Vai al contenuto

Alberto Bevilacqua

Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Alberto Bevilacqua nel 1984

Alberto Bevilacqua (1934 – 2013), scrittore, poeta, regista, sceneggiatore e giornalista italiano.

Citazioni di Alberto Bevilacqua

[modifica]
  • Bertolucci, mi ha insegnato a leggere i libri giusti e il sapore di quello che è il gusto letterario.[1]
  • Bisognerebbe che accettassi | di scoprire chi è mio padre. | Cesserei così | di farmi figliol prodigo a me stesso.[2]
  • Gli editori credono ciecamente, con apriorismo razzistico, che la poesia sia tabù per la libreria. E lo credono anche i librai.[1]
  • Io gioco con il mio gatto mentre sono ancora a letto. Ecco cosa basta. Il gatto è saltato dalla spalliera su di me, si è rovesciato sul mio petto e allora ho aperto gli occhi; salta perché li apra; le feu de ses prunelles pâles, direbbe Baudelaire che amava i gatti egizi, mi fissava: le prunelles immobili, lo ripeto, hanno questo potere di svegliarmi e poi mi avvolgono e mi superano con il loro campo visivo. È come se con i primi piani che emergono dall'ombra, il gatto individuasse misteriose presenze alle mie spalle, quelle che mi trascino e io non vedo.
    Forse ci sono davvero – penso – i poveri fantasmi miei.[3]
  • La montagna dovrebbe servire per salire, ma anche, e soprattutto, per discendere. Verso la gente.[4]
  • La poesia è registrazione rapidissima di momenti chiave della nostra esistenza. In ciò è pura, assoluta, non ha tempo di contaminarsi con nulla. Nemmeno con i nostri dubbi.[1]
  • Parliamone. Come di un capriccio. | Senza il buonsenso che la notte | per stanchezza prelude. O la felicità | per albe che non mutano il mutabile. | L'importante è parlarene | come di tutte le cose | di cui sarebbe meglio tacere.[5]
  • Sento dire in questi giorni, che Marcello Marchesi è stato il Campanile dei poveri. E ciò, oltre che sciocco, è crudele. Comunque, non c'entra. Più esatto, anche se paradossale, sarebbe: Marchesi è stato il Campanile dei ricchi. Ma, di nuovo, non c'entra affatto lo stereotipo della ricchezza. Intendo ricchi non di denaro, di altre cose: di amici, solerti e un po' distratti, di amiche, belle (addirittura dalla carnalità inscenata, tipo varietà vecchia maniera), di benessere, nel senso di ottimo livello domestico più che di libretto bancario, di capacità frettolosamente mondane, di contatti anche effimeri, soprattutto di una sottile disperazione urbana.[6]

Incipit di alcune opere

[modifica]

I sensi incantati

[modifica]

Può succedere che, dal cuore oscuro dell'universo, giungano all'uomo certe premonizioni o rivelazioni di ciò che accadrà.
Rientra nel normale. L'eccezione consiste, semmai, nella maggiore intensità, nel più sviluppato potere di comunicazione magica con cui la premonizione si insinua in alcuni privilegiati. Si tratta di facoltà attraverso le quali la natura concede al suo mistero di diradarsi, lievemente, affinché possa illuminarci con i segnali di una solidarietà superiore che addolcisce le nostre solitudini, accarezza e traduce in realtà i nostri sogni, non lascia morire le speranze.
È ciò che intendo per Provvidenza.

Il gioco delle passioni

[modifica]

Cominciò così. Con Regina che cantava.
La sua voce usciva dalla chiesa sconsacrata, in prossimità del Rio dell'Arsenale, dove gli attori avevano provato lo spettacolo fino alle prime luci del giorno. Era un canto di saluto, con una nostalgia di vita persa. Pareva sorgere da un magico campiello – l'altoparlante lo amplificava, senza nulla togliere alla suggestione e al segreto – diffondendosi in quel'angolo di Venezia da cui si allontanava una notte temporalesca, lasciando posto allo schietto sereno di una giornata di domenica.
La voce di Regina spaziava in quell'inatteso chiarore di cristallo. Marco Donati ebbe la sensazione di coglierla, con un presentimento, prima ancora di udirla: sembrava rivolgersi a lui soltanto, per attirarlo e indurlo a reagire con una felice concentrazione dei sensi e della memoria. Egli si abbandonò a quel richiamo che intese come un misterioso messaggio, e respirò a fondo l'odore dell'acqua che scorre intorno alle case, un odore unico al mondo, che stimola la mente più di qualsiasi profumo.

Il viaggio misterioso

[modifica]

Federico scoprì di avere due padri camminando per le strade di Parma e facendosi condurre per mano da entrambi: questa scoperta era, ogni volta, come un respiro felice. Divenuto adulto, egli concluse che allo stesso modo l'uomo conquista un suo mondo sconosciuto ma che fatalmente – per il solo fatto della conquista – gli appartiene. Dall'Oltretorrente, i tre passavano il Ponte di Mezzo, che divideva la città del popolo da quella dei borghesi e degli agrari, e Federico fissava le luci d'acqua morta che via via si rintanavano alle sue spalle, tra le canne, per far posto ai tigli dei viali. Il povr àlmi[7] – già pensava – si perdevano coi loro lumi in una buia esistenza.

L'eros

[modifica]

Questa mia avventura fatta di tante avventure con cui percorro il presente, attraverso in lungo e in largo la vita dei sensi, la mia vita, si è mossa in me, un giorno, in un'alba, all'aeroporto di Roma. Ci andavo spesso, appunto alle prime luci del giorno, e mi muovevo fra i quadri luminosi che annunciavano le partenze per le terre straniere più strane e remote.
Mi spingeva una voglia di andarmene, lasciare tutto. Ma non sapevo dove, la mia voglia non aveva un volto, era una velleità infantile.

La califfa

[modifica]

Si fa presto a dire: quella è una slandra, una donna di rifiuti. Ti mettono la croce addosso e addio, poi fanno le orecchie del sordo. Insomma, non ti ripulisci più perché, l'onestà di andare in fondo alle cose, chi ce l'ha in questa Italia lazzarona, dove tutti, i loro peccati, li nascondono come beni di contrabbando, solo per puntare il dito contro le debolezze degli altri? Questa è la cristiana carità che io conosco, questo il volersi bene dei fratelli...
Io, invece, una di quelle che badano all'apparenza e poi fanno i comodi allo scuro, non lo sono stata mai: l'Irene Corsini, detta Califfa, quello che ha dentro ce l'ha in faccia e costi quel che costi!
Per questo, chi m'incontrava in quei giorni amari, evitava persino di guardarmi, tanto mi si leggeva in faccia quanto mi accanivo sulla tragedia della mia vita:
"Califfa mia," mi dicevo "sei proprio arrivata in fondo, peggio di così, solo la galera e la morte!..." E pensare, invece, che ancora tanto dovevo aspettarmi dalla vita.

La grande Giò

[modifica]

La ragazza si insinuava in casa mia, a mia insaputa.
Mi capitava di aprire una porta e di trovarmela di fronte, che mi fissava con uno sguardo ambiguo. Nei suoi occhi chiari, avrei potuto leggere ogni intenzione. A segnalarmi le sue visite a sorpresa, erano i suoi passi cha salivano la scala interna, anche la notte, svegliandomi; oppure lo scroscio della doccia, improvviso, mentre ero assorto nel mio lavoro. Se la raggiungevo, lei apriva con un gesto da esibizionista la tenda di plastica.
Il suo corpo si lasciava inondare ruotando sulle punte dei piedi con un'arguzia erotica che mi sollecitava e, insieme, mi metteva a disagio.

Questa specie d'amore

[modifica]

Circa un mese prima di quella notte, mi era accaduto un fatto irragionevole; fu la domenica in cui si cominciò ad andare al mare, con Giovanna euforica perché – dato il caldo eccezionale di quella fine di maggio – le si annunciava la possibilità d'iniziare i bagni con molto anticipo sugli altri anni. Mia moglie ama il mare, il sole, il caldo; una vera dalmata, da parte di madre nata e vissuta a lungo in coste selvagge, le dà un sangue eccitabile alle libertà naturali e le fa ritrovare un'allegria dei sensi in tutto ciò che è luminosità e spazio.
Così Giovanna si risveglia dal fisico letargo in cui s'abbandona nei mesi brutti come se la luce, quando non le sta intorno, si affievolisce anche dentro di lei: allora si distende sul letto, senza dormire, con il capo contro la spalliera, le mani infilate dentro le maniche del golf, gli occhi che si fermano lungamente sulla parete, in attesa non già di un'idea o di un fatto, ma proprio della luce, di una complicità del cielo con la sua voglia di rasserenarsi.

Sorrisi dal mistero

[modifica]

Io guardo in su: cielo talmente azzurro, nuvole candide in lontananza. Il mio amico Pepper sfoglia i giornali. Legge in silenzio, in po' borbotta. Poi, stupefatto e a voce alta, s'imbatte in una notizia. Titoli culturali:
«Dopo ventun anni di volo per il sistema solare, la sonda americana Voyager 1 si avvia a superare il confine che la separa dall'ignoto cosmico. A bordo, una serie di cimeli terrestri che raccontano in pillole la storia del nostro pianeta.»
«E perché mai?»
«Qualora gli alieni se ne impadronissero.»
«Quali cimeli?»
«Un disco di rame ricoperto d'oro con incisi alcuni suoni dell'ecosistema. Un tuono. Il canto di un grillo. La risacca dell'Oceano. L'eco del bacio di una madre...»
Anch'io esterrefatto:
«Testuale?»
«Testuale»
«E che può capirne l'eventuale alieno, dell'eco, addirittura, del bacio di una madre? Come potrebbe distinguerlo dagli altri baci? Ammesso e non concesso che sia in grado di riconoscere i baci umani?»

Umana avventura

[modifica]

Eppure l'ho vista.
Nessuno potrà togliermi questa certezza.
Nei giorni che hanno preceduto la scoperta, fenomeni che avrebbero potuto apparire provocati da guasti tecnici, me ne hanno dato segnali. Ho pensato dapprima che la zona a sud di Delo – dove con mia moglie e mia figlia vengo ogni estate, e da solo più spesso per i miei lavori di scavo – fosse impregnata di un gas o altra esalazione inesplicabile.

Un cuore magico

[modifica]

dedica e premessa
La dedica è a Gustavo Adolfo Rol.

I Sensi Incantati si concludevano con una fine, ma con una sospensione, una pausa.
Miriam era scomparsa.
Da allora è continuata, assai più sorprendente di prima, la mia storia con lei, con la presenza magica, così come la mia vita ha continuato a registrare fenomeni anomali e fatti straordinari che non cessano di accadermi.
Essi dipendono da ciò che chiamoil "contagio magico".

Note

[modifica]
  1. a b c Da La fiera Letteraria, giugno 1973.
  2. Da Figliol prodigo, in La crudeltà, Garzanti, 1975, p. 99.
  3. Da L'occhio del gatto, in Romanzi, Mondadori, 2010, p. 692. ISBN 978-88-04-59419-2
  4. Citato in Marco Pastonesi e Giorgio Terruzzi, Palla lunga e pedalare, Dalai Editore, 1992, p. 44. ISBN 88-8598-826-2
  5. Da Parliamone, in Immagine e somiglianza, Rizzoli, 1982.
  6. Da Corriere della Sera, 21 luglio 1978; citato in Aldo Grasso, Storia della televisione italiana, Garzanti, 1992, p. 164. ISBN 88-11-73819-9
  7. Le povere anime: il modo tipico con cui l'Oltretorrente si autodefiniva.

Bibliografia

[modifica]
  • Alberto Bevilacqua, Sorrisi dal mistero, Arnoldo Mondadori Editore, 1998.
  • Alberto Bevilacqua, Il gioco delle passioni, Arnoldo Mondadori Editore, 1989.
  • Alberto Bevilacqua, Questa specie d'amore, Rizzoli Editore, 1966.
  • Alberto Bevilacqua, I sensi incantati, Arnoldo Mondadori Editore, 1991.
  • Alberto Bevilacqua, La califfa, RCS, 2003.
  • Alberto Bevilacqua, Il viaggio misterioso, Rizzoli Editore, 1972.
  • Alberto Bevilacqua, Un cuore magico, CDE, 1994.
  • Alberto Bevilacqua, Umana avventura, Aldo Garzanti Editore, 1974.
  • Alberto Bevilacqua, L'eros, Arnoldo Mondadori Editore, 1994.
  • Alberto Bevilacqua, La grande Giò, Bestsellers Oscar Mondadori, 1991.

Film

[modifica]

Altri progetti

[modifica]