la recensione

Rebel Ridge e il racconto di un'America in cui agli sceriffi di provincia non piacciono gli stranieri

Il raro film d'azione con una testa che si può trovare su Netflix è il più visto della settimana, grazie al cielo!
Rebel Ridge e il racconto di un'America in cui agli sceriffi di provincia non piacciono gli stranieri

Non sembra che ci sia una grande volontà da parte di Netflix di fare promozione a Rebel Ridge, tuttavia il film è primo in 93 paesi da una settimana (Italia inclusa). E con buone ragioni. È un classico del cinema d'azione vestito con i toni dei film contemporanei. Finalmente. Dietro all’operazione c’è infatti Jeremy Saulnier, che, dopo essersi fatto notare con film più piccoli diversi anni fa (soprattutto il sorprendente esordio Blue Ruin e quello più giocoso Green Room), sembrava essersi perso. Saulnier conosce bene sia la tradizione del cinema d’azione, sia del cinema più sofisticato. È capace di mescolare le due cose, raccontando un intreccio tipico esplorato in molti altri film (uno che porta invariabilmente alle mazzate), con la scrittura raffinata tipica di un dramma complesso. E (almeno nei suoi due film precedenti) con un’ironia che sembra scappare da ogni angolo, incontenibile.

La storia inizia con un uomo in bicicletta che ascolta la musica così forte da non sentire che dietro di lui c’è una volante della polizia con i lampeggianti accesi. Siamo su una strada di provincia, fuori da un centro abitato. L’auto della polizia lo tampona apposta, facendolo cadere, per poi perquisirlo e fermarlo. Quando trovano nello zaino 36.000 dollari in contanti, gli sequestrano tutto. Quei soldi servono per pagare la cauzione del cugino, motivo per cui si trova in quel paesino. Ha le prove e le ricevute di dove ha preso quei soldi (una vendita e una liquidazione), ma è chiaro che alla polizia non interessa: vogliono solo maltrattarlo e prendersi i soldi.

È Rambo, chiaramente, senza il reducismo e la parte politica e polemica legata alla crisi da stress post-traumatico (in un periodo in cui non era ancora diagnosticata) e al reinserimento sociale delle persone che lo stato ha addestrato a essere violente. Ma è anche Giorno maledetto, film del 1955 in cui Spencer Tracy, reduce della Seconda Guerra Mondiale con una mano sola, arriva in una cittadina con un compito, ma si scontra con la polizia locale che vuole nascondere qualcosa. Rebel Ridge ha proprio quel sapore: la scoperta di un’America di truffe e irregolarità, di corruzione in luoghi dove nessuno può permettersi di alzare la testa, fino a quando non arriva il militare (o ex militare) che agisce come un esercito (anche se Spencer Tracy, che fa tutto questo già anziano e con una mano sola, rimane imbattibile).

Non è una novità per Netflix che da anni ha deciso di investire seriamente sull’azione producendo sia grandi film dal costo immenso come i due Tyler Rake (il secondo dei quali contiene alcune sequenze che altrove sarebbero state definite “proprio da vedere sul grande schermo”) The Gray Man e quella follia che è 6 Undergound che anche film con budget minori come The Old Guard o Triple Frontier. E poi ci sono le versioni al femminile come The Mother, quelle comiche come Red Notice e quelle fumettose come Army of the Dead. Quasi sempre con dei militari di mezzo. In questa vasta categoria Rebel Ridge, si inserisce come la versione a basso costo, senza star ma con moltissime idee sull’eterno topos dello straniero che arriva in una cittadina e viene maltrattato dallo sceriffo locale, il quale tuttavia non si rende conto di essersi messo contro la persona sbagliata.

Insomma Saulnier non ha girato solo un buon film d’azione (cosa già rara!), ma un film che, mentre racconta una storia abbastanza comune, ragiona al contrario. Rambo vuole espandere il conflitto e, se non lo fermassero in tempo, scatenerebbe una guerra. Qui, invece, tutto è all’insegna del cercare di ridurre il conflitto, anche se poi la violenza prende sempre il sopravvento, perché c’è un’altra idea di fondo proprio. Nonostante nessuno lo faccia notare apertamente, il protagonista è afroamericano (Aaron Pierre, già protagonista di The Underground Railroad) e noi vediamo chiaramente che sa come comportarsi con la polizia quando viene fermato, sa avere a che fare con i pregiudizi. Il suo tentativo di evitare ogni problema nasce da lì ed è un commento in sé.

Ma la forza di Rebel Ridge sta soprattutto nella maniera molto originale con cui sceglie il proprio ritmo. Non ha l’ansia della corsa, la sua idea di azione si dipana con grande calma e padronanza delle atmosfere. Ha imparato da Drive di Refn che non serve correre per raccontare una storia d’azione, e da film come John Wick e Atomica bionda che non c’è bisogno di quel tipo di coreografie di combattimento. Saulnier qui cerca uno strano e convincente realismo: le colluttazioni sono ovviamente esagerate, ma contaminate da una loro forma di plausibilità. È più o meno quello che accadrebbe se un esperto di arti marziali di livello massimo, come un marine, si scontrasse con degli sceriffi sovrappeso di provincia, cercando di prevalere con il minimo dei danni. Non è realistico, non è troppo esagerato, è un punto a metà che rende l'azione interessante, i ritmi diversi e tutto di colpo più sensato.