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Frammenti di una cerimonia in musica a Gordion

2014, AION

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI «L’ORIENTALE» DIPARTIMENTO DI ASIA AFRICA E MEDITERRANEO AION ANNALI DI ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA Nuova Serie | 21-22 2014-2015 | Napoli ti. Copia Autore. © Diritti riserva ti. Copia Autore. © Diritti riserva UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI «L’ORIENTALE» DIPARTIMENTO DI ASIA AFRICA E MEDITERRANEO ANNALI DI ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA Nuova Serie 21-22 2014-2015 Napoli ti. Copia Autore. © Diritti riserva INDICE Nota Kourou, Mortuary Practices in Early Iron Age Aegean. Family Rituals and Communal Rites p. 9 FerNaNdo Gilotta, Frammenti di una cerimonia in musica a Gordion » 31 Claudio GiardiNo – Cesare d’aNNibale, Pizzica Pantanello (Metaponto): la più antica testimonianza di attività metallurgiche dall’Italia meridionale » 47 eleNa GaGliaNo, Difendere l’ordine con ogni arma. Uso e “abuso” dello schema iconografico dell’Aristogitone di Kritios e Nesiotes » 65 Maria eleNa GorriNi, Il cosiddetto cratere di Partenopeo del Civico Museo Archeologico di Milano » 85 MarCo GiGlio (con contributi di Emanuela Auzino e Marcello Gelone), Un santuario salutare dal territorio di Neapolis: Agnano » 105 steFaNo struFFoliNo, Bolli anforari rodii da Tauromenion » 137 serGio CasCella, Una coppa in Terra Sigillata Italica dall’Antiquarium di Tindari » 151 Giuseppe CaModeCa, [- Pi]narius (?) Castus, console nel dicembre di un anno di Antonino Pio: una intricata questione nata da un’erronea lettura di AE 1999, 546 Aesernia » 159 aNtoNella de Carlo, La carriera di un nuovo procurator ducenario di età domizianea: L. Aurelius L. f. Gal. Flaccus Sempronius Hispanus » 169 bruNo d’aGostiNo - Claudia MoNtepaoNe, J.-L. Durand, La ricerca di un senso ‘dall’interno’ » 181 ViNCeNzo bellelli, recensione di Augusto Ancillotti - Alberto Calderini - Riccardo Massarelli (a cura di), Forme e Strutture della Religione nell’Italia mediana antica. Forms and Structures of Religion in Ancient Central Italy. Atti del III Convegno internazionale dell’Istituto di Ricerche e Documentazione sugli Antichi Umbri (Perugia - Gubbio, 21-25 settembre 2011), Roma, «L’Erma» di Bretschneider, 2016 » 190 Maria CeCilia d’erCole, recensione di Annick Fenet, Les dieux olympiens et la mer. Espaces et pratiques cultuelles, avec préface de Madeleine Jost, Collection de l’École française de Rome 509, École française de Rome, Roma 2016 » 196 Abstracts degli articoli » 201 Rassegne e recensioni ti. Copia Autore. © Diritti riserva FRAMMENTI DI UNA CERIMONIA IN MUSICA A GORDION Fernando Gilotta Nel corso di un recente Workshop tenutosi a Villa Giulia e incentrato sui rapporti tra Etruria e Anatolia, ho avuto occasione di citare brevemente un dinos frammentario di provenienza frigia rinvenuto sul «western slope» del tumulo J di Gordion (Fig. 1), il cui titolare era un inumato di sesso maschile. Già indagato da alcuni dei maggiori specialisti di archeologia dell’Anatolia 1, questo straordinario documento vascolare è forse degno di ulteriore attenzione anche in un’ottica ‘occidentale’, a confronto con le realtà culturali contigue della Grecia dell’Est e (forse) con il mondo etrusco, come ho tentativamente proposto nell’Incontro romano 2. Le incerte datazioni dei grandi tumuli di Gordion sono state sottoposte in anni recenti a verifiche * Ringrazio vivamente B. d’Agostino e M. D’Acunto per gli spunti di riflessione e il gradito invito a pubblicare la nota in questa sede. Sono grato, inoltre, a E. Simpson (Bard Graduate Center, New York) e G. Darbyshire (Gordion Project), per le informazioni e per aver concesso la riproduzione dell’ottima immagine qui presentata (©Penn Museum Gordion Archive, image R 883-19); a S. Holzman, per avermi inviato l’estratto del suo recentissimo lavoro; a O. Paoletti e E. Li Castro, per i molti suggerimenti. Come mi informa P. Grave (University of New England, Armidale), il pezzo non è stato sottoposto ad analisi chimico-fisiche, che sarebbero risultate in questo caso importanti. Non mi è stato possibile al momento effettuare un esame autoptico del dinos, conservato nel Museo di Gordion (Inv. n. 1997-P-636). 1 Akurgal 1955, p. 49, nota 197a (con lett.); Bittel 1963, p. 12, nota 34; Sams 1971, pp. 575-577; G. K. Sams, in Young 1981, p. 255, nota 152; Prayon 1987, p. 216, cat. nn. 36-37, tav. 28d-e; Sams 1994, p. 96, nota 157; Kohler 1995, pp. 68-69, cat. n. 36, Frontispiece, fig. 27D, pl. 39B; Lenz 1995, p. 102; Bossert 2000, p. 60 e anche, sul tumulo J, pp. 62, 122, 125; DeVries 2005, p. 46, fig. 4.9. Sul tumulo J, cfr. anche Kerschner 2005b, pp. 132,146,147; Berndt Ersöz 2006, pp. 96, 167-169; Genz 2006b, p. 121; Iren 2008, p. 34; Sams 2011, p. 72; Greenewalt jr. 2012, p. 270, fig. 16; Verger 2014, p. 33 (non è chiaro se qui l’A. accrediti la datazione tradizionale all’ultimo quarto del VII sec. a.C. - con un errore di stampa -, o prospetti una cronologia realmente più alta di un secolo); da ultimo, Holzman 2016, p. 542. 2 Gilotta in corso di stampa. di carattere archeologico/archeometrico, con nuove indagini anche al radiocarbonio; ne sono scaturite revisioni storiche globali, che hanno consentito una convergenza di opinioni su alcuni punti fermi 3. Così, se la cronologia (iniziale) del tumulo MM sembra ormai fissata verso il 740 a.C., all’ultimo quarto del VII sec. a.C. viene fatto risalire il tumulo J, cui pertiene il dinos in esame. C’è da ricordare ad ogni modo, come si accennava, che il grande vaso fu rinvenuto in frammenti non all’interno della tomba, ma all’esterno di essa, nel «western slope deposit», cioè in un deposito di materiali scoperto in tempi diversi, insieme ad altre offerte votive - secondo un costume evidenziato ultimamente anche da M. Kerschner 4 - in un contesto che comprendeva oggetti di datazione non sempre circoscrivibile con certezza e la cui coerenza è stata a tratti messa in dubbio dagli editori 5. Tra i materiali del deposito si 3 Kealhofer et alii 2005; Berndt Ersöz 2012, pp. 16-41 (con altra lett.); S. Verger, in de La Gèniere 2012, pp. 148-150 (ancora con lett.). 4 Kerschner 2005b, p. 146. 5 Kohler 1995, pp. 58-59, 67-71 (con datazione attorno al 620600 a.C.). Per la classificazione tipologica delle tre fibule rinvenute «in mantle», cfr. Kohler 1995, pp. 71-72 (cat. nn. 55-57, pl. 41A-C), con riferimento ai lavori di Muscarella 1967, e Caner 1983; a p. 72, l’A. dichiara che le fibule «may have come from common burials in the vicinity. Their date appears to spread from pre-Kimmerian to early post-Clay Deposit and so is not explicitly helpful to the dating of tumulus J». Il peso documentario assegnato dagli scavatori ai materiali «in mantle» e nel «western slope deposit» appare nell’insieme incerto: in Kohler 1995, p. 59, si discute la tipologia di una delle fibule in relazione alla possibile cronologia del tumulo; più avanti (pp. 72 e 190), l’affidabilità e coerenza dello stesso complesso del «mantle» e del «western slope deposit» viene, come si è in parte già visto, messa in dubbio. D’altra parte, l’A. afferma (p. 59) che «there are several clearly preKimmerian (secondo la ormai superata definizione del livello di distruzione della città) Phrygian items in the tumulus J burial». ti. Copia Autore. © Diritti riserva 32 Fernando Gilotta Fig. 1 - Gordion, Museo. Dinos dal tumulo J di Gordion, inv. n. 1997-P-636 (© Penn Museum Gordion Archive, R 883-19) segnalano una ‘bottiglia’ conica in black-on-red 6, definita con cautela possibile imitazione anatolica di prototipi ciprioti; frammenti di polished jugs, di polished omphalos bowls e di petaled bowl fittili 7, di tripod plates fittili e di un tripod mortar in pietra 8, e una coppa a profilo continuo con semplice decorazione a bande, datata all’ultimo quarto del Nella intera sezione dedicata al tumulo J si evincono, insomma, forti incertezze, dovute a una situazione stratigrafica molto complessa, soprattutto, appunto, «in mantle» e nel «western slope deposit». Le fibule del tumulo J sono state incluse, in anni più recenti, da Vassileva 2012, pp. 111-126 (partic. p. 113), nel suo bilancio sulla presenza di questo tipo di materiali nella capitale frigia. Per un prospetto delle vecchie e nuove datazioni dei tumuli, tra cui il J, cfr. Sams - Voigt 2011, pp. 164-166. 6 Kohler 1995, pp. 59, 67, cat. n. 34, fig. 27B, pl. 38H. La datazione di questo vaso al 600 ca. non appare, nuovamente, sicura: per i materiali di confronto della tomba X di Kameiros (Papatislures) cui si fa riferimento, cfr., e.g., Coldstream 1968, p. 276; CookDupont 1998, p. 29 (con rimando agli studi di Kardara 1963 e di Walter 1968). 7 Cfr. su questa tipologia, nelle sue versioni in bronzo (presente nella camera sepolcrale del tumulo) e in black polished ware, Kerschner 2005b, pp. 125 ss., 132 ss. 8 Per tripod bowls e ‘mortai-tripode’, di derivazione fenicia e siriana, cfr. Botto 2000; Botto 2002. VII sec. a.C., riferita a bottega efesia 9 e considerata elemento datante tra i più cospicui per l’intero «deposit» e per la sepoltura. Molti dei materiali presentavano tracce di bruciato 10, dettaglio che fu subito collegato dagli scavatori a un possibile rituale funebre; il complesso dei vasi evocò, non a torto, un set da banchetto 11, forse finalizzato a un ‘pasto in onore del defunto’, di cui il dinos doveva essere parte im- Kohler 1995, pp. 59, 67-71. Sulle coppe tipo ‘bird-bowls’, soprattutto in relazione a possibili botteghe greche della Ionia del Nord, cfr. Kerschner 1997, passim e coll. 190-193. M. Kerschner (apud DeVries 2008, pp. 39-40, nota 43) non esclude che possa trattarsi anche di una imitazione anatolica. Da ultimo, sulla classe, Coulié 2015, in particolare pp. 1327-1329 (con lett. e riferimento anche alle più recenti ricerche di M. Kerschner sull’argomento). Per il ‘classico’ motivo del punto entro metopa quadrangolare, cfr. tra le forme aperte, e.g., Kerschner, cit., coll. 113-114, tav. II,9 (piatto in black-on-red), con attestazioni anche a Gordion (col. 186). 10 Kohler 1995, p. 58. 11 Kohler 1995, p. 58: «the collection of items in the deposit was, with few exceptions (parts of a horse’s bridle), suitable to the preparation of a funeral banquet, and the sickle was appropriate for the cutting of the reeds laid over the roof». 9 ti. Copia Autore. © Diritti riserva Frammenti di una cerimonia in musica a Gordion portante e rappresentativa 12. Con la doverosa prudenza, dunque, sembra potersi affermare, in via preliminare, che il dinos del tumulo J non appare ancorato a riferimenti cronologici inequivocabili e che, in ogni caso, potrebbe essere stato prodotto in un momento anche anteriore alla ‘deposizione’, in virtù della sua obiettiva preziosità di segno ideologico di spicco, tanto in vita che eventualmente dopo la morte del proprietario. La forma. Di origine orientale e d’uso essenzialmente cerimoniale legato al banchetto e all’offerta di prestigio, è ben nota nelle sue redazioni metalliche in contesti del Vicino Oriente, greci e della penisola italica, e vede moltiplicare le sue attestazioni nel corso del VII sec. a.C. in versioni fittili pertinenti a diverse classi, dal bucchero all’impasto, dalla grey alla Polledrara ware alle ceramiche figurate, specialmente nell’Egeo orientale e in Italia, tanto in ambito coloniale che etrusco 13. Non fanno eccezione, in questo panorama, la Lidia, con esemplari anche figurati 14, e la Frigia, il cui mercato accoglie, oltre ai prestigiosi lebeti/dinoi bronzei di VIII sec. a.C., numerosi dinoi fittili, anche in redazioni non decorate e geometriche di sicura produzione locale 15. Lo stesso può dirsi anche per la regione anatolica oltre l’ansa dell’Halys, con buone attestazioni, a giudicare dai materiali pubblicati, a Boğazköy 16. La forma del dinos gordiano si caratterizza per un piano di appoggio piatto 17, non raro negli esemplari anatolici, e per un andamento del bacino espanso ma in misura minore rispetto agli esemplari monocromi considerati più antichi - che sembra collocar12 In questo senso, cfr. anche quanto rilevato per una importante testimonianza dell’età del Bronzo, il cratere frammentario da Nauplia, pure con suonatore di phorminx, da J.B. Carter (1995), in partic. pp. 292-293. Sul cratere cfr. anche infra. 13 In generale Iren 2003, p. 13 (con lett.). In relazione anche all’Etruria, Gilotta, cit. (nota 2). 14 Greenewalt jr. 1970, pp. 55 ss., pl. 1 ss.; più recentemente anche Lydians and their World, p. 464, cat. n. 71. 15 Frammenti bicromi di una forma «somewhat globular», decorata con motivi geometrici non privi di qualche riscontro nel LG ellenico, anche east-greek, furono del resto rinvenuti anche «in mantle» del Tumulo J: Kohler 1995, p. 72, J59, pl. 41E. In generale, sulla forma, cfr. Sams 1994, pp. 91 ss., 165 ss. Più recentemente, DeVries 2007, in particolare pp. 81-82. 16 Bossert 2000, pp. 52-71. 17 Non interamente integrato, a giudicare almeno dalle riproduzioni fotografiche e dalle proposte di ricostruzione grafica: cfr. soprattutto Greenewalt jr. 2012, fig. 16. Più compresso appare, ad ogni modo, il corpo nell’acquarello del Frontispiece di Kohler 1995. 33 si a metà tra i reperti provenienti dal Tumulo MM e i classici esemplari east-greek e coloniali, anche bronzei. La tecnica. Non greca in senso stretto, è sostanzialmente bicroma, riferibile a quello che G.K. Sams definisce un ground-coat panel style, noto in Frigia anche da altre testimonianze 18 e riferibile a una tradizione ben attestata a Cipro e anche in altre aree dell’Anatolia occidentale, come la Lidia 19. L’argilla, grigiastra in frattura, appare coperta, nelle zone decorate, da una ingubbiatura di colore chiaro, tendente al crema, mentre nella parte inferiore del bacino è presente un’ampia zona interessata da red slip tendente al rosso mattone. In un ambito tipocronologico non distante, qualcosa di (parzialmente) simile si rintraccia anche nel distretto eolico, ad es. in frammenti di cratere con decorazione di tipo tardo-geometrico da Larisa, ripresi in esame in anni recenti da K. Iren e datati (troppo in basso?) verso il secondo quarto del VII sec. a.C., grazie a confronti morfologici e di repertorio geometrico soprattutto con produzioni east-greek 20. La ricerca di effetti in varia forma coloristici è, d’altra parte frequente in Anatolia centro-occidentale e nel contiguo milieu greco-orientale, e qui si possono ricordare, tra le altre, oltre alle già menzionate bichrome e black-onred, la tecnica light-on-dark e la ephesian ware 21. L’impianto iconografico-stilistico. La puntualità dei molti studi specialistici dedicati al dinos in anni anche recenti esime, naturalmente, dal proporre descrizioni di dettaglio della zona decorata. Sarà sufficiente in questa sede ricordare come sulla spalla e nella parte superiore del corpo si collochino da un lato metope con motivi geometrici, dall’altro un spazio più ampio occupato da personaggi in sequenza con braccia sollevate e da una figura nei Sams 1971, pp. 269, 575-577; cfr. anche nota 1. Più recentemente, Gürtekin Demir 2014, soprattutto pp. 233-234 (con lett.). 20 Boehlau - Schefold 1942, pp. 59-60, tav. 13,1; Iren 2003, pp. 5 e 163, cat. nn. 5-6, Beil. 18, tav. A; successivamente, Iren 2008, pp. 33 e 36, cat. n. 11, fig. 2.4. La tecnica adoperata, definita «zweifarbig», viene ritenuta estranea all’ambiente ionico propriamente detto. 21 In generale, Gürtekin Demir 2014 (con lett. e riferimento anche ad altri suoi studi); cfr. anche, per la black-on-red, Schaus 1992, in particolare pp. 151-168; Brodie - Steel 1996; Kerschner 1997, pp. 207 ss. Per la ephesian ware, soprattutto Greenewalt jr. 1973; Kerschner 1997, pp. 85-226, in particolare pp. 219 ss.; Gürtekin Demir 2002, in particolare pp. 114-119 (tutti con altra lett.). Si veda anche Dupont 2010, pp. 87 ss. 18 19 ti. Copia Autore. © Diritti riserva 34 Fernando Gilotta pressi di una grande phorminx/kitharis. Non mi sono noti confronti puntuali per il rendimento delle figure, che, benché schematiche, appaiono di notevole effetto decorativo. Le riproduzioni fotografiche disponibili non consentono purtroppo di sciogliere alcuni dubbi di lettura in relazione a numerosi dettagli, sia per l’angolazione da cui sono state riprese le immagini, sia per lo stato di conservazione, decisamente precario, con larghe parti della superficie abrase. I corpi, delineati in rosso con contorni in nero, sembrano la somma di due spazi quadrangolari, quasi due metope sovrapposte, di cui non si riescono a scorgere le modalità di ‘aggregazione’ né le cesure rispetto agli arti inferiori 22; al loro interno, si leggono resti di motivi decorativi geometrici in cui sono visibili a tratti elementi di scacchiere. Le teste, a giudicare da quanto ancora leggibile, sono anch’esse schematiche, e almeno una di esse parrebbe, nella attuale veduta di scorcio, di semplice forma ovale, con sviluppo in altezza, secondo moduli non del tutto estranei al LG ellenico 23. Non è chiaro come possano essere definite le tracce che si intravedono nel campo tra la seconda e la terza figura da sinistra, forse un elemento decorativo di tipo fitomorfo (?) 24. Leggermente diversa la figura di destra (maschile?), le braccia apparentemente tese verso lo strumento, che sembra distinguersi dalle precedenti per il rendimento in vernice nera degli arti e la cui parte inferiore del corpo appare ‘occupata’ ancora da una decorazione geometrica, ma al cui interno si distinguono contorni di forma vagamente triangolare, riconoscibili anche nel disegno pubblicato dagli editori; la figura sembra poggiare su un livello del terreno più alto rispetto ai restanti personaggi e la posizione sfalsata delle gambe non escluderebbe neppure, in teoria, che essa possa essere impegnata in una qualche forma di movimento (connesso con la musica e la Nel disegno pubblicato in Koehler 1995 (Frontispiece e Fig. 27D) sono indicati per le tre figure di sinistra piedi schematici in veduta di profilo, analoghi a quelli sicuramente osservabili nella figura di destra. Nella foto, purtroppo, non è possibile riconoscere con sicurezza questi dettagli. 23 A solo titolo esemplificativo: Langdon 2008, pp. 197 ss., figg. 4.1 ss.: kantharos LG attico di Copenhagen NM 727. 24 Analogo forse a quelli talora presenti in vasi LG o già orientalizzanti greci: cfr., e.g., il materiale raccolto e discusso in D’Acunto 2016. 22 Fig. 2 - Gordion, Museo. Frammento rinvenuto nel «city mound» (da Simpson 2010, tav. 116D). danza?) 25. Qualche (parziale) analogia si riscontra in rappresentazioni umane su ceramiche di ‘epoca frigia’ rinvenute oltre l’ansa dell’Halys, a Boğazköy 26: vi riconosciamo la grande semplicità delle articolazioni anatomiche e soprattutto il peculiare rendimento dei corpi a riquadri, campiti talora con motivi geometrici. È possibile che tali consonanze formali vadano intese nel solco di una concezione delle figure come parti della decorazione ornamentale del vaso, sia essa fatta di metope e fregi geometrizzanti o di elementi vegetali più o meno stilizzati, così pervasiva nella penisola anatolica. A conferma di ciò, potremmo evocare un piccolo frammento vascolare (Fig. 2) rinvenuto ancora a Gordion, ma fuori contesto, e, dato molto importante per la sua potenziale destinazione, «from the city mound», pubblicato in anni recenti da E. Simp- 25 Kohler 1995, Fig. 27D. Per una lettura di documenti LG greci con choros femminile e una figura maschile di acrobata, cfr. D’Acunto 2016, in particolare pp. 230 ss.: ringrazio M. D’Acunto per aver richiamato la mia attenzione su questo dettaglio. Da notare, in ogni caso, che i piedi del personaggio accanto alla phorminx/ kitharis sono allineati alla base di quest’ultima, una maniera un po’ rozza di indicare il rapporto diretto tra protagonista umano (suonatore?) e strumento musicale? 26 Bossert 2000, pp. 85-86, con fig. 31 (in particolare h-i). Sul sistema cronologico adottato da E.M. Bossert, cfr. già le obiezioni di Kelp 2003-2004. Sulla possibilità di considerare ‘frigia’ l’evidenza archeologica di questa parte dell’Anatolia almeno a partire dall’VIII sec. a.C., cfr. la discussione in Genz 2004, in particolare pp. 44-45. Altri materiali che testimoniano di una occupazione di Boğazköy nel corso dell’età del Ferro sono stati pubblicati in Genz 2006a, ancora con riserve sul sistema cronologico adottato da E.M. Bossert. Cfr. anche nota 54. ti. Copia Autore. © Diritti riserva Frammenti di una cerimonia in musica a Gordion son 27, ove almeno due personaggi rozzamente schematici, impegnati in una azione che appare simile a quella illustrata nel nostro dinos, sono coperti da lunghe vesti quadrangolari decorate con dotted crosshatching, motivo tutt’altro che estraneo al repertorio ceramografico frigio 28. Il ductus e la costruzione complessiva delle figure del dinos e del frammento ci consentono di immaginare che questa chiave di lettura dovremmo forse riservare ad analoghi fenomeni di contiguità formale anche con ceramiche cipriote, come l’anfora da Kaloriziki, peraltro ricondotta da alcuni studiosi a esperienze LG di marca greca 29. Al contempo, l’ipotesi di un possibile collegamento dei motivi decorativi della plastica, di reperti lignei e di altre forme di arti minori di provenienza frigia (inclusa la ceramografia) con la locale tradizione ‘tessile’, riaffermata da E. Simpson nel 2010, parrebbe in qualche modo trovare conferme proprio nella campitura delle vesti raffigurate sul dinos e sul frammento sporadico gordiano 30. In questa prospettiva, ci sentiremmo di accostare al dinos anche il ‘doppio idolo’ da Faharet Çesme - per il quale S. Berndt Ersöz propone con cautela una datazione verso l’VIII sec. a.C. - ove un gusto analogo per la decorazione delle ‘vesti’ si accompagna a curiose consonanze nella generale 27 Simpson 2010, pp. 85-86, tav. 116D: «They appear to be dancing, perhaps also singing, and they hold the hands of two other figures at the left and right. Their robes, presumably phrygian, aree covered with a network of lozenges, each lozenge containing a dot». 28 Sams 1994, pp. 148-149; cfr. naturalmente anche Boehmer 1973, passim, con riferimento ai tessuti frigi (reali o in raffigurazioni). 29 E di concezione non lontana dallo stray find gordiano: cfr. almeno Aign 1963, pp. 62-63, 156-157, 319, 352-354; Wegner 1968, p. 14, fig. 2i; Paquette 1984, pp. 104-105, C2; Maas-McIntosh Snyder 1989, pp. 8-9; Karageorghis 2006, in particolare pp. 543-544, fig. 5; Iacovou 2006, in particolare pp. 202, fig. 7 (con altra lett.). Per una ‘lettura LG’ dell’anfora, cfr. Demetriou 2000, in particolare p. 46, tav. 9 (con lett.). Da ultimo, cfr. Li CastroScardina 2011, in particolare pp. 204 e 206, fig. 3, e Karageorghis 2012, p. 20, fig. 7. Cfr. anche l’anfora del Louvre in Demetriou 2000, p. 46 e tav. 11.1. In generale, Demetriou 1989. Cfr. anche infra, nota 34, quanto notato da C. Morgan in relazione alle possibili ‘attaches’ anche cipriote di alcuni frammenti LG da Aetos. Per assonanze tra ceramiche figurate rinvenute a Boğazköy e ceramiche cipriote (e.g. Bichrome III), cfr. del resto, ad esempio, Karageorghis - Des Gagniers 1979, p. 103, IX.7. 30 Cfr. nota 27 e il materiale raccolto nel sempre citato Boehmer 1973. In anni più recenti, Burke 2005, per le testimonianze archeologiche di questo importante aspetto dell’economia nella capitale frigia; e, successivamente più in dettaglio, Burke 2010, in particolare pp. 108-160; inoltre Ballard - Burke - Simpson 2012. 35 struttura delle ‘figure’, ammesso che davvero di ‘figure’ in senso pieno si tratti 31. Anche i due uccelli acquatici, con il motivo quadrangolare campito a reticolo che occupa lo spazio tra il personaggio appena menzionato e la lira, non mancano di confronti nelle ceramiche d’Asia Minore 32, ma l’associazione a un contesto musicale quale quello gordiano rinvia più decisamente a modelli geometrici della Grecia propria, come si vedrà in seguito 33. Qualche parziale attache formale con il LG attico, euboico-cicladico e coloniale sembra d’altra parte potersi rintracciare, come si diceva, anche per la forma delle teste e l’andamento ‘squadrato’ delle vesti 34, sebbene le figure, gli uccelli e la stessa lira possano indicare con la loro monumentalità ‘fuori scala’ un orizzonte sub-geometrico già vicino all’Orientalizzante. Il confronto - evocato dagli editori per la rappresentazione della ‘lira’ - con il celebre frammento di 31 Prayon 1987, pp. 102, tav. 15b, e 207, cat. n. 47; Naumann 1983, pp. 92 ss., in particolare p, 94 e tav. 9f (la località è situata tra Ankara e Gordion). Più recentemente, Simpson 2010, pp. 100101, tav. 119B (con lett.); Roller 2012, pp. 221, 227-228. Cfr. soprattutto le considerazioni di Berndt Ersöz 2006, p. 394, fig. 114 e ad ind., in particolare pp. 118-119. 32 E.g. in Caria: Lenz 1997, in particolare pp. 32 ss., fig. 4-7. Ma rappresentazioni di questo tipo non sono rare, e.g., neppure in Anatolia centrale: cfr. Bossert 2000, passim. Per quanto osservato in relazione al contesto eolico, cfr. Kerschner 2006, in particolare pp. 111, 116, fig. 113. In generale, sulla diffusione del motivo nelle ceramiche geometriche e subgeometriche di Grecia e Asia Minore, Iren 2003, p. 31 (con lett.). 33 In generale, sul tema della danza rituale accompagnata frequentemente da uno strumento a corda, da ultimo, D’Acunto 2016; per le inserzioni di uccelli acquatici in scene a carattere ‘musicale’, ibidem, p. 232 (con lett.); Li Castro-Scardina 2011, p. 206. Per il possibile rapporto di queste scene con tradizioni già vive nell’età del Bronzo, Carter 1995, in particolare pp. 290 ss. («bird epiphanies in Minoan and Mycenaean art», «birds and lyre-players»; cfr. p. 292: «in the Bronze Age, the appearance of a bird or birds among cult objects and in depictions of cult scenes refers to a divinity. In some cases, such representations of cult scenes include a lyre-player»); su questa linea, Maas-McIntosh Snyder 1989, pp. 27-28. Cfr. anche infra e nota 66. 34 Cfr., e.g., Coldstream 1981, in particolare p. 246, fig. 2a (Zagora); Coldstream 2000, in particolare p. 93, fig. 3 (Pithekoussai); Greco - Mermati 2006, in particolare pp. 182-183 e figg. 4, 8, 26 (San Marzano); Martelli 2008a, in particolare p. 10, figg. 40-42 (Francavilla Marittima, ora attribuiti a bottega coloniale; contra, Giuliano 2006, p. 65). Cfr. anche alcuni interessanti frammenti LG da Aetos, commentati in anni recenti da Morgan 2006, in particolare figg. 8, 9, 13 e pp. 225-226), anche in relazione ad evidenze coloniali e con confronti ‘stilistici’, per il caratteristico rendimento delle vesti, con il milieu vicino-orientale e con la pittura vascolare cipriota: in proposito, cfr. anche supra, nota 29. Per un riconoscimento di influenze cipriote sulla ceramica frigia, cfr. inoltre Buchholz 1983. ti. Copia Autore. © Diritti riserva 36 Fernando Gilotta dinos da Bayraklı 35 e, direi ancor di più, con l’altrettanto noto ‘basin’ da Pitane 36, dotato di pseudoanse ad anello (di tradizione in parte frigia, dunque 37), cui aggiungeremmo le affinità tecniche con i frammenti di cratere di Larisa 38, parrebbe utile per assegnare una cronologia non troppo distante dal primo/secondo quarto del VII sec. a.C., anche al nostro vaso. Sembra dare sostanza al quadro di riscontri appena accennato tra milieu nord-ionico/ eolico e anatolico centro-occidentale, un dato concomitante non secondario, e cioè che il linguaggio tardo- e sub-geometrico della Ionia settentrionale, e in particolare di Smirne, si nutra dei medesimi apporti corinzi, rodii e attici 39 che negli stessi decenni vediamo grosso modo presenti, con (sia pur scarse) importazioni, anche in Frigia 40. Fatta eccezione per i già menzionati documenti vascolari rinvenuti oltre l’ansa dell’Halys, ciò che sorprende è la rarità di scene ‘narrative’ complesse nelle produzioni ceramografiche di provenienza frigia 41 e anche in quelle che vengono assegnate traKohler 1995, p. 69 (con lett.); cfr. anche, soprattutto, Wegner 1968, pp. 11 e 15 fig. 3j. Inoltre, almeno, Aign 1963, pp. 180-182; Bittel 1963, p. 12; Coldstream 1977, p. 262; Hanfmann 1983, pp. 89-90; Maas-McIntosh Snyder 1989, pp. 27-28 e 42, fig. 1; Lenz 1995, p. 102, tav. 27,2 (con ampia lett.). Cfr. più oltre anche note 36, 54. 36 Eski çağda Ege ve Izmir, Izmir 1993, tav. 111; Iren 2003, pp. 5 e 163, cat. n. 7; Iren 2008, pp. 33-34, e 36, cat. n. 8, figg. 2.3, 2.4, 2.6. Sia il frammento di Bayraklı che il ‘basin’ da Pitane sono ricordati in Martelli 1988, pp. 293, fig. 16, e 295. Sulle ‘parentele’ frigie di dinoi/lebeti del tipo di quello di Pitane ho potuto soffermarmi di recente in occasione del Workshop di Villa Giulia ricordato all’inizio (nota 2). Le ‘chiavi’ della lira di Pitane sono molto simili a quelle delle lire di Gordion e Boğazköy, per le quali cfr. anche infra. 37 Da segnalare il rinvenimento, ancora a Pitane, di un dinos con decorazione a sequenza di ‘uncini’ o «hängende Spiralen», dunque di nuovo con elementi che richiamano ceramiche anche di area cipriota e anatolica, in particolare lidia, oltre che greco-orientale/eolica: Iren 2003, pp. 37-38, 166, cat. n. 32, tav. 2; cfr. anche la lett. cit. a nota 21. Considerazioni molto interessanti sulla presenza di elementi di tradizione artigianale frigia nelle produzioni ceramografiche eoliche e sul sovrapporsi in questa regione di tratti frigi, lidi e propriamente greci propone Iren 2009, pp. 81-90. Una importante disamina delle occorrenze del motivo decorativo a ‘uncini’, in relazione a ceramiche di provenienza sia anatolica che etrusca - queste ultime assenti nei bilanci critici pubblicati da studiosi di Asia Minore - compie Paoletti 2003, pp. 127-135. 38 Cfr. nota 20. 39 Coldstream 1968, p. 297. 40 In questo senso, più recentemente, Kerschner 2005a, p. 123. 41 In generale, sulla rarità di rappresentazioni umane a carattere ‘narrativo’, cfr. Roller 2011, pp. 569-570. Eccezionale, per l’alta cronologia, la rarità ‘tipologica’ e il materiale, il «piece of furniture» rinvenuto nel Megaron 3 di Gordion, «with delicately carved reliefs depicting a battle scene and animals»: DeVries 1980, in particolare p. 35, fig. 8; Prayon 1987, pp. 136 e 219, cat. n. 173, tav. 33a. 35 dizionalmente ad ambienti ellenici ‘prossimi’ al milieu frigio. Tale constatazione vale sia per la ceramografia di epoca LG che per quella ormai orientalizzante. Un ruolo a parte sembrano rivestire, per quanto attiene al versante cronologico recenziore, Rodi, Mileto e (di nuovo) Smirne 42, polo urbano, quest’ultimo, che con Efeso appare, grazie anche al recente bilancio critico a tutto campo di M. Kerschner, tra i referenti ellenici di maggior spicco nei rapporti con Lidia e Frigia 43. A Smirne sembra concentrarsi una serie di preziose sperimentazioni di ceramica figurata, anche policroma, tra le testimonianze più cospicue di questo specializzatissimo settore dell’artigianato ‘egeo’ in epoca orientalizzante 44; nella città è stata rinvenuta anche una neckamphora, databile, si direbbe, tra tardo VIII e primi decenni del VII sec. a.C., con raffigurazioni di pesci, menzionata da J.N. Coldstream 45 e valorizzata in anni recenti da S. Verger 46, ugualmente testimone di una ceramografia di impegno ancora tutta da dissodare, con possibili echi cicladici e curiose, ma non incomprensibili, assonanze nell’Orientalizzante ceretano. Sono questi gli elementi che potrebbero in qualche modo indiziare un ruolo di Smirne quale ‘sponda produttiva’, insieme al milieu eolico propriamente detto, del ceramista che produsse il dinos gordiano. Un altro dato, peraltro, di potenziale interesse mi sembra la presenza, nel «western slope deposit» in cui fu rinvenuto il dinos, di una petaled omphalos bowl fittile frigia, vicina a tipi attestati anche nel deposito votivo dell’Artemision di Efeso 47, a testimoniare una volta di più la possibilità di interferenze, se non altro in alcuni settori altamente ‘rappresentativi’ dell’artigianato, tra l’entroterra Al complesso del Megaron 3 e al pezzo fa riferimento Burke 2005, p. 69. Sulla datazione del Megaron 3, più di recente, Burke 2010, pp. 124, 150-151; Rose-Darbyshire 2011, pp. 3, 23 (VoigtDeVries), 61 (Sams), 95, 106 (Kuniholm, Newton). Il frammento dal Megaron 3 può ricordare in qualche misura certe ceramiche figurate di ‘epoca frigia’ rinvenute oltre l’ansa dell’Halys, a Boğazköy: cfr. nota 26. 42 Cook-Dupont 1998, pp. 29 ss. (con lett.). In relazione al mondo etrusco e al Pittore dell’Eptacordo (per il quale si veda anche infra), cfr. Martelli 1988, p. 292. 43 Kerschner 2005a. 44 Cook-Dupont 1998, pp. 29-31. Per testimonianze affini da Efeso, cfr. Kerschner 2008, in particolare pp. 41-42. 45 Coldstream 1968, p. 297. 46 Verger 2014, p. 29, fig. 13. 47 Kerschner 2005b. ti. Copia Autore. © Diritti riserva Frammenti di una cerimonia in musica a Gordion anatolico e queste città greche della costa 48. Un artigiano, dunque, non del tutto estraneo agli sviluppi produttivi della Ionia (in specie del Nord) e dell’Eolia, realizzò, verosimilmente su commissione, un oggetto decisamente fuori serie nel contesto culturale di pertinenza. Fuori serie sì, ma non del tutto isolato, a giudicare dal prezioso frammento gordiano, discusso da E. Simpson, cui si è fatto cenno dianzi 49: nei due vasi, l’eccezionalità della presenza di figure umane si accompagna, infatti, ad una analoga tematica celebrativa/rituale, che dobbiamo immaginare rivestisse importanza centrale tra le committenze più acculturate della capitale frigia. Del nostro ceramografo è possibile ipotizzare una origine locale, a giudicare dalle peculiari tecniche pittoriche adottate e anche dalla presenza dei singolari animali plastici sulla spalla (uno dei quali una lucertola?), di ispirazione siro-ittita o specificamente anatolica, che conoscono altre attestazioni, come quelle, sempre citate, da Boğazköy 50, e che sono decorati alla maniera propria dei vasi ornamentali frigi, anche plastici 51, mediante una sequenza di chevrons reticolati e scacchiere. Del tutto congruente è anche la decorazione a metope, con bordure a reticolo e croci di S. Andrea, che accompagnano il pannello figurato sulla spalla del dinos. Di grande rilievo nella ricerca di parentele anatoliche per il dinos - ma purtroppo in stato di estrema frammentarietà e quindi di difficile lettura - sarebbe, come segnalò giustamente K. Bittel già nel 1963 52, un frammento da Boğazköy 53 decorato con ciò che appare una phorminx. Ad esso in anni relativamente recenti è venuta ad aggiungersi un’altra importante testimonianza, pertinente a materiali dell’età del Ferro scoperti ancora a Boğazköy e pubblicati nel 2006 da H. Genz: si tratta del frammento della spalla (?) di un vaso con parte di una phorminx, a sette o otto corde, simile a quella gordiana e dipinta - si direbbe - da una mano dotata di cultura formale non lontana da quella dei pittori del Kerschner 2005a. Cfr. nota 27. 50 Bossert 2000, pp. 54, n. 302, 60-61 (con lett.), tavv. 33,111 e riferimento ad altri frammenti, dalla medesima località, pertinenti possibilmente a vasi con applicazioni plastiche dello stesso tipo. 51 Cfr., e.g., i ‘duck-askoi’ dal Tumulo P di Gordion: Bald Romano 1995, pp. 5-6, tav. 1. 52 Bittel 1963, p. 12. 53 Bittel - Güterbock 1935, tav. 18,10. 48 49 37 Fig. 3 - Ankara, Museum of Anatolian Civilizations. Frammento da Boğazköy (da Genz 2006b, Abb. 24.19). dinos di Gordion e del ‘basin’ di Pitane (Fig. 3) 54. Il ‘nuovo’, ulteriore tassello consente dunque di individuare una serie, numericamente modesta ma comunque significativa, di presenze iconografiche musicali, che vengono recepite, ed evidentemente sollecitate, da clientele selezionate sia al di qua che al di là dell’Halys. Per questo motivo, è forse il momento di dare uno sguardo ai contenuti della scena del dinos di Gordion. La sequenza di personaggi solenni con le braccia sollevate esprime evidenti contenuti rituali. La connotazione musicale è dichiarata dall’ultimo personaggio a destra, presso (o in atto di suonare?) una ‘phorminx/kitharis’55: lo strumento è dotato di una cassa dal profilo squadrato, due grandi bracci ricurvi, otto corde e un giogo lungo quanto la massima estensione dei bracci, sormontato da chiavi che, come già rilevato da G.K. Sams, si estendono con il loro alto numero oltre lo spazio delle corde 56. La cassa funge da base di appoggio per lo strumen54 Genz 2006a, in particolare pp. 142 e 144, fig. 7.1; Genz 2006b, pp. 121 e 149, fig. 24.19, qui con riferimento, per la presenza della lira, al dinos di Gordion e al frammento di Bayraklı. Sul ruolo di Boğazköy nell’età del Ferro, cfr. ora Kealhofer et alii 2009. Cfr. anche Genz 2011. 55 In generale, cfr. Wegner 1968, in particolare pp. 2-18; Franklin 2011. Sulla incerta linea di confine tra i due termini tecnici, cfr. in ogni caso Wegner 1968, p. 4. Per lo schema iconografico qui adottato nella figura accanto allo strumento (in atto di suonare? di incedere? di danzare?), cfr. anche nota 25. 56 Sams 1971, p. 577: «the lyre appears to have turning screws along the entire top of a long bar which extends beyond the area of the strings». Sulla struttura e l’uso degli strumenti a corda, con particolare riferimento alla lira, cfr., in anni recenti, anche Sarti 2010 e Del Papa 2010. Non chiara, nelle immagini disponibili, appare la terminazione inferiore delle corde, interessata da una frattura e da macchie superficiali di colore scuro. ti. Copia Autore. © Diritti riserva 38 Fernando Gilotta to, in analogia con quanto avviene, di nuovo, nel ‘basin’ di Pitane 57. L’altezza dello strumento è all’incirca pari a quella delle figure umane, e dunque enorme, e le sue imponenti proporzioni, come del resto quelle del volatile all’estrema destra dello spazio figurato, potrebbero essere attribuite a una volontà di enfatizzazione da parte del ceramografo e del suo committente: phorminx/kitharis e grandi uccelli appaiono insomma elementi essenziali e connotanti, a tal punto da costituire una sorta di targa - in, per così dire, ‘prolessi prospettica’ - delle reali movenze, se non dei contenuti, della cerimonia in atto. Si ha quasi l’impressione di trovarsi di fronte alla versione completa di un tipo di occasione rituale altrove espresso per sineddoche dal solo strumento, come nel caso del dinos e del ‘basin’ di Bayraklı e Pitane. Come sottolineato da specialisti della materia 58, il numero di corde delle phorminges (qui, lo ripetiamo, otto), poteva in qualche caso, soprattutto nelle rappresentazioni figurate di cronologia ‘alta’, non corrispondere con esattezza alla realtà di un tipo definito (o forse - meglio - noto), ed è per questo motivo che si preferisce oggi enfatizzare piuttosto il ruolo ideologico degli string instruments, con particolare attenzione ai contesti di pertinenza. E’ attraverso tale percorso di analisi che si è tentato di delineare una sorta di ‘koiné musicale degli strumenti a corda’ che si origina nell’età del Bronzo e si dipana senza sostanziali soluzioni di continuità fino all’alto arcaismo, ove un ruolo importante svolsero il mondo minoico-miceneo e i regni del Vicino Oriente, e in cui non mancarono di fare da importanti testimoni, e forse poi anche intermediari, proprio Frigia e Lidia, come del resto adombrano le tradizioni letterarie 59. In questo vivace crogiolo di esperienze musicali, si collocano non a caso alcuni documenti ancora riferibili all’età del Bronzo, come, e.g., un già citato frammento di cratere da Nauplia o una 57 Cfr. Maas-McIntosh Snyder 1989, p. 31, con riferimento ad altri esempi di tardo VIII e VII sec. a.C. 58 Cfr., e.g., Maas-McIntosh Snyder 1989, pp. 27-28; Lawergren 1993, p. 73. 59 Più recentemente, Pasalodos - Scardina 2015, in particolare p. 165; in questo senso, in parte, anche Berndt Ersöz 2006, pp. 167-169. Per quanto attiene al ruolo specifico della Frigia e della sua musica ‘cordofona’, cfr. da ultimo, con sintesi degli studi e delle testimonianze anche letterarie, Holzman 2016, passim. Per il versante ‘cipro-fenicio’, cfr. quanto osservato, e.g., da AlmagroGorbea 2001, in particolare pp. 245-246, 249-251. pisside di Chanià 60, che sembrano precorrere il dinos gordiano sia per l’imponenza dello strumento raffigurato, e in qualche misura anche la sua forma, che per il ruolo del personaggio stante posto accanto ad esso e per la presenza degli uccelli. A cerniera cronologica tra queste testimonianze del vecchio mondo e la nuova età del Ferro è venuto in anni recentissimi a collocarsi un altro importante documento figurato, il cratere da Sybrita, nella Creta centro-occidentale 61. Datato ancora entro il EPG, verrebbe ad essere, infatti, tra i più antichi esempi di composizione ‘narrativa’ di questa fase storica, peraltro da contesto non funerario, ma ‘residenziale’62, e, quel che più appare rilevante, anche in questo caso la scena, interpretata come una danza armata, sembra dipanarsi attorno a una grande phorminx, elemento figurativo e ideologico chiave per la lettura dell’intero ciclo di immagini del vaso. La tradizione della ‘riforma’ operata da Terpandro, che dovette portare alla lira a sette corde, si inserisce dunque in un ampio quadro di ‘continuità’ di pratiche comuni. Ad un esame più ravvicinato, l’impianto della scena del dinos sembra porsi complessivamente nel solco di una serie di documenti vascolari ellenici LG, di bottega soprattutto attica e argiva, con immagini processionali che, come si è già accennato, vedono protagonisti personaggi maschili e femminili danzanti o incedenti talora con braccia sollevate al suono di una phorminx. Molti gli studi (da S. Langdon 63 a 60 Cratere da Nauplia: Maas-McIntosh Snyder 1989, pp. 7 e 17 fig. 3a; Lawergren 1993, pp. 63, fig. 9E, e 64; Carter 1995, pp. 292293 (cfr. nota 12); Lenz 1995, p. 177; Younger 1998, pp. 70-71, cat. n. 35 e tav. 14,4; Brand 2000, pp. 31, 43-45, p. 182 Myk 4 (con specifico rinvio «an eine der grossen, mannshohen orientalischen Standleiern». Pisside da Chanià: Maas-McIntosh Snyder 1989, pp. 2 e 6 fig. 2b; Carter 1995, pp. 292-293; Lenz 1995, p. 100, tav. 26.2-3; Younger 1998, p. 70, cat. n. 33, tav. 4,1; Brand 2000, pp. 30-32 e p. 178, Min. 5; Li Castro-Scardina 2011, pp. 205-206, 208 fig. 9 (tutti con lett.). 61 D’Agata 2012, con discussione del ruolo chiave dell’isola nell’utilizzo di repertori figurati ‘narrativi’ in un’epoca ‘pre-urbana’ caratterizzata da cospicui fenomeni di sviluppo sociale. Le immagini del vaso di Sybrita sembrano tradire qualche assonanza anche con ceramiche cipriote. Sul ruolo importante, tra gli altri, proprio di Creta e Cipro nell’uso di un repertorio di immagini nell’età ‘di mezzo’, cfr. Coldstream 2006. Il vaso mi è stato segnalato da B. d’Agostino, che ringrazio. 62 Ricordo la provenienza «from the city mound» di Gordion del frammento edito in anni recenti da E. Simpson: cfr. nota 27. 63 Langdon 2008. Ancora d’obbligo, in ogni caso, il rimando a Tölle Kastenbein 1964. Cfr. anche le notazioni sull’argomento, in rapporto con le iconografie delle stele della Daunia, formulate da Rocco 2002. ti. Copia Autore. © Diritti riserva Frammenti di una cerimonia in musica a Gordion M. D’Acunto 64) che a questi materiali sono stati dedicati negli ultimi anni, anche ad opera di specialisti di problematiche musicali 65. E se l’accordo non appare completo sull’interpretazione di tutte le scene, generale in ogni caso è il riconoscimento dell’esistenza di definite cerimonie rituali che coinvolgono gruppi di personaggi dei due sessi di una ‘comunità’. La concentrazione di questo repertorio in un ambito cronologico ben definito parrebbe da leggere come un segno dell’affacciarsi alla storia delle prime comunità urbane e della loro organizzazione anche attraverso cerimonie collettive, al cui interno si sarebbero attuati, forse, anche esperimenti di lirica corale 66. A tale repertorio greco è legata anche la presenza degli uccelli 67, possibile allusione ad un milieu campestre e/o ad occasioni rituali, con eventuale riferimento ai molteplici legami tra musica, canto degli uccelli, composizioni poetiche e prerogative divine 68. Parrebbe dunque verosimile che la costruzione della scena musicale gordiana sia stata realizzata nel suo complesso seguendo proprio questi modelli ellenici, forse veicolati anche grazie agli speciali rapporti della capitale frigia con le città della Ionia del Nord e dell’Eolia. Ma a cavallo tra VIII e VII sec. a.C. il contesto di Gordion non è interamente sovrapponibile alla realtà ellenica, neppure quella greco-orientale, ed è per questo motivo che saremmo indotti a pensare, con qualche cautela, per il nostro dinos al prodotto di un artigiano cui erano personalmente note occasioni festivo-rituali del mondo greco - a loro volta, peraltro, ispirate a tradizioni, anche figurative, di matrice vicino-orientale, come da più parti ipotizzato 69 - e, al contempo, istanze celebrative e consuetudini musicali, da poter evocare forse anche in ambito 64 D’Acunto 2016, con ampia lett. e discussione. E.g. Wegner 1968; Maas-McIntosh Snyder 1989, pp. 9-11; Carter 1995, passim (tutti con lett.). 66 D’Acunto 2016, passim (con lett.), e in particolare pp. 225 ss. In generale, sul problema della ripresa in età geometrica di un’arte figurata narrativa, d’Agostino 2010-2011; Snodgrass 2008. 67 D’Acunto 2016, p. 232. 68 Cfr. i rimandi alle note 32-33. Cfr. inoltre Lenz 1995, pp. 96103. In generale, ThesCRA VIII (2012), Suppl. to vol. I-V, ‘Animaux et plantes dans la religion grecque’, pp. 385 ss. 69 Cfr. Langdon 2008, pp. 168-171 (con lett.); anche D’Acunto 2016, p. 225. 65 39 simposiaco 70 e/o funerario, più direttamente legate al milieu anatolico, in questo caso magari alla storia e alla personale ideologia del ricco guerriero titolare del Tumulo J 71. La recentissima pubblicazione, da parte di S. Holzman, di parti di carapace lavorate da contesti abitativi del ‘Northeast ridge’ di Gordion, non lontano dal tumulo J, viene ad accrescere, del resto, le prove dell’attenzione della clientela frigia per questo tipo di strumenti a corda, anche in ambiti potenzialmente connessi, come è stato osservato, al «weaving, dining and worship of Matar (Cybele) in a prosperous household» 72. Il rilievo culturale della Grecia dell’Est tra tardo VIII e VII sec. a.C., in anni recenti evidenziato fra gli altri da J. Latacz 73 e J. Franklin 74 per quanto riguarda il settore specifico della creatività poetica e musicale, ma anche, e.g., da M. Kerschner, con il riconoscimento nella regione di una pluralità di botteghe ceramografiche 75, appare rafforzato dalle possibili, parziali attaches ‘ionico-eoliche’ del documento qui in discussione, grazie al quale riusciamo a intravedere in maniera forse visivamente più concreta le forme di contatto tra mondo greco e anatolico cui si accennava dianzi. La discussa cronologia del vaso consiglia prudenza nel formulare ipotesi sul momento storico cui esso sia da riferire, e cioè se ci si trovi o no di fronte ad un contesto condizionato/‘controllato’ 70 O comunque ‘laico’: cfr. in questo senso la provenienza del frammento dal «city mound» di Gordion e del cratere da Sybrita (note 27, 61, 62). 71 In generale, cfr. Pasalodos-Scardina 2015, p. 165, con riferimento ai diversi, possibili contesti in cui si affermarono nell’epoca in questione rappresentazioni di suonatori di ‘lira’. Per una attribuzione del tumulo J a un guerriero, «possibly a mercenary (…) under Scythian influence», per via della tipologia delle armi in esso rinvenute, cfr. Kohler 1995, pp. 188, 213, 234. 72 Holzman 2016, pp. 557 ss. e passim. In questo senso, sarebbe interessante poter individuare il contesto originario del frammento con scena figurata rinvenuto nel «city mound» di Gordion: cfr. nota 27. Documento fondamentale, sebbene di epoca sicuramente recenziore, del collegamento tra il culto di Cibele e (anche) l’uso di questo tipo di strumenti a corda, è il celebre gruppo statuario da Boğazköy con la dea e due piccoli accoliti, impegnati rispettivamente nell’uso del flauto e di una kitharis (a sette corde): più recentemente, cfr. soprattutto Berndt Ersöz 2006, pp. 167-169 (con lett.). Una recente sintesi sulla presenza di carapaci pertinenti a lire in contesti tombali soprattutto di epoca arcaica, e soprattutto in ambito magno-greco, è in Bellia 2012, pp. 51-83 (con lett.). 73 Latacz 2007, pp. 681-700. 74 Franklin 2008. 75 Numerosissimi gli studi in questa direzione, oltre a quelli qui citati. In generale, cfr. anche Harl 2011, pp. 756-760. ti. Copia Autore. © Diritti riserva 40 Fernando Gilotta dalla presenza lidia. Al già noto quadro greco-lidio 76 fa correttamente riferimento J. Franklin nel ripercorrere i momenti più significativi dell’ampia koiné musicale di epoca orientalizzante, che si attua in contatto ravvicinato con il mondo assiro, come paiono testimoniare su versanti diversi fonti sia greche che vicino-orientali 77. È certo, però, che per buona parte del VII sec. a.C. la Frigia mostri segni archeologici di vitalità, indizio di una struttura sociale solida e caratterizzata 78, confermata anche dai frammenti di carapace rinvenuti in contesti abitativi, alcuni dei quali peraltro collocabili ancora entro i primi decenni del VII sec. a.C. Per tutti i motivi fin qui segnalati, il dinos gordiano può, dunque, ben essere considerato la sintesi di un quadro di cultura musicale e di riferimenti ideologici ove forti appaiono le tangenze, le sovrapposizioni, i segni di osmosi e di reciproche influenze tra Grecia propria, Ionia/Eolia, Lidia e Frigia (con il Vicino Oriente sullo sfondo, come si è visto) tra epoca tardo-geometrica e Orientalizzante. Ad esso fa quasi da pendant anellenico occidentale l’ormai celebre anfora etrusca di Würzburg pubblicata da M. Martelli 79. Il suono della phorminx che nel vaso di provenienza frigia accompagna un momento ‘corale’/processionale, nell’anfora ceretana sostiene, con le sue sette corde, una danza acrobatica, anch’essa verosimilmente con valenze rituali dai molteplici risvolti 80 e anch’essa non priva di qualche (parziale) riscontro nella ceramica tardo-geometrica greca. È di estremo interesse, come notato recentemente da E. Li Castro e P. Scardina 81, la no- 76 Cfr., e.g., la puntuale discussione sull’argomento di Burkert 1998. 77 Cfr. anche nota 65. 78 Cfr. più recentemente Berndt Ersöz 2012; inoltre Roller 2011, in particolare p. 564; Sams 2011, in particolare pp. 612-613. 79 Martelli 1988; Martelli 2001; Martelli 2008b, p. 127. 80 Valenze cui potrebbe forse far riferimento anche la presenza della maschera, per la quale a ragione M. Martelli (1988, pp. 291292) ha evocato il Gruppo a Maschera Umana (su questo, da ultimo: Bubenheimer-Erhart – Maras 2015-2016, ove se ne segnalano anche possibili attaches cipriote). Per la valenza rituale di ‘maschere’ (anche gorgoniche), in contesti santuariali, cfr., e.g., Langdon 2008, pp. 110-111. Parrebbe da escludere l’ipotesi (E Simon, in AA 1995, p. 485) che la protome ceretana volesse raffigurare una «Raubkatze» o comunque una testa di leone con possibili allusioni a una fonte. 81 Li Castro-Scardina 2011, pp. 203-204. tevole somiglianza dello strumento etrusco con quello, tetracorde però, raffigurato sulla celebre anfora ‘Hubbard’ di bottega cipriota, datata nell’ambito dell’VIII sec. a.C. 82: le phorminges sono infatti dotate entrambe di braccio/bracci non lineari, da leggere forse, secondo l’ipotesi di M. Wegner, come una specifica «akustische Vervollkommnung» 83. Il dato parrebbe confermare una volta di più, attraverso la dimensione geografica di tale corrispondenza, la sostanza solidamente tecnica, oltre che ideologica, della koiné cui si è fatto sin qui riferimento, una koiné che giunge a toccare, come sottolineato da M. Martelli, l’Occidente etrusco-italico nella sua città allora più ricca, Caere, predisposta, con i suoi stili di vita, ad una integrazione culturale di altissimo profilo. È forse a questa città o ad un’altra delle possibili ‘porte’ etrusco-meridionali marittime che attribuiremmo volentieri, quindi, la trasmissione di questo tipo di cerimonie, e delle immagini connesse, anche in località più appartate, come sembra testimoniare l‘eccezionale kantharos di impasto a decorazione excisa da Tuscania, ripubblicato e discusso nel 2014 da S. Bruni 84. Nel vaso di impasto, due personaggi fiancheggiano e sembrano reggere una grande phorminx esacorde, secondo movenze e con rapporti proporzionali che possono in parte ricordare il dinos gordiano; non diversamente dal dinos, del resto, anche il kantharos aveva precipue funzionalità simposiali e la datazione di questo esemplare in una fase ancora abbastanza antica dell’Orientalizzante appare perfettamente in linea con il rinnovato interesse greco-anatolico per questo tipo di intrattenimenti dalle forti valenze rituali, siano essi a carattere privato o comunitario. Aign 1963, pp. 63, 157, 319-320, 353-354; Wegner 1968, pp. 7-8; Karageorghis-Des Gagniers 1979, pp. 6-9; Paquette 1984, pp. 104-105, C1; Coldstream 2006, in particolare p. 160 (tutti con lett.); Karageorghis 2012, pp. 20-21, fig. 8. Una datazione più bassa, verso il terzo quarto dell’VIII sec. a.C. propone del vaso A. Demetriou 2000, p. 46, tav. 10, che vi riconosce accenti tipici del LG ateniese. 83 Wegner 1968, p. 8, in relazione all’anfora ‘Hubbard’: «..lässt sich vermuten, dass mit diesem Zickzack ein Tatbestand wiedergegeben werden soll, wie die Bogenlinie an der Innenseite der frühen Kithara des Olympia-Panzers oder das Strebewerk der archaischen und klassischen Kithara, welches keine willkürliche Verzierung ist, sondern störenden Schwebungen der Töne entgegenwirken soll. Es handelt sich also vermutlich um eine akustische Vervollkommnung des Instruments». 84 Bruni 2014, in particolare pp. 201-205. 82 ti. Copia Autore. © Diritti riserva Frammenti di una cerimonia in musica a Gordion 41 Abbreviazioni bibliografiche Aign 1963 = B.P. Aign, Die Geschichte der Musikinstrumente des ägäischen Raumes bis um 700 vor Christus, Frankfurt M. 1963. Akurgal 1955 = E. Akurgal, Phrygische Kunst, Ankara 1955. Almagro-Gorbea 2001 = M. 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