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Pagina:Da Vinci - Frammenti letterari e filosofici.djvu/180

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132 i pensieri.


sole, non vedendo nell’universo corpo di maggiore magnitudine e virtù di quello. E ’l suo lume allumina tutti li corpi celesti, che per l’universo si compartono. Tutte l' anime discendan da lui, perchè il caldo, ch’ è nelli animali vivi, vien dall’anime, e nessuno altro caldo, nè lume è nell' universo, come mostrerò nel quarto libro. E certo costoro, che han voluto adorare li omini per Iddii come Giove, Saturno, Marte e simili han fatto grandissimo errore, vedendo, che, ancora che l’omo fossi grande quanto il nostro mondo, che parrebbe simile a una minima stella, la qual pare un punto nell’universo; e ancora vedendo essi omini mortali e putridi e corruttibili nelle loro sepolture.

La Spera e Marullo laudan con molti altri esso sole.1

L. — segue.

Forse Epicuro vide le ombre delle colonne ripercosse nelli antiposti muri essere eguali al diametro della colonna, donde si partìa tale ombra; essendo adunque il concorso dell’ombre parallelo dal suo nascimento al suo fine, li parve da giudicare che il sole ancora lui fosse fronte di tal paral-

  1. Leonardo si riferisce alla Spera di Goro Dati [Firenze, 1478] e agli Hymni et epigrammata di Michele Tarcaniota (Marullo) [Firenze, 1497]. Nella prima di queste due opere, le strofe, che vanno dalla 16a alla 22a, sono dedicate alle lodi del sole:
    Chiaro splendore e fiamma rilucente,
    Sopra tutt’altre creatura bella, ec.
    e non è difficile rinvenirvi idee ed espressioni simili a quelle usate dal Vinci. Negli Hymni et epigrammata del Marullo, il secondo dei Libri hymnorum naturalium si apre coll’inno al sole:
    Quis novus hic animis furor incidit, nude repente
    Mens fremit horrentique sonant precordio, mota? ec
    Le notizie, che seguono nei frammenti L, LI, LII, intorno alle idee di Epicuro sono tratte, più che da Lucrezio, che Leonardo nomina una sola volta di seconda mano, dal El libro de la vita de philosophi e delle loro elegantissime sententie extracte da Diogene Lahertio e da altri antiquissimi auctori. Venezia, 1480, lib. X (ed. Lipsia, 1833, vol. II, pag. 223).