Tribunale Ordinario di Milano
Sezione Lavoro
Decreto ex art. 28 l. n. 300/1970
Il Giudice Dott. Antonio Lombardi
letti gli atti e i documenti della causa iscritta al n. 5039/2024 RGL pendente
tra
NIDIL CGIL MILANO, FILCAMS CGIL MILANO, FILT CGIL MILANO
-- Con gli avv.ti Carlo De Marchis Gomez, Maria Matilde Bidetti, Sergio Vacirca –
ricorrenti
e
UBER EATS ITALY S.R.L.
-- Con gli avv.ti Vittorio Moresco, Giuseppe Magaddino, Giada Maria Cagnes –
resistente
sciogliendo la riserva assunta in data 22/5/2024 così rileva.
Con ricorso ex art. 28 l. n. 300/1970, le ricorrenti Nidil CGIL Milano, Filcams CGIL Milano, Filt CGIL
Milano, convenivano in giudizio Uber Eats Italy s.r.l. al fine di vedere accolte le seguenti conclusioni:
In via principale
A) Accertare e dichiarare la natura antisindacale della condotta della società consistente: a) nella mancata predisposizione del piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura (id estil cd. piano di gestione degli esuberi) previsto dall’art. 1, co. 228 della legge 234/21; b) nella mancata presentazione dello stesso alle organizzazioni sindacali; c) nella comunicazione del 17 aprile 2024 indirizzata alle organizzazioni sindacali con la quale si comunicala volontà della società di non predisporre il piano; d) nella dichiarata volontà di avviare le procedure di licenziamento collettivo prima della predisposizione, della presentazione e della disamina del piano; e) nella richiesta di condanna della Filcams Nidil e Filt Cgil ad accettare il piano di gestione degli esuberi eventualmente sottoposto alle autorità amministrative formulata nella class action promossa dai lavoratori iscritti alle organizzazioni sindacali oggi ricorrenti;
e per l’effetto
B) condannare Uber Eats Italy a predisporre e presentare alle organizzazioni sindacali ricorrenti il piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura nel quale, secondo correttezza e buona fede, vengono esaminati gli aspetti previsti dalla legge 234/21 e in particolare:
a) le azioni programmate per la salvaguardia dei livelli occupazionali e gli interventi per la gestione non traumatica dei possibili esuberi, quali il ricorso ad ammortizzatori sociali, la ricollocazione presso altro datore di lavoro e le misure di incentivo all'esodo;
b) le azioni finalizzate alla rioccupazione o all'autoimpiego, quali formazione e riqualificazione professionale anche ricorrendo ai fondi interprofessionali;
c) le prospettive di cessione dell'azienda o di rami d'azienda con finalità di continuazione dell'attività, anche mediante cessione dell'azienda, o di suoi rami, ai lavoratori o a cooperative da essi costituite;
d) gli eventuali progetti di riconversione del sito produttivo, anche per finalità socio-culturali a favore del territorio interessato;
e) i tempi e le modalità di attuazione delle azioni previste;
C) astenersi dall’avviare iniziative unilaterali e in particolare dall’avviare procedure di licenziamento collettivo prima della predisposizione, presentazione del piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura e dell’esame congiunto con le organizzazioni sindacali;
D) ordinare alla società di cessare ogni iniziativa idonea a ledere l’autodeterminazione negoziale e l’autonomia decisionale delle organizzazioni sindacali ricorrenti rispetto ad atti rimessi alla loro approvazione;
E) disporre la pubblicazione del decreto su tre quotidiani nazionali in ragione della gravità della lesione indicandosi Il sole 24 ore, La Stampa e la Repubblica con un formato non inferiore a mezza pagina orizzontale 276x186 mm. e nella pagina aziendale https://www.uber.com/it/it/deliver/ del sito della convenuta dedicata al reclutamento dei rider ;
F) disporre comunque la diffusione dell’emanando provvedimento ai lavoratori della convenuta aventi un collegamento attivo con la piattaforma da almeno tre mesi alla data del 15 giugno 2023;
G) condannare la società convenuta al risarcimento del danno in favore delle organizzazioni sindacali Filcams Cgil di Milano, Nidil Cgil di Milano e Filt Cgil di Milano da determinarsi nella misura di € 40.000,00 o nella maggiore o minore somma di giustizia da determinarsi in via equitativa anche ex art. 432 c.p.c.;
G) condannare la società convenuta al risarcimento del danno in favore delle organizzazioni sindacali Filcams Cgil di Milano, Nidil Cgil di Milano e Filt Cgil di Milano da determinarsi nella misura di ' 40.000,00 o nella maggiore o minore somma di giustizia da determinarsi in via equitativa anche ex art. 432 c.p.c.;
H) condannare la società convenuta al pagamento di una astreinte in favore delle organizzazioni sindacali ricorrenti ex art. 614 bis c.p.c. nella misura di ' 5.000,00 o altra somma adeguata di giustizia per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento; con vittoria di spese, competenze ed onorari oltre iva, cpa e spese generali con maggiorazione del 30% in ragione dei collegamenti ipertestuali ai sensi dell’art. 4, comma 1 bis, del D.M. 55/2014 da distrarsi in favore dei sottoscritti difensori.
Le organizzazioni ricorrenti, organismi locali di associazioni nazionali comparativamente più rappresentative, premettevano che la società convenuta era stata condannata dal Tribunale di Milano, nel settembre 2023, per condotta antisindacale, avendo omesso di avviare la procedura prevista dalla legge 234/21 quando, una volta deciso di “abbandonare” il mercato italiano, aveva improvvisamente risolto, il 14/6/2023, oltre 4.000 rapporti di lavoro di rider.
Evidenziavano che la resistente aveva scientemente avviato solo formalmente la procedura prevista dalla legge 234/21, astenendosi dal confrontarsi con le organizzazioni, in quanto aveva del tutto omesso di predisporre e presentare il piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura (il cd piano di gestione degli esuberi).
Premessa la descrizione delle modalità di svolgimento della prestazione dei rider della convenuta, rilevavano che Uber Eats Italy s.r.l., sebbene obbligata e comunque in condizioni di presentare il cd. piano di gestione degli esuberi da sottoporre alla disamina delle organizzazioni sindacali, aveva unilateralmente deciso di non predisporre il prescritto piano, omettendo il confronto, perseguendo una strategia, anticipata dal proprio consulente in uno scritto pubblicato su una nota rivista del settore, nel quale si riteneva “più strategico” avviare la procedura di delocalizzazione di cui all’art. 1, comma 224 della legge 234/21, attuando una tecnica dilatoria al fine di sottrarsi al confronto con le organizzazioni sindacali e, in tal modo, evitare i costi di un eventuale dissenso sindacale in ordine al piano di gestione degli esuberi.
Esponevano che, in piena “coerenza” con quanto anticipato nel saggio pubblicato dal consulente, la sera del giorno prima dell’udienza fissata per la discussione di un ricorso ex art. 840 sexiesdecies c.p.c. (azione inibitoria collettiva), promosso da alcuni rider rappresentati da Filcams, Nidil e Filt Cgil, avente ad oggetto la condanna alla presentazione del piano, Uber Eats Italy s.r.l. aveva ufficializzato la decisione di non predisporre il piano di rimozione degli effetti, svilendo in tal modo il ruolo e l’immagine del sindacato. Evidenziata la lesione dell’immagine e del ruolo del sindacato, richiedevano, dunque, l’adozione di provvedimenti idonei e dissuasivi, atti a rimuovere gli effetti della condotta antisindacale ed in particolare: a) ordinare alla convenuta la predisposizione e presentazione del piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura ai sensi dell’ art 1, comma 228 della legge 234/21; b) avviare con le organizzazioni sindacali ricorrenti la procedura di confronto sul piano previamente presentato, nonché c) astenersi da azioni unilaterali e in particolare dall’avvio di procedure di licenziamento prima dell’esaurimento della fase di disamina del piano previamente inoltrato alle organizzazioni sindacali, d) disporre la pubblicazione del decreto su tre quotidiani nazionali in ragione della gravità della lesione; e) ordinare la comunicazione del provvedimento a tutti i rider aventi un account attivato con la società; f) condannare la convenuta alla pubblicazione del provvedimento nella pagina web aziendale https://www.uber.com/it/it/deliver/; g) disporre infine una condanna al risarcimento del danno per la lesione dell’immagine nei confronti delle organizzazioni sindacali ricorrenti. In ragione della necessità di assicurare un’effettiva tutela degli obblighi di fare in ragione della pervicace e “strategica” decisione della società di sottrarsi agli obblighi derivanti dalla procedura avviati formulavano, infine, una richiesta di adozione del provvedimento, rafforzato da un’adeguata astreinte ex art. 614-bis c.p.c.
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Costituitasi con memoria di costituzione e risposta depositata in data 17/5/2024, la Uber Eats Italy s.r.l. premetteva che l’azione incardinata trovava origine nel decreto ex art. 28 l. n. 300 del 1970, n. 25505/2023, del 28/09/2023 con il quale si disponeva che la società, vista la definitiva chiusura dell’App “UberEats” in Italia dal 15/7/2023, avviasse anche per i corrieri, formalmente contrattualizzati come lavoratori autonomi, la procedura ex art. 1, commi 224 e seguenti, della l. n. 234/21 e, poi, la successiva procedura ex artt. 4 e 24 della l. n. 223/1991, provvedimento confermato in sede di opposizione, nella quale veniva, tuttavia, dichiarata la carenza di legittimazione attiva di Nidil CGIL Milano e Filt CGIL Milano.Evidenziava che avanti al Tribunale delle imprese di Milano (R.G. n. 6308/24), era stato incardinato un giudizio ex art. 840-sexiesdecies c.p.c., instaurato dalle organizzazioni sindacali ricorrenti quali mandatarie di tre ex corrieri, avente ad oggetto identiche questioni rispetto al presente giudizio, id est l’obbligo di presentazione del piano di gestione degli esuberi e relativo confronto sindacale e, in caso di accertamento di detto obbligo, l’istanza della società di richiedere alle organizzazioni sindacali di accettare il piano ove lo stesso avesse superato il preliminare vaglio dell’apposita commissione ministeriale, con applicazione dell’art. 39 c.p.c., in subordine ex art. 273 c.p.c., giustificandosi quantomeno la sospensione in attesa della definizione di quel giudizio.
Nel merito evidenziava che la procedura ex lege n. 234/21 poteva concludersi, anche senza presentazione del piano di gestione degli esuberi, secondo quanto disposto dall’art. 1 commi 228, 231 e 235 della legge, che la società, in ottemperanza al decreto, aveva avviato la procedura ex lege n. 234/21 con lettera del 14/2/2024, inviata anche alle organizzazioni sindacali ricorrenti, ben prima delle due azioni di classe, risultando scaduto il termine di 60 giorni per presentare il piano in data 14/4/2024, con conseguente definitiva chiusura della procedura ex lege n. 234/21 e, sotto il profilo processuale, cessazione della materia del contendere e difetto di interesse ad agire, non avendo più rilevanza l’eventuale accertamento del rilievo antisindacale della condotta della deducente.
Sotto altro profilo, risultava infondata la richiesta di ordinare alla società la presentazione del piano per la gestione degli esuberi, con conseguente irrilevanza anche ex art. 100 c.p.c.. Per altro, nessun piano poteva essere presentato nel contesto determinato dalla posizione assunta dalle odierne ricorrenti giacché, appena ricevuta la comunicazione di avvio della procedura ex lege n. 234/21, le stesse avevano contestato i criteri di identificazione dei corrieri da considerare ai fini del piano di gestione degli esuberi, senza però proporre criteri alternativi; poco dopo, riscontrando la convocazione al Ministero, le odierne ricorrenti avevano rilevato di aver già avviato ben due giudizi contro la società anche in merito ai criteri di identificazione dei corrieri destinatari del piano di gestione degli esuberi onde, in presenza di mere contestazioni sulla platea dei destinatari del piano non accompagnate da alcuna controproposta su cui poter discutere ed anzi, in pendenza di giudizi su come individuare quei destinatari, non era oggettivamente possibile presentare un piano.
Tanto dedotto ed eccepito, chiedeva accogliersi le seguenti conclusioni:
La Uber Eats Italy S.r.l., come in epigrafe rappresentata e difesa, chiede che questo Ill.mo Tribunale voglia, disattesa ogni contraria istanza, ragione od azione, rigettare il ricorso ex art. 28 della legge n. 300 del 1970 in quanto inammissibile e, comunque, infondato, con tutte le conseguenze di legge anche per spese, competenze e onorari di entrambe le fasi di giudizio.
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Con decreto ex art. 28 l. n. 300/1970, pronunciato in data 28/09/2023, questo Tribunale, accertata la natura antisindacale del comportamento serbato da Uber Eats Italy s.r.l., consistente nell’omissione della procedura di consultazione per la cessazione dell’attività del food delivery nel territorio nazionale, risolvendo tutti i rapporti di lavoro ai sensi dell’art. 1, commi 224 e ss. 234/21 e nel mancato avvio della procedura di cui agli artt. 4 e 24 della l. n. 223/1991 per i rapporti di lavoro dei riders per i quali era stata prevista la disconnessione dalla piattaforma e la conseguente illegittimità dei recessi comminati, ordinava alla resistente di revocare tutti i recessi dai contratti di lavoro di coloro che svolgevano la prestazione di rider con le modalità descritte in motivazione, con account attivo alla data del 14/6/2023, di avviare con le organizzazioni sindacali ricorrenti, ossia la Nidil CGIL Milano, la Filcams CGIL Milano e la Filt CGIL Milano le procedure e il confronto previsto in caso di cessazione di attività dall’art. 1, commi 224 e ss. della legge 234/21, nonché di avviare le procedure di cui agli artt. 4 e 24 l. n. 223/1991, con riferimento ai rapporti di lavoro di coloro che, in forma continuativa e personale, svolgessero la loro attività come ciclofattorini per la società con account attivo alla data del 15/6/2023. Con dispositivo di sentenza resa in data 11/03/2024, nel giudizio di opposizione al decreto ex art. 28 l. n. 300/1970, il Tribunale di Milano dichiarava la carenza di legittimazione attiva di Nidil CGIl Milano e Filt CGIL Milano, l’antisindacalità del comportamento tenuto da Uber Eats Italy s.r.l., consistito nella mancata informativa preventiva in conformità al d.lgs. n. 25/2007, rispetto alla decisione della società di cessare le proprie attività di food delivery in Italia e i rapporti di lavoro coi rider; confermava nel resto il decreto ex art. 28, oggetto di opposizione.Le odierne ricorrenti lamentano, nella presente sede, la reiterazione di comportamenti connotati da matrice antisindacale in capo alla società resistente che, dopo aver inviato la lettera di avvio della procedura ex lege n. 234/2021 in data 14/2/2024 (cfr., docc. nn. 30 parte ricorrente e 2 parte resistente), così determinando l’avvio del decorso del termine di presentazione del piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura, con scadenza al 14/4/2024, non avrebbe presentato il piano entro tale data, inviando una comunicazione, in data 17/4/2023, dal seguente tenore: «Il termine di 60 giorni dall’invio della lettera di apertura, previsti dall’art. 1 comma 228 della legge 234/21 è scaduto lo scorso 15 aprile 2024. Nessun piano nelle condizioni date poteva essere presentato nel contesto previsto da detta normativa. Ciò comporta l’intervenuta chiusura della procedura secondo quanto previsto dalla relativa disciplina di legge (la 234/21)».
Ad avviso delle organizzazioni ricorrenti, la condotta della società, che avrebbe scientemente omesso di predisporre il piano da sottoporre alla disamina del sindacato, configurerebbe oggettivamente, e anche dal punto di vista dell’esistenza di una volontà soggettiva, un fattore produttivo di svilimento della funzione sindacale, impedendone l’attività, nonché una lesione all’immagine delle organizzazioni ricorrenti.
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Occorre, in via preliminare, esaminare le eccezioni svolte dalla difesa della società resistente, principiando dalla contestata legittimazione processuale attiva in capo a Nidil CGIL Milano e Filt CGIL Milano, ammessa in sede di decreto ex art. 28 St. lav., e negata nel successivo giudizio di opposizione, sulla base dell’esame del dispositivo di sentenza del 11/03/2024, le cui motivazioni risultano, alla data di stesura del presente decreto, non ancora depositate.Rileva l’odierno giudicante come lo strumento di cui all’art. 28 St. lav. risulti essere appannaggio degli «organismi locali delle associazioni sindacali nazionali». L’individuazione del soggetto, dotato di legittimazione processuale attiva, connotata da dovizia descrittiva, impone all’interprete la ricostruzione del contenuto delle diverse locuzioni che la compongono. Il requisito della nazionalità dell'associazione richiede, secondo il prevalente orientamento, che l'azione sindacale sia diffusa a livello nazionale, ossia almeno su gran parte del territorio nazionale. Occorre, dunque, ai fini dell’integrazione del requisito, che le associazioni ricorrenti siano dotate di una struttura organizzativa articolata a livello nazionale e che svolgano attività sindacale su tutto o, quantomeno, su ampia parte del territorio nazionale. Non sembra, su tali premesse, potersi negare la legittimazione processuale attiva in capo alle tre ricorrenti, essendo riconosciuta la loro appartenenza alla Confederazione Generale del Lavoro, che rappresenta oltre cinque milioni di lavoratori, ed indiscussa la loro diffusione sul territorio nazionale, nonché la partecipazione alla stipula di contratti collettivi di livello nazionale.
Ciò che potrebbe, al più, apparire contestabile, è la ricorrenza, in capo a Nidil e Filt del diverso requisito dell’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., in termini di titolarità della prerogativa sindacale per la quale si invoca la repressione della condotta datoriale asseritamente lesiva, come nel caso tipico della denunciata violazione di diritti di informazione e consultazione del sindacato, rispetto alla quale si discute della necessità di coinvolgimento degli aderenti o iscritti al sindacato (cfr., sul punto, Trib. Milano, sez. lav., 06 marzo 2006; Trib. Milano, sez. lav., 04 luglio 2007; Cass., sez. lav., 8 ottobre 1998, n. 9991).
Ciò detto, benché la sussistenza di interesse ad agire costituisce elemento rilevabile d’ufficio da parte del giudice, anche in assenza di eccezione di parte (Cass., sez. III, 27 settembre 2021, n. 26119), non risulta offerto, al fine di favorire il rilievo, alcun elemento valutativo ad opera della difesa di parte resistente, che si è limitata a richiamare la statuizione (che, per altro, riguarda, quantomeno formalmente, il diverso requisito della legittimazione processuale attiva) contenuta nel dispositivo di sentenza del 11/03/2024, circostanza in evidenza non sufficiente ad addivenire ad analoga declaratoria, in assenza di irretrattabilità della predetta statuizione.
Ictu oculi infondata appare l’eccezione di litispendenza svolta dalla resistente, sul presupposto dell’esistenza, alla data di avvio del presente giudizio, di un procedimento incardinato dalle medesime sigle sindacali, in qualità di mandatarie di tre ex riders, ai sensi dell’art. 840-sexiesdecies c.p.c. dinanzi alla Sezione Specializzata per le imprese del Tribunale di Milano, nell’ambito del quale risulterebbero svolte identiche domande, volte al conseguimento di un ordine, in capo a Uber Eats Italy s.r.l., di presentazione del piano di gestione degli esuberi.
Osserva il giudicante come difettino in nuce gli estremi della litispendenza ai sensi dell’art. 39 1° co. c.p.c., trattandosi di controversie profondamente diverse dal punto di vista della struttura e natura, devolute alla cognizione per materia di diverse sezioni specializzate di Tribunale. Difetta, in particolare, il requisito dell’identità dei soggetti, essendo le parti ricorrenti nella causa R.G. 6304/2024, Trib. Imprese identificabili nei tre riders, e le associazioni sindacali titolari di mandato rappresentativo sostanziale di tipo civilistico, che legittima le stesse a proporre l’azione collettiva in rappresentanza dei deleganti. Né, d’altro canto, appare produttivo richiamare l’istituto della riunione, ai sensi dell’art. 273 c.p.c., che presuppone la pendenza dei procedimenti connessi dinanzi allo stesso giudice o ad altra sezione del Tribunale rispetto alla quale non vi sia un tema di specializzazione e competenza per materia esclusiva, come nell’odierno caso. Non può, infine, disporsi la sospensione del presente procedimento, in attesa della definizione dell’altro procedimento, difettando gli estremi della pregiudizialità in senso stretto e proprio ex art. 295 c.p.c., stante la diversità di struttura, natura e funzione dei due procedimenti, contestualmente pendenti, con esclusione di rischi di contrasto, in senso tecnico, delle decisioni.
Sotto altro profilo, la difesa della resistente evidenzia l’intervenuta cessazione della materia del contendere o, comunque, la sopravvenuta carenza di interesse ad agire, richiamando il disposto di cui all’art. 1 commi da 224 a 235 l. n. 234/2021, dai quali emergerebbe la possibilità che la procedura prevista dalla norma si concluda, in maniera e tempi differenti, anche senza presentazione del piano di gestione degli esuberi. Sarebbe, in altri termini, secondo la prospettazione della società, definitivamente venuto meno il contesto giuridico-fattuale (id est la procedura), rispetto al quale si sarebbero verificate le asserite condotte antisindacali, con conseguente impossibilità per le organizzazioni sindacali ricorrenti di conseguire, dal presente procedimento, alcun risultato sostanziale, non essendo le misure ex adverso richieste per assicurare l’auspicato svolgimento della procedura ex lege n. 234/2021 in alcun modo attuabili per intervenuta, definitiva chiusura della procedura stessa.
L’art. 1 comma 224 prevede, in capo al datore di lavoro in possesso dei requisiti dimensionali, di dare comunicazione per iscritto dell'intenzione di procedere alla chiusura di una sede, stabilimento o filiale, con il coinvolgimento di un numero di lavoratori superiore a 50, alle rappresentanze sindacali aziendali o alla rappresentanza sindacale unitaria nonché alle sedi territoriali delle associazioni sindacali di categoria comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. L’invio della comunicazione, avente il contenuto di cui al comma 227, condiziona la validità dei licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo o dei licenziamenti collettivi.
Ai sensi del comma 228, entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 224, il datore di lavoro elabora un piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura e lo presenta alle rappresentanze sindacali di cui al comma 224. Il piano non può avere una durata superiore a dodici mesi e indica: a) le azioni programmate per la salvaguardia dei livelli occupazionali e gli interventi per la gestione non traumatica dei possibili esuberi, quali il ricorso ad ammortizzatori sociali, la ricollocazione presso altro datore di lavoro e le misure di incentivo all'esodo; b) le azioni finalizzate alla rioccupazione o all'autoimpiego, quali formazione e riqualificazione professionale anche ricorrendo ai fondi interprofessionali; c) le prospettive di cessione dell'azienda o di rami d'azienda con finalità di continuazione dell'attività, anche mediante cessione dell'azienda, o di suoi rami, ai lavoratori o a cooperative da essi costituite d) gli eventuali progetti di riconversione del sito produttivo, anche per finalità socio-culturali a favore del territorio interessato; e) i tempi e le modalità di attuazione delle azioni previste.
Nel caso di presentazione del piano, ai sensi del comma 233, prima della conclusione dell’esame del medesimo e della sua eventuale sottoscrizione, il datore di lavoro non può avviare la procedura di licenziamento collettivo di cui alla l. n. 223/1991, né intimare licenziamenti per giustificato motivo oggettivo.
Il comma 235 disciplina l’ipotesi di mancata presentazione del piano, o di carenza degli elementi prescritti dal comma 228: in questo caso, il datore di lavoro sarà tenuto a pagare il contributo di cui all'articolo 2, comma 35, della legge 28 giugno 2012, n. 92, in misura pari al doppio e, qualora avvii la procedura di licenziamento collettivo di cui alla l. n. 223/1991, non troverà applicazione la previsione di cui all'articolo 2, comma 35, della legge 28 giugno 2012, n. 92.
All’udienza di discussione del 22/05/2024 le parti davano atto dell’avvio, in data 16/5/2024, della procedura di licenziamento collettivo ex artt. 4 e 24 l. n. 223/1991, <<a seguito della conclusione della fase istruttoria prevista dall’art. 1, commi 224 e seguenti, della legge 2021, n. 234» (doc. prodotto in data 22/5/2024 da parte ricorrente). Tale situazione determina, ad avviso del giudicante, la sopravvenuta carenza di interesse ad agire con riferimento alle domande sub B) delle conclusioni che, al pari dell’intervento di mutamento della situazione di fatto satisfattiva dell’interesse fatto valere, giustifica la pronuncia di cessazione della materia del contendere (Cass., sez. II, 5 febbraio 2016, n. 2292).
Analizzando definizione, durata e contenuto del piano, previsto al comma 224, emerge come lo stesso contempli azioni per la salvaguardia dei livelli occupazionali e interventi per la gestione non traumatica dei possibili esuberi, azioni finalizzate alla rioccupazione ed all’autoimpiego, eventualmente transitanti per cessioni aziendali o riconversioni dei siti produttivi, che si collocano su un piano logico antecedente, sotto il profilo funzionale e cronologico, rispetto alla procedura di licenziamento collettivo, essendo volti a minimizzare l’incidenza numerica ed a potenziare le capacità di rioccupazione dei lavoratori interessati.
La conclusione della fase istruttoria prevista dall’art. 1, commi 224 e seguenti, della legge 2021, n. 234, in assenza di adozione di piano, e l’inizio della procedura di licenziamento collettivo, con la comunicazione del 16/5/2024 determinano, dunque, la giuridica impossibilità di conseguire, attraverso la presente azione, la presentazione del piano <<per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura» che, allo stato delle cose, non potranno che coincidere con l’individuato perimetro del licenziamento collettivo.
Né la sopravvenuta inattualità dell’interesse, alla luce dell’illustrata progressione procedurale, può essere revocata in dubbio sotto il profilo della potenziale incidenza dell’omessa presentazione del piano sulla procedura di licenziamento collettivo e sulla validità dei potenziali recessi operabili all’esito della stessa. L’esegesi analitica delle disposizioni di cui ai commi da 224 a 235 consente di concludere per la sanzione della nullità dei licenziamenti collettivi intimati in assenza della comunicazione di cui al comma 224 (che, nel caso di specie, risulta essere stata data), ovvero prima dello scadere del termine di centottanta giorni o del minor termine entro il quale è sottoscritto il piano, non essendo prevista analoga sanzione in caso di mancata presentazione del piano. Nel solo caso di presentazione del piano, inoltre, diviene operativa la condizione di procedibilità della procedura di licenziamento collettivo, prevista dal comma 233, che stabilisce che, prima della conclusione dell’esame del piano e della sua eventuale sottoscrizione, il datore di lavoro non possa iniziare la procedura di cui alla l. n. 223/1991. Non è, tuttavia, dettata analoga disciplina per il caso di mancata presentazione del piano.
Pertanto, è da ritenere che l’avvio della procedura di licenziamento collettivo, in assenza di condizioni di procedibilità o vincoli di legittimità rispetto alla presentazione del piano, derivanti dal riassunto assetto normativo, determini la sopravvenuta carenza di interesse anche con riferimento alla domanda sub C) delle conclusioni, contenente la richiesta di ordine di astensione <<dall’avviare iniziative unilaterali e in particolare dall’avviare procedure di licenziamento collettivo prima della predisposizione, presentazione del piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura e dell’esame congiunto con le organizzazioni sindacali>>. Dalla lettura del comma 235 emerge che la presentazione del piano non costituisca un obbligo giuridico, bensì un mero onere, il cui inassolvimento non incide, come detto, sulla procedura di licenziamento collettivo ma determina, quali esclusive conseguenze, il pagamento del doppio del contributo di cui all’art. 2 comma 35 l. n. 92/2012 (fatta salva l’ipotesi di avvio della procedura di licenziamento collettivo) e la relativa segnalazione, da parte del datore di lavoro, nella dichiarazione di carattere non finanziario di cui al d. lgs. n. 254/2016.
Cionondimeno la condotta della società resistente appare nuovamente contrassegnata da connotazioni di antisindacalità.
Dalla mancata presentazione del piano, accompagnata dalle laconiche motivazioni indicate nella lettera del 17/4/2024 (doc. 89 fascicolo parte ricorrente, <<a ragione di quanto emerso nell’incontro tenutosi tra le parti lo scorso 19 marzo 2024, nessun piano nelle condizioni date poteva essere presentato nel contesto previsto da detta normativa>>), emerge il manifesto intento della società di sottrarsi al confronto sindacale, quantomeno nella fase procedurale di cui alla l. n. 234/2021, limitandosi al rispetto delle formalità vincolanti alla luce del dictum giudiziale del 28/09/2023 e delle prescrizioni di legge, come l’invio della comunicazione del 14/2/2024, che ha dato avvio alla relativa procedura, attendendo il decorso del termine di cui all’art. 1 comma 228 l. cit. per dare avvio alla procedura di licenziamento collettivo.
Il predetto ordine giudiziale, confermato in sede di opposizione, con riferimento alla procedura di cui all’art. 1 comma 224 cit., imponeva <<alla società convenuta di avviare con le organizzazioni sindacali ricorrenti, ossia la Nidil Cgil Milano, la Filcams Cgil Milano e la Filt Cgil Milano>> non soltanto «le procedure» ma anche <<il confronto previsto in caso di cessazione di attività dall’art. 1, commi 224 e seguenti della legge 234/21>>.
È, tuttavia, palese che l’unico adempimento posto in essere (comunicazione ex art. 1 comma 224) rappresenta il pedissequo assolvimento di una delle prescrizioni imposte, ovvero l’attivazione della procedura, il cui nucleo fondamentale è, tuttavia, chiaramente rappresentato dall’instaurazione di un effettivo confronto con le organizzazioni sindacali, il cui viatico, dalla lettura dell’articolato procedimento, non può che transitare per la presentazione, alle organizzazioni sindacali, del piano di cui al comma 228. Né, d’altro canto, in assenza di produzione del verbale della riunione ministeriale del 19/03/2024 (cfr. convocazione sub doc. 85 fascicolo parte ricorrente), sulla base delle scarne indicazioni contenute nella lettera del 17/4/2024, vi è motivo di ritenere che l’omissione procedurale discenda da effettive circostanze ostative, riconducibili all’oggettiva condizione dell’impresa, dei lavoratori, o a fatti riconducibili agli interlocutori sindacali. In un contesto di fisiologica conflittualità, quale quello rappresentato, ricondurre la mancata presentazione del piano di gestione degli esuberi alla preventiva contestazione, ad opera delle organizzazioni sindacali, dei parametri utilizzati per delimitare la platea dei rider destinati alle misure di sostegno appare sintomatico della volontà della società sottrarsi ad un autentico confronto con le organizzazioni che, giova ribadire, non può che transitare per l’elaborazione e la presentazione del piano.
Meritano, dunque, accoglimento, le domande svolte sub E) ed F) del ricorso introduttivo, con conseguente ordine di pubblicazione del presente decreto su tre quotidiani nazionali, in ragione della gravità della lesione, indicandosi Il sole 24 ore, La Stampa e la Repubblica con un formato non inferiore a mezza pagina orizzontale 276x186 mm. e nella pagina aziendale https://www.uber.com/it/it/deliver/ del sito della convenuta dedicata al reclutamento dei rider, e di diffusione del provvedimento ai lavoratori della convenuta aventi un collegamento attivo con la piattaforma da almeno tre mesi alla data del 15/6/2023, con analoghe modalità utilizzate per il recesso.
Non meritevole di accoglimento appare la richiesta di condanna al risarcimento del danno, quantificata nella somma di € 40.000,00, attesa la totale assenza di allegazioni e deduzioni in seno al ricorso. Quanto alla richiesta di emissione di provvedimento ex art. 614-bis c.p.c. (cd astreintes) giova ribadire, anche in questa sede, come l’ultimo comma della disposizione, secondo cui «le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle controversie di lavoro subordinato pubblico o privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 409» renda inaccoglibile la richiesta.
Il procedimento di cui all’art. 28 St. lav. rappresenta, difatti, una fattispecie di controversia collettiva di lavoro alla quale, fatte salve le peculiarità procedimentali dettate dalla disciplina speciale, certamente si applica il corpo di norme processuali di cui agli artt. 409 e ss. c.p.c., cui opera riferimento l’alinea in commento. L’accoglimento della domanda, sia pure nella misura illustrata, comporta la condanna di Uber Eats Italy s.r.l. al pagamento delle spese di lite in favore delle tre organizzazioni ricorrenti, come da liquidazione analitica in dispositivo e distrazione in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari.
PQM
Accerta e dichiara la natura antisindacale della condotta della società Uber Eats Italy s.r.l. limitatamente alla: a) mancata predisposizione del piano per limitare le ricadute occupazionali ed economiche derivanti dalla chiusura (id est il cd. piano di gestione degli esuberi) previsto dall’art. 1, co. 228 della legge 234/21; b) mancata presentazione dello stesso alle organizzazioni sindacali; dichiara la sopravvenuta carenza di interesse ad agire con riferimento alla domanda sub B) e C) delle conclusioni; rigetta le domande sub G) e H) delle conclusioni, in quanto giuridicamente infondate; dispone la pubblicazione del presente decreto sui tre quotidiani nazionali Il sole 24 ore, La Stampa e la Repubblica con un formato non inferiore a mezza pagina orizzontale 276x186 mm. e nella pagina aziendale https://www.uber.com/it/it/deliver/ del sito della convenuta dedicata al reclutamento dei rider a spese della resistente; dispone la comunicazione del presente provvedimento ai lavoratori aventi un collegamento attivo con la piattaforma da almeno tre mesi alla data del 15/6/2023 con modalità analoghe a quelle utilizzate per il recesso; condanna Uber Eats Italy s.r.l. al pagamento, in favore di Nidil CGIL Milano, Filcams CGIL Milano, Filt CGIL Milano, in solido tra loro, delle spese del presente procedimento, che liquida in € 3.500,00 per compensi di avvocato, oltre accessori di legge, da distrarsi in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari. Si comunichi alle parti. Milano, 28/5/2024
Il Giudice
Antonio Lombardi
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