Fulcieri Paulucci di Calboli
Fulcieri Paulucci di Calboli | |
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Nascita | Napoli, 26 febbraio 1893 |
Morte | Saanen, 28 febbraio 1919 |
Cause della morte | malattia |
Dati militari | |
Paese servito | Regno d'Italia |
Forza armata | Regio Esercito |
Arma | Cavalleria, Fanteria, Artiglieria |
Specialità | Osservatore |
Anni di servizio | 1915-1918 |
Grado | Tenente |
Guerre | Prima guerra mondiale |
Decorazioni | Medaglia d'oro al valor militare |
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Fulcieri Paulucci di Calboli (Napoli, 26 febbraio 1893[1] – Saanen, 28 febbraio 1919) è stato un militare italiano, volontario di guerra e decorato di medaglia d'oro al valor militare.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Il cognome si trova anche nella forma Paolucci di Calboli, Paulucci de Calboli oppure Paolucci e Paulucci de' Calboli.
Da giovane, seguì il padre, il conte Raniero, importante diplomatico, nei suoi spostamenti: in Svizzera, ad esempio, fece amicizia con la poetessa Ada Negri. Durante il suo lungo soggiorno nella Confederazione, si impegnò attivamente in favore degli immigrati italiani ivi residenti, fondando, tra l'altro, la Scuola italiana di Berna, insieme a Carlo Spinazzola e alla giornalista ticinese Rosetta Colombi[2].
Nel 1910 Fulcieri si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell'Università di Genova, dove nel 1914 si laureò. Nel frattempo, si avvicinò al nascente nazionalismo italiano, partecipando al primo congresso dell'Associazione Nazionalista Italiana, tenutosi a Firenze nel 1910, e aderendo convintamente al movimento[3].
Nella grande guerra
[modifica | modifica wikitesto]Pur intenzionato a intraprendere la carriera paterna, scoppiata la prima guerra mondiale nell'ottobre 1914, da convinto interventista qual era, si arruolò immediatamente come volontario e con l'entrata in guerra dell'Italia chiese di essere destinato alla prima linea.
Vi giunse con il grado di sottotenente, aggregato al reggimento cavalleggeri di Saluzzo. Ritenendo la cavalleria un'arma non pienamente operativa, fece subito domanda per essere trasferito in fanteria, con la brigata "Padova" sul Carso. Fu spesso esempio per i commilitoni in battaglia, offrendosi di volta volontario per le missioni pericolose.
Durante una di queste riportò due ferite allo stesso ginocchio che gli causarono un'invalidità permanente. Ancora convalescente, nel dicembre 1916 tornò al fronte in qualità di ufficiale osservatore di controbatteria nella 3ª Armata.
A Dosso Faiti, il 18 gennaio 1917, il suo osservatorio viene distrutto dal fuoco nemico. Paulucci de Calboli riuscì a raggiungere il reparto di linea combattendo fra i fanti. Scesa l'oscurità e necessitando di rinforzi, essendo saltati tutti i collegamenti telegrafici, si offrì di raggiungere il comando.
Per risparmiare tempo, si avventurò allo scoperto ma venne colpito alla schiena da una scheggia che penetrò la colonna vertebrale, con la paralisi permanente degli arti inferiori. Per quest'azione viene poco dopo insignito della medaglia d'oro al valore militare.
L'impegno propagandistico e la morte
[modifica | modifica wikitesto]A seguito della disfatta di Caporetto del novembre 1917, aderì al Comitato di Azione mutilati, invalidi e feriti di guerra, partecipando, sulla carrozzella, all'intensa opera di propaganda svolta per esortare gli italiani alla resistenza. Divenuto presidente della Sezione di Difesa Patriottica, si dedicò, pur nelle sue gravissime condizioni di salute, a un diuturno impegno propagandistico per tutto il nord Italia[4].
Nel marzo del 1918, mentre si trovava all'ospedale di Genova, contrasse l'erisipela, un'infezione acuta della pelle, a quei tempi pressoché incurabile; iniziò così il suo rapido ed inesorabile declino fisico e il 28 febbraio 1919, a soli 26 anni, morì nel sanatorio Solsana di Saanen, presso Gstaad, in Svizzera.
Le sue spoglie furono trasferite nel cimitero monumentale di Forlì, dove riposano in una tomba del Pantheon, sormontata da un busto realizzato dallo scultore Carlo Fontana. Fu Antonio Beltramelli a definirlo per primo "santo dei mutilati".[5] All'eroe di guerra la Fondazione Mutilati di Guerra di Milano dedicò un busto in marmo che fu commissionato al celebre scultore Adolfo Wildt. A Roma fu intitolata una via nel quartiere Della Vittoria.
Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]— Dosso Faiti, 18 gennaio 1917
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ Estratto dal Registro degli atti di Nascita - Napoli sezione Chiaia, su Portale Antenati. URL consultato il 13 giugno 2024.
- ^ G. Bonalumi, La giovane Àdula, n. 34, p.31.
- ^ G. Chiurco, Storia della rivoluzione fascista.
- ^ G. Prezzolini, Tutta la guerra, p. 211.
- ^ Luigi Pasquini, Romagna per lettori e veditori, Bologna, Guidicini e Rosa Editori, 1983, p. 75.
- ^ Quirinale, scheda del decorato Fulcieri Paulucci de Calboli - Visto 23 novembre 2013
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Domenico Guzzo, La costruzione di un mito della nazione fascista: Fulcieri Paulucci di Calboli, santo dei martiri della Grande Guerra, in "L'Italia nella Grande Guerra. Nuove ricerche e bilanci storiografici", Roma, Bradypus, 2017. ISBN 9788898392681
- Comune di Forlì, 80º anniversario della morte di Fulcieri Paolucci di Calboli, Forlì, 1999.
- Giuseppe Prezzolini, a cura di, Tutta la guerra - Antologia del popolo italiano sul fronte e nel paese, Milano, 1968.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Fulcieri Paulucci di Calboli
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Paulucci di Calboli, Fulcieri, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- PAULUCCI di CALBOLI, Fulcieri, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1935.
- Elena Papadia, PAULUCCI DI CALBOLI, Fulcieri, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 81, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2014.
- (EN) Opere di Fulcieri Paulucci di Calboli, su Open Library, Internet Archive.
- Umberto Pasqui, Il sorriso eroico di Fulcieri, su forlitoday.it.
- Marcello Landi, Fulcieri Paulucci de' Calboli (PDF), su centoannigrandeguerra.it. URL consultato il 15 febbraio 2014 (archiviato dall'url originale il 22 febbraio 2014).
Controllo di autorità | VIAF (EN) 27323660 · ISNI (EN) 0000 0000 6155 9933 · SBN RAVV092058 · LCCN (EN) no00039352 · GND (DE) 121672840 · BNF (FR) cb14643678w (data) |
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