OTO/Ansaldo 381/50

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381/50 Modello 1934
I cannoni da 381mm della Corazzata Vittorio Veneto
Tipocannone navale
Impiego
UtilizzatoriItalia (bandiera) Italia
Produzione
CostruttoreAnsaldo · OTO
Entrata in servizio1940
Ritiro dal servizio1948
Descrizione
Peso111.664 kg
Lunghezza canna19,78 m
Calibro381 mm (15 inch)
Peso proiettile884,8 kg (perforanti)
774 kg (esplosivi; alcune fonti riportano 824 kg per gli esplosivi)
Azionamentoa vite interrotta tipo Welin
Velocità alla volata870 m/s
Gittata massima44,6 Km (proiettili HE)
Elevazione36°
navweaps
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Il cannone 381/50 Modello 1934[1] fu la più potente arma balistica sviluppata dall'industria bellica italiana e il cannone navale con la gittata maggiore fra quelli operativi in quel periodo di guerra,[2] il cui progetto fu sviluppato a partire dal 1934 per equipaggiare le navi da battaglia della classe Littorio.

La Regia Marina pianificò nel 1932 la costruzione di due moderne navi da battaglia; la costruzione fu avviata nel 1934 e furono battezzate Littorio e Vittorio Veneto. Nello stesso anno fu decisa la costruzione di altre due navi da battaglia, la cui costruzione fu avviata nel 1938 cui furono assegnati i nomi Roma e Impero, mai completata.

Per le nuove unità furono progettati nuovi cannoni da 381 mm i cui studi furono avviati nel 1934.

Le quattro corazzate (tranne la Impero, che non fu mai completata) furono equipaggiate da tre torri trinate, nove cannoni per nave.

Caratteristiche

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Il cannone aveva una gittata massima superiore a quella di tutte le altre navi da battaglia della seconda guerra mondiale, nonostante la sua massima elevazione di soli 36° fosse modesta; oltre a questo, la loro alta velocità iniziale (superiore a quella di tutti i contemporanei calibri) e la pesantezza della munizione (oltre 880 kg) consentivano una eccellente capacità perforante, confrontabile con i cannoni da 406 e 460 mm di produzione americana e giapponese; una corazza da 350 mm era perforabile ad oltre 25 km, mentre a breve distanza la perforazione possibile era di circa 80 centimetri. La perforazione delle corazze verticali era assai elevata a causa della velocità dei proiettili, ma essendo la traiettoria anche molto tesa, data la ridotta elevazione, la perforazione delle armature orizzontali, essenziale nel tiro curvo da lunga distanza era inferiore a quella dei cannoni da 381 inglesi (che avevano un'elevazione di 30°) a pari gittata, poiché i proiettili colpivano con un'angolazione più vicina alla verticale (ma i cannoni italiani potevano raggiungere e superare questi valori a distanze superiori) e appena migliore di quelli tedeschi.

I cannoni da 381 della corazzata Vittorio Veneto durante la battaglia di Capo Teulada

La cadenza di tiro era ridotta, un colpo ogni 45 secondi,[3]; ciascun pezzo era separato dall'adiacente da una paratia corazzata. I cannoni avevano un'anima ricambiabile a freddo che doveva essere cambiata con una frequenza eccessiva: il totale stimato di colpi sparabili era di 140 ma la vita utile dell'anima del cannone non superava i 220 colpi a carica ridotta e la durata della canna era circa la metà di altre marine.[4]

La dispersione di tiro era molto elevata, per l'alta velocità iniziale dei proiettili (problema di molti cannoni italiani, specialmente quelli da 152 mm e 203 mm più datati, soprattutto per l'eccessiva vicinanza tra loro) e per la qualità scarsa e non omogenea delle munizioni, problema che aveva già afflitto i cannoni italiani nella prima guerra mondiale e che si protrasse nella seconda.[2] Altri inconvenienti erano la ridotta riserva di munizioni e problemi di brandeggio che in alcuni casi ne limitavano l'efficacia.

La costruzione dei cannoni fu commissionata all'Ansaldo di Genova (i cannoni per la Littorio e la Impero, più tre altri per la Roma) e alla Odero-Terni-Orlando di La Spezia (i cannoni della Vittorio Veneto e sei cannoni della corazzata Roma).[5]

Le torri avevano un peso di 1.595 t con una corazzatura massima sulla piastra frontale di 350 mm. La torre poggiava su di un piano di rotolamento a rulli (la virola) [6] con un angolo di orientazione max che andava tra +160° e -160° per la torre poppiera, ma per problemi dovuti alle onde d'urto, erano solitamente usate tra +-120°, con una velocità di rotazione di 6 gradi al secondo. L'elevazione oscillava tra -5,5° e +36° con una velocità di elevazione di 6 gradi/s, e la ricarica avveniva all'elevazione fissa di +15°. Nel caso di calcatoio principale danneggiato, uno secondario permetteva la ricarica a -2°.

Gittata[3] Elevazione angolo di caduta Velocità
10 km 4° 24′ 5°  687 m/s
15 km 7° 12′ 8° 39′ 620 m/s
20 km 10° 36′ 13° 24′ 563 m/s
25 km 14° 27′ 19° 18′ 524 m/s
30 km 19° 12′ 26° 6′ 498 m/s
35 km 24° 39′ 37° 36′ 483 m/s

Galleria d'immagini

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  1. ^ Nella nomenclatura italiana dell'epoca, la prima cifra indicava il calibro in mm e la seconda dava la lunghezza della canna in calibri.
  2. ^ a b Cannoni & Munizioni, su regiamarinaitaliana.it. URL consultato il 5-5-2010 (archiviato dall'url originale il 16 giugno 2014).
  3. ^ a b John Campbell - Naval Weapons of World War Two, pp. 320-321.
  4. ^ Gian Carlo Poddighe, ARTIGLIERIE NAVALI ITALIANE dalla 1^ GM alla 2^ GM -Scelte Tecnologia Industrie.pdf, in Storica Edi CGS, 1º gennaio 1994. URL consultato il 21 aprile 2022.
  5. ^ Italian 381 mm/50 (15") Model 1934, su navweaps.com. URL consultato il 5-5-2010.
  6. ^ Carlo Cestra - 9 settembre-INFERNO DI FUOCO.
  • John Campbell, Naval Weapons of World War Two, Londra, Conway Maritime Press, 2002, ISBN 0-87021-459-4.
  • Siegfried Breyer, Battleships and Battle Cruisers 1905-1970, Doubleday & Company, 1973, ISBN 0-385-07247-3.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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