44. Nepo la mena allora alle sue stanze,
Che i paramenti avean di cuoi umani
Ricamati di fignoli e di stianze,
E sapevan di via de’ Pelacani1:
Ove gli orsi, facendo alcune danze,
Dan la vivanda e da lavar le mani:
Volati al cibo alfin, come gli astori,
Sembrano a solo a sol due toccatori2. 45. Fiorita è la tovaglia e le salviette
Di verdi pugnitopi3 e di stoppioni,
Saldate4 con la pece, e in piega strette
Infra le chiappe state de’ demòni.
Nepo frattanto a macinar si mette,
E cheto cheto fa di gran bocconi,
Osservando5 Caton, ch’intese il giuoco,
Quando disse: in convito parla poco. 46. Fa Martinazza un bel menar di mani;
Ma più che il ventre, gli occhi al fin si pasce;
E quel pro fàlle, che fa l’erba a’ cani,
Chè il pan le buca e sloga le ganasce;
Perchè reste vi son come trapáni,
Nè manco se ne può levar6 coll’asce;
Crudo è il carnaggio, e sì tirante e duro,
Che non viene a puntare i piedi al muro.
↑St. 44. Via de’ Pelacani si dice in Firenze quella dove son le conce delle pelli, nella quale è sempre un puzzo orrendo. (Minucci). (Nota transclusa da pagina 278)
↑Due toccatori. Vedi c. II, 60. Eran sempre due e sempre soli, perchè i cittadini non ne volevan la compagnia, e co’ birri non s’accompagnavano essi, tenendosi da più di loro. (Nota transclusa da pagina 278)
↑St. 45. Pugnitopiecc. Virgulti a foglie spinose. (Nota transclusa da pagina 278)
↑Saldate. Data lor la salda. (Nota transclusa da pagina 278)
↑Osservando la regola di Catone, che la seppe lunga, quando ecc. (Nota transclusa da pagina 278)
↑St. 46. Levar. Spiccarne un pezzo, tagliarlo. (Nota transclusa da pagina 278)