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Pagina:Da Vinci - Frammenti letterari e filosofici.djvu/436

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388 le profezie e le facezie.

tuolo ebbe il suo desiderio; e così si mangiò essa pollastra; e i frati feciono il meglio poterono.

Ora, dopo tale desinare, questi commensali si partirono tutti e tre di compagnia; e dopo alquanto di viaggio, trovato un fiume di bona larghezza e profondità, essendo tutti e tre a piedi, — i frati per povertà e l’altro per avarizia, — fu necessario, per l’uso della compagnia, che uno de’ frati, essendo discalzi, passasse sopra i sua omeri esso mercantuolo: onde datoli il frate a serbo i zoccoli, si caricò di tale omo.

Onde accadde che, trovandosi esso frate in mezzo del fiume, esso ancora si ricordò de la sua regola; e fermatosi, a uso di San Cristofano, alzò la testa inverso quello che l’aggravava, e disse: — dimmi un poco, hai tu nissun dinari addosso? — Ben ssi, rispose questo, come credete voi che mia pari mercatante andasse altrementi attorno? — Ohime! disse il frate, la nostra regola vieta, che noi non possiamo portare danari addosso; — e sùbito lo gettò nell’acqua. La qual cosa conosciuta dal mercatante, facetamente la già fatta ingiuria essere vendicata, con piacente riso, pacificamente, mezzo arrossito per vergogna la vendetta sopportò.