Voluntary Servitude

Saggio di critica letteraria di DANILO CARUSO / Palermo, febbraio 2017

Indice
Introduzione pag. 1
1. Il severo monito di Seneca pag. 2
2. La Boétie: ipocrisia borghese o marxismo-leninismo? pag. 7
3. La terribile distopia di H. G. Wells pag. 13
4. Simbologia cosmico-libidica in Drummond de Andrade pag. 20
5. Allegoria erotica ed escatologia poetica in Anne Sexton pag. 24
6. Nella distopia sentimentale dell’altra Sylvia pag. 26
7. Conclusione pag. 31

In this article, I engage with Derrida’s deconstructive reading of theories of performativity in order to analyse Max Weber’s sovereignty/legitimacy paradigm. First, I highlight an essential articulation between legitimacy and sovereign ipseity (understood, beyond the sole example of State sovereignty, as the autopositioned power-to-be-oneself). Second, I identify an originary force of alteration, an unconditional deconstructibility of sovereignty, foreign to the order of performative legitimacy. This disjunctive force implies an essential fallibility of the performative. The differential co-implication of legitimacy and sovereignty suggests an irreducible coloniality of law and language, but also points to an unconditional resistance located in the radical interpretability of the law, beyond determined positions of powers, dominations, sovereignties or resistances.
My reflection is triggered by a reading of Cynthia Weber’s theory of ‘performative states’, describing sovereignty under the form of an impossible ontology, which leads me to elaborate the notion of legitimation-to-come as a non-ontological ‘concept’: this unconditional legitimacy, beyond sovereignty, binds beliefs and phantasms to the unpresentable force of the event. Pursuing the efforts of scholars such as Rob Walker and Cynthia Weber, I sketch the implications of this archi-performative force of legitimacy with respect to the methodologies of International Relations and sociology, in view of elucidating the persistent ontological presuppositions of these disciplines.

I rari ma qualificati studiosi della servitù volontaria non si sono inte-ressati ad Aldous Huxley. Forse perché c'è ben poco di volontario nella sottomissione degli Epsilon, procreati in provetta per essere il gradino più basso della scala produttiva e sociale di Brave New World, condizionati per aborrire i fiori e la natura, lo svago e i libri, geneticamente e psicologicamente manipolati per essere schiavi subumani contenti. Così come c'è assai poco di volontario nelle sale di «predestinazione sociale», «di condizionamento neo-pavloviano», nel «collegio di ingegneria emotiva» e nel processo ipnopedico a cui ognuno degli abitanti del Mondo Nuovo viene sistematicamente sottoposto. L'aspetto più paradossale della nozione di servitù volontaria, quello che fa appunto perno sull'idea della volontarietà nell'atto della sottomissione, pare insomma assente dalla società di Brave New World. Eppure, in un'ipotetica galleria dei pensatori della servitù volontaria, a fianco dei ritratti di Étienne de La Boétie e di Fedor Dostoevskij, quello di Aldous Huxley non sarebbe certamente mal collocato. Se è vero che al cuore della paradossale nozione di servitù volontaria sta il nesso fra potere e sottomissione, gli arcana del dominio ma anche il ruolo attivo dei servi volontari, allora Huxley rientra a buon diritto fra quegli autori che hanno fatto propria la nozione di servitù volontaria (con il suo inevitabile carico di pessimismo) per descrivere fenomeni reali. La multiforme riflessione di Huxley resta, infatti, sospesa tra l'indagine sulle leve del dominio e l'esplorazione della fatica della libertà, tra la denuncia dei pericoli dell'asservimento (in forme sempre nuove e sfuggenti) e la consapevolezza della tentazione della servitù, di cui la desolante vicenda evolutiva del dodo rappresenta, come si vedrà, la suggestiva metafora.

L’oggetto del mio scritto è l’uomo di Michel de Montaigne ed Étienne de La Boétie, un uomo la cui natura si rivela continuamente scissa tra spinte contrastanti, la volontà di servitù e quella di libertà. Queste due tensioni, ad un primo sguardo opposte e contrastanti, paiono connaturate all'uomo e non caratteristiche di un dato e preciso tempo storico. Di fatti, qualsiasi epoca umana ha visto in atto sia una propensione al servilismo e all'assoggettamento che una spinta generale verso l'emancipazione, nonché una brama della libertà. Indagando e problematizzando la natura umana, le analisi di questi due umanisti francesi sono state per me un ausilio prezioso per la mia ricerca itinerante dell’uomo, nell’enorme complessità della sua condizione. Il motivo principale per cui mi sono appassionata e dedicata ad essi nel mio lavoro di tesi è il loro aver dimostrato che si può legare in modo appropriato la filosofia morale alla vita, sia individuale che collettiva. Ciò che mi ha spinto a porre al centro del mio scritto questi due autori e i loro capolavori è l’aver scoperto che, nonostante entrambi si mettano dalla parte di quell’autentico anelito di libertà, ne pongono come oggetto di riflessione il limite intrinseco. Essi tentano di cogliere l’uomo in relazione alla volontà che lo dirige e volgono lo sguardo verso la pluralità come totalità strutturata che preserva le singolarità: la libertà viene associata all’uguaglianza in quanto nel riconoscersi simili, nella comune umanità vi possono essere le condizioni di possibilità della libertà. I loro sforzi di preservare la propria integrità e indipendenza intellettuale e morale, di conservare illesa la propria umanità tra la crudeltà di quel tempo storico e di tendere alla salvaguardia della libertà in un’epoca di servilismo generalizzato nei confronti di ideologie e fazioni, hanno reso - secondo me - convincenti e notevoli le loro attente osservazioni. Innanzitutto, tra gli intenti che stimolano i Saggi di Montaigne e il significato globale del Discorso della servitù volontaria si evidenzia un legame rilevante: in entrambi gli scritti l’oggetto d’indagine è la natura umana nel tentativo di chiarificare la sua condizione originaria di libertà e, nel contempo, la corruzione e il decadimento che discostano in modo progressivo da quello stato originario. In ambo i casi l’intenzione è quella di mettere a punto una decostruzione di verità consolidate attraverso una scrittura destabilizzante di ogni certezza, compresa quella dell’io. Se La Boétie cerca di decostruire il rapporto di potere che vincola i dominati al tiranno, Montaigne riconosce i limiti dell’io nella sua dipendenza dalla società come struttura di dominio. Il postulato che ne consegue è la disgregazione del soggetto come centro unitario della conoscenza e della volontà e il frantumarsi dell’ideale umano rinascimentale. Nel tratteggiare un quadro ricco e composito della condizione umana, entrambi dimostrano di avere a cuore i principi imprescindibile per la vita sociale, quali l’amicizia, la fratellanza e l’uguaglianza della molteplicità nella sua naturale libertà. Inoltre, vivendo e operando nel sedicesimo secolo, si lasciano definire a buon diritto come mosche bianche dell’umanesimo, in quanto in un tempo storico conosciuto per la massima fioritura dell’uomo, costruito concettualmente come progetto e attore della storia, essi hanno il coraggio di denunciare e riconoscere che quest’uomo è facilmente corruttibile, ambiguo e particolamente debole, sia nella conoscenza delle cose che nella propensione a difendere la sua condizione di libertà. La perplessità sistematica con cui si interrogano sui nudi fatti fa di essi i primi maestri del sospetto, per usare una formula che sarà nota solo a partire dal 900. La sfiducia nella ragione in Montaigne invita alla conoscenza del sé e conduce alla comprensione dell’uomo come essere bisognoso di tutele, legami e sicurezze sociali. Dunque, anche se la libertà viene vista come un dato essenziale ed esistenziale della condizione umana, appare sempre più evidente ad essi come un intollerabile peso. Ma ponendo un’enfasi vigorosa sulla volontà e sulla responsabilità, elementi portanti sia dell’antropologia morale di La Boétie che di quella di Montaigne, si può scorgere una possibilità di autoemancipazione. La ricerca di una via per l’emancipazione fa perno soprattutto sull’urgenza di liberare la libertà degli assoggettati. Comprendere che ogni potere si regge strutturalmente sulla condiscendente concessione di libertà dei dominati, che il loro asservimento altro non è che una passività coltivata attivamente da se stessi, è la condizione imprescindibile per ritrovare quell’esigenza di libertà radicata al fondo di ogni individuo; e la libertà si mostra l’unica dimora in cui può nascere ed esistere uno spazio sociale auspicabile. Se Montaigne vede nel suo ritiro a vita privata l’indipendenza intellettuale e morale che può rivelarsi quell’autentico dominio di sé a cui non riesce a rinunciare, in La Boétie l’ideale di uno spazio politico e sociale rimanda inevitabilmente alla riflessione etica. Infatti, è partendo dall’analisi interiore degli individui che si può comprendere la condizione umana ed è solo all’interno dell’etica che si può pensare e comprendere lo spazio della politica. Attraverso concezioni di assoluta rottura con l’epoca in cui stavano vivendo, i loro capolavori mettono in atto una matura riflessione sull’uomo che ne svela l’intrinseca radice di contraddittorietà e che si rivela più adeguata a turbare che a dare certezze. I Saggi e il Discorso spiccano nel 500 come espressione significativa di quel momento di passaggio dall’affermazione degli ideali civili rinascimentali, secondi i quali l’individuo tende a realizzare la sua pienezza in un rapporto equilibrato con la società, alla dissoluzione di ogni etica sociale. Bisogna tener presente quanto essi siano uomini segnati da un tempo storico di travaglio generale e coscienti delle violente lacerazioni sociali e politiche che stavano mettendo a dura prova le virtù di moderazione e di tolleranza: con tali virtù in oscuramento, il desiderio e il senso della libertà individuale e collettiva sembravano smarrirsi progressivamente. L'indagine sociale dei due lega, con esiti diversi, politica e morale, ed è proprio partendo dall'armamentario concettuale in cui si fa spazio la libertà, nei termini della volontà che tende ad essa, che Montaigne e La Boétie concentrano le loro riflessioni. Tale indagine lascerà posto all'esame dei fenomeni dell’obbedienza e della corruzione ¬morale, intellettuale e politica -operata sia dalla società sull'individuo che dal sovrano sulla collettività. Il modo in cui vengono analizzati questi fenomeni nella presente tesi mette progressivamente in luce la debolezza e la contraddittorietà che lacerano l'uomo, un essere che vuole privarsi di ogni responsabilità ¬per sollevarsi dal tormento del decidere e che vive diviso tra il desiderio di una tutela o di un dominio e l'aspirazione alla libertà. Con l'aiuto degli autori posti al centro di questo elaborato, mi sembra possibile dipingere l'essere umano come un soggetto assai difforme e perennemente sfuggente. Nell'incostanza umana una certa ansia della dipendenza pare si accompagni ad una strana ansia della libertà. L'analisi di queste pagine si concentra sul tema filosofico dell'emancipazione e mostra la complessità dei problemi associati a questa intenzione attraverso il confronto del desiderio di libertà con il desiderio di sottomissione.

RESUMO

O objetivo do presente estudo é discutir o tema da “servidão voluntária” sob a perspectiva de três autores, Étienne de La Boétie, Herman Melville e Sigmundo Freud. Inicialmente, parte-se das questões colocadas por La Boétie em seu “Discurso da servidão voluntária” sobre a origem e a natureza do “desejo de servir”, a responsabilidade do tiranizado na manutenção da tirania, o papel da linguagem na manutenção da servidão e sobre a possibilidade de sua superação. Na sequência, analisa-se o comportamento do personagem principal do conto “Bartleby, o escrevente” de Herman Melville, que pelo uso de sua fórmula linguística “preferiria não” consegue superar a servidão e anular os efeitos dos discursos e da própria da linguagem sobre sua vontade e sua corporeidade, no alcance de uma potência máxima, segundo uma leitura de Agamben e Deleuze. A partir das considerações de Freud, em especial as contidas em “Psicologia das massas e análise do Eu”, faz-se um paralelo as observações de La Boétie e as descobertas da psicanálise sobre a psicologia das massas e do indivíduo. Destaca-se, nesse contexto, o papel das identificações na dinâmica do estabelecimento dos laços libidinais entre os membros da massa e a massa e seu líder e, por fim, avança-se na teoria da representação de Freud para recuperar uma relação entre linguagem, vontade e corpo. Conclui-se com a proposta de aplicação das ideias debatidas na leitura de fenômenos políticos atuais.

Palavras-chave: Servidão. Voluntária. Linguagem. Identificação. Corporeidade.

ABSTRACT

The purpose of this study is to discuss the topic of "voluntary servitude" from the perspective of three authors, Étienne de La Boétie, Herman Melville and Sigmund Freud. It begins with the questions raised by La Boetie in his "Discourse on Voluntary Servitude" about the origin and nature of the "desire to serve", the responsibility of those who are tyrannized in the maintenance of tyranny, the role of language in the perpetutation of servitude and the possibility of overcoming it. Next, we analyze the behavior of the main character of Herman Melville´s short story "Bartleby, the Scrivener", which, through the use of the linguistic formula, "I would prefer not to", he is able to overcome servitude and nullifies the effects of discourse and of language itself over his will and his corporeality; attaining maximum power according to Agamben and Deleuze. Based on Freud´s considerations, especially in "Group Psychology and the Analysis of the Ego", this study proposes a parallel between the observations of La Boétie and the findings of psychoanalysis on the psychology of the masses and the individual.  This research emphasizes the role of identifications in the dynamic of the establishment of libidinal ties among members of the mass and between the mass and its leader. Furthermore, Freud's theory of representation is discussed in order to retrieve a connection among language, the will and the body, concluding with the proposal of the application of these ideas in the interpretation of current political phenomena.

Key-words. Voluntary. Servitude. Language. Identification. Corporeality.

Abstract
The main construens inheritance of One-Dimensional Man is to leave open the chance for a radical change in the possible continuation of our civilization towards a two-dimensional society, and this may be possible thanks to the level of development reached by current technology. Indeed, there is already a two-dimensional society in our past that Marcuse defines as led by pre-technological culture. This seems to be a paradox and a contradiction: how to realize a two-dimensional society through and thanks to advanced technology, if the only example we have of such two-dimensionality is given by the pre-technological culture?

Keywords: Marcuse, Technology, Society, Culture.

The article reconstructs two different perspectives on the relation between power and servitude. The first part is dedicated to Étienne de La Boétie’s Discours de la servitude volontarie and shows the voluntary aspect of servitude. The second part is dedicated to the Foucault’s concept of Dispositif and shows the involuntary aspect of servitude. The aim of the article is to show how the evolution of society has not gone hand in hand with the emancipation of citizens, but has, on the contrary, devised a new, less evident but no less pervasive, way of controlling people’s conscience.

The aim of this work is to investigate the Platonical heritage regarding the ambiguous theme of the "voluntary servitude" in the philosophical debate between Marsilio Ficino and Giovanni Pico della Mirandola. Indeed, Plato in the Symposium (184 c-d) used this term, traditionally negative in moral sense, with a positive connotation: it was referred to the virtuous bound between the lover and the beloved but also between human beings and virtue in general. In this sense it will be particularly useful to concentrate on the debate between Ficino and Pico about the philosophy of Love. The main works regarding this were the fundamental comment by Ficino to the Symposium (1469) and Pico’s Commento sopra una canzone de amore composta da Girolamo Benivieni (1486). From this essentially moral and theological-metaphysical debate some particular positions about love and friendship will be evident. On one the hand Ficino was reluctant to use the positive meaning of voluntary servitude, on the other hand Pico employed it insistently. This can be explained through the philosophical distances between the two philosophers regarding the role and the limits of the human being in the hierarchy of Creation. While for Ficino the human soul could reach God directly, for Pico this is impossible: to reach the Creator the soul had to renounce to its essence, acquiring the essence of the Angel.

Starting from the image of voluntary servitude as a collective enchantment that appears at the beginning of Etienne de La Boétie's Discourse on Voluntary Servitude, this article explores the transformation that the notion of the enchanter undergoes in the early 16th century. The different contexts that this image allows us to identify indicate that the Discourse is part of the long medical tradition on the power of enchantments in an original way. This reconstruction gives a central role to the figure of the thaumaturgist leader, whose characteristics are defined by Machiavelli and Pomponazzi. The article ends with a comparison between the thaumaturgical and the charismatic paradigms and concludes with an archaeology of populism.

Présentation de l'éditeur
Le programme 2016-2017 de français-philosophie des concours des Grandes Écoles scientifiques porte sur Servitude et soumission dans les trois œuvres suivantes :
• Discours de la servitude volontaire, La Boétie
• Lettres persanes, Montesquieu
• Une maison de poupée, Ibsen

L’épreuve de dissertation en français-philosophie est indispensable à la réussite aux concours et peut vous permettre d’obtenir les points qui feront la différence au classement.

Pour vous entraîner, cet ouvrage vous propose 30 sujets de dissertations.
Chaque sujet comporte : une analyse du sujet ; les pièges à éviter ; la correction entièrement rédigée.

L’ouvrage est complété par une fiche sur la méthodologie de la dissertation, une présentation des trois auteurs et des citations utiles.

La servitude, un état de nature ?
1) Y a-t-il des esclaves par nature ?
2) « Il ne peut entrer dans l'esprit de personne que la nature ait mis quiconque en servitude puisqu'elle nous a tous mis en compagnie. » (La Boétie)
3) Qui sont les tyrans ?
4) Qui sont les esclaves ?
5) « La conservation mutuelle des hommes demande que les uns soient naturellement faits pour commander, et les autres pour obéir. » (Aristote)
6) La femme doit-elle être soumise à l’homme ?

La fabrique de la soumission
7) Servitude et soumission
8) « La seule liberté, les hommes ne la désirent point. » (La Boétie)
9) Existe-t-il une servitude volontaire ?
10) Qu’y a-t-il de pire, la servitude intérieure ou la soumission extérieure ?
11) Peut-on préférer la servitude à la liberté ?
12) Peut-on avoir peur d’être libre ?

Individu et collectif face à la soumission
13) Peut-on à la fois obéir et être libre ?
14) Peut-on concevoir une liberté sans loi ?
15) Le gouvernement, liberté ou servitude ?
16) N’y a-t-il d’émancipation que politique ?
17) « L’homme est né libre, et partout il est dans les fers » (Rousseau)
18) « Renoncer à sa liberté, c'est renoncer à sa qualité d'homme » (Rousseau)

Entre maîtres et esclaves, des rapports complexes
19) Qui est le plus libre, le maître ou l’esclave ?
20) « L’esclave est un tyran dès qu’il le peut » (Harriet Beecher Stowe)
21) « Il suffit de se croire esclave pour l’être en effet » (Alain)
22) Que se passe-t-il quand les esclaves deviennent les maîtres ?
23) « Esclave de corps, d’esprit libre » (Sophocle)
24) « Les peuples une fois accoutumés à des maîtres ne sont plus en état de s’en passer. » Rousseau

De la servitude à la révolte
25) « Il n'est point de bonheur sans liberté, ni de liberté sans courage. » (Périclès)
26) Le progrès met-il fin à l’esclavage ?
27) « La liberté n'offre qu'une chance d'être meilleur, la servitude n'est que la certitude de devenir pire » (Albert Camus)
28) « Il n’est rien de plus fécond que l’art d’être libre, mais il n’est rien de plus dur que l’apprentissage de la liberté » (Alexis de Tocqueville)
29) Que signifie s’émanciper ?
30) Qu’est-ce qui nous empêche de nous libérer ?


« La plus sordide des servitudes est la servitude volontaire. » Sénèque
Y a-t-il des bénéfices à être esclave ?

La Boétie

Les tyrans ne sont grands que parce que nous sommes à genoux
Soyez résolus de ne servir plus, et vous serez libres
Chose vraiment surprenante (...) c'est de voir des millions de millions d'hommes, misérablement asservis, et soumis tête baissée, à un joug déplorable, non qu'ils soient contraints par une force majeure, mais parce qu'ils sont fascinés et, pour ainsi dire, ensorcelés par le seul nom d'un, qu'ils ne devraient redouter, puisqu'il est seul, ni chérir, puisqu'il est, envers eux tous, inhumain et cruel

Les bêtes, Dieu me soit en aide, si les hommes veulent bien les entendre, leur crient : « Vive la liberté ! » …
Ainsi donc, puisque tout être pourvu de sentiment sent le malheur de la sujétion et court après la liberté : puisque les bêtes, même faites au service de l’homme, ne peuvent s’y soumettre qu’après avoir protesté d’un désir contraire, quelle malchance a pu dénaturer l’homme…. au point de lui faire perdre la souvenance de son premier état et le désir de le reprendre ?

Et pourtant ce tyran, seul, il n’est pas besoin de le combattre, ni même de s’en défendre ; il est défait de lui-même, pourvu que le pays ne consente point à la servitude. Il ne s’agit pas de lui rien arracher, mais seulement de ne lui rien donner.

Pour le moment, je désirerais seulement qu’on me fit comprendre comment il se peut que tant d’hommes, tant de villes, tant de nations supportent quelquefois tout d’un Tyran seul, qui n’a de puissance que celle qu’on lui donne, qui n’a de pouvoir de leur nuire, qu’autant qu’ils veulent bien l’endurer, et qui ne pourrait leur faire aucun mal, s’ils n’aimaient mieux tout souffrir de lui, que de le contredire.

Quelle malchance a pu dénaturer l'homme - seul vraiment né pour vivre libre - au point de lui faire perdre la souvenance de son premier état et le désir de le reprendre ?

Special Issue, The Origins of the Welfare State: Global and Comparative Approaches Co-edited by Agnoletto, S. and Palmieri, C. http://zapruderworld.org/journal/archive/volume-3/overcoming-barriers-to-voluntary-servitude-positive-thinking-and-self-help-the-post-political-ideology-of-workfare/

From the time of its national independence until the present, Greece has existed as a peripheral, dependent and ‘backwards’ society; a society that tended to lag well behind the core of Europe in terms of political and economic developments.  The ongoing political crisis, however, has transformed Greece from laggard to vanguard.  The whole world anxiously looks to the latest developments in Greece for clues regarding their own fates and futures.  This essay examines this inversion of historical developments.  How have Greece’s peculiarities gone from being lagging outliers to the most extreme and advanced versions of much more universal tendencies?  What does the comprador nature of Greek capitalism and the growing insulation of the state from national social and political forces tell us about the future of democracy and global capitalism?  Is the current situation in Greece a temporary setback or is it simply the first glimpse of our collective future: ever more disembedded capitalist markets and ever more authoritarian political regimes?

Affinities between Tocqueville's thought and La Boétie's concept of «voluntary servitude» have been suggested by many important Tocqueville specialists. In this paper I analyse this connection in depth. I argue that La Boétie's concept allows to both enlighten and clarify some inner tensions of Tocqueville's thought. After defining the notion of «voluntary servitude», I focus on three tocquevillian issues: his penitentiary thought, his theory of power, and his critics of historiography. In all of them, subjugat-ed people are described as both the victims and the backers of domination. I suggest that this short-circuit is linked to one of Tocqueville's core values: human freedom. If people's apathy is neither natural (as it is produced by authorities) nor unbreakable (as people might refuse to consent), freedom – even in authoritarian contexts – turns out to be unrestrainable, and the course of history open and unpredictable.

La question de la valeur du conflit en démocratie ne date pas
d’hier et le champ de la recherche qui lui est consacré est très vaste. Mais lesnderniers mouvements sociaux contestataires permettent de la reposer avec acuité. Sommes-nous certains que nous assistons aujourd’hui – de manière souhaitable ? – à une revitalisation du conflit en démocratie ?

Abstract : In this contribution, we intend to examine the relevance of the voluntary servitude in the "algorithmic society", an expression that refers both to exchanges on digital networks and to social activity assisted by computing technologies. To do so, we characterize the technologies that, within this type of society, are likely to weaken freedom, understood from the political point of view. Then, we develop the hypothesis that algorithmic technologies can indeed act as a « misfortune », i.e. as an event precipitating the weakening of freedom towards new forms of voluntary servitude. The idea of voluntary servitude constitutes a resource for the elucidation of the obstacles to political freedom in algorithmic societies, a freedom whose problems must be rethought in the light of the debate between utilitarianism and « liberal paternalism ».

מסת ביקורת בעקבות פרסומו בעברית של חיבורו של אטיין דה לה בואסי על השעבוד מרצון (Étienne de La Boétie, Discours de la servitude volontaire). הטקסט התפרסם במוסף ספרים, הארץ, 4.6.2007. נוסח מתוקן – בנוסח שהתפרסם בעיתון נפלו כמה שיבושים. גדי אלגזי

Like all other previous chapters from the book ("Eternity does not live here any more", Zagreb, 2012), this would have the same or little varied introduction. Go to the book at https://www.mnemosophy.com/the-vault or other books that may interest you; as a heritage addict, convinced that I know the wisdom of the future role of museums (or rather, -  public memory), I count with your curiosity. Excuses: the language is Globish and, worse, the version is unedited, - before publishing. However, it is the only book I know that is entirely dedicated to the critique of practices and theory of museums.

Nuestro objetivo es reexaminar la pregunta que hace una década formulara M. Abensour en su artículo “¿Hannah Arendt: crítica del totalitarismo y servidumbre voluntaria?” y proponer una respuesta diferente a la que dio por entonces el filósofo francés. En este sentido, planteamos que hay una mayor cercanía entre La Boétie y Arendt que la que supone Abensour. La hipótesis que nos guía es que habría en Arendt una reflexión sobre la preeminencia del poder sobre la violencia y la dominación, que va más allá de la oposición tajante entre poder y dominación que podría suponerse en un inicio.

Garland, C. (2014) ‘As Barriers Fall, Contingency Becomes Possibility: Protest Resisting and Escaping Containment and Categorization’, Part II Identity, Embodiment and Categorisation in Eds. Lamond, I. and Spracklen, K. 'Protests as Events: Politics, Activism and Leisure (London: Rowman & Littlefield International) Hardback ISBN/9781783480760 Paperback ISBN/978-1-78348-077-7 eBook ISBN/978-1-78348-078-4 

https://rowman.com/ISBN/9781783480760

Stéphane COLLET « Vices et vertus de la servitude volontaire,
Situations routières contemporaines »
in
Next Exit, catalogue de la Triennale 2017 d'art contemporain du Valais/
Marcel Henry/Raphaël Brunner (éds.)/
Avec des textes de Simon Lamunière, Véronique Mauron, Julia Hountou,
Stéphane Collet, Donatella Bernardi/
F/D/E
21 x 14 cm
ISBN: 978-3-7165-1843-4
Benteli Verlag /

Quel rôle joue la technologie embarquée dans les véhicules que nous empruntons avec la part grandissante accordée au contrôle numérique? Que signifie l'engouement pour ces engins qui circulent dans l'espace partagé sans pilote?
Ce texte propose un bref tour d'horizon de l'évolution des modalités de transport depuis l'avènement de l'automobile. Une réflexion sur notre rapport à la liberté et l'espace parcouru.

Em tempos de escalada autoritária ao redor do globo, em que as estruturas autocráticas que nos circundam parecem, por vezes, demasiado colossais, pode ser proveitoso mobilizar autores capazes de oferecer não apenas modos enfrentamento à tirania, mas modos que estejam ao alcance do indivíduo. O "Discurso da servidão voluntária", de Étienne de La Boétie, segundo penso, insere-se dentro dessa perspectiva. Dentre outras coisas, fornece ferramentas potentes para o enfretamento da tirania tendo como ponto de partida os tiranizados, os próprios indivíduos. Nesse sentido, através do exame das noções de tirania, servidão e liberdade, o presente artigo deseja explorar essa chave de leitura da obra de La Boétie.

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