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Pagina:Da Vinci - Frammenti letterari e filosofici.djvu/137

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la scienza. 89


LXII. — esempio della precedente regola.

Se molti corpi, d’egual peso e figura, saranno l'un dopo l'altro, con egual tempo, lasciati cadere, li eccessi de’ loro intervalli saranno infra loro eguali.1

La sperienza della predetta conclusione di moto si debbe fare in questa forma, cioè: tolgansi due ballotte d’egual peso e figura, e si faccino lasciare cadere di grande altezza in modo che, nel lor principio di moto, si tocchino l’una l’altra, e lo sperimentatore stia a terra a vedere se ’l loro cadere l’ha ancora mantenute in contatto o no. E questa esperienza si faccia più volte, acciò che qualche accidente non impedissi o falsassi tale prova, che la sperienza fussi falsa, e ch’ella ingannassi o no il suo speculatore.

LXIII. — bisogna limitare la ragione alla esperienza, non estendere la ragione al di là della esperienza.

Quanto più si diminuisce il mobile, il suo motore lo caccia più, proporzionevolmente secondo la sua diminuzione in infinito, sempre acquistando velocità di moto.2

E’ seguiterebbe che un atomo sarebbe

  1. Leonardo, nelle sue ricerche lente e faticose sulla caduta dei gravi, non &giunse alla determinazione di quella legge degli spazi proporzionali ai quadrati dei tempi, che rese immortale Galileo Galilei. Il principio qui espresso è che il peso cadente è soggetto ad una forza di accelerazione costante, la quale fa si che l’aumento della distanza fra i gravi discendenti è equale e proporzionale ai tempi della caduta. Intorno alle investigazioni di Leonardo sulla discesa dei gravi si veda il Venturi, Essai sur les ouvrages phisico-mathématiques de Léonard de Vinci. Paris, 1797, pag. l6; e le acute pagine del Caverni, Storia del metodo sperimentale in Italia. Firenze, 1895. vol. IV, pag. 69-80.
  2. Tale concetto intorno ai moti equabili, tratto dalla meccanica aristotelica (Quaestiones mechanicae. Opera. Venezia, l560. Vol. XI cap. II), è affermato vero dal Vinci nei limiti naturali: «Se una potenza moverà un corpo in alquanto tempo un alquanto spazio, la medesima potenza moverà la metà di quel corpo nel medesimo tempo due volte quello spazio, ovvero la medesima virtù moverà la metà di quel corpo per tutto quello spazio nella metà di quel tempo» Manoscritto F, folio 26 v°. - Ciò che Leonardo combatte nel frammento LXII è l’arbitraria estensione della legge al di là di ogni esperienza e di ogni possibilità di natura, è la tendenza ingenita in certe menti irrequiete di dar forma metafisica alle leggi fisiche, di applicare la vuota astrattezza del termine in infinito alla natura manifestantesi nello spazio e nel tempo finito.