Acido fitico

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Acido fitico
Caratteristiche generali
Formula bruta o molecolareC6H18O24P6
Massa molecolare (u)660,04
Numero CAS83-86-3
Numero EINECS201-506-6
PubChem890
DrugBankDBDB14981
SMILES
C1(C(C(C(C(C1OP(=O)(O)O)OP(=O)(O)O)OP(=O)(O)O)OP(=O)(O)O)OP(=O)(O)O)OP(=O)(O)O
Indicazioni di sicurezza

L'acido fitico (o acido inositol-esafosforico. o estere esafosforico del mesoinositolo) è la principale forma di deposito di fosforo in molti tessuti vegetali, soprattutto nella crusca, nei semi e nella frutta secca (mandorle, noci ecc.)[1].

Funzioni biologiche

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L'acido fitico assume una funzione biologica importante nel ciclo di crescita dei vegetali, favorendo la germinazione dei semi grazie all'apporto di fosforo organico che è in grado di fornire loro[2].

Inoltre, svolge un ruolo biologico nel sangue degli uccelli, quale modulatore dell’affinità dell’emoglobina per l’ossigeno (ruolo che nei mammiferi viene svolto dall’acido 2,3-difosfoglicerico)[2].

L'acido fitico e i fitati non sono digeribili per gli esseri umani o per gli animali non ruminanti, quindi non costituiscono una fonte di inositolo o fosfato se mangiati direttamente. Inoltre, hanno azione chelante e quindi rendono inassorbibili alcuni importanti micronutrienti, come zinco e ferro, e in misura minore anche macroelementi come calcio e magnesio[1] (somministrato in alte dosi, favorisce il rachitismo dei giovani, impedendo l'assorbimento intestinale del calcio[2]).

Per l'effetto chelante di altri elementi nutritivi, i fitati sono considerati antinutrizionali, cioè ad effetto contrastante la nutrizione. La demolizione dell'acido fitico nei ruminanti, che permette l'assimilazione regolare dell'inositolo, e la eliminazione dell'effetto chelante, è dovuta alla azione lisante e di dissolvente molecolare della flora batterica intestinale del rumine.

Fitina e acido fitico, presenti soprattutto nella soia e, in quantità molto più piccole, nella crusca dei cereali, sottraggono calcio e ferro all'organismo: questo inconveniente può essere ovviato mediante l'addizione dell'enzima fitasi. In maniera analoga, è possibile ridurre la concentrazione di fitina attraverso la cottura[1], che si rivela tuttavia meno efficace[3] rispetto all'ammollo prolungato e alla fermentazione (come per esempio, nel caso specifico della soia, tramite la produzione di trasformati quali il tempeh e il natto).

I fitati possiedono inoltre un'azione contro i radicali liberi[1].

  1. ^ a b c d Myriam Patalano, Acido fitico, danni, proprietà e riduzione, su ischianutrizionepatalano.it. URL consultato il 10 dicembre 2019.
  2. ^ a b c Acido fitico, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Modifica su Wikidata
  3. ^ Devo preoccuparmi dei fitati nei cereali integrali?, su spaziosfera. URL consultato il 20 maggio 2024.

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Collegamenti esterni

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