Fonti e storiografia su Marco Aurelio
Per fonti e storiografia su Marco Aurelio si intendono le principali fonti (letterarie, numismatiche, archeologiche, ecc.) contemporanee alla vita dell'imperatore romano Marco Aurelio, nonché la descrizione degli eventi di quel periodo e l'interpretazione datane dagli storici, formulandone un chiaro resoconto (logos), grazie anche all'utilizzo di più discipline ausiliarie.
Fonti biografiche
[modifica | modifica wikitesto]Le principali fonti per la vita e il ruolo di Marco Aurelio, Antonino Pio e degli altri membri della famiglia sono frammentarie e spesso inaffidabili. Il gruppo più importante di fonti, ovvero quello rappresentato dalle biografie contenute nella Historia Augusta, è attribuito a una serie di autori vissuti tra la fine del III e il IV secolo[1] in epoca teodosiana (anche se c'è chi lo attribuisce all'epoca dioclezianea-costantiniana), ma pare che esso in realtà sia stato composto da un solo autore, successivamente al IV secolo, come sostenuto dal Syme[2] e dal Birley[3].
Le biografie più tarde e quelle degli imperatori subordinati e degli usurpatori sono per lo più piene di imprecisioni o falsità, ma le biografie precedenti, derivate principalmente da fonti ormai perdute (come Mario Massimo), ma anche da Eutropio e Aurelio Vittore, sono molto più accurate. Le biografie di Marco Aurelio, Adriano, Antonino Pio e Lucio Vero sono in gran parte affidabili, secondo quanto sostiene il Birley, mentre quelle di Elio Vero e Avidio Cassio sono in massima parte fantasiose.[3]
Di Frontone, maestro di retorica di Marco e di vari funzionari di Antonino Pio, si conservano una serie di manoscritti irregolari, che coprono il periodo 138-166. Nei Colloqui con se stesso Marco offre una finestra sulla sua vita interiore, ma gran parte dei libri risultano senza riferimenti cronologici e fanno pochi accenni specifici al mondo esterno.[4]
La più attendibile fra le principali fonti del periodo è Cassio Dione, un senatore greco originario della Bitinia che scrisse una storia di Roma dalla sua fondazione al 229, in ottanta libri, la Storia romana. Dione è di vitale importanza per la storia militare del periodo, ma i suoi pregiudizi senatoriali e una forte opposizione all'espansione imperiale oscurano la sua prospettiva, come era accaduto con Tacito e Svetonio nei confronti dei Giulio-Claudii.[5]
Altre fonti letterarie forniscono ulteriori informazioni sul contesto storico e sociale in cui visse l'imperatore: si tratta degli scritti del medico Galeno circa le abitudini della nobilitas legata alla famiglia antonina, delle orazioni di Elio Aristide sul costume di quei tempi e delle costituzioni imperiali di Marco e Antonino, conservate nel Digesto, nel Codice giustinianeo e in altre parti del Corpus iuris civilis, la raccolta di leggi e commenti giurisprudenziali voluta da Giustiniano I. Epigrafi e monete possono integrare le fonti letterarie, senza dimenticare i numerosi reperti archeologici presenti nelle principali raccolte museali di tutto il mondo.[6]
Giudizi storici
[modifica | modifica wikitesto]Marco Aurelio nella storiografia antica
[modifica | modifica wikitesto]Cassio Dione
[modifica | modifica wikitesto]Lo storico contemporaneo Cassio Dione Cocceiano elogiò Marco Aurelio, descrivendone il carattere:
«Oltre a possedere tutte le virtù, governò meglio di tutti gli altri che mai si erano trovati in una posizione di potere. Per essere precisi, non riuscì a prodursi in prodezze che richiedevano prestanza fisica, eppure aveva sviluppato il suo corpo, da uno molto debole a uno capace di grande resistenza. La maggior parte della sua vita la dedicò alla beneficenza, che fu forse la ragione per l'edificazione di un tempio alla Beneficenza sul Campidoglio, che mai era stato eretto prima d'ora. Egli stesso, poi, si astenne da tutti i delitti e non fece mai nulla di male, sia volontariamente sia involontariamente, al contrario tollerò le offese degli altri, in particolare quelle della moglie, non indagò su di esse e non punì alcuno. [...] E tutta la sua condotta era dovuta chiaramente a nessuna pretesa, al contrario ad una vera e propria eccellenza, poiché anche se visse cinquantotto anni, dieci mesi e ventidue giorni, tempo che aveva trascorso in una parte considerevole come cesare del primo Antonino, era poi diventato egli stesso imperatore per diciannove anni e undici giorni, dal primo all'ultimo giorni egli rimase lo stesso e non cambiò affatto. Così egli fu veramente, un uomo buono e privo di ogni falsità.»
Historia Augusta
[modifica | modifica wikitesto]Nella tarda Historia Augusta, probabilmente rielaborazione, per quanto riguarda Marco, della biografia scritta da Mario Massimo, si parla in questi termini:[7]
«Aveva l'abitudine di leggere, dare udienza e firmare durante gli spettacoli circensi. Per questo spesso il popolo, si dice, lo prendeva in giro. [...] Tanta era la bontà di Marco che nascondeva e giustificava i difetti di Vero, benché li disapprovasse fortemente; dopo la sua morte lo fece divinizzare, concesse sovvenzioni alle zie e alle sorelle di lui, facendo decretare loro titoli onorifici e aiuti, e onorò la sua memoria con moltissimi sacrifici. Gli dedicò un flamine e un collegio di sacerdoti Antoniniani e tutti gli onori che spettano agli dei. Ma non c'è alcun principe che possa dirsi al riparo da dicerie calunniose, e così neppure Marco fece eccezione. Si disse che Marco aveva fatto uccidere Vero o con il veleno [...] o servendosi del medico Posidippo, che avrebbe praticato a Vero un salasso non necessario.»
Sul rapporto con la famiglia e con il figlio Commodo:
«Era così generoso coi suoi che concesse a tutti i parenti le insegne di tutti quanti i titoli onorifici; al figlio, anche se si trattava di uno come Commodo, scellerato e depravato, diede subito l'appellativo di Cesare, successivamente la dignità sacerdotale e il titolo di imperator, la partecipazione al trionfo e il consolato. In quell'occasione l'imperatore corse a piedi nel Circo, spogliatosi della porpora, in onore ed al seguito del carro trionfale del figlio.»
Viene descritto anche come l'Optimus princeps (come in passato era accaduto a Traiano) e come l'esempio dell'uomo dotato di ogni virtù:
«Dopo la morte di Vero, governò da solo lo stato potendo mettere meglio in mostra le sue virtù in modo più efficace e fecondo, perché non era più condizionato dai difetti di Vero, né da quelli legati alla sua astuta e simulata apparenza di serietà – un vizio in lui congenito – né da quelli che più spiacevano a Marco fin da quando Vero era giovane, costituiti dalla vita e dai costumi dissoluti. Aveva tale serenità che non mutava mai l'espressione del suo volto né alle gioie, né alle tristezze, seguace com'era della filosofia stoica che aveva appreso da ottimi maestri e raccolto lui stesso da ogni possibile fonte. Lo stesso Adriano l'aveva scelto come suo successore, se non ci fosse stato l'ostacolo della sua troppo giovane età. Ciò appare chiaramente dal fatto che lo scelse come genero di Pio, in modo che in qualche modo l'impero romano potesse essere affidato a lui, ad un uomo che ne fosse veramente degno.»
Erodiano
[modifica | modifica wikitesto]Erodiano, anch'egli contemporaneo, anche se vissuto soprattutto in epoca severiana, sottolinea la devozione alla sua famiglia, per mettere in contrasto le virtù di Marco e i difetti di Commodo, non generati da colpe del padre:[8]
«All'imperatore Marco nacquero in numero maggiore figlie femmine, e due maschi. Di questi figli maschi, uno perse la vita assai giovane (il suo nome era Verissimo[9]), mentre l'altro, chiamato Commodo, fu allevato dal padre con ogni cura, chiamando da ogni parte i più illustri letterati nelle province dietro compensi non certamente disprezzabili, affinché assistendolo continuamente educassero il figlio. Diede in matrimonio le figlie arrivate ad età da matrimonio ai migliori uomini del senato, desiderando che gli diventassero generi non tanto i patrizi da numerose generazioni, né quelli in vista per grande ammontare di ricchezza, ma quelli onesti nel carattere e saggi nella loro vita: solo queste infatti considerava le qualità identificative e inamovibili dell'animo.»
Storiografia successiva
[modifica | modifica wikitesto]La figura di Marco Aurelio ricevette apprezzamenti per molti secoli a venire. Niccolò Machiavelli cita Marco Aurelio[10] come un uomo straordinario, dotato di infinite virtù, fra cui l'amore per la pace e per la giustizia. Machiavelli a questo punto spiega che, anche se gli imperatori romani con queste qualità non godevano di grande stima presso i soldati (che preferivano gli imperatori-militari), Marco Aurelio non fu mai vittima di una congiura perché aveva ottenuto l'imperium per diritto ereditario (anche se adottivo), non dovendo pertanto essere riconosciuto da nessuno. Fu dunque funesto per Pertinace e Alessandro Severo (che non furono "imperatori ereditari"; Pertinace fu un generale vittorioso, Alessandro Severo un lontano parente dell'imperatore Settimio Severo, ma non un erede diretto o da questi adottato) volerlo imitare e cercare di perseguire politiche pacifiche.
Voltaire considera Marco Aurelio come uno dei massimi filosofi e politici di tutti i tempi: nel Dizionario filosofico, elogiando l'imperatore Giuliano, lo paragonò a Marco stesso, che egli definì "il primo degli uomini". E alla voce "Filosofo" aggiunse: "I Romani poi ebbero Cicerone, che da solo vale forse quanto tutti i filosofi della Grecia. Dopo di lui vennero uomini ancor più degni di rispetto, tanto che imitarli fu impresa pressoché disperata: sono lo schiavo Epitteto e gli imperatori Marco Aurelio e Giuliano".[11] Voltaire difende Marco Aurelio dalle accuse di persecuzioni ai cristiani: "Ancor meno darò il nome di persecutori a Traiano o agli Antonini: mi sembrerebbe di bestemmiare".[12]
Riferito poi ad Antonino Pio o forse proprio allo stoico Marco Aurelio Antonino scrive anche:
«Certi teologi dicono che il divino imperatore Antonino non era virtuoso; che era uno stoico testardo, il quale, non contento di comandare agli uomini, voleva anche essere stimato da loro; che attribuiva a se stesso il bene che faceva al genere umano; che in tutta la sua vita fu giusto, laborioso, benefico per vanità, e che non fece nient'altro che ingannare gli uomini con le sue virtù; e a questo punto esclamo: «Mio Dio, mandaci spesso di queste canaglie!»»
Edward Gibbon, nel XVIII secolo, sulla scia della ricerca storica illuminista di Voltaire, lo incluse tra i "buoni imperatori", emuli di Augusto e Tito, assieme a Nerva, Traiano, Adriano e Antonino Pio.[14]
Michael Grant, scrive di Commodo e della successione a Marco Aurelio:
«I giovani si rivelano spesso essere molto sregolati, o almeno così anti-tradizionali, che il disastro fu inevitabile, ma anche se Marco avesse saputo ciò, rifiutare le rivendicazioni di suo figlio a favore di qualcun altro, avrebbe di certo coinvolto la sua epoca in una delle guerre civili che avrebbero proliferato in modo disastroso contro tutti i successori.»
C'è, tra i molti elogi, anche chi ha criticato alcuni aspetti del suo governo, come la successione voluta a tutti i costi per il figlio, il silenzio sulle persecuzioni contro i cristiani (rilevato soprattutto da parte di alcuni autori cattolici) e talune indecisioni su questioni importanti.[15]
Eredità e reputazione postuma
[modifica | modifica wikitesto]Alcuni imperatori successivi utilizzarono il nome "Marco Aurelio" per accreditare un inesistente legame familiare con lui.[16] Marco venne, quindi, identificato come un "re filosofo" nel corso della sua vita, e il titolo gli sarebbe rimasto anche dopo la morte: sia Dione sia il biografo della Historia Augusta lo chiamano "il filosofo", così come alcuni autori cristiani, come Giustino Martire, Atenagora, Melito e Tertulliano.[17] Alcuni definirono Marco, più filantropo che filosofo, paragonandolo ad Antonino Pio e Adriano, ed in contrasto con gli imperatori persecutori dei filosofi come Domiziano e Nerone, per rendere la differenza più audace, sottolineando il suo carattere e il suo esempio di retta condotta.[18][19][20] Come Traiano, venne indicato come un esempio di ottimo governante (optimus princeps), e successivamente venne anche descritto quasi come una sorta di "santo pagano", un uomo completo sotto ogni punto di vista.[21]
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Ovvero gli storici Aelius Spartianus, Iulius Capitolinus, Vulcacius Gallicanus, Aelius Lampridius, Trebellius Pollio e Flavius Vopiscus.
- ^ Syme 1971, Prefazione.
- ^ a b Birley 1990, pp. 317-318.
- ^ Birley 1990, pp. 269 ss.
- ^ Birley 1990, pp. 316.
- ^ Birley 1990, pp. 313-319.
- ^ Historia Augusta, Marcus Aurelius, 15-16.
- ^ Erodiano, Commodo, 1.1-2.
- ^ In realtà era solo Vero, secondo Historia Augusta, Commodus, 1.10.
- ^ Machiavelli 1527, cap. 19 : "Come evitare il disprezzo e l'odio".
- ^ Voltaire, Dizionario filosofico, 389-394.
- ^ Voltaire, Dizionario filosofico, voce Persecuzione.
- ^ Voltaire, Dizionario filosofico, voce «Virtù» testo disponibile on line
- ^ Gibbon 1776-1789, I, 78.
- ^ Fraschetti 2008, Introduzione e capitolo VII, pp. 93-99.
- ^ Tra questi vi furono: Marco Aurelio Probo (CIL XI, 1178), Marco Aurelio Mario (usurpatore nelle Gallie), Marco Aurelio Caro e Marco Aurelio Carino (CIL VIII, 10956), oltre a due imperatori suoi omonimi, Caracalla (AE 1911, 56) ed Eliogabalo (il cui nome imperiale ufficiale era "Marco Aurelio Antonino"; CIL VI, 40677 e AE 1990, 469) e che furono i primi, pur non appartenendo alla dinastia antonina, ad usare il suo nome. Questi ultimi due, in particolare, come già il padre di Caracalla, Settimio Severo, che aveva riabilitato la memoria di Commodo, divinizzandolo e rimuovendo la damnatio memoriae imposta dal Senato, e dato al figlio il nome di Marco Aurelio, cercavano un collegamento diretto con gli Antonini al fine di nobilitare le loro origini africane e asiatiche, quindi provinciali. Inoltre, una delle mogli di Eliogabalo era una nipote di Marco Aurelio stesso, Annia Faustina. Il nome Marco Aurelio divenne, quindi, un nome di famiglia dei Severi e, come "Cesare", "Augusto" e, più tardi, "Flavio", venne utilizzato come prenome imperiale da molti altri.
- ^ Eusebio, 4.26.9–11; Tertulliano, 7
- ^ Cassio Dione, 71, 1.1.
- ^ Historia Augusta, Marcus Aurelius, 1.1 e 27.7.
- ^ Erodiano, Commodo, 2.4.
- ^ Renan 1937, p. 13; Francis 1995, p. 21.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Fonti primarie
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