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I supercomputer dell'Europa non sono pronti per l'intelligenza artificiale

La Commissione vuole aprire i suoi centri di supercalcolo alle startup dell'AI, ma prima deve riprogettarli e investire in nuovo hardware. Una sfida a cui non era preparata
Il supercomputer Mistral in Germania che effettua ricerche sul clima
Il supercomputer "Mistral", in Germania, che effettua ricerche sul climaMorris MacMatzen/Getty Images

L'avvento dell'intelligenza artificiale generativa ha davvero colto di sorpresa l'Unione europea. E non solo perché l'anno scorso, mentre scriveva le nuove regole del settore, il cosiddetto AI Act, il Parlamento europeo ha dovuto aggiungere in corsa un capitolo dedicato all'intelligenza artificiale di uso generale. Ossia modelli in grado di svolgere compiti diversi (come creare un testo o un'immagine) allenati attraverso un'enorme mole di dati non categorizzati, come GPT-4, alla base del potente chatbot ChatGPT, o LaMDA, dietro Google Bard. A smascherare il brusco risveglio è anche la corsa della Commissione a finanziare la propria rete di supercomputer per metterla al servizio di startup e imprese impegnate nello sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale.

Quando, nel novembre 2018, Bruxelles lancia l'impresa comune per il calcolo ad alte prestazioni (High performance computing joint undertaking, Hpc Ju in un sigla), l'attenzione è rivolta a potenziare la ricerca scientifica, lo studio di malattie, le previsioni a lungo termine delle conseguenze della crisi del clima. L'AI generativa è fuori dai radar. E lo resta, di fatto, fino all'anno scorso, quando la commercializzazione di ChatGPT suona la sveglia per tutto il mondo. È in quel momento che a Bruxelles scatta l'allerta. E si decide di riconvertire parte della potenza computazionale degli attuali otto supercomputer della rete europea Hpc Ju all'addestramento di modelli di intelligenza artificiale. A confermarlo a Wired è un funzionario della Commissione, vicino alla partita.

Lo scenario:

  1. Aggiornare i supercomputer
  2. La sfida del chip made in Europe
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Aggiornare i supercomputer

Il cambio di rotta prende corpo in un pacchetto di investimenti per l'innovazione nel campo dell'AI, presentato dalla Commissione il 24 gennaio. L'obiettivo è fornire potenza di calcolo a startup e piccole e medie imprese del settore, per sostenere lo sviluppo dei loro sistemi e colmare il divario con gli Stati Uniti. Dove l'alleanza tra i campioni del mondo AI e i colossi del digitali, OpenAI e Microsoft su tutti, sta diventando la regola. Il modello sarà quello delle cosiddette fabbriche dell'AI, ossia ecosistemi che aggregano esperti del settore, nuovi talenti e dati intorno ai supercomputer. Una definizione che ha richiesto una modifica delle regole dell'Hpc Ju.

Non è questa, però, la parte più difficile. L'ostacolo è adattare i supercomputer alle necessità della ricerca in campo AI. E farlo in tempi brevi, per non perdere il treno di una tecnologia su cui l'Europa sconta già un ritardo, nonostante gli astri nascenti locali: la startup francese Mistral, campione designato dell'Eliseo nella sfida dei foundational models, e la tedesca Aleph Alpha.

E qui vengono le dolenti note. Primo: nell'immediato usare i supercomputer anche per l'addestramento dell'AI significa scegliere a chi destinare la potenza di calcolo. La Commissione dovrà dare ordini di priorità e decidere come allocare le risorse al momento scarse.

Secondo: nel frattempo, spiega il funzionario, bisogna mettere mano al portafoglio e comprare un gran numero di rack, gli scaffali dove si collocano gli apparati hardware, e schede grafiche (graphics processing unit, gpu), cambiare l'architettura dei componenti e le connessioni per ridurre i tempi di collegamento tra le unità di calcolo. Tuttavia il mercato delle gpu è un collo di bottiglia. Il leader del settore è il colosso dei chip Nvidia, subissata dalla richieste, e secondo Tsmc, la principale azienda globale di produzione di microprocessori, la scarsità di offerta durerà almeno per tutto il 2024. Peraltro proprio Nvidia deve fornire l'hardware per il nono supercomputer della rete europea (di cui fa parte anche l'italiano Leonardo, impiantato a Bologna). È Jupiter e dovrebbe vedere la luce entro fine anno nel centro tedesco di supercalcolo a Jülich. Valore dell'appalto complessivo: 237 milioni. Il funzionario spiega che, con questi chiari di luna, non ci sono garanzie che Nvidia mandi in tempo i suoi chip, benché siano previste penalità per i ritardi.

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La sfida del chip made in Europe

Terzo: Bruxelles potrebbe replicare con un chip made in Europe. La tecnologia, in questo caso, non manca: la società olandese Asml è il più importante produttore al mondo di macchine per la stampa dei chip. Non è cosa, però, che si fa con uno schiocco di dita. Il funzionario spiega che ci vorranno tre anni almeno per vedere i primi componenti e fino a 7 per un prodotto completo. Insomma, per realizzare un supercomputer con unità locali occorre aspettare il 2030. Tempo che l'Unione non ha, non solo per la corsa sfrenata dei suoi concorrenti. Ma anche perché già oggi i supercomputer della rete hanno una richiesta di poter accedere ai loro servizi che è il doppio della potenza installata. E decine di startup attendono di poter mettere piede nei centri di supercalcolo. Peraltro sotto questa iniziativa dedicata all'AI, le piccole imprese avrebbero accesso gratis ai supercomputer nella fase di sviluppo (non in quella di commercializzazione).

L'Hpc Ju ha in dote un miliardo, più 400 milioni di partner privati. Altri 2 miliardi sono in arrivo con il pacchetto AI. Di questi, dai 200 ai 400 milioni andranno solo in hardware, a seconda di quanta potenza di calcolo si vuole aggiungere negli otto centri in Italia, Spagna, Repubblica ceca, Finlandia, Lussemburgo, Bulgaria, Slovenia, Portogallo e, dal 2025, Germania. La Commissione esclude di appoggiarsi ai supercomputer privati, come quello di Eni a Pavia, perché l'alleanza andrebbe in conflitto con le regole sugli aiuti di Stato. A tendere la creazione delle fabbriche dell'AI può aiutare l'Europa a mettere a sistema le grandi moli di dati raccolte, agevolare le startup e compensare l'assenza di colossi tech con potenza di calcolo da sfruttare.

Il progetto prevede anche la creazione di un programma di gemelli digitali delle città per pianificare lo sviluppo urbanistico futuri, dai consumi di energia alla difesa ambientale. Nome in codice: Citiverse Edic. È prevista un'Alleanza dedicata alle tecnologie del linguaggio, Alt-Edic, per sviluppare una infrastruttura comunitaria con cui colmare il divario nell'addestramento di grandi modelli linguistici, valorizzando i diversi idiomi locali. E sono in arrivo 4 miliardi di investimenti aggiuntivi nei programmi di ricerca Horizon tra pubblico e privato fino al 2027. Il problema, però, è al momento mancano i fondamentali. Senza i quali il piano della Commissione rischia di essere un gigante dai piedi d'argilla.