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l'arte | 253 |
rebbe penetrare per tutti i suoi meati; il naso ancora vorrebbe ricevere l’aria, ch’al continuo di lei spira.
Ma la bellezza di tale armonia il tempo in pochi anni la distrugge, il che non accade in tal bellezza imitata dal pittore, perchè il tempo lungamente la conserva; e l’occhio, inquanto al suo uffizio, piglia il vero piacere di tal bellezza dipinta, qual si facessi della bellezza viva; mancagli il tatto, il quale si fa maggior fratello nel medesimo tempo, il quale, poichè avrà avuto il suo intento, non impedisce la ragione del considerare la divina bellezza. E in questo caso la pittura, imitata da quella, in gran parte supplisce: il che supplire non potrà la descrizione del poeta, il quale in questo caso si vole equiparare al pittore, ma non s’avvede, che le sue parole, nel far menzione delle membra di tal bellezza, il tempo le divide l’una dall’altra, v’inframmetto l’oblivione, e divide le proporzioni, le quali lui, sanza gran prolissità, non può nominare; e non potendole nominare, esso non può comporne l’armonica proporzionalità, la quale è composta di divine proporzioni. E per questo un medesimo tempo, nel quale s’inchiude la speculazione d’una bellezza di-