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Advanced Packaging Tool

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Advanced Packaging Tool
software
screenshot di apt-get durante l'installazione di MediaWiki
screenshot di apt-get durante l'installazione di MediaWiki
screenshot di apt-get durante l'installazione di MediaWiki
GenereSistema di gestione dei pacchetti
SviluppatoreThe Debian Project
Data prima versione31 marzo 1998
Ultima versione2.9.17 (7 dicembre 2024)
Ultima beta1.8.1 (6 maggio 2019)
Sistema operativoUnix-like
LinguaggioCMake
XML
shell script
C
C++
Perl
LicenzaGNU GPL v2+
(licenza libera)
Sito webtracker.debian.org/pkg/apt
Screenshot di Synaptic, famoso front-end per apt

L'Advanced Packaging Tool (conosciuto con l'acronimo APT), in informatica, è il gestore standard di pacchetti software della distribuzione GNU/Linux Debian.

La prima versione venne pubblicata il 16 agosto 1998 e introdotta per la prima volta in Debian 2.1, pubblicato il 9 marzo 1999, mentre il 1º aprile 2014 è giunto alla versione 1.0.[1]

Il 18 marzo 2020 è stata pubblicata la versione 2.0 che introduce il comando satisfy per la gestione e risoluzione di eventuali conflitti di dipendenze relative a pacchetti già installati e una modalità della selezione dei pacchetti simili ad aptitude.[2]

Caratteristiche

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Contrariamente a dpkg, apt è in grado di gestire le dipendenze in fase di installazione e rimozione di software; è concepito per l'installazione di software da repository connettendosi a internet e inoltre ha la particolarità di sfruttare contemporaneamente diverse sorgenti di pacchetti (sorgenti remote FTP e HTTP, CD-ROM, DVD e disco rigido), di gestire autonomamente diverse distribuzioni di pacchetti e di permettere velocemente l'aggiornamento del sistema operativo a una particolare distribuzione. Può anche gestire pacchetti scaricati su una macchina senza connessione utilizzando apt-offline.

La lista delle sorgenti software da cui attingere i pacchetti è contenuta nei file /etc/apt/sources.list e /etc/apt/sources.list.d.[3]

Nelle distribuzioni GNU/Linux che usano tale gestore di pacchetti (come Debian e Ubuntu) è disponibile come interfaccia grafica Synaptic e aptitude, quest'ultimo può anche essere utilizzato in modalità testuale.

Esempi di utilizzo

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Per utilizzarlo basta digitare in un emulatore di terminale il comando

apt-get o apt

Seguito da opzioni e parametri.

Installazione pacchetti

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L'installazione di nuovi pacchetti, una volta impostate le sorgenti, è effettuabile attraverso l'esecuzione del comando:

apt-get install nomepacchetto

dove nomepacchetto sarà ovviamente il nome del pacchetto che si vuole installare

Rimozione dei pacchetti

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La rimozione è effettuabile attraverso l'utilizzo del parametro apt-get remove che però si limita a rimuovere solo il pacchetto e non i file di configurazione:

apt-get remove nomepacchetto

Per rimuovere, oltre i pacchetti, anche i file di configurazione utilizzati dagli stessi, digitare:

apt-get remove—purge nomepacchetto

Per rimuovere i pacchetti e le dipendenze non più utilizzate invece:

apt-get autoremove nomepacchetto

Aggiornamento dei pacchetti

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Per aggiornare un singolo pacchetto:

apt-get upgrade nomepacchetto

Per aggiornare tutti i pacchetti installati:

apt-get upgrade

Per aggiornare tutti i pacchetti e rimuovere gli obsoleti nonché le relative dipendenze:

apt-get dist-upgrade

Per aggiornare tutti i pacchetti e rimuovere gli obsoleti:

apt-get full-upgrade

Esegue un avanzamento di versione della distribuzione (solo per Ubuntu e basate):

apt-get do-release-upgrade

Simulazione di operazioni

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L'opzione --simulate, anteposta all'azione, consente di simulare l'azione e tutti i passi che il programma normalmente compirebbe, quindi vedere cosa verrebbe effettuato senza però correre alcun rischio. Per utilizzarla:

apt-get—simulate azione

Ad esempio, prima di compiere un upgrade importante, si può provare il seguente comando e controllare che non vengano installati pacchetti che non ci interessano e che non vengano disinstallati pacchetti importanti:

apt-get—simulate upgrade

Gestione elenco sorgenti

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Per modificare l'elenco delle sorgenti da cui APT andrà ad attingere è possibile modificare il files /etc/apt/sources.list ed eventualmente /etc/apt/sources.list.d[4] ogni riga nell'elenco dovrà seguire uno di questi formati:

deb http://host/debian distribuzione sezione1 sezione2 sezione3
deb-src http://host/debian distribuzione sezione1 sezione2 sezione3

La prima parola di ogni riga, deb o deb-src, indica il tipo di archivio: se contiene pacchetti binari (deb), che sono i pacchetti già compilati che normalmente usiamo, o se l'archivio contiene i pacchetti sorgente (deb-src), che sono il codice sorgente originale del programma. La seconda parola indica l'indirizzo della sorgente.

Al posto di distribuzione deve essere indicata la distribuzione che si vuole gestire (di solito uno dei tre rami di sviluppo stable, testing o unstable, oppure esplicitamente la versione, per esempio woody, sarge o etch).

Le sezioni indicheranno quali parti della distribuzione dovranno essere gestite (normalmente si possono trovare main (i pacchetti completamente liberi, la maggioranza), non-free (i pacchetti distribuiti sotto una licenza non libera) e contrib (pacchetti liberi che però dipendono da altri non liberi). Al termine delle modifiche dei files .list è necessario tuttavia, affinché APT riconosca le modifiche, digitare:

apt-get update

La versione semplificata: apt

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Linux Mint nel 2011 introdusse uno script in python denominato apt che utilizzava una sintassi semplificata di apt-get.

Con la versione 1.0 è stata introdotta a una nuova versione denominata apt meglio performante e che utilizza una sintassi semplificata. Tra le novità vi è, durante l'esecuzione delle operazioni, una barra del progresso per indicarne lo stato di avanzamento.

È possibile visualizzare un easter egg nascosto al suo interno, visualizzabile tramite l'opzione moo.

La easter egg di APT
  1. ^ Accepted apt 1.0 (source all amd64), su qa.debian.org. URL consultato il 17/04/2014.
  2. ^ Marco Bonfiglio, Novità per il package manager di Debian: rilasciato APT 2.0, su miamammausalinux.org, 18 marzo 2020.
  3. ^ SOURCES.LIST(5), su manpages.debian.org.
  4. ^ itSourcesList, su wiki.debian.org.

Voci correlate

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Altri progetti

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Collegamenti esterni

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