Paul Auster

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Paul Auster a New York nel 2008
Premio Principe delle Asturie per la letteratura 2006
Premio Independent Spirit Awards per la miglior sceneggiatura d'esordio 1996

Paul Benjamin Auster (Newark, 3 febbraio 1947New York, 30 aprile 2024) è stato uno scrittore, saggista, poeta, sceneggiatore, regista, attore e produttore cinematografico statunitense. Residente a Brooklyn, New York[1], è conosciuto anche con gli pseudonimi di Paul Queen[2] e Paul Benjamin[3].

Protagonista della letteratura statunitense contemporanea, nonché di quella mondiale, viene ascritto al cosiddetto Postmodernismo assieme ai suoi amici e colleghi connazionali Thomas Pynchon e Don DeLillo. La sua scrittura, diretta e incisiva, capace di scandagliare le angosce e le nevrosi dell'uomo di oggi e descrivere le solitudini delle vite contemporanee, in un mondo inesplicabile spesso dominato dal caso, inserita nel panorama della letteratura postmoderna, fonde esistenzialismo, letteratura gialla e poliziesca, psicoanalisi, trascendentalismo e post-strutturalismo[4], in opere come Trilogia di New York (1987), Moon Palace (1989), La musica del caso (1990), Il libro delle illusioni (2002), Follie di Brooklyn (2005).

Era un intellettuale la cui speculazione letteraria è spesso sfociata in impegno civile e politico e che, attraverso i suoi libri, si è spesso interrogato sul futuro del suo Paese. Rientra infatti fra i compilatori degli oltre mille lemmi che costituiscono il pamphlet, Futuro dizionario d'America (The Future Dictionary of America, McSweeney's 2005) - teso a dare visibilità al malcontento da parte del movimento culturale e letterario statunitense rispetto alla leadership politica USA all'alba del terzo millennio. Nella lista dei partecipanti figurano, fra i molti altri, scrittori come Stephen King, Jonathan Franzen, Rick Moody, Joyce Carol Oates, Jeffrey Eugenides, tutti impegnati in un divertissement letterario che gioca con il futuro (guardando al presente e riflettendo sul passato prossimo). In particolare, nel pamphlet Paul Auster definisce Bush (cespuglio in lingua inglese) - presidente degli Stati Uniti d'America in carica al momento della pubblicazione del libro - come un Arbusto velenoso di una specie estinta.[5]

La sua poliedrica produzione artistica - influenzata tra gli altri autori, da Franz Kafka, Samuel Beckett, Miguel de Cervantes, Kurt Vonnegut, Albert Camus - lo ha portato alla creazione anche di importanti opere cinematografiche. Tra le più famose: Smoke, Blue in the Face e Lulu on the Bridge. Insieme a Lou Reed e Woody Allen, è stato uno dei più famosi "cantori" contemporanei della Grande Mela, creatore di un universo letterario che gira attorno alla ricerca dell'identità, del senso e del significato della propria esistenza, sia essa individuale o collettiva, storica o sociale.

L'infanzia a Newark

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Auster nasce a Newark, nel New Jersey[6], da Queene (Bogat da nubile) e Samuel Auster[7], ebrei di origini polacche e austriache[8]. Il padre, Samuel, possiede alcuni palazzi ed è decisamente benestante. Dopo un breve periodo di felice idillio familiare la madre, di tredici anni più giovane del marito, comprende che il matrimonio è destinato a fallire ma, rimanendo incinta di Paul, decide di non romperlo. Auster cresce nei sobborghi di Orange, New Jersey[9] e Newark[10]; quando ha tre anni, nasce una sorellina che in seguito manifesterà gravi problemi psicologici, al punto che i familiari saranno costretti a farla interdire. Paul Auster è ateo: in un'intervista del 25 gennaio 2008 al quotidiano Corriere della Sera dichiara "sono ebreo ma ateo".

L'adolescenza e il viaggio in Europa

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Nel 1959 i suoi genitori acquistano una grande casa prestigiosa, nella quale il giovane Paul trova numerose casse di libri lasciate da uno zio girovago che aveva viaggiato parecchio per l'Europa; si getta a capofitto in quel tesoro, legge entusiasticamente di tutto e comincia ad amare la letteratura. È in questo periodo che inizia a scrivere poesie, all'età di appena dodici anni.

Durante il suo ultimo anno al liceo, la famiglia si smembra: i genitori divorziano e Paul e la sorella vanno a vivere con la madre. Non partecipa alla consegna del diploma: "Mentre i miei compagni di classe indossavano il tocco e la toga e ricevevano i loro attestati, io ero già dall'altra parte dell'Atlantico"[senza fonte]. Così per due mesi e mezzo vive a Parigi, in Italia, in Spagna ed in Irlanda, in cui si reca solo per "ragioni che c'entravano unicamente con James Joyce"[senza fonte].

Il ritorno negli Stati Uniti e Lydia Davis

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Tornato negli Stati Uniti in settembre, frequenta il college alla Columbia University di Maplewood. Nel 1966 inizia a frequentare la donna che poco più tardi sposerà, la collega Lydia Davis. Suo padre, insegnante di letteratura, presenta Auster allo scrittore francese Francis Ponge.

Nel 1967 si iscrive al Junior Year Abroad Program della Columbia, che prevede il soggiorno per un anno all'estero durante il terzo anno di college; Auster sceglie come meta Parigi. Nel 1968 ritorna alla Columbia: scrive articoli, recensioni di libri, poesie utilizzando spesso degli pseudonimi come ad esempio quello di Paul Quinn.

La laurea, le prime difficoltà e il soggiorno in Francia

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Dopo essersi laureato alla Columbia nel 1970[11], lascia gli Stati Uniti e per un anno si imbarca come marinaio sulla petroliera Esso Florence.

Dal 1971 al 1974, con il denaro guadagnato, torna a vivere in Francia, dove si trasferirà a Parigi. In questo periodo, contrassegnato da pesanti ristrettezze economiche, vive di lezioni private, saltuarie collaborazioni ai giornali, scrittura di soggetti per film muti (lavoro che influenzerà opere come Il libro delle illusioni e Trilogia di New York) e traduzioni di opere di autori della letteratura francese, come: Stéphane Mallarmé, Joseph Joubert, Jacques Dupin, Jean-Paul Sartre e Georges Simenon.

Il ritorno in patria, il divorzio e la morte del padre

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Al ritorno in patria, comincia a pubblicare racconti, articoli e recensioni su diversi giornali e riviste. Su Harper's Saturday Rewiew e su The New York Review of Books pubblica invece le sue poesie. Nel 1974 si stabilisce a New York e pubblica la raccolta di versi Unearth, cui fa seguito nel 1976, Wall Writing, una pièce teatrale (Laurel and Hardy go to heaven, 1977)[8] e White spaces (1980)[8], primo testo in prosa che prelude a L'invenzione della solitudine (The invention of solitude, 1982; trad. it. 1993).

Nel 1977 diviene padre di Daniel[12] e si trasferisce con la famiglia in campagna, ma i soldi scarseggiano e Paul – che ha ormai poco tempo per scrivere - si cimenta in diversi lavori, inventando addirittura un gioco di carte denominato "Action baseball", che presenta alla Fiera del Giocattolo di New York con scarsissimi risultati.

Nel 1978 arriva il divorzio con la Davis e la morte di suo padre, che lo spingerà a scrivere nel 1982, L'invenzione della solitudine, romanzo autobiografico "dall'originale intreccio di saggio, fiction e autobiografia"[8], generato dalla morte del padre e incentrato sul rapporto problematico che ha sempre vissuto con lui.

Il secondo matrimonio e l'inizio del successo

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I quattro anni successivi al 1978 sono decisivi. Paul incontra la donna della sua vita, la collega Siri Hustvedt (di origine norvegese, figlia del professore e studioso Lloyd Hustvedt) che sposa nel 1981 e da cui avrà una figlia, Sophie, che oggi è un'attrice e cantante popolare in Francia. Contemporaneamente inizia a pieno titolo la sua carriera di scrittore, riuscendo finalmente ad avere "[...] l'occasione di fare il lavoro verso cui intimamente si è sempre sentito portato".

Il successo arriva nel 1987, con la pubblicazione del romanzo Trilogia di New York (New York trilogy, trad. it. 1987), composto da Città di vetro (City of glass, 1985), Fantasmi (Ghosts, 1986) e La stanza chiusa (The locked room, 1987). Così viene definita dalla Enciclopedia Treccani:

«Sorta di parodia postmoderna del romanzo poliziesco, la trilogia scardina le convenzioni del genere, mescolando echi della grande tradizione americana (N. Hawthorne, H. D. Thoreau, E. A. Poe, H. Melville) a suggestioni del nouveau roman, per costruire un universo, sia narrativo sia urbano, dominato dal caso.[8]»

Paul Auster diviene uno dei più apprezzati scrittori contemporanei a livello internazionale, riuscendo ad avere ruoli di primo piano non solo in ambito propriamente letterario, ma anche cinematografico. Da questo momento Paul Auster diviene uno scrittore di culto e dalle poliedriche attività: scrive i film La musica del caso, Smoke, Blue in the Face e diviene regista con Lulu on the Bridge e La vita interiore di Martin Frost.

Paul Auster è morto all'età di 77 anni per un cancro ai polmoni.[13] Dopo la diagnosi nel 2022 lo scrittore si è sottoposto a trattamenti di chemioterapia e immunoterapia presso il Memorial Sloan-Kettering Cancer Center di New York.[14]

Auster saluta il presidente israeliano Shimon Peres con Salman Rushdie e Caro Llewellyn nel 2008

«Scrivere non è più un atto di libera scelta per me, è una questione di sopravvivenza.»

Dopo il suo acclamato lavoro di debutto, un libro di memorie intitolato L'invenzione della solitudine, Auster guadagnò fama per una serie di tre romanzi polizieschi vagamente collegati tra loro, pubblicati collettivamente come Trilogia di New York. Questi libri non sono romanzi polizieschi tradizionali organizzati intorno ad un mistero e ad una serie di indizi. Piuttosto, egli usa la forma poliziesca per risolvere i problemi esistenziali e le questioni di identità, lo spazio, la lingua e la letteratura, creando la sua stessa forma postmoderna (e critica postmodernista) distintiva nel processo. Mettendo a confronto le due opere, Auster affermò:

(EN)

«I believe the world is filled with strange events. Reality is a great deal more mysterious than we ever give it credit for. In that sense, the Trilogy grows directly out of The Invention of Solitude

(IT)

«Credo che il mondo sia pieno di strani eventi. La realtà è molto più misteriosa di quanto non avessimo mai creduto. In questo senso, la Trilogia si sviluppa direttamente a partire da L'invenzione della solitudine.[15]»

La ricerca dell'identità personale, del senso e del significato della propria esistenza è permeata nelle pubblicazioni successive di Auster, molte delle quali si concentrano fortemente sul ruolo della coincidenza e degli eventi casuali (La musica del caso) o ancor più, le relazioni tra persone e i loro coetanei e l'ambiente (Il libro delle illusioni, Moon Palace). Gli eroi di Auster si trovano spesso costretti a operare come facenti parte di progetti imperscrutabili e fuori dalla realtà di qualcun altro.

In un'intervista che includeva nella sua collezione saggistica L'arte della fame, Paul Auster dà un interessante rendiconto delle principali influenze sui suoi romanzi - un rendiconto che suggerisce il motivo per cui questi romanzi non sono molto adatti al convenzionale adattamento cinematografico:

(EN)

«The greatest influence on my work has been fairy tales, the oral tradition of story-telling. The Brothers Grimm, the Thousand and One Nights — the kinds of stories you read out loud to children. These are bare-bone narratives, narratives largely devoid of details, yet enormous amounts of information are communicated in a very short space, with very few words. What fairy tales prove, I think, is that it's the reader — or the listener — who actually tells the story to himself. The text is no more than a springboard for the imagination. ‘Once upon a time there was a girl who lived with her mother in a house at the edge of a large wood.’ You don't know what the girl looks like, you don't know what color the house is, you don't know if the mother is tall or short, fat or thin, you know next to nothing. But the mind won't allow these things to remain blank; it fills in the details itself, it creates images based on its own memories and experiences — which is why these stories resonate so deeply inside us. The listener becomes an active participant in the story.»

(IT)

«L'influenza più grande sulle mie opere sono state le fiabe, [ovvero] la tradizione orale del racconto. I Fratelli Grimm, Le mille e una notte - il tipo di storie che si leggono ad alta voce ai bambini. Si tratta di narrazioni spoglie, scarne, narrazioni in gran parte prive di dettagli, tuttavia enormi quantità di informazioni vengono trasmesse in uno spazio molto breve, con pochissime parole. Quel che le fiabe dimostrano, credo, è che è il lettore - o l'ascoltatore - che in realtà racconta la storia a se stesso. Il testo non è altro che un trampolino di lancio per l'immaginazione. 'C'era una volta una ragazza che viveva con la madre in una casa ai margini di un grande bosco'. Tu non sai come possa essere la ragazza [e a chi possa assomigliare], non sai di che colore è la casa, non sai se la madre è alta o bassa, grassa o magra, non sai quasi nulla. Ma la mente non permetterà che queste questioni restino senza risposta; riempie nei dettagli se stessa, crea immagini basate sulle proprie memorie ed esperienze - questo è il motivo per cui le storie risuonano così profondamente dentro di noi. L'ascoltatore diventa attivamente partecipe della storia.»

Secondo una tesi di Heiko Jakubzik presso l'Università di Heidelberg, due influenze centrali nella scrittura di Paul Auster sono la psicoanalisi di Jacques Lacan e il trascendentalismo statunitense della prima metà del XIX secolo, esemplificato da Henry David Thoreau e Ralph Waldo Emerson.

La teoria di Lacan dichiara che entriamo nel mondo attraverso le parole. Osserviamo il mondo attraverso i nostri sensi, ma il mondo che percepiamo è strutturato (mediato) nella nostra mente attraverso il linguaggio. Così anche il nostro inconscio è strutturato come un linguaggio. Questo ci lascia con un senso di irregolarità. Possiamo percepire solo il mondo attraverso il linguaggio, ma abbiamo la sensazione che manchi qualcosa. Questa è la sensazione di essere fuori dal linguaggio. Il mondo può essere costruito solo attraverso il linguaggio, ma lascia sempre qualcosa di scoperto, qualcosa che non può essere detto o essere pensato, può essere percepito solo. Questo è uno dei temi centrali della scrittura di Paul Auster.

Lacan è considerato una delle figure chiave del post-strutturalismo francese. Alcuni studiosi sono pronti a scorgere tracce di altri filosofi post-strutturalisti in tutta l'opera di Auster - soprattutto Jacques Derrida, Jean Baudrillard e Michel de Certeau - anche se Auster ha affermato di trovare tali filosofie 'illeggibili'.[16]

I trascendentalisti credono che l'ordine simbolico della civiltà ci separi dall'ordine naturale del mondo. Ritornando nella natura - come ha fatto Thoreau in Walden - sarebbe possibile tornare a questo ordine naturale.

Il fattore comune di entrambe le ideologie è la questione del significato dei simboli per gli esseri umani.[17] I protagonisti di Auster spesso sono scrittori che stabiliscono senso nella loro vita attraverso la scrittura e cercano di trovare il loro posto all'interno dell'ordine naturale, per essere in grado di vivere di nuovo all'interno della "civiltà".

Edgar Allan Poe, Samuel Beckett e Herman Melville hanno avuto una forte influenza sulla scrittura di Auster. Non solo i loro personaggi riappaiono nel lavoro di Auster (come William Wilson di Poe in Città di vetro o come Lo studente (Fanshawe) (1828) di Hawthorne in La stanza chiusa, sia dalla Trilogia di New York), Auster usa anche variazioni sui temi di questi scrittori.

Soggetti ricomparsa di Paul Auster sono:[18]

La 'musica del caso' e le coincidenze

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Le istanze di coincidenza possono essere trovate in tutto il lavoro di Auster. Auster sostiene che le persone sono così influenzate dalla continuità tra loro che non vedono gli elementi di coincidenza, incoerenza e contraddizione nella propria vita:

(EN)

«This idea of contrasts, contradictions, paradox, I think, gets very much to the heart of what novel writing is for me. It's a way for me to express my own contradictions.»

(IT)

«Questa idea di contrasti, contraddizioni, paradossi, penso, arrivi dritta al cuore di ciò che è per me la scrittura di un romanzo. È un modo per me di esprimere le mie contraddizioni.[20]»

Il fallimento

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Il fallimento, nelle opere di Paul Auster, non è esattamente l'opposto del lieto fine. In Moon Palace e Il libro delle illusioni nasce dalla incertezza del soggetto sullo stato della propria identità. I protagonisti iniziano la ricerca di una propria identità e riducono la loro vita al minimo assoluto. Da questa partenza da zero acquistano nuova forza e iniziano la loro nuova vita e sono anche in grado di ritrovare il contatto con l'ambiente circostante. Uno sviluppo simile può essere visto anche in Città di vetro e La musica del caso.

Il fallimento in questo contesto non è il "nulla" - è l'inizio di qualcosa di totalmente nuovo.

Identità e soggettività

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I protagonisti di Auster spesso passano attraverso un processo che riduce la loro struttura di sostegno ad un minimo assoluto. Essi troncano ogni contatto con la famiglia e gli amici, soffrono la fame, e perdono o danno via tutti i loro averi. Da questa condizione di "nulla" escono o acquistando nuova forza per riconnettersi con il mondo oppure fallendo e scomparendo per sempre.

(EN)

«But in the end, he manages to resolve the question for himself - more or less. He finally comes to accept his own life, to understand that no matter how bewitched and haunted he is, he has to accept reality as it is, to tolerate the presence of ambiguity within himself.»

(IT)

«Ma alla fine, riesce a risolvere la questione per se stesso - più o meno. Alla fine, arriva ad accettare la propria vita, a capire che non importa quanto stregato e ossessionato lui sia; deve accettare la realtà così com'è, tollerare la presenza di ambiguità dentro di sé.»

"Negli ultimi 25 anni", ha affermato Michael Dirda nel New York Review of Books nel 2008, "Paul Auster ha stabilito una delle nicchie più caratteristiche della letteratura contemporanea"[22]. Dirda ha anche esaltato le sue ricche virtù nel Washington Post:

(EN)

«Ever since City of Glass, the first volume of his New York Trilogy, Auster has perfected a limpid, confessional style, then used it to set disoriented heroes in a seemingly familiar world gradually suffused with mounting uneasiness, vague menace and possible hallucination. His plots — drawing on elements from suspense stories, existential récit, and autobiography — keep readers turning the pages, but sometimes end by leaving them uncertain about what they've just been through.»

(IT)

«Fin da Città di vetro, il primo volume della sua Trilogia di New York, Auster perfezionò uno stile limpido, confessionale, che poi utilizzò per impostare eroi disorientati in un mondo apparentemente familiare gradualmente soffuso da una crescente inquietudine, una vaga minaccia e da una possibile allucinazione. Le sue trame — attingendo elementi da storie di suspense, dalla narrativa esistenziale e dall'autobiografia — avvincono i lettori, ma a volte finiscono col lasciarli incerti su quello che hanno appena letto.[23]»

Il critico letterario James Wood, tuttavia, offre a Auster poca lode nel suo commento Shallow Graves, del numero del 30 novembre 2009 del New Yorker:

(EN)

«What Auster often gets instead is the worst of both worlds: fake realism and shallow skepticism. The two weaknesses are related. Auster is a compelling storyteller, but his stories are assertions rather than persuasions. They declare themselves; they hound the next revelation. Because nothing is persuasively assembled, the inevitable postmodern disassembly leaves one largely untouched. (The disassembly is also grindingly explicit, spelled out in billboard-size type.) Presence fails to turn into significant absence, because presence was not present enough.»

(IT)

«Quello che Auster spesso ottiene è invece il peggio di entrambi i mondi: il falso realismo e superficiale scetticismo. I due punti deboli sono legati. Auster è un narratore avvincente, ma le sue storie sono affermazioni piuttosto che persuasioni. Esse dichiarano se stesse; ma inseguono la rivelazione successiva. Poiché nulla è assemblato con persuasione, l'inevitabile smontaggio postmoderno ci lascia in gran parte indifferenti. (Lo smontaggio è anche esplicito in modo opprimente, enunciato in caratteri cubitali.) La presenza non riesce a trasformarsi in significativa assenza, perché la presenza non era abbastanza presente.[24]»

Auster con John Ashbery al Brooklyn Book Festival

Considerando che sia Dirda che Wood esaminano Auster dal punto di vista di critici letterari (e autori statunitensi compagni), ci sono altri punti di vista per quanto riguarda la critica dei contendenti di Auster. Ad esempio, Morris Berman, storico culturale e critico sociale, dichiarò nel 2012 che:

(EN)

«It's interesting that the theme of Paul Auster's novels is that American society is incoherent, that it lacks a true identity, and that it's nothing more than a hall of mirrors. He's been saying that for decades and by and large Americans don't know who Paul Auster is and they don't read him. Auster is tremendously popular in Europe, he's been translated into more than twenty languages: those are the bulk of his sales. Americans are not interested in this kind of perception.»

(IT)

«È interessante che il tema dei romanzi di Paul Auster è che la società americana è incoerente, che manca di una vera identità, e che non è nulla più che un gioco di specchi. Lui lo sta dicendo da decenni e in linea di massima gli americani non sanno chi sia Paul Auster e non lo leggono. Auster è estremamente popolare in Europa, egli è stato tradotto in più di venti lingue: quelli sono il grosso delle sue vendite. Gli americani non sono interessati a questo tipo di percezione.[25]»

Romanzi grafici

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  • Unearth (1974)
  • Wall Writing (1976)
  • Fragments from the Cold (1977)
  • Facing the Music (1980)
  • Disappearances: Selected Poems (1988)
  • Ground Work: Selected Poems and Essays 1970-1979 (1990)
  • Affrontare la musica. Poesie (Collected Poems, 2004), trad. di Massimo Bocchiola, testo originale a fronte, Introduzione di Norman Finkelstein, Torino, Einaudi, 2006, ISBN 978-88-061-8376-9.

Saggi, memorie autobiografiche, conversazioni

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Sceneggiature

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Carriera cinematografica

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«C'è una grande differenza tra le forme d'arte, [...] il cinema è una delle varie possibili letture»

La sua prima esperienza nel mondo del cinema, risalente al 1990, è stato La musica del caso (The Music of Chance), adattamento del suo omonimo romanzo:

«Si tratta di un film più che accettabile, non certo un capolavoro ma neanche una schifezza. Diciamo una via di mezzo, con un tentativo genuino di cogliere il messaggio originale del libro. Ciò che mi ha molto colpito in quell'occasione fu che tutti gli attori erano differenti dall'idea che mi ero fatto scrivendo il libro.»

Per il film Auster ha scritto il soggetto e ha assistito alla sceneggiatura di Belinda e Philip Haas, quest'ultimo marito della prima e regista del film. Inoltre, ha interpretato il ruolo dell'autista che nel finale del film - nel quale, a seguito di un incidente, muoiono Murks (M. Emmet Walsh) e il genero - offre un passaggio al sanguinante Jim Nashe (Mandy Patinkin), sopravvissuto all'incidente. Questo finale è, in realtà, un'originale variante di quello del romanzo:

«Un'automobile accosta esattamente come all'inizio del racconto [del film], quando [Jim] Nashe prende su [Jack] Pozzi. Un uomo dice: 'Come ti senti? Vuoi un passaggio?' Quell'autista sono io, e ripartiamo verso l'orizzonte.»

Nel 1995, raggiunge la notorietà in campo cinematografico con le collaborazioni con Wayne Wang: il risultato sono un capolavoro, Smoke, e il suo sequel Blue in the Face. Nel primo diviene co-regista (non accreditato), scrive il suo secondo soggetto cinematografico e la sua prima sceneggiatura che gli varrà il prestigioso Independent Spirit Award per la Miglior sceneggiatura d'esordio del 1996; la pellicola venne presentata tra le altre rassegne, anche al Festival di Berlino, vincendo un Orso d'argento, gran premio della giuria e ricevendo una Nomination per l'Orso d'oro, al Festival del film Locarno e ai David di Donatello, vincendo un premio per il Miglior attore straniero (Harvey Keitel) e ricevendo una Nomination al Miglior film straniero; Auster, inoltre, riceverà in condivisione con Wayne Wang il Premio Bodil per il Miglior film statunitense del 1996, una Nomination ai Premi César del 1996 per il Miglior film straniero e un'altra Nomination ai Nastri d'argento del 1996 per il Regista del miglior film straniero. Nel secondo lavora ancora come co-regista, scrive il soggetto e la sceneggiatura insieme al regista, ricevendo insieme a quest'ultimo una Nomination al Festival del cinema di Stoccolma del 1995, per il Cavallo di Bronzo al miglior film.

Tre anni dopo, nel 1998, lavora per la prima volta da solo alla regia, scrivendo anche soggetto e sceneggiatura, di Lulu on the Bridge, che venne presentato fuori concorso al Festival di Cannes del 1998 nella sezione Un Certain Regard e grazie al quale Auster ottenne una nomination alla Espiga de oro al miglior film alla Semana Internacional de Cine de Valladolid del 1998. Per quanto riguarda il protagonista del film Izzy Maurer, Auster si rivolse ad Harvey Keitel, ormai divenuto una delle figure più importanti nella sua carriera cinematografica, essendo già stato interprete del famoso personaggio Augustus "Auggie" Wren e avendo collaborato alla produzione di Blue in the Face:

«Quando scrissi Lulu on the Bridge, scrivevo il personaggio di Izzy, specificamente per Harvey Keitel. Lo incontrai e glielo chiesi direttamente e fui molto contento che accettò subito. Fu il terzo film che facemmo insieme.»

Il lavoro di Auster, in campo cinematografico, può essere riassunto dalle sue stesse parole:

«Dopo questo [La musica del caso], ho cominciato a lavorare io stesso nei film e in quel caso non ero solo lo sceneggiatore ma anche il regista. Nel caso della collaborazione con Wayne Wang per due film eravamo co-registi e degli ultimi due film Lulu on the Bridge e The inner life of Martin Frost sono stato regista da solo.»

Auster si è inoltre occupato del casting dei suoi film:

«Mi sono anche occupato dei provini degli altri attori di tutti i film. Io e Wayne scegliemmo attori di cui eravamo entrambi soddisfatti.»

In particolare si è interessato di trovare l'attore giusto per il personaggio di Cyrus Cole in Smoke:

«La parte di Cyrus in Smoke, volevo assolutamente che venisse assegnata a Forest Whitaker. Volevo lui e nessun altro attore e quando ha accettato la parte fui entusiasta, perché incarnava alla perfezione quel personaggio che avevo in mente e lo scritturammo.»

Le attività nel campo del cinema sono completate dalla partecipazione in veste di giurato ai più importanti concorsi internazionali: è stato membro della giuria del Festival di Venezia nel 1996 e del Festival di Cannes nel 1997, e presidente della giuria del Festival di San Sebastian nel 2007.

Sceneggiatore

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Paul Auster durante una colazione in onore insieme alla leggenda letteraria israeliana Amos Oz nell'Upper East Side di Manhattan a New York City

Ringraziamenti

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Filmati di repertorio

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Soggetto teatrale

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Riconoscimenti

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Paul Auster nel 2007

Cinematografici

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Cavaliere dell'Ordre des Arts et des Lettres (Francia) - nastrino per uniforme ordinaria
Ufficiale dell'Ordre des Arts et des Lettres (Francia) - nastrino per uniforme ordinaria
Premio Principe delle Asturie per la Letteratura (Spagna) - nastrino per uniforme ordinaria
Laurea honoris causa in Lettere (Belgio) - nastrino per uniforme ordinaria
Laurea honoris causa in Lettere (Belgio)
Commendatore dell'Ordre des Arts et des Lettres (Francia) - nastrino per uniforme ordinaria
  1. ^ sito ufficiale
  2. ^ Sbarcare il lunario
  3. ^ Gioco suicida
  4. ^ Per la trasversalità ai generi delle sue opere viene citato da Christopher Priest come uno dei rappresentanti più significativi di letteratura slipstream
  5. ^ Fonte: Lastampa.it Archiviato il 21 aprile 2005 in Internet Archive..
  6. ^ Freeman, John. "At home with Siri and Paul" Archiviato il 9 marzo 2011 in Internet Archive., The Jerusalem Post, April 3, 2008. Accessed September 19, 2008. "Like so many people in New York, both of them are spiritual refugees of a sort. Auster hails from Newark, New Jersey, and Hustvedt from Minnesota, where she was raised the daughter of a professor, among a clan of very tall siblings."
  7. ^ Conversations with Paul Auster - Google Books, Books.google.ca. URL consultato il 20 aprile 2013.
  8. ^ a b c d e (IT) Auster, Paul, su treccani.it.
  9. ^ Begley, Adam. "Case of the Brooklyn Symbolist", The New York Times, August 30, 1992. Accessed September 19, 2008. "The grandson of first-generation Jewish immigrants, he was born in Newark in 1947, grew up in South Orange and attended high school in Maplewood, 20 miles southwest of New York."
  10. ^ Auster, Paul. Winter Journal (New York, NY: Henry Holt, 2012), p. 61.
  11. ^ Freeman, Hadley. "American dreams: He may be known as one of New York's coolest chroniclers, but Paul Auster grew up in suburban New Jersey and worked on an oil tanker before achieving literary success. Hadley Freeman meets a modernist with some very traditional views", The Guardian, October 26, 2002. Accessed September 19, 2008. "Education: Columbia High School, New Jersey; 1965-69 Columbia College, New York; '69-70 Columbia University, New York (quit after one year)"
  12. ^ Il giovane Daniel Auster apparve in una scena del film Smoke, scritto e co-diretto da Paul, in cui interpreta la parte di un giovane che ruba un libro nella tabaccheria di 'Auggie' Wren.
  13. ^ È morto lo scrittore statunitense Paul Auster, su Il Post, 1º maggio 2024. URL consultato il 2 maggio 2024.
  14. ^ Addio Paul Auster, dietro il successo il dramma del figlio - Libri - Narrativa - Ansa.it, su Agenzia ANSA, 2 maggio 2024. URL consultato il 2 maggio 2024.
  15. ^ Mallia, Joseph. ""Paul Auster" Archiviato il 7 ottobre 2011 in Internet Archive., "BOMB Magazine", Spring, 1988.
  16. ^ A conversation with author Paul Auster, su charlierose.com, Charlie Rose, 4 marzo 2004. URL consultato il 20 aprile 2013 (archiviato dall'url originale il 25 luglio 2014).
  17. ^ Heiko Jakubzik: Paul Auster und die Klassiker der American Renaissance. Dissertation, Universität Heidelberg 1999 (online text Archiviato il 7 giugno 2007 in Internet Archive.)
  18. ^ Dennis Barone (ed.): Beyond the Red Notebook. Essays on Paul Auster. Penn Studies in Contemporary American Fiction. University of Pennsylvania Press, Philadelphia (2. ed. 1996)
  19. ^ Dirk Peters: Das Motiv des Scheiterns in Paul Austers "City of Glass" und "Music of Chance". unpublished MA dissertation, Christian-Albrechts Universität Kiel, 1998
  20. ^ Paul Auster from Mark Irwin, "Inventing the Music of Chance" In: The Review of Contemporary Fiction Vol. XIV, no. 1
  21. ^ Martin Klepper, Pynchon, Auster, DeLillo. Die amerikanische Postmoderne zwischen Spiel und Rekonstruktion. Campus, Frankfurt am Main u.a. 1996. (= Nordamerikastudien; 3) ISBN 3-593-35618-X
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