Barbaro (famiglia)

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Barbaro
D'argento, al ciclamoro di rosso
StatoRepubblica di Venezia (bandiera) Repubblica di Venezia
Italia (bandiera) Italia
Malta
Casata di derivazioneMagadesi
Titoli
FondatoreMarco Barbaro
Data di fondazione1121
Etniaitaliana

I Barbaro furono una delle più importanti famiglie patrizie veneziane, in origine di Trieste.

Tra i più celebri esponenti della famiglia vi furono numerosi diplomatici. Furono patriarchi di Aquileia ben quattro Barbaro fra il 1491 e il 1622.

La tradizione familiare afferma che i Barbaro discendano dalla gens Catellia[2][3] e più lontanamente dalla gens Fabia[3]. Come altre famiglie patrizie veneziane, loro rivendicavano anche la discendenza da famiglie romane con nomi simili, in questo caso gli Enobarbo[4][5]. La tradizione dice anche che si rifugiarono in Istria per evitare le persecuzioni durante il regno dell'imperatore Diocleziano[2]. La ricchezza della famiglia proveniva dal commercio del sale[6].

I documenti mostrano che la famiglia si trasferì da Pola a Trieste nel 706 e poi a Venezia nell'868[2][3][7]. In questo periodo il cognome della famiglia era Magadesi[8][9] (compare scritto alternativamente come Magadezzi[3][7] o Maghadesi[10]).

Il primo membro documentato della famiglia fu Paolo Magadesi, che era procuratore di San Marco[3][10]. Lo scrittore Charles Yriarte afferma che ciò avvenne quando Pietro Tradonico era Doge di Venezia (836-864)[10], anche se la maggior parte delle fonti afferma che la famiglia non visse a Venezia fino a dopo[2][3][7]. Un Antonio Magadesi fu anche procuratore di San Marco nel 968[11] e Giovanni Magadesi fu presbitero della chiesa di San Zorzi nel 982 e anche lui è stato citato anche come il primo membro della famiglia Barbaro di cui si abbia notizia storica[2].

La genealogia documentata della famiglia Barbaro inizia nel 1121 con Marco, comandante navale e creatore dello stemma moderno[2], che cambiò il suo cognome da Magadesi a Barbaro[3][8].

La famiglia Barbaro fu riconosciuta come una delle principali famiglie della Repubblica di Venezia nell'anno 992. Nel 1297, il Maggior Consiglio riconobbe alla famiglia lo status di patrizi[2]. Il Regno Lombardo-Veneto confermò lo status di patrizi alla famiglia nell'ambito di una serie di risoluzioni emanate tra il 1818 e il 1821[2]. Questo status fu nuovamente registrato ufficialmente a Venezia nel 1891 per tutti i membri della famiglia[2].

Glorificazione della famiglia Barbaro di Giovanni Battista Tiepolo, c. 1750

Nel XVI secolo ci fu una divisione tra le famiglie veneziane che si opponevano o favorivano l'influenza della Santa Sede. Queste ultime si opponevano alla legge che vietava ai titolari di cariche ecclesiastiche di ricoprire anche incarichi politici a Venezia. La famiglia Barbaro faceva parte di questo gruppo filopapale, insieme alle famiglie Badoer, Corner, Emo, Foscari, Grimani e Pisani[12]. Queste famiglie furono anche mecenati di Battista Franco, Palladio, Francesco Salviati, Michele Sanmicheli, Giovanni da Udine e Federico Zuccari[12].

Le fortune della famiglia Barbaro diminuirono dopo la sconfitta di Venezia da parte di Napoleone e furono costretti a trasformare la maggior parte dei Palazzi Barbaro in appartamenti[13]. Quando il critico d'arte John Ruskin visitò Venezia nel 1851, tutto ciò che rimaneva della famiglia Barbaro, un tempo potente, era una coppia di anziani fratelli che vivevano in povertà nella soffitta di Palazzo Barbaro[14].

Ruskin scrisse che la povertà di questi ultimi membri della famiglia Barbaro era una punizione data alla famiglia per aver ricostruito la chiesa di Santa Maria Zobenigo come monumento a loro stessi, che Ruskin definì "una manifestazione di insolente ateismo". Gli ultimi membri della famiglia morirono nella metà del XIX secolo[13].

Alcuni rami della famiglia sopravvissero al di fuori di Venezia. Il più importante era quello di Malta, ma ci furono anche rami in Galazia e in altre parti dell'Italia[2].

Stemma alternativo della famiglia Barbaro

Non esiste un consenso sullo stemma antico dei Barbaro. Secondo Johannes Rietstap e altri lo stemma originario sarebbe stato "D'oro, a due bande d'azzurro, accompagnate da due rose dello stesso", d'oro, a due bande d'azzurro, accompagnate da due rose dello stesso[3][10][15]. D'Eschavannes però lo identifica come "D'azurro, a tre rose d'oro"[16].

L'arma moderna della famiglia Barbaro, D'argento, al ciclamoro di rosso[2][16][17], fu riconosciuta ufficialmente dal Senato veneziano nel 1125 in ricordo di Marco Barbaro che, durante un'azione navale nei pressi di Ascalona, tagliò la mano a un moro e utilizzò il moncone sanguinante per disegnare un cerchio su un turbante, che fece sventolare come vessillo dalla sua testa d'albero[9][10][18][19][20][21].

Fino a questo episodio era conosciuto come Marco Magadesi[3][7][8]. I saraceni abbordarono la galea da lui comandata e strapparono la bandiera della nave, che recava lo stemma di famiglia[3][7]. Marco Magadesi usò il turbante insanguinato come bandiera improvvisata per far sapere al resto della flotta che la sua nave non era stata catturata[3][7]. Dopo l'azione, cambiò il nome della sua famiglia da Magadesi a Barbaro[7] in riconoscimento dell'incidente e per onorare l'eroismo dei suoi nemici caduti, che considerava barbari[3].

Nel 1432, l'imperatore Sigismondo, concesse all'ambasciatore Francesco Barbaro il titolo di Cavaliere del Sacro Romano Impero e il diritto di inquartare le sue armi con l'aquila imperiale[2]. Nel 1560, la Regina Elisabetta I d'Inghilterra concesse all'ambasciatore Daniele Barbaro il diritto di usare la Rosa dei Tudor nelle sue armi personali[2].

Lo stemma dei Barbaro è raffigurato sulla facciata della chiesa di Santa Maria Zobenigo[22]. È presente anche sul frontone di Villa Barbaro e sulla cripta di famiglia in San Francesco della Vigna[10][23].

Con il cognome Barbaro si possono individuare:

Luoghi e architetture

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Palazzi di Venezia
Ville
  1. ^ a b https://accademiaaraldicanobiliare.com/elenco-nobiliari/lettere-a-f/
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Volume 7, Vittorio Spreti, Arnaldo Forni, 1981
  3. ^ a b c d e f g h i j k l Francesco Barbaro: Früh-Humanismus und Staatskunst in Venedig, Percy Gothein, Berlin, 1932
  4. ^ Virgil and the myth of Venice, Craig Kallendorf, Oxford University Press, 1999, pg. 17
  5. ^ Venice, Pure City, Peter Ackroyd, Doubleday, New York, 2009, p.96
  6. ^ Palazzo Barbaro-Curtis website, su venice.jc-r.net.
  7. ^ a b c d e f g Das Schiff aus Stein: Venedig u.d. Venezianer, Hermann Schreiber, München, 1979
  8. ^ a b c The life of Poggio Bracciolini, William Shepherd, Longman, Rees, Orme, Brown, Green & Longman, London, 1837
  9. ^ a b Una famiglia veneziana nella storia: i Barbaro, Michela Marangoni, Manlio Pastore Stocchi, Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 1996, ISBN 88-86166-34-6
  10. ^ a b c d e f La vie d'un patricien de Venise au seizième siècle, Charles Yriarte, Paris, 1874
  11. ^ Venice on foot, with the itinerary of the Grand Canal and several direct routes to useful places, Hugh A Douglas, C. Scribner's Sons, 1907
  12. ^ a b Venice and the Renaissance, Manfredo Tafuri, trans. Jessica Levine, 1989, MIT Press, ISBN 0-262-70054-9
  13. ^ a b The City of Falling Angels, John Berendt, Penguin Books, 2006, ISBN 1-59420-058-0
  14. ^ Views of Venice, Antonio Canaletto, Antonio Visentini, J. G. Links, Dover Publications, 1971, ISBN 0-486-22627-1
  15. ^ Armorial de J.B. RIETSTAP, su euraldic.com. URL consultato il 5 febbraio 2010 (archiviato dall'url originale il 15 ottobre 2010).
  16. ^ a b Armorial universel, précédé d'un traité complet de la science du blason, et suivi d'un Supplément:, Jouffroy d'Eschavannes, Paris : L. Curmer, 1845–1848
  17. ^ Armorial général: précédé d'un Dictionnaire des termes du blason, Volume 1, Johannes Baptist Rietstap, 1884, pg. 1
  18. ^ Venice, Augustus John Cuthbert Hare, Ballantyne Press, 1896, pg. 149
  19. ^ Delle inscrizioni veneziane, Volume 4, Emmanuele Antonio Cicogna, Fonni, 1969, pg. 520
  20. ^ A literary companion to Venice, Ian Littlewood, Ballantyne Press, 1995, pg. 150
  21. ^ Guida per la città di Venezia all'amico delle belle arti, Volume 1, Giannantonio Moschini, Giovanni Antonio Moschini, Tip. di Alvisopoli, 1815, pg. 468
  22. ^ The Baroque in central Europe: places, architecture and art, Manlio Brusatin; Gilberto Pizzamiglio; Gottfried Biedermann; Mark Smith; et al., Venice, Marsillio, 1992
  23. ^ The Rough Guide to Venice & the Veneto, Jonathan Buckley, Rough Guides, 2004, pg.165
Controllo di autoritàVIAF (EN10657353 · CERL cnp00557605 · GND (DE119502674 · J9U (ENHE987007258282505171