Sinodo del cadavere
Il Concilio cadaverico è il nome attribuito al processo post-mortem per sacrilegio a papa Formoso (891-896), tenutosi nel gennaio dell'897.
Il processo fu istituito da papa Stefano VI su istigazione di Lamberto II di Spoleto, imperatore del Sacro Romano Impero, e di sua madre Ageltrude che avevano appoggiato la sua elezione al soglio pontificio.
Per l'occasione fu riesumato il cadavere di Formoso e furono rinnovate le accuse di sacrilegio formulate da papa Giovanni VIII nella sentenza di scomunica di Formoso nell'872. Ma il processo aveva anche delle ragioni politiche: intendeva "punire" l'appoggio manifestato da Formoso verso i Carolingi in occasione della successione al trono francese e verso il partito filogermanico in seno al Sacro Romano Impero. Formoso aveva, infatti, sollecitato e ottenuto, nell'894, l'intervento di Arnolfo di Carinzia ad invadere l'Italia e spodestare Guido I di Spoleto e, successivamente, suo figlio Lamberto dal trono imperiale.
Il processo
La mummia fu riesumata dal sepolcro, abbigliata con i paramenti pontifici e collocata su un trono nella sala del concilio, per rispondere a tutte le accuse che erano state avanzate da Papa Giovanni VIII. La macabra adunanza si svolse nella basilica di San Giovanni in Laterano con i cardinali e i vescovi riuniti sotto la presidenza di Stefano VI.
Un diacono venne nominato per rispondere in vece del pontefice deceduto, che venne condannato per aver svolto le mansioni di vescovo quando era stato deposto e per aver ricevuto il pontificato mentre era vescovo della sede vescovile di Porto (Fiumicino); oltre alle altre rinnovate accuse che erano state portate contro Formoso nella lotta durante il pontificato di papa Giovanni VIII.
Il verdetto stabilì che il deceduto era stato indegno del pontificato. Il papa defunto fu accusato di ambizione smodata per l’ufficio di pontefice. Tutti i suoi atti e le sue misure vennero annullati, e gli ordini da lui conferiti vennero dichiarati non validi. Le vesti papali vennero strappate dal suo corpo, le tre dita della mano destra, usate dal Papa per le benedizioni, vennero amputate e il cadavere fu poi trascinato "tra urla selvagge" per le vie di Roma e gettato nel Tevere. Il cadavere percorse, per tre giorni, venti miglia trascinato dalla corrente del fiume, fino a arenarsi su una sponda presso Ostia ove fu riconosciuto da un monaco (si dice indirizzato lì da una visione del defunto pontefice) [1] e nascosto dai suoi fedeli finché era vivo Papa Stefano.
Riabilitazione
Dopo la morte di Stefano e la deposizione del successore Romano, il corpo nascosto venne inumato, per la seconda volta, nella Basilica di San Pietro, per volere di Teodoro II, che lo avrebbe posto tra le tombe degli apostoli con una pomposa cerimonia. Ulteriori processi contro persone decedute vennero vietati. In seguito papa Sergio III (904-911) riapprovò le decisioni contro Formoso, chiedendo il riordinamento dei vescovi consacrati da Formoso, che a loro volta avevano conferito l'ordine a molti altri ecclesiastici, causando una grande confusione. Successivamente la validità del lavoro di Formoso venne ripristinata.[senza fonte]
Note
Bibliografia
- Ferdinand Gregorovius, Storia di Roma nel Medioevo II, Roma, Colosseum, 1988, p. 131 sg.
- Girolamo Arnaldi, Papa Formoso e gli imperatori della casa di Spoleto, in " Annali della facoltà di lettere e filosofia di Napoli" 1 (1951)
- Joseph Duhr, La concile de Ravenne in 898: la réhabilitation du pape Formose, in "Recherches de science religieuse" 22 (1932), p. 541 sg.
- Ernst Ludwig Dümmler, Auxilius und Vulgarius, Leipzig, 1866
- Peter Llewellyn, Rome in the Dark Ages, London, 1970
- Démètre Pop, La défense du pape Formose, Paris, 1933
- Donald E. Wilkes, Jr., The Cadaver Synod: The Strangest Trial in History, 2001