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Addio a Scott Walker: il cantante è morto a 76 anni

Addio a Scott Walker. Il cantante statunitense, ma naturalizzato britannico, è morto all'età di 76 anni. L'annuncio è stato dato dalla 4AD, etichetta indipendente britannica per la quale Scott Walker ha inciso i suoi dischi negli ultimi quindici anni, attraverso un post pubblicato sul suo sito ufficiale. Non sono state rese note, al momento, le cause del decesso. L'ultimo lavoro firmato da Walker è stata la colonna sonora del film "Vox Lux", presentato in anteprima lo scorso settembre alla Mostra del Cinema di Venezia e uscito poi nelle sale cinematografiche a dicembre, con regia di Brady Corbet e gli attori Natalie Portman e Jude Law nei panni dei protagonisti.

Classe 1943, il cantante cominciò a muovere i suoi primi passi nel mondo della musica tra la fine degli anni '50 e i primi anni '60, suonando il basso nel circuito live di Los Angeles e incidendo alcuni dischi prima come solista e poi come membro dei Routers e dei Dalton Brothers. Successivamente fondò il trio di finti fratelli The Walker Brothers, composto insieme a John Maus e Gary Leeds, insieme ai quali provò a sfondare nel Regno Unito. Il trio conquistò il primo posto della classifica britannica con le hit "Make it easy on yourself" e "The sun ain't gonna shine (Anymore)".

Insieme ai Walker Brothers il cantante incise otto album in studio, due dei quali destinati al mercato statunitense. L'ultimo, "Nite flights", uscì nel 1978.

Già nel 1967 Scott Walker aveva intrapreso la sua carriera discografica come solista, consegnando al mercato l'album "Scott", al quale avevano poi fatto seguito "Scott 2" (1968, con il quale volò al primo posto della classifica degli album più venduti nel Regno Unito), "Scott 3" (1969) e altri dischi.

 Poco considerato in patria, l’autore e cantante continuò a riscuotere successo in Gran Bretagna, tanto da diventare una figura di culto che negli anni a venire avrebbe ispirato profondamente personaggi come David Bowie, David Sylvian, Marc Almond e Julian Cope, con testi colti, tenebrosi e provocatori, molto poco consoni al clima spensierato del pop dell’epoca. Anche nelle cover (con molte riprese dal repertorio di Brel, “Amsterdam” e “My death” su tutte, ma anche da Bacharach-David, Weil-Mann, Tim Hardin e André Previn) e negli arrangiamenti, spesso di impronta morriconiana, Walker mostrò un gusto e un tocco tutto speciale, raffinato ed esistenzialista. .

Gli anni '70 video tuttavia spegnersi progressivamente la sua stella, tanto che per dare una scossa al mercato ci volle una reunion con i vecchi “fratellini” (tre dischi tra il 1975 e il 1978). Chiuso anche quel capitolo, l’unico disco degli anni '80, "Climate of hunter", fu una sorpresa, con arrangiamenti decisamente rock, costruzioni melodiche pseudo classicheggianti e ricorso abbondante all’elettronica allora in voga. 
Negli anni successivi il culto fu alimentato da apparizioni pubbliche sempre più diradate (ma nel 2000 fu proprio Walker a curare il Meltdown Festival londinese, ingaggiando band contemporanee come Radiohead e Blur) e da dischi sempre più rari, sconcertanti e radicali.
Scheda artista:   
Scott Walker

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