tornare a lavorare con lei il regista Gustaf Molander, con il quale aveva mosso i primi passi e ottenuto i primi successi, uscirà dal suo ritiro. Il film non ebbe un grande successo ma tutti i critici concordarono che l'episodio migliore fosse proprio quello interpretato dalla Bergman e Gunnar Björnstrand, tratto da La collana, una novella di Guy de Maupassant.

Il suo terzo premio Oscar (il primo come miglior attrice non protagonista) arrivò per il suo ruolo nel film Assassinio sull'Orient Express[17] (1975). I votanti ammirarono soprattutto la sua bravura nella lunghissima scena, senza alcuno stacco, dell'interrogatorio condotto da Poirot, ma a questo proposito lei dichiarò più volte che ne Il peccato di Lady Considine aveva avuto un piano sequenza molto più lungo. Ritirando la terza statuetta, Ingrid dichiarò pubblicamente che, secondo la sua opinione, l'Oscar sarebbe dovuto andare all'amica Valentina Cortese, candidata per Effetto notte di François Truffaut[18].

Nel 1978 ricevette dalla sua madrepatria la proposta di lavorare assieme al più prestigioso dei registi svedesi: Ingmar Bergman. Come con Rossellini anni prima, l'attrice aveva fatto presente al regista che avrebbero potuto girare un film assieme[19], ma dovettero passare alcuni anni perché il sogno diventasse realtà. Ingrid accettò con coraggio una duplice sfida: reduce da un intervento chirurgico e da una pesante chemioterapia per un tumore al seno, decise di calarsi nel difficile ruolo di una madre cinica ed egoista che antepone la sua carriera all'affetto per i figli. Sinfonia d'autunno (1978), per il quale riceverà la sua settima nomination agli Oscar e che costituisce la sua ultima interpretazione per il grande schermo, è considerata una tra le sue migliori prove di recitazione. Sul set i rapporti con il regista non furono facili come entrambi avevano previsto, ma il buonsenso e il rispetto reciproco prevalsero su ogni altra cosa.

La stella di Ingrid Bergman sulla Hollywood Walk of Fame.

Nel 1980, mentre la malattia si manifestava nuovamente, Ingrid diede alle stampe il suo libro di memorie, scritto assieme ad Alan Burgess: Ingrid Bergman - La mia storia. Nello stesso anno, fu la presentatrice del Lifetime Achievement Award ad Alfred Hitchcock, conferito dall'AFI. Nell'anno successivo recitò per la televisione nel suo ultimo lavoro, una biografia del primo ministro israeliano Golda Meir, per la quale riceverà un premio Emmy postumo nel 1982 come "migliore attrice".

Il 29 agosto del 1982, giorno del suo sessantasettesimo compleanno, Ingrid Bergman morì a Londra. Cremata in Svezia, le ceneri vennero sparse insieme a dei fiori sulle acque svedesi; l'urna che le conteneva, si trova al Norra Begravningsplatsen[20] (cimitero settentrionale) di Stoccolma. Per il suo contributo all'industria cinematografica, la Bergman ha una stella nella Hollywood Walk of Fame, all'altezza del numero 6759 di Hollywood Boulevard.

Poco prima di morire, espresse il desiderio di non disperdere il suo enorme archivio personale e, anni dopo, i figli (grazie anche al regista Martin Scorsese, secondo marito di Isabella e promotore del recupero e restauro delle pellicole) affidarono l'archivio alla Wesleyan University, dove erano già presenti gli archivi di due importanti registi: Frank Capra e Elia Kazan.

Nel 2015, per festeggiare i 100 anni[21] dalla nascita, si sono svolte rassegne e retrospettive in tutto il mondo e per l'occasione la Svensk Filmindustri ha avviato un processo di catalogazione e restauro delle sue pellicole. In molti casi non è stato possibile trovare quelle originali degli anni 30, pertanto si è dovuto lavorare sulle copie degli anni successivi.

  1. ^ Aleksandra Ziolkowska-Boehm, Ingrid Bergman and her American Relatives, 28 agosto 2013, ISBN 978-0-7618-6151-5.
  2. ^ Henrikson, Alf, Fram till Nybroplan: om Kungliga Dramatiska teatern, Wiken, Höganäs, 1988 ISBN 91-7024-445-6 (in Swedish)
  3. ^ http://www.cinefiliaritrovata.it/ingrid-senza-volto-en-kvinnas-ansikte/
  4. ^ https://www.geni.com/people/Aron-Petter-Lindstr%C3%B6m/6000000008538921157
  5. ^ http://www.treccani.it/enciclopedia/david-o-selznick_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/
  6. ^ https://www.longtake.it/personas/spencer-tracy
  7. ^ https://www.imdb.com/name/nm0002031/
  8. ^ http://e-review.it/manzoli-cinema-e-fascismo
  9. ^ https://www.facebook.com/notes/sitting-on-the-dock-of-the-bay%C2%B2/le-amanti-del-vulcano-ingrid-bergman-anna-magnani-e-roberto-rossellini-storia-da/1457706867575205/
  10. ^ https://www.lamescolanza.com/20190211/ingrid-bergman/
  11. ^ https://www.repubblica.it/spettacoli/cinema/2015/07/02/news/isabella_rossellini-118146847/
  12. ^ https://corrieredelmezzogiorno.corriere.it/napoli/spettacoli/14_dicembre_27/giovanna-d-arco-rogo-quel-film-rossellini-girato-fuorigrotta-d7fb76f8-8dc1-11e4-9853-b3ac6340f997.shtml
  13. ^ http://win.storiain.net/arret/num107/artic6.asp
  14. ^ https://www.kalpana.it/ita/scrittori/sunil_deepak/gil_rossellini_raja_dasgupta.htm
  15. ^ https://www.imdb.com/name/nm0773067/bio
  16. ^ Ingrid Bergman, biografia di una diva a 100 anni dalla nascita, su The Blog - Cultura. URL consultato il 4 dicembre 2015.
  17. ^ https://www.youtube.com/watch?v=q3wG8_VCCM8
  18. ^ Discorso di accettazione del Premio Oscar - Ingrid Bergman
  19. ^ https://www.lagone.it/2019/09/01/cerveteri-sala-ruspoli-mostra-fotografica-omaggio-ingrid-ingmar-bergman/
  20. ^ https://begravning.stockholm/hitta-begravningsplatser-och-kyrkogardar/platser/norra-begravningsplatsen/
  21. ^ https://www.permesola.com/ingrid-bergman-100-anni/