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Appunti su alcune presenze greche nella necropoli ceretana di Monte Abatone

2013, Bollettino d'Arte

MiniStero dei Beni e delle AttiVità CUltUrAli e del tUriSMo © Bollettino d’Arte Estratto dal Fascicolo N. 19–20 – luglio-dicembre 2013 (Serie VII) FernAndo GilottA AppUnti SU AlCUne preSenze GreChe nellA neCropoli CeretAnA di Monte ABAtone D e L uca e Ditori D ’a rte fernando gilotta appunti su alcune presenze grecHe nella necropoli ceretana di monte abatone il progetto ‘monte abatone’ fu avviato molti anni fa — ed è tuttora in corso sotto la direzione di marina martelli — con l’obiettivo di realizzare una edizione scientifica completa dei materiali di questa necropoli ceretana, recuperati tra gli anni ’50 e ’60 del secolo scorso grazie alle attività di prospezione della fondazione lerici. dopo una prima, preliminare, messa a punto dei dati topografico–cronologici e culturali d’insieme, presentata in occasione di un recente convegno orvietano,1) l’attività del gruppo di ricerca impegnato nel progetto è tornata a volgersi al completamento dello studio dei diversi lotti di corredi. oggetto di questa breve nota saranno, senza pretesa di sistematicità, riflessioni su alcune “presenze” greche di spicco all’interno di un ristretto numero di complessi della necropoli già in qualche misura sottoposti ad indagine ricognitiva. un posto di rilievo, per rarità tecnico–tipologica, spetta senz’altro ad un piccolo nucleo di flaconi, aryballoi o lekythoi, associati in corredi di vii secolo a.c. a prodotti di tipo protocorinzio e a impasti bruni e rossi. un aryballos di grandi dimensioni (oltre 14 centimetri di altezza) fu recuperato tra i materiali della tomba 3782) (figg. 1 a–b). la ricostruzione dei complessi originari pertinenti alla tomba è ovviamente problematica. accanto a un numero cospicuo, e quantitativamente maggioritario, di vasi dell’orientalizzante recente (buccheri, unguentari etrusco–corinzi, una kylix etrusco–corinzia con cani correnti), si raccolsero frammenti di una band–cup attica, forse ancora dei decenni centrali del vi secolo a.c., e un gruppo di materiali di datazione potenzialmente più alta: un aryballos ovoide etrusco di imitazione, collocabile tra secondo e terzo quarto del vii secolo a.c.,3) un calice carenato in impasto rosso,4) un kyathos miniaturistico in impasto bruno.5) a questi ultimi oggetti si sarebbe portati ad associare l’aryballos in esame, che sembra, in effetti, dipendere morfologicamente da autentici aryballoi globulari di tradizione epc, interamente verniciati di nero: si può qui ricordare l’esemplare dalla celebre tomba 168 di pithekoussai, definito dagli editori «protocorinzio antico originale».6) significative assonanze tettoniche e dimensionali si rintracciano nell’aryballos, di poco più piccolo e pure verniciato, dalla tomba 2 di casaletti di ceri, attribuito a fabbrica coloniale e datato da g. colonna verso il 680–670 a.c. (fig. 2).7) nell’esemplare di monte abatone si osserva, tuttavia, una vernice tendente al nero/blu piuttosto che al marrone/rossastro, mentre il corpo globulare è più espanso e sormontato da un collo più alto. i due aryballoi condividono una decorazione a sottili linee suddipinte color crema, che in quello ceretano sono presenti sul bocchello, all’attacco tra collo e spalla, nella parte alta del corpo e sull’ansa, qui disposte alle due estremità e a delimitare in basso un motivo a croce di sant’andrea suddipinto nel medesimo colore. affinità si riscontrano, infine, in un aryballos da suessula, per la cui attribuzione si è oscillato tra una ipotesi rodia ed un riferimento ad ambito coloniale:8) in questo caso la superficie verniciata risulta, nella descrizione di W. Johannowsky, di colore rossastro, prossima a quella dell’omologo di casaletti di ceri, ed è interrotta da una fascia “con ingubbiatura crema” subito al di sotto della spalla. 1 a– cerveteri, museo nazionale cerite c. ruspoli, depositi – aryballos, dalla tomba 378 della necropoli di monte abatone (scala 1:3) 1 b– restituzione grafica dello stesso in scala 1:3 (ansa esclusa) 0 10 cm (disegno di E. Foddai) 13 2 0 10 cm se, dunque, una complessiva ispirazione corinzia sembra innegabile per l’aryballos di monte abatone, i caratteri dell’argilla e le dimensioni trovano qualche riscontro in materiali riferiti a (o provenienti da) ambito coloniale, databili ancora entro la prima metà del vii secolo a.c. conferme in questa direzione geografica potrebbero guadagnarsi, d’altra parte, se si passasse a considerare la forma nella sua dilatazione dimensionale, anche a prescindere dal sistema decorativo: il pensiero va naturalmente ad alcune brocche/aryballoi dall’«oikos greco» del saggio s all’incoronata di metaponto, senz’altro più grandi e in genere decorate sul corpo con motivi lineari, ma tra le quali non mancano esemplari accostabili anche tettonicamente al vaso ceretano, a loro volta non privi di problematici riscontri insulari e greco–occidentali.9) un rimando a contesti coloniali è in teoria possibile, ad ogni modo, anche per l’uso decorativo del bianco suddipinto: l’accostamento è già stato in qualche modo proposto da m. a. rizzo in relazione ad una oinochoe dei decenni centrali del vii secolo a.c., pure verniciata di nero, dalla camera laterale sinistra della tomba 4 di monte abatone.10) Quanto al motivo a croce dipinto nella medesima tecnica sull’ansa dell’aryballos, non è difficile reperire confronti, tra gli altri, nelle ceramiche achee o di ‘’tipo acheo’’ diffuse nel peloponneso occidentale e settentrionale, sul lato nord del golfo di corinto e in numerosi centri greci e indigeni dell’italia meridionale anche nel corso del vii secolo a.c.11) l’obiettiva carenza di riferimenti certi mi induce a lasciare al momento aperto il problema della attribuzione e del percorso seguito da tali oggetti di ispirazione corinzia per raggiungere la metropoli etrusca: accanto al più ovvio, per contiguità geografica e collaudati canali di scambio, tragitto tirrenico, non mi sentirei di escluderne a priori uno dal versante ionico della penisola.12) e aperto resta, in ogni caso, anche il problema della datazione puntuale del pezzo, che, a prescindere dalle diverse combinazioni associative proponibili per i materiali della tomba, si direbbe per la sua caratteristica tettonica databile verso i primi decenni, in ogni caso non oltre la prima metà, del vii secolo a.c. 14 – cerveteri, museo nazionale cerite – aryballoi a confronto: dalla tomba 2 di casaletti di ceri (a sinistra) e dalla tomba 378 della necropoli di monte abatone (a destra) (scala 1:3) argilla più chiara e vernice nero–bruna opaca, meno coprente, tendente a squamarsi, caratterizzano la ‘‘brocchetta’’ (lekythos?, alta oltre 18 centimetri) rinvenuta in una tomba, la 379 (figg. 3 a–b), del medesimo tipo della precedente.13) la maggior parte dei materiali recuperati all’interno, buccheri e unguentari corinzi ed etrusco–corinzi, appartiene all’orientalizzante recente; fanno eccezione una raffinata coppa carenata su alto piede in impasto bruno, riferibile a un orizzonte cronologico vicino a quello della tomba della capanna,14) e una lekythos conica a decorazione sub–geometrica epc o al più inizi mpc, cui si sarebbe tentati di associare, forse, anche la brocchetta in esame. se così fosse, il piccolo gruppo di vasi, notevole per la sua varietà tecnico–tipologica e anche cromatica, potrebbe essere collocato entro i primi decenni del vii secolo a.c. al suo interno è meritevole di segnalazione l’oinochoe conica, assai rara in etruria, a differenza che in ambito coloniale, e nota a cerveteri da pochissimi altri esemplari: ricordo quello dalla camera laterale destra del tumulo di montetosto, opportunamente accostato da m. a. rizzo a esemplari di provenienza cumana;15) e quello, vicino al protome bird painter, dalla tomba 608 laghetto.16) decisamente più inconsueta è la ‘‘brocchetta’’. i caratteri tecnici, le dimensioni e la fascia risparmiata con linee parallele che ne decora la spalla possono ricordare produzioni achee o di tipo acheo e coloniali rinvenute in italia meridionale: prescindendo dai kantharoi, attestati in quantità rilevanti a francavilla marittima e in altri centri di sicilia e italia meridionale,17) il rimando è, di nuovo, a forme chiuse, brocchette, lekythoi o, se si vuole, grossi aryballoi, segnalati tra francavilla marittima e incoronata,18) con qualche possibilità di confronti, su suolo greco, e.g., nelle produzioni di ano mazaraki e in quelle presenti a volimedia, in messenia, di orizzonte sicuramente ancora lg.19) nel complesso, dunque, sembrerebbe non potersi escludere per la brocchetta dalla tomba 379 una collocazione cronologica alta e un quadro di riferimento greco–occidentale o, più verosimilmente, greco–coloniale. cerveteri, museo nazionale cerite, depositi – broccHette dalla necropoli di monte abatone (scala 1:3): 3 3 a – dalla tomba 379 b – restituzione grafica della stessa (disegno di E. Foddai) 4 4 a – dalla tomba 391 b – restituzione grafica 0 10 cm della stessa (disegno di V. Carafa) 0 terza stazione di questo (al momento ipotetico) percorso tra cerveteri e la vicina frontiera ellenica è la ‘‘brocchetta’’ rinvenuta nella tomba 39120) (figg. 4 a–b). l’argilla, più rosata rispetto all’esemplare precedente, e la vernice, nero–bluastra piuttosto che nero–bruna, con sottili linee suddipinte in bianco,21) ricordano l’aryballos dalla tomba 378, ma scala dimensionale e morfologia complessiva, seppure con spalla più ampia e espansione assai maggiore della parte centrale del corpo, si collocano non lontano dalla ‘cugina’ della tomba 379. i materiali del corredo — una oinochoe italo–geometrica22) e uno skyphos di tipo protocorinzio ‘‘a sigma’’,23) calici e piatti in impasto rosso — sembrerebbero corroborare, con una datazione non oltre il secondo quarto del vii secolo a.c., le cronologie proposte dianzi per gli altri pezzi. associazioni singolarmente affini e una cronologia di conseguenza analoga si segnalano per la brocchetta, sempre verniciata di nero, dalla tomba 65,1 di 10 cm macchia della turchina a tarquinia,24) connotata stavolta da una argilla di colore arancione carico e da vernice nero–bruna; fortunatamente integri risultano il collo, percorso in basso da un collarino, ed il bocchello, circolare, mentre la spalla risulta meno sfuggente che negli esemplari dalle tombe 379 e 391. le analogie con corredi di area ceretano–veiente, giustamente evidenziate per il complesso tarquiniese da s. bruni,25) si estendono quindi fino all’inclusione della esotica (se non altro per la sua rarità) brocchetta in un servizio di impasti, ceramiche italo–geometriche e di tipo protocorinzio. infine, una brocchetta, stavolta a bocca sicuramente trilobata, rinvenuta in un altro importante complesso ceretano, il cosiddetto ‘tumuletto iiibis a sinistra della via sepolcrale’, edito da m. a. rizzo e datato entro il secondo quarto del vii secolo a.c.:26) affinità con i reperti sin qui illustrati denotano i caratteri dell’argilla, il corpo globulare interamente verniciato, la deco- 15 cerveteri, museo nazionale cerite, depositi 5 a– oinocHoe corinzia frammentaria, dalla tomba 36 della necropoli di monte abatone 5 b– restituzione grafica della stessa in scala 1:3 (disegno di E. Foddai) 0 5b 10 cm razione a sottili linee in bianco. la tettonica, qui percepibile per intero grazie alla integrità del pezzo, riecheggia (di nuovo) forme note a partire dal lg ellenico in una molteplicità di versioni, con agganci morfologici in questo caso significativi, e.g., fra materiali da palaiomanina (tra etolia e acarnania).27) i piccoli vasi dalle tombe 378, 379 e 391 di monte abatone, inconsueti nella forma e non omogenei nei caratteri fisici, ma non privi di qualche attache ceretano–tarquiniese, appaiono, benché banalmente verniciati di nero, parte di corredi di una certa rilevanza e si aggiungono ad altre classi di materiali ceretani di possibile origine greco–coloniale/occidentale, discusse a più riprese da r. dik e m. a. rizzo,28) tra le quali si annoverano senz’altro almeno oinochoai e aryballoi di tipo protocorinzio. un’ulteriore (piccola) tessera sembra in tal modo potersi inserire nel già articolato quadro dei canali di scambio attivi a caere tra orientalizzante antico e medio, cui dobbiamo in definitiva, come dimostrato da m. martelli, le frequenti suggestioni di marca ‘‘egea’’ riscontrabili nelle produzioni di artigianato maggiore della città etrusca, che conosce in quest’epoca una fase di eccezionale fioritura economica e culturale.29) per quanto attiene alle ceramiche di corinto, nella prima metà del vii secolo a.c., come nelle attese, la presenza di esemplari originali o di imitazione appare significativa, anche all’interno, come si è visto, dei corredi qui brevemente passati in rassegna,30) restando peraltro cospicua in epoca immediatamente successiva, vale a dire tra lpc e tr e poi, sia pure a fasi alterne, ancora nelle fasi ec–lc: trova così conferma un orientamento già chiaramente deducibile dalle 16 6 – cerveteri, museo nazionale cerite, depositi alabastron corinzio, dalla tomba 184 della necropoli di monte abatone edizioni dei vecchi scavi e dalle ricerche più recenti di m. cristofani, m. martelli, m. a. rizzo e di altri studiosi, anche in relazione alla necropoli di monte abatone,31) a monte abatone, come in altre aree necropoliche ceretane, l’olpe e l’oinochoe trilobata lpc e poi tr, di cui qui si mostra un esemplare frammentario (figg. 5 a–b) dalla tomba 36, appaiono, soprattutto con le produzioni del pittore del vaticano 73 e gruppi contigui,32) e insieme con le oinochoai in tecnica ‘‘black–polychrome’’ all’incirca coeve o anche leggermente più tarde,33) tratti ricorrenti in tombe a più deposizioni decisamente di spicco: in questi complessi, benché sia arduo verificare in maniera – restituzione grafica in scala 1:3 dell’aryballos corinzio dalla tomba 136 della necropoli di monte abatone, conservato nei depositi del museo nazionale cerite 7 (disegno di V. Carafa) 8 0 7 10 cm puntuale le associazioni, si segnalano infatti anche anfore da trasporto greche, anfore etrusche dei gruppi bird e Horizontal–s–loops di dik,34) e prestigiosi set di vasi di importazione, di nuovo corinzi e anche greco–orientali, o locali.35) nei decenni successivi è da sottolineare in primo luogo la rilevanza numerica, secondo tendenze già note e non limitate alla sola cerveteri,36) degli unguentari, nelle loro diverse articolazioni tipologiche e con alcuni dei più significativi gruppi stilistici. nella fase ec, in particolare, tra i pezzi di qualità più alta si segnalano alabastra come quello dalla tomba 18437) (fig. 6), di dimensioni medie,38) con una raffinata composizione di sfingi contrapposte ai lati di un trofeo vegetale a doppio fiore di loto,39) non privo di legami con alcune produzioni ancora tr, quali quelle del griffin group o dello sphinx painter40) (griffin painter e double–bodied sphinx painter). molto fine appare anche l’aryballos globulare dalla tomba 136 (fig. 7), di un tipo cui sono riconducibili numerosi altri esemplari, rinvenuti tanto in italia meridionale e sicilia che in etruria.41) l’esemplare di monte abatone è caratterizzato da una superficie chiara e uniformemente levigata, e il motivo decorativo fitomorfo occupa buona parte dello spazio disponibile, non disturbata peraltro da ulteriori riempitivi; tipici del gruppo sono anche le profilature nere dell’ansa e il motivo a girandola che occupa il fondo. la datazione, che dovrebbe complessivamente collocarsi tra ec e mc, non è esclusa dalle potenziali associazioni di corredo, che annoverano un pithos in impasto rosso, frammenti di un’olpe ad archetti intrecciati e buccheri, tra cui kantharoi di forma rasmussen 3e e frammenti di calici tetrapodi.42) analogo per la politezza della superficie e la relativa sobrietà dei riempitivi, ma dotato di forma asimmetrica, senz’altro meno accurata, è l’aryballos globulare dalla tomba 21643) (fig. 8), i cui residui di corredo non risultano purtroppo diagnostici. decorato da una maschera bovina frontale affiancata da rosette a macchia graffite, l’unguentario appare sicuramente attribuibile alla stessa mano che ha prodotto un alabastron dal santuario della malophoros a selinunte44) ed uno da egina,45) è da riferire al fol painter, artigiano rico- – cerveteri, museo nazionale cerite depositi – aryballos corinzio 0 dalla tomba 216 della necropoli di monte abatone (scala 1:3) 0 5 cm 5 cm 9 – restituzione grafica in scala 1:3 dell’alabastron corinzio dalla tomba 379 della necropoli di monte abatone, conservato nei depositi del museo nazionale cerite (disegno di E. Foddai) 10 – cerveteri, museo nazionale cerite, depositi – alabastron corinzio, dalla tomba 430 della necropoli di monte abatone (scala 1:3) 0 5 cm nosciuto da c.W. neeft e attivo ancora tra ec e inizi mc, nella bottega del dolphin painter.46) ugualmente rappresentate sono le serie, già note a cerveteri, di alabastra ec con leoni affrontati,47) come quello dalla tomba 37948) (fig. 9), potenzialmente affiancato nel corredo da un secondo (grande) alabastron con padded dancers49) e da un ampio set di aryballoi e alabastra etrusco–corinzi; o anche di alabastra con pantere e piccolo animale al centro, come quello dalla tomba 43050) (fig. 10), ispirato ad esperienze ancora tr51) e non distante cronologicamente dai prodotti ec della bottega del pittore di candia 7789.52) in un segmento produttivo differente si collocano gli aryballoi globulari del Warrior group53) e dei «padded dancers specialists», come un esemplare nuova- 17 0 5 11 cm restituzioni graficHe in scala 1:3 degli aryballoi corinzi conservati nei depositi del museo nazionale cerite: 11 – dalla tomba 184 della necropoli di monte abatone (disegno di V. Carafa) 12 – dalla tomba 379 della necropoli di monte abatone (disegno di E. Foddai) 0 10 cm mente dalla tomba 18454) (fig. 11), accostabile al de young painter («flap group 2»);55) col medesimo soggetto sono presenti anche grandi alabastra, all’incirca coevi: quello dalla tomba 37956) (fig. 12) vedremmo vicino, per tettonica, scala dimensionale, numero e tipologia dei fregi figurati all’altenburg painter — artigiano i cui prodotti sono già segnalati in etruria — benché le scarse tracce ancora leggibili di pittura indichino una mano alquanto più corsiva.57) nell’accordare favore a prodotti di tipologia affine o di botteghe specifiche come quelli appena menzionati, la committenza ceretana di monte abatone non si discosta troppo dalle coeve clientele di grecia, magna grecia e di area etrusco–italica,58) sebbene l’evidenza appaia in questo caso spesso appannata o definitivamente compromessa dai saccheggi degli scavatori clandestini, che hanno distrutto l’integrità dei corredi. 18 accanto agli unguentari, che annoverano anche piccoli alabastra e aryballoi globulari ec di tipo b2 con decorazione a puntini,59) non mancano in quantità minori nella cerveteri dei decenni ec e soprattutto mc–lc forme di funzionalità e scala dimensionale diverse, come le oinochoai, le olpai, le piccole neck–amphorae a collo espanso, anche le kylikes;60) tra mc e lc, la presenza corinzia continua nel complesso ad essere significativa: giungono pezzi di morfologie non comuni o di intrinseco prestigio, con attenzione particolare per i vasi ‘‘da tavola’’ figurati, riferibili ai principali gruppi attivi nel settore, come nel caso della panel–amphora dalla tomba 32661) (figg. 13 a–b) , prossima al lc andromeda group.62) assai più insolita, invece, è una seconda panel–amphora, con decorazione animalistica e floreale, dalla tomba 9363) (figg. 14 a–c), potenzialmente associabile ad un aryballos globulare e a un cratere a vernice nera, entrambi di bottega laconica, e a un set di vasi di bucchero, che potrebbero confermarne una datazione tra mc e lc i.64) in questo caso, confronti si segnalano a taranto, ove tipi dal corpo meno espanso, con pannello tra spalla e parte superiore del corpo appaiono dotati di analoghi trofei vegetali.65) più rilevanti le analogie morfologico–decorative con due esemplari, oggi a montpellier e edimburgo,66) entrambi decorati con soggetti animalistici nel pannello, che si sviluppa, proprio come nell’esemplare ceretano, tra collo e spalla. la concezione tettonica complessiva di questo piccolo gruppo di vasi sembrerebbe echeggiare modelli attici;67) e proprio sul mercato ceretano si segnalano alcuni potenziali (seppur parziali) Vorbilder del Kerameikos ateniese, rare anfore a figure nere di datazione assai alta, attribuibili a personalità di primissimo piano,68) destinate forse a condizionare alcuni decenni dopo anche produzioni figurate etrusche.69) il numero di amphoriskoi appare ormai a cerveteri, e non soltanto a monte abatone, assai più alto di quanto non si credesse un tempo,70) secondo tendenze che si avvicinano, seppure in tono certo minore, a quelle riscontrabili sui mercati di italia meridionale e sicilia. l’esemplare dalla tomba 14871) qui illustrato (figg. 15 a–b) reca al centro del corpo il gruppo pantera–capro, il più classico dei motivi animalistici in uso nella ceramica corinzia dell’epoca, assai comune anche nel repertorio dei decoratori di questa specifica forma. lo stile appare peculiare nella sua corsività, per il rendimento del muso degli animali e per il corpo compresso in lunghezza della pantera; morfologia, riempitivi e strutturazione del sistema decorativo potrebbero suggerire una collocazione mc tra la bottega del pitto- 0 10 cm 14a cerveteri, museo nazionale cerite, depositi anfore corinzie in scala 1:4: 13a 13 a–b – dalla tomba 326 della necropoli di monte abatone e particolare della decorazione della stessa 14 a–b – dalla tomba 93 della necropoli di monte abatone e restituzione grafica della stessa (disegno di V. Carafa) 0 13b 10 cm 0 14b 10 cm 19 0 10 cm 0 15 a–b – 10 cm restituzione grafica in scala 1:3 dell’ampHoriskos corinzio dalla tomba 148 della necropoli di monte abatone, conservato a cerveteri nei depositi del museo nazionale cerite (disegni di E. Foddai) 14 c – restituzione grafica in scala 1:4 della decorazione dell’anfora corinzia dalla tomba 93 della necropoli di monte abatone (lati a–b) (disegni di V. Carafa, E. Foddai) re di ampersand e il pittore degli amphoriskoi di palermo,72) già probabilmente presente a cerveteri.73) tra gli ambienti fuori d’etruria che più si prestano, per la buona disponibilità di testimonianze edite, ad un confronto con le evidenze ceretane di fase mc–lc, va annoverata taranto, nonostante che le ovvie diversità di dislocazione geografica, strutturazione economica e anche etnico–ideologica circoscrivano la validità di qualsiasi accostamento.74) analogie sembrano manifestarsi, infatti, nella presenza non soltanto di vasi ‘‘da tavola’’, comprendenti, come si è appena visto, anche panel–amphorae di tipologia rara;75) ma anche di un buon numero di amphoriskoi corinzi, di aryballoi globulari laconici, questi ultimi — secondo alcune ipotesi — forse in parte veicolati in direzione dell’area medio–tirrenica proprio dalla colonia spartana, attraverso traffici redistributivi a carattere ‘‘specializzato’’ (coudin)76) o, più in generale, all’interno del percorso commerciale marittimo che vede le città dello ionio tappe intermedie degli itinerari commerciali diretti verso il mondo tirrenico (giudice).77) tra i prodotti delle botteghe di corinto, presenze significative appaiono anche quelle dei long–alabastra,78) dei quali già molti decenni fa d.a. amyx, in contrasto con quanto sostenuto da H. payne, rilevò una discreta diffusione, oggi confermata da evidenze tanto coloniali che etrusche. l’esemplare dalla tomba 13479) (fig. 16) è in pessimo stato di conservazione, ma appare sicuramente decorato con creature ad ali spiegate che sembrerebbero confermarne una datazione in epoca mc, analoga a quella della maggior parte degli esemplari al momento noti. il tessuto di presenze corinzie appare, anche dai pochi capisaldi qui presi in esame, sufficientemente diversificato. caratteristica è la presenza di uno o due unguentari ec che fanno da ‘‘capofila’’, nelle rare 20 associazioni potenziali, ad altri, più numerosi, vasi del medesimo tipo, ma in bucchero o (soprattutto) prodotti in botteghe etrusco–corinzie,80) come nel caso, relativamente sicuro, della tomba 379 e (forse) in quello della tomba 184. un dato del genere ha catalizzato in anni recenti l’attenzione di più studiosi e ad 0 16 – 10 cm restituzione grafica in scala 1:3 dell’alabastron corinzio dalla tomba 134 della necropoli di monte abatone, conservato nei depositi del museo nazionale cerite (disegni di V. Carafa) esso sono stati dedicati mostre e convegni. il numero notevolissimo (inferiore solo a quello dei buccheri) dei vasi per profumi di produzione etrusca che si accompagnano a loro omologhi di importazione corinzia (e in parte anche greco–orientale) sembra costituire, nella ostentazione funeraria così radicata dei corredi ceretani di epoca (anche) arcaica, non tanto (o forse non solo) una mera vetrina del repertorio di unguenti posseduti e adoperati in vita dal titolare del corredo, quanto un segno di cerimonie per il defunto, da intendersi come offerte,81) secondo alcune recenti ipotesi, o forse anche come veri e propri riti compiuti sul cadavere:82) un momento altro e complementare, dunque, a quello cui darebbe volto il classico set da banchetto. a quest’ultimo si riferisce invece con certezza un altro tipo vascolare corinzio, la panel–amphora, che pare, almeno in un caso, abbinarsi ad altri grandi vasi da tavola ugualmente di importazione, come il cratere laconico,83) molto amato a cerveteri nel corso della prima metà del vi secolo a.c., secondo quei meccanismi di assortimento ‘‘internazionale’’ già evidenziati per set funerari eminenti come quello della tomba 170 bufolareccia.84) se davvero fosse possibile riconoscere questi due momenti nella complessa procedura commemorativa, in qualche misura differenziati, anche se apparentemente indistinti nella realtà della tomba a camera ipogea, giunta a noi spesso compromessa nella ratio spaziale e nella consistenza degli oggetti di corredo,85) si tratterebbe di qualcosa di omologabile a quanto noto nel mondo greco e coloniale e in quello italico, ove il defunto può talora essere immaginato ‘‘protagonista’’ e a un tempo ‘‘destinatario’’ del rito funebre, attraverso la deposizione di oggetti accanto alla salma o anche in un’area distinta e/o esterna a quella della vera e propria tomba.86) un numero così esiguo di corredi a monte abatone non consente naturalmente di proporre bilanci di alcun tipo. ciò che si evince con relativa sicurezza è, però, come si è visto, una complessiva conferma di alcune tendenze già note, una buona presenza, tra gli unguentari di fase tr–ec, anche di prodotti di «padded dancers specialists», ed il ruolo centrale svolto dai vasi ‘‘da tavola’’ mc–lc, anche red–ground, spesso in posizione eminente all’interno di ricchi set da banchetto. resta il profilo di una committenza sempre aperta ai mercati ellenici e, pur se in piena espansione di stampo urbano, dominata da attitudini ostentatorie, per così dire laico/rituali, davvero spiccate, ‘‘multicolori’’ nella varietà di forme e superfici decorate, e per questo in sintonia solo parziale con quanto si registra nei maggiori distretti magno–greci di area tirrenica e anche ionica.87) Ringrazio vivamente la dott.ssa Alfonsina Russo, Soprintendente Archeologo per l’Etruria Meridionale, e la dott.ssa Rita Cosentino, funzionario archeologo responsabile dell’area ceretana, per il costante e paziente sostegno accordato negli anni a tutto il gruppo di ricerca di Monte Abatone. Ringrazio anche i proff. Bruno D’Agostino, Marina Martelli, Paola Pelagatti, Maria Antonietta Rizzo, la dott.ssa Luigina Tomay, e gli amici Alessandra Coen, Marina Micozzi, Orazio Paoletti per i preziosi suggerimenti. Le foto sono di Valentina Carafa; i disegni di Valentina Carafa, Elena Foddai, Ferdinando Sciacca. Un grazie particolare alla dott.ssa Lucilla de Lachenal, per la sua (consueta) amichevole disponibilità ad accogliere il lavoro e la competente rilettura del testo. L’impossibilità di distinguere con certezza le diverse deposizioni all’interno delle tombe a camera, fenomeno consueto nella realtà archeologica ceretana, mi ha indotto ad usare nel testo i termini ‘potenziale’ e ‘potenzialmente’ per qualsiasi proposta di associazione di materiali. abbreviazioni particolari Dea di Sibari i.1–2 = f. van der Wielen van ommeren, l. de lacHenal (a cura di), La dea di Sibari e il santuario ritrovato. Studi sui rinvenimenti dal Timpone Motta di Francavilla Marittima, in BdA, volumi speciali, 2007–2008. Formazione 1980 = La formazione della città nel Lazio, DialA, n.s. 2. Incoronata 3 = Ricerche archeologiche all’Incoronata di Metaponto 3. L’oikos greco del saggio S. Lo scavo e i reperti, milano 1995. Milano 1986 = Gi Etruschi di Cerveteri, catalogo della mostra di milano, modena. Osa 1992 = La necropoli laziale di Osteria dell’Osa, a.m. bietti sestieri (a cura di), roma. Perachora ii = Perachora ii. The Sanctuaries of Hera Akraia and Limenia: Excavations of the British School of Archaeology at Athens 1930–1933, a cura di t. J. dunbabin, oxford 1962. Taranto I.3 = Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto i.3, taranto 1997. 1) a. coen, f. gilotta, m. micozzi, Comunità e committenza: studi preliminari sulla necropoli ceretana di Monte Abatone, in Artisti, committenti e fruitori in Etruria tra VIII e V sec. a.C., XXi convegno internazionale di studi sulla storia e l’archeologia dell’etruria (orvieto, 2013), in corso di stampa. a questa relazione si rimanda anche per l’ampia bibliografia di dettaglio sulla necropoli e per la pianta della medesima, prodotta dalla fondazione lerici e già pubblicata a più riprese: cfr., e.g., Milano 1986, pp. 14 e 15; a. coen, Complessi tombali di Cerveteri con urne cinerarie tardo–orientalizzanti, firenze 1991, p. 45, fig. 12. 2) a camera unica, con pianta quadrangolare. l’argilla del vaso, rosa–arancio, ha caratteristiche vicine a munsell 7.5 yr 7/4. 3) cfr., e.g., Milano 1986, p. 79, n. 86, monte abatone tomba 90, pp. 111 e 120; più recentemente, s. neri, Il tor- nio e il pennello. Ceramica depurata di tradizione geometrica di epoca orientalizzante in Etruria meridionale (Veio, Cerveteri, Tarquinia e Vulci), roma 2010, pp. 26 e 27, tipo 2b, tav. 1, ove a ragione se ne propone un parziale accostamento genetico anche ai tipi “conici”, essenzialmente per via della spalla compressa. cfr. anche, in parte, gli aryballoi 21 ovoidi della list lXiv di c. W. neeft (Protocorinthian Subgeometric Aryballoi, amsterdam 1987, p. 146 e ss., con datazione a p. 333). 4) cfr. s. ten kortenaar, Il colore e la materia: tra tradizione e innovazione nella produzione dell’impasto rosso nell’Italia medio–tirrenica (Cerveteri, Veio e il Latium Vetus), roma 2011, pp. 130 e 131, tipo 260c1, tav. 34, con bibl. e datazione all’orientalizzante medio, ma con possibili attardamenti. 5) e.g., Milano 1986, p. 90. per il lazio, Formazione 1980, p. 180, tav. 38, 17; Osa 1992, pp. 279 e 280, tav. 22, tipo 20y. cfr. anche a. de santis, Alcune considerazioni sul territorio veiente in età orientalizzante e arcaica, in Le necropoli arcaiche di Veio, a cura di g. bartoloni, roma 1997, p. 112; g. benedettini, Le produzioni ceramiche medio–italiche di età orientalizzante, in Il Museo delle Antichità Etrusche e Italiche 2. Dall’incontro con il mondo greco alla romanizzazione, roma 2007, p. 53, cat. n. 17; g. bartoloni, m. taloni, Ruoli femminili nell’Orientalizzante laziale, in Il Lazio dai Colli Albani ai Monti Lepini tra preistoria ed età moderna, a cura di l. drago, roma 2009, pp. 299 e ss., 306; m. taloni, Le tombe da Riserva del Truglio al Museo Pigorini di Roma, roma 2013, p. 165 e ss. (tutti con bibl.). 6) g. bucHner, d. ridgWay, Pithekoussai i. La necropoli, in MonAnt, serie monografica 4, 1993, p. 221, n. 16, tav. 72, con larga fascia centrale risparmiata percorsa da tre brevi linee parallele. anche il piede è affine a quello dell’esemplare ceretano, seppure leggermente più concavo; l’altezza, però (circa cm 7,5) può essere considerata ‘‘canonica’’. sugli aryballoi globulari di fabbrica ‘coloniale’, forse in parte prodotti anche in loco dagli stessi ceramisti corinzi, cfr. più recentemente d. ridgWay, Riflessioni su Tarquinia. Demarato e l’‘ellenizzazione dei barbari’, in Tarquinia e le civiltà del Mediterraneo, atti del convegno internazionale (milano 2004), a cura di m. bongHi Jovino, milano 2006, p. 34 (con rinvio alle ricerche di neeft, op. cit. in nota 3); H. tHomasen, A Reinterpretation of the Early Protocorinthian Globular Aryballos, in ActaHyp, 13, 2013, p. 25 e ss.; in relazione alla isolata attestazione bolognese, m. martelli, Un aryballos cumano–pithecusano da Bologna, in StUrbin, 55, 1981–1982, pp. 73–78 e, da ultimo, cenno in f. mermati, Cuma: le ceramiche arcaiche. La produzione pithecusano–cumana tra la metà dell’VIII e l’inizio del VI sec. a.C., napoli 2012, p. 167. 7) g. colonna, Rivista di Epigrafia Etrusca, in StEtr, 36, 1968, pp. 268–271, fig. 3,5. sulla tomba, costantemente citata nella letteratura, cfr. almeno m. martelli, La ceramica greco–orientale in Etruria, in Les céramiques de la Grèce de l’Est et leur diffusion en Occident, atti del convegno (napoli 1976), paris–napoli 1978, p. 153; r. dik, Un’anfora orientalizzante etrusca nel Museo Allard Pierson, in BABesch, 56, 1981, p. 50; m. a. rizzo, Alcune importazioni fenicie da Cerveteri, in Atti del Secondo Congresso Internazionale di Studi Fenici e Punici (roma 1987), roma 1991, p. 1179; s. bruni, Prima di Demarato. Nuovi dati sulla pre- senza di ceramiche greche e di tipo greco a Tarquinia durante la prima età orientalizzante, in La presenza etrusca nella Campania meridionale, atti delle giornate di studio (saler- no–pontecagnano, 1990), firenze 1994, pp. 323 e 324. 8) W. JoHannoWsky, Materiali di età arcaica dalla Campania, napoli 1983, p. 256, n. 15, tav. 60c (l’altezza in questo caso è di cm 11): bruni, op. cit. in nota 7, pp. 323–324, 22 con discussione delle due opzioni, quella ‘‘rodio–cretese’’ e quella coloniale. per la tettonica complessiva, cfr., ad ogni modo, anche l’esemplare, sicuramente coloniale, decorato con serpente sulla spalla e scacchiera sul corpo, da cuma: e. gabrici, Cuma, in MonAnt, XXii, 1913, col. 280, tav. 49,2: f. g. lo porto, Vasi cretesi e pseudo cretesi in Italia, in Antichità cretesi. Studi in onore di Doro Levi, ii, catania 1974, pp. 175, fig. 2c, e 177; mermati, op. cit. in nota 6, p. 177 (con riferimento anche alle attribuzioni di c. W. neeft). per i numerosi esemplari di aryballoi globulari in ‘’bucchero’’ grigio o nero da creta, cfr., e.g., J. k. brock, Fortetsa, cambridge 1957, tavv. 72 n. 983, 96 n. 1323 e 100 n. 1247 (tutti delle dimensioni di un reale aryballos). frequenti sono anche le attestazioni, a creta, di aryballoi, ‘’jug–aryballoi’’ o vere e proprie oinochoai e brocche, di ispirazione corinzia o di impronta locale, dal corpo globulare, decorati in vario modo, e riferiti alle locali fasi lg/eo–lo (e.g. e. moignard, in Knossos North Cemetery. Early Greek Tombs, a cura di J. n. coldstream, H. W. catling, london 1996, tav. 116, tomba 63.4, p. 356; tav. 150, tomba 107.42, p. 443: aryballos; o anche, dalla stessa tomba, tav. 150, n. 61, p. 434: oinochoe a bocca trilobata; tav. 119, tomba 75.18, p. 438: brocca). 9) Incoronata 3, pp. 61, n. 25, 64 e 65: il vaso è definito «brocca globulare» (h. cm. 21). per i caratteri di argilla e vernice di queste produzioni, cfr. ibidem, p. 59. per attestazioni cretesi di forme affini, cfr. nota precedente. 10) m. a. rizzo, Una kotyle del Pittore di Bellerofonte di Egina ed altre importazioni greche ed orientali dalla Tomba 4 di Monte Abatone a Cerveteri, in BdA, 140, 2007, p. 38, ove, non a caso, si evoca nuovamente la possibilità di qualche riscontro anche insulare. per questo aspetto tecnico nelle produzioni cretesi, cfr. la bibl. cit. in nota 8. 11) cfr. l. tomay, Ceramiche di tradizione achea della Sibaritide, in Gli Achei e l’identità etnica degli Achei d’Occidente, atti del convegno internazionale di studi (paestum, 2001), a cura di e. greco, paestum–atene 2002, p. 331 e ss., passim, con riferimento anche a J. k. papadopoulos, Magna Achaea. Akhaian Late Geometric and Archaic Pottery in South Italy and Sicily, Hesp, 70, 2001, p. 373 e ss.; a. gadolou, The Pottery Fabrics and Workshops from Ano Mazaraki. The 1979 Excavation Season, in Gli Achei …., loc. cit., p. 165 e ss.; l. tomay, Ceramiche arcaiche di produzione locale della Sibaritide, in Kroton e il suo territorio tra VI e V secolo a.C. Aggiornamenti e nuove ricerche, atti del convegno di studi (crotone, 2000), a cura di r. belli pasQua, r. spadea, crotone 2005, p. 207 e ss. cfr. ora anche J. k. papadopoulos, The Achaian and Achaian–Style Pottery, in Dea di Sibari I.2, 2008, p. 57 e ss.; m. martelli, Altre riflessioni sul santuario di Francavilla Marittina, in BdA, ser. vii, 15, 2012, p. 19 e ss., e, in generale, Alle origini della Magna Grecia, atti del l convegno di studi sulla magna grecia (taranto, 2010), taranto 2012 (tra i numerosi interventi sul tema, quelli di a. gadolou e b. d’agostino, anche con bibl. precedente). ancora fondamentale la sintesi di J. n. coldstream, Achaean Pottery around 700 B.C., at Home and in the Colonies, in Helike II: Ancient Helike and Aigaleia, proceedings of the ii intern. conference (aigion, 1–3 dec. 1995), a cura di d. katsonopoulou, s. soter, d. scHilardi, athenai 1998, p. 323 e ss., con riferimento anche agli importanti rinvenimenti di i. dekoulakou, Ceramica di VIII e VII sec. a.C. da tombe dell’Acaia e dell’Etolia, in ASAtene, 60, 1982, p. 219 e ss. 12) cfr. la bibl. cit. in nota 11 e anche infra, a proposito della brocchetta dalla tomba 379. difficile è stabilire se tra i modelli possano eventualmente essere inclusi anche prodotti di botteghe laconiche, nei quali si scorgono caratteri fisici (argilla, vernice) non troppo dissimili, ma non, almeno al momento, confronti morfologici e cronologici soddisfacenti. cfr., in generale, anche il quadro di rapporti con il mondo della costa ionica ed ‘‘egeo’’ delineato recentemente in relazione ad amendolara da J. de la genière (Amendolara. La nécropole de Paladino Ouest, paris–naples 2012, p. 258); anche ad amendolara, peraltro, si segnalano in abbondanza materiali di produzione locale, ma di ispirazione ellenica, dalle tipologie inconsuete: cfr., e.g., il grande aryballos dalla tomba 210 (de la genière, loc. cit., p. 126, n. 3), datato tentativamente al vi secolo a.c., ma la cui cronologia potrebbe forse risalire alla seconda metà del secolo precedente. 13) cfr. nota 2. le due tombe sono peraltro non distanti fra loro: un elemento, questo, che sarà di grande importanza nello studio complessivo della necropoli e dei suoi possibili meccanismi di aggregazione. 14) ten kortenaar, op. cit. in nota 4, p. 146 (per esemplari sia in impasto bruno che rosso). 15) m. a. rizzo, Cerveteri. Il tumulo di Monte Tosto, in Secondo Congresso Internazionale Etrusco, roma 1989, p. 160. 16) p. pelagatti, Siracusa. Le ultime ricerche in Ortigia, in ASAtene, 60, 1982, p. 139, nota 68; m. martelli, La ceramica greca in Etruria. Problemi e prospettive di ricerca, in Secondo Congresso Internazionale Etrusco, cit. in nota 15, p. 798; rizzo, art. cit. in nota 15, p. 160; e anche eadem, art. cit. in nota 10, p. 37 (per il contesto). sul tipo, cfr. ora anche Dea di Sibari i,1, p. 175 e ss.; m. b. moore, An Early Protocorinthian Conical Lekythos–Oinochoe in the Metropolitan Museum, in AntK, 52, 2009, p. 3 e ss.; J. k. Jacobsen, s. Handberg, Excavation on the Timpone della Motta Francavilla Marittima (1992–2004).i. The Greek Pottery, bari 2010, p. 181 e ss. 17) da ultimo, con riferimento anche ai ritrovamenti di gricignano, martelli, art. cit. in nota 11, p. 30; e, in generale, la bibl. cit. in nota 11. 18) tomay, art. cit. (2002) in nota 11, p. 347, fig. 21, da francavilla; pp. 347 e 348, con rimando a Incoronata 3, p. 61, figg. 194 e 197–199 (cfr. anche supra nota 9). 19) tomay, art. cit. (2002) in nota 11, p. 348, nota 77: qui con rimando a W. d. e. coulson, Geometric Pottery from Volimidia, in AJA, 92, 1988, p. 70, figg. 27 e 28 (volimedia) e a gadolou, art. cit. in nota 11, tav. 15 (ano mazaraki). cfr. anche la bibl. cit. in nota 11. 20) il piccolo vaso è alto cm 19,3; argilla munsell 7.5 yr 7/4. 21) se ne distinguono a stento, sulla superficie fortemente compromessa dalle abrasioni, una longitudinale sull’ansa, una sul bocchello, due parallele sulla spalla, subito al di sotto dell’attacco inferiore dell’ansa. 22) non distante da neri, op. cit. in nota 3, pp. 62 e 63, tipo cb 3f, tav. 8 (con bibl.). 23) ora neri, op. cit. in nota 3, p. 149, tipo ba 3b–c, tav. 27 (con bibl.), con datazione tra primo e secondo quarto del vii secolo a.c. in generale, su questo tipo di skyphoi, cfr. più recentemente m. a. rizzo, Le tombe orientalizzanti di San Paolo a Cerveteri, in Dinamiche di sviluppo delle città nell’Etruria meridionale, atti del XXiii convegno di studi etruschi ed italici (roma et al., 2001), pisa–roma 2005, pp. 284 e 285; Dea di Sibari i.1, p. 245 e ss.; l. grasso, La stipe del santuario di Alaimo a Lentini, catania 2008, pp. 53 e 54; mermati, op. cit. in nota 6, p. 201 e ss.; f. gilotta, c. passaro, La necropoli del Migliaro a Cales. Materiali di età arcaica, pisa–roma 2012, p. 141 (tutti con bibl.). 24) s. bruni, Macchia della Turchina, in Gli Etruschi di Tarquinia, catalogo della mostra di milano, modena 1986, p. 224 e ss., 225 fig. 218, e 226 n. 645: «argilla color nocciola». l’altezza è di cm 21. il corredo, comprendente tra l’altro una oinochoe italo–geometrica, uno skyphos del tipo ‘‘a sigma’’, un aryballos ovoide di imitazione e un set di vasi di impasto bruno, è datato da s. bruni agli anni centrali della prima metà del vii secolo a.c. 25) bruni, art. cit. in nota 24, p. 228. 26) rizzo, art. cit. in nota 7, pp. 1178, fig. 4c e 1179. 27) cfr. coulson, 1988, loc. cit. in nota 19 (in relazione alle figg. 27–28), pp. 70–71, con nota 81: e. mastrokostas, in ADelt Xvii, 1961–1962, b’, tav. 212a, 4 (palaiomanina)= J. n. coldstream, Greek Geometric Pottery, london 2008 (2nd ed.), p. 223, e anche le considerazioni a p. 227. nel lg rodio, cfr., e.g., Clara Rhodos iii, rodi 1929, pp. 94 e 98, fig. 90.1, tomba 56 (in generale sul contesto, coldstream, loc. cit., p. 274), ma di modulo dimensionale maggiore e con decorazione più complessa. 28) r. dik, Un’oinochoe ceretana con decorazione di pesci. Implicazioni culturali, in MededRom, 43, 1981, pp. 79 e 80; anche s. bruni, Prima di Demarato. Nuovi dati sulla presenza di ceramiche greche e di tipo greco a Tarquinia durante la prima età orientalizzante, in La presenza etrusca nella Campania meridionale, atti delle giornate di studio (salerno, pontecagnano, 16–18 nov. 1990), firenze 1994, pp. 322–325; rizzo, art. cit. in nota 23, p. 285 con nota 15; rizzo, art. cit. in nota 10, p. 38; cfr. anche l’accenno di l. m. micHetti in relazione a un aryballos globulare dal tumulo chigi di veio, in L’olpe Chigi. Storia di un agalma, atti del convegno internazionale (salerno, 2010), salerno 2012, a cura di e. mugione, p. 33. una breve sintesi degli studi su questo tema è in v. bellelli, Caere e il mondo greco. Appunti di archeologia e storia, in Incidenza dell’Antico, 10, 2012, in particolare p. 143 e ss. 29) m. martelli, Prima di Aristonothos, in Prospettiva, 38, 1984, p. 2 e ss.; eadem, Per il Pittore delle Gru, ibidem, 48, 1987, p. 2 e ss.; eadem, Del Pittore di Amsterdam e di un episodio del nostos odissaico. Ricerche di ceramografia etrusca orientalizzante, ibidem, 50, 1987, p. 4 e ss.; eadem, Un’anfora orientalizzante ceretana a Würzburg ovvero il Pittore dell’Eptacordo, in AA, 1988, p. 285 e ss.; eadem, Nuove proposte per i Pittori dell’Eptacordo e delle Gru, in Prospettiva, 101, 2001, p. 2 e ss.; eadem, Variazioni sul tema etrusco–geometrico, ibidem, 132, 2008, p. 2 e ss. 30) cfr. c. deHl von kaenel, Die korinthische Keramik des 8. und frühen 7. Jhs. v. Chr., AM, beiheft 11, e soprattutto martelli, art. cit. in nota 16; rizzo, art. cit. in nota 15; eadem, Ceramica etrusco–geometrica da Caere, in Miscellanea ceretana i, a cura di m. cristofani, roma 1989, p. 9 e ss.; e soprattutto eadem, art. cit. in nota 23; cfr. anche i rimandi nella nota successiva. 23 31) g. ricci, Caere, la Necropoli della Banditaccia, zona a “del recinto”, in MonAnt, 42, 1955, col. 202 e ss., passim; m. martelli, Prime considerazioni sulla statistica delle importazioni greche in Etruria nel periodo arcaico, in StEtr, 47, 1979, p. 37 e ss.; Milano 1986; m. cristofani, m. martelli, La distribuzione dei crateri corinzi. Il mito e l’immaginario dei simposiasti, in CronA, 30, 1991, p. 9 e ss.; m. a. rizzo, Le anfore da trasporto e il commercio etrusco arcaico, roma 1990; v. olivotto, Osservazioni su alcu- ne ceramiche ceretane del fondo Lerici alle Civiche Raccolte Archeologiche di Milano, in NotMilano, 51–52, 1993, p. 7 e ss.; eadem, Caere, necropoli di Monte Abatone. Tombe 110, 112, 121, 154, 164, 166, 167, 191, in NotMilano, suppl. 12, 1994; m. a. rizzo, Le tombe orientalizzanti di San Paolo, in Veio Cerveteri Vulci. Città d’Etruria a confronto, catalogo della mostra, roma 2001, p. 163 e ss.; eadem, La tomba di Monte dell’Oro e l’Orientalizzante ceretano, in Archeologia in Etruria meridionale, atti delle giornate di studio in ricordo di mario moretti (civita castellana, 2003), roma 2006, p. 371 e ss.; eadem, art. cit. in nota 10. ancora in relazione ad alcuni importanti corredi ceretani, m. martelli, Sulla produzione di vetri orientalizzanti, in Tyrrhenoi philotechnoi, atti della giornata di studio (viterbo, 13 ott. 1990), a cura di m. martelli , roma 1994, p. 75 e ss., in particolare pp. 75 e 84. in anni più recenti, per considerazioni generali sulle tendenze del commercio di ceramica corinzia in etruria e a cerveteri, cfr. pure c. l ambrugo, Ceramica protocorinzia e corinzia, in Cerveteri. Importazioni e contesti nelle necropoli, a cura di g. bagnasco gianni, milano 2002, p. 539 e ss.; v. rizzone, Le importazioni di ceramica corinzia in Sicilia (630–550) nel quadro delle rotte di approvvigionamento, in Il greco, il barbaro e la ceramica attica, atti del convegno internazionale di studi (catania et al., 2001), a cura di f. giudice, r. panvini, roma 2010, p. 101 e ss. 32) per il pittore del vaticano 73, cfr. d. a. amyX, Vase Painting of the Archaic Period, berkeley–los angeles–london 1988, p. 66 e ss.; rizzo, op. cit. in nota 31, p. 62; coen, op. cit. in nota 1, pp. 105 e 106; olivotto, art. cit. in nota 31, p. 14 e ss.; olivotto, op. cit. in nota 31, p. 88 e ss. (monte abatone, tomba 167); c. W. neeft, What is in a Name? The Painter of Vatican 73 in the Getty, in Greek Vases in the J. Paul Getty Museum 6, 2000, p. 1 e ss. (qui, a p. 28, con indicazione di cerveteri come possibile centro di smistamento ‘‘regionale’’ di ceramica corinzia); rizzo, art. cit. (2001) in nota 31, p. 175; eadem, art. cit. (2006) in nota 31, pp. 373–374, 378 e 379 (con ampia bibl. per le attestazioni del pittore, con particolare riferimento a cerveteri). più recentemente, e.g., n. kuniscH, in CVA Bochum 3, 2007, p. 24; per il pittore di berlino 1136 e i suoi rapporti con il pittore del vaticano 73, cfr. da ultimo, y. seidel, Korinthische Vasenmalerei in der Jenenser Sammlung. Ein frühes Stück des Sphinx–Malers, in Otium Corinthian cum dignitate. Festschrift für Angelika Geyer zum 65. Geburtstag, a cura di d. graen, m. rind, H. WabersicH, oxford 2014, pp. 61–63). i frammenti (fig. 5a) rinvenuti nella tomba 36 — a camera unica, con pianta quadrangolare — per quello che può dedursi dalla morfologia (parzialmente ricostruita) dell’oinochoe (fig. 5b: vicina a H. payne, Necrocorinthia, oxford 1931, p. 33, fig. 10b; amyX, loc. cit., soprattutto pp. 480 e 481) e dagli scarsi resti di pittura conservati, parrebbero collocabili ancora nel lpc o al più tra lpc e tr. 24 33) cfr., e.g., m. martelli, in CVA Gela 1 (1972), p. 8, tav. 11,1; Milano 1986, p. 109; rizzo, art. cit. (2001) in nota 31, pp. 174 e 175; eadem, art. cit. (2005), in nota 23, pp. 290 e 291; eadem, art. cit. (2006) in nota 31, pp. 379 e 380. 34) ancora come nel caso della tomba 36, che ha restituito materiali databili a partire dai decenni centrali/terzo quarto del vii secolo a.c. (come rilevato da r. dik, Some Observations on two Closely Related Groups of Etruscan Painted Amphorae from Caere, in Classical Antiquities in Utrecht, groningen 1978, pp. 25–27), tra i quali si segnalano una coppa a uccelli, frammenti di un piatto in impasto rosso, una kotyle in bucchero di tipo a slanciato, e due anfore a corpo espanso del bird group (ibidem, cfr. pp. 22 fig. 2, e 25). una associazione coppa a uccelli–kotyle di tipo a in bucchero, è segnalata, e.g., da m.a. rizzo nella camera laterale destra della tomba 4 di monte abatone, datata verso i decenni centrali del vii secolo a.c. (rizzo, art. cit. in nota 10, pp. 17–18 e 37). 35) cfr. rizzo, art. cit. in nota 23, p. 290 e ss., tomba 2 di san paolo, camera laterale; eadem, art. cit. (2006), in nota 31, tomba di monte dell’oro; inoltre, Milano 1986, p. 64 e ss. (monte abatone, tomba 90); olivotto, op. cit. in nota 31, p. 88 e ss. (monte abatone, tomba 167: cfr. supra, nota 32), tutti con bibl. in generale, anche rizzone, art. cit. in nota 31, pp. 103 e 104. 36) martelli, art. cit. (1979) in nota 31; eadem, I luoghi e i prodotti dello scambio, in Civiltà degli Etruschi, catalogo della mostra, a cura di m. cristofani, milano 1985, in particolare p. 178; eadem, art. cit. in nota 16, p. 786 e ss.; m. cristofani, Un naukleros greco–orientale nel Tirreno. Per un’interpretazione del relitto del Giglio, in ASAtene, 70–71, 1992–1993, in particolare p. 212; rizzone, art. cit. in nota 31, p. 105 e ss. per quella che è stata definita, non a torto, ‘‘facies degli unguentari’’, cfr. in generale d. frère, Parfums, huiles et crèmes parfumées en Etrurie orientalisante, in Mediterranea, 3, 2006, p. 87 e ss.; inoltre Les huiles par- fumées en Méditerranée occidentale et en Gaule VIIIe s. av.– VIIIe s. apr. J.–C. (colloque rome, 2009), a cura di d. frère, l. Hugot, rennes 2012; v. bellelli, Commerci di profumi per e dall’Etruria, in I profumi nelle società antiche, a cura di a. carannante, m. d’acunto, paestum 2012, p. 277 e ss. 37) tomba a due camere, con deposizioni collocabili nell’orientalizzante recente: si segnalano un complesso numericamente rilevante di buccheri, almeno un secondo unguentario corinzio (cfr. infra, databile nell’ec) e un gruppo di otto vasi etrusco–corinzi, tra cui sei unguentari, una piccola oinochoe e un’olpe ad archetti intrecciati. 38) l’altezza conservata è di circa 8,5 cm. 39) su questo motivo, cfr. payne, op. cit. in nota 32, p. 145; Perachora II, p. 211, n. 2055, tav. 68. 40) amyX, op. cit. in nota 32, p. 53 e ss. (griffin painter; double–bodied sphinx painter: e.g., CVA Louvre 9, iii ca, tav. 34,1=amyX, op. cit., p. 55, 2), 71 e ss. (sphinx painter). per il rendimento della rosetta con cerchiello centrale, cfr., e.g., CVA Göttingen 2, pp. 25 e 26, tavv. 9, 1–4 (alabastron del pittore di candia 7789, attr. neeft) e 9,5–8 (alabastron), entrambi ec (c. deHl von kaenel). cfr. in generale anche e. meola, Necropoli di Selinunte 1. Buffa, palermo 1996–1998, tav. 30 e ss., per attestazioni di epoca ec. 41) e.g., payne, op. cit. in nota 32, pp. 289 e 290; amyX, op. cit. in nota 32, pp. 124 e 125; c. deHl von kaenel, Die archaische Keramik aus dem Malophoros–Heiligtum in Selinunt, berlin 1995, p. 62 e ss.; c. W. neeft, Corinth, Demeter, and Sicily. A Review of three Publications of Corinthian Pottery from Demeter Sanctuaries in Sicily, in Talanta, 36–37, 2004–2005, p. 318. in particolare, martelli, in CVA Gela 1, cit. in nota 33, p. 17, tav. 23, 1–3; cfr. anche s. bruni, Le ceramiche corinzie ed etrusco–corinzie, in Gravisca. Scavi nel santuario greco 2, bari 2009, p. 51, n. 26. meno puntuali i confronti con esemplari, databili tra ec e mc, discussi da g. giudice in CVA Caltagirone 1 (2012), p. 36, tav. 12,2. 42) gli oggetti di corredo, come di consueto residuali, sono ad ogni modo riferibili a una tomba con camera principale e piccolo ambiente laterale aperto sul dromos, a destra dell’ingresso, non distante dal tipo b2 prayon (Frühetruskische Grab– und Hausarchitektur, RM, 22. ergH., 1975, p. 18 e ss.). 43) complesso con due ambienti centrali coassiali e due laterali, vicino ai tipi b2/c2 prayon (op. cit. in nota 42, p. 18 e ss., 21 e ss.). 44) deHl, op. cit. in nota 41, p. 88, n. 363, tav. 73 = neeft, art. cit. in nota 41, p. 319. 45) c. W. neeft, Aegina, Aphaia–Tempel. XVI. Corinthian alabastra and aryballoi, in AA, 1993, p. 548, fig. 9 e cat. n. 23. cfr. probabilmente anche l’alabastron da perachora in Perachora II, p. 143, n. 1529, pl. 59. 46) c. W. neeft, The Dolphin Painter and His Workshop. A Corinthian Atelier Busy on Small Oil Vases, in BABesch, 52–53, 1977–1978, p. 133 e ss. con rimando alle ricerche di neeft, cfr. anche c. lambrugo, Profumi di argilla, roma 2012, pp. 265 e 266. 47) payne, op. cit. in nota 32, pp. 281 e 282 e i relativi pittori in amyX, op. cit. in nota 32. e.g. neeft, art. cit. in nota 46 (dolphin painter); rizzo, op. cit. in nota 31, p. 63 (banditaccia tomba 6); dai vecchi scavi, e.g., ricci, op. cit. in nota 31, col. 584, n. 5, dalla tomba 142 del tumulo Xv ‘‘della tavola’’ (camera principale). 48) cfr. supra, nota 13. 49) cfr. infra. 50) con pianta analoga a quella della tomba precedente. 51) cfr., e.g., i pittori di aryballoi e alabastra «of rough style» di amyX (op. cit. in nota 32, p. 50 e ss.: braunsberg painter; lambrugo, op. cit. in nota 46, p. 114, n. 173.1); per lo stile, anche CVA Louvre 8, iiica, tav. 15,11,17= amyX, op. cit. in nota 32, p. 66 (louvre a 450). o anche CVA Louvre 9, iiica, tav. 29, 24=amyX, op. cit. in nota 32, p. 59, n. 2 («related to the painter of palermo 489»). nota 40, tav. Xl e ss. e, per lo specifico inquadramento del muso di pantera, da collocare nell’ambito di una solida tradizione compresa tra tardo tr ed ec maturo/mc, J. s. scHaeffer, Four Corinthian Painters from Sardis, in Corinthiaca. Studies in Honor of Darrell A. Amyx, columbia 1986, p. 118 e fig. 1; eadem, The Corinthian Pottery, in J. s. scHaeffer, n. H. ramage, c. H. greeneWalt jr, The Corinthian, Attic, and Lakonian Pottery from Sardis, cambridge (mass.)–london 1997, pp. 47 e 48, cor. 107, pl. 16. alquanto più corsiva, e.g., una oinochoe di lipsia da cerveteri (CVA Leipzig 1 (1959), pp. 49–50, tavv. 43, 44 e 53.4, inv. 2335; cfr. anche i comparanda ceretani qui menzionati da W. müller). cfr. anche J. cHamay, Céramiqus corinthiennes: Collection Jean Lauffenburger, génève 1984, p. 56, aryballos globulare ec. 53) amyX, op. cit. in nota 32, p. 95 e ss.; per il relitto del giglio, cristofani, art.cit. in nota 36, p. 212; e.g., per monte abatone, olivotto, art. cit. in nota 31, pp. 17 e 18 (tomba 121, con bibl.). più recentemente, e.g., deHl von kaenel, op. cit. in nota 41, p. 6; neeft, art. cit. in nota 41, p. 317; con ampia bibl.: H. scHörner, in CVA Jena 1 (2011), p. 41, tav. 11, 8–11. 54) cfr. supra, nota 37. 55) amyX, op. cit. in nota 32, p. 111 e ss. cfr. a. bukina, in CVA St. Petersburg, The Hermitage 7 (2008), p. 17, pl. 4; o anche g. von lücken, in CVA Schwerin (1972), p. 10, tav. 2, 5–6; g. Hafner, in CVA Karlsruhe 1 (1951), p. 53, tav. 41,7–8. per il cosiddetto «flap group», cfr., inoltre, a. mlasoWsky, in CVA Hannover 2 (2000), p. 22, tav. 8, 5–8; in generale, meola, op. cit. in nota 40, tav. lXv. per aryballoi con comasti a cerveteri, anche dai vecchi scavi, cfr., e.g., ricci, op. cit. in nota 31, col. 586, dalla tomba 142 del tumulo Xv ‘‘della tavola’’ (camera principale). sui possibili significati delle rappresentazioni comastiche nel contesto corinzio di origine, cfr. cristofani, martelli, art. cit. in nota 31, p. 19; più recentemente, m. meyer, Dickbauchtänzer in Korinth und Athen, in Talanta, 34–35, 2002–2003, p. 135 e ss.; e a. ziskoWski, Clubfeet and Kypselids: Contextualizing Corinthian Padded Dancers in the Archaic Period, in BSA, 107, 2012, p. 211 e ss. (con bibl. prec.). 56) cfr. supra, nota 13. 57) amyX, op. cit. in nota 32, p. 117; J. l. benson, in CVA Philadelphia 2 (1995), p. 44 (cfr. rizzo, op. cit. in nota 31, pp. 18 e 30, nota 54). di altro tipo gli alabastra in a. seeberg, Corinthian Komos Vases, london 1971, p. 41, 214a–b, sempre da cerveteri. 52) c. W. neeft, The Painter of Candia 7789, in Enthousiasmos. Essays on Greek and Related Pottery Presented to J.M. Hemelrijk, amsterdam 1986, p. 13 e ss.; cfr. anche lambrugo, op. cit. in nota 46, p. 249 e ss. tra gli altri, pos- 58) tra gli altri, cfr. l. cercHiai, Le officine etrusco–corinzie di Pontecagnano, napoli 1990 (pontecagnano); c. W. neeft, Tarentine Graves Containing Corinthian Pottery, in Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto iii.1, taranto 1994, e.g., pp. 187 e 188 e passim (taranto); c. deHl von kaenel, Le importazioni corinzie nel santuario della Malophoros di Selinunte e le strutture della distribuzione della ceramica corinzia in Sicilia e in Magna Grecia, in Corinto e l’Occidente, atti del XXXiv convegno di studi sibili, comparanda stilistici ec, cfr., e.g., m. martelli, in CVA Gela 2 (1973), p. 6, tav. 12, 2–3; rizzo, art. cit. (2006) in nota 31, p. 380, n. 7 e p. 408, fig.10; n. kuniscH, in CVA Bochum 3 (2007), pp. 26 e 27, tav. 17 («unbekannter (ec) zeichner aus der zeit der luxus gruppe oder der panther–vogel gruppe»). in generale, meola, op. cit. in sulla magna grecia (taranto, 1994), taranto 1995, p. 345 e ss.; c. W. neeft, Corinthian Pottery in Magna Graecia, ibidem, p. 367 e ss.; deHl, op. cit. in nota 41; c.W. neeft, Camarina e la sua ceramica corinzia, in Camarina 2600 anni dopo la fondazione, atti del convegno internazionale (ragusa, 2002–2003), a cura di p. pelagatti, g. di stefano, 25 l. de lacHenal, roma 2006, pp. 91 e 92; c. W. neeft, The Hipponion Painter, in BdA, ser. vii, 3, 2009, p. 49 e ss. (magna grecia e sicilia); f. coudin, Les Laconiens et la Méditerranée à l’époque archaïque, paris–napoli 2009, e anche m. pipili, The Clients of Laconian Black–Figure Vases, in Les clients de la céramique grecque, actes du colloque (paris, 2004), a cura di J. de la genière, paris 2006, p. 75 e ss. (più recentemente, in generale sulle ‘‘specializzazioni’’ del mercato della ceramica laconica); m. minoJa, Céramiques de la Grèce. A trent’anni da les céramiques, in Tra Etruria, Lazio e Magna Grecia. Indagini sulle necropoli, atti dell’incontro di studio (fisciano, 2009), a cura di r. bonaudo, l. cercHiai, c. pellegrino, paestum 2009, p. 87 e ss. (campania); lambrugo, op. cit. in nota 46 (gela). 59) Alabastron dalla tomba 216 (per la quale cfr. supra, nota 43); aryballos dalla tomba 39 (con pianta simile a quella della tomba 216): cfr. payne, op. cit. in nota 32, p. 283, fig. 121b e p. 291, fig. 127. per gli alabastra, cfr. anche martelli, in CVA Gela 1, cit. in nota 33, tav. 19 e pp. 13 e 14, con discussione di tipologia e cronologia; m. blomberg, The Corinthian Vases in the Gustavianum, in From the Gustavianum Collections in Uppsala 3, uppsala 1993, pp. 42 e 43, n. 2 (con bibl. anche per gli omologhi aryballoi); Jacobsen, Handberg, op. cit. in nota 16, pp. 66 e 84. 60) nel quadro delle tendenze quantitative già enucleate da martelli, art. cit. (1979) in nota 31, e ancora valide, seppure in attesa di aggiornamenti proprio grazie alla immissione di dati inediti, in primo luogo dalla stessa cerveteri. e.g., amyX, op. cit. in nota 32, pp. 205 e ss. e 208 («dodwell painter and his circle»: olpai e hydriai); rizzo, op. cit. in nota 31, p. 63, n. 6 (banditaccia, tomba 6: oinochoe); p. 71 e ss. (tomba bufolareccia 999: neck–amphora a collo espanso insieme a panel amphorae e a un cratere a colonnette del detroit painter, mc); ibidem, p. 131 (kylix ec: cfr. d. a. amyX, A Curious Padded Dancers Vase in Milan, in NotMilano, 31, 1983, pp. 27 e 28; idem, op. cit. in nota 32, pp. 462–464, con bibl.). 61) cfr. amyX, op. cit. in nota 32, p. 492, n. 3 (il corredo è, per una svista, collocato a milano). la tomba è prossima al tipo b2 prayon (op. cit. in nota 42, p. 18 e ss.), con ambiente centrale e due altri laterali, aperti su ciascun lato del dromos. 62) per l’andromeda group, amyX, op. cit. in nota 32, p. 267 e ss.: e.g., p. 268, 8 e 9 (crateri di tipo ‘‘calcidese’’); cfr. anche ibidem, p. 271, n. 3: tydeus painter (= c. W. neeft, Addenda et Corrigenda to D.A. Amyx, Corinthian Vase–painting in the Archaic Period, amsterdam 1991, p. 79, c3, ove se ne ricorda una attribuzione di l. nydegger, Drei spätkorinthische Vasenfragmente in Bern. Neues zur Andromeda–Gruppe, Hefte des archäologischen seminars bern (HASB), 11, 1986, p. 13 e ss., all’andromeda group). più recentemente, sul tydeus painter e l’andromeda group, cfr. anche f. gilotta, Le ceramiche di importazione, in Caere 3.1. Lo scarico arcaico della Vigna Parrocchiale, a cura di m. cristofani, roma 1992, pp. 63–65; bruni, op. cit. in nota 41, pp. 82 e ss., 90 e ss.; cfr. anche m. denoyelle, a. Hesnard, La céramique grecque du port de Marseille, in Les clients …, cit. in nota 58, p. 136, tav. vi.1 (per materiali da marsiglia). in generale, per le panel–amphorae corinzie, cfr. r. lullies, Eine neue korinthische Amphora, in Festschrift für Gerhard Kleiner, tübingen 1976, p. 21 e ss.; amyX, op. cit. in nota 32, p. 492 e ss.; rizzo, op. cit. in nota 26 31, e anche infra. per i crateri corinzi, le attestazioni etrusche (in primis ceretane) e la loro diffusione in contesti funerari, di abitato e anche santuariali, in particolare tra etruria e campania, cfr. cristofani, martelli, art. cit. in nota 31; per i rinvenimenti da contesti d’abitato della grecia settentrionale, ora anche J. y. perreault, z. bonias, L’habitat d’Argilos: les céramiques archaïques, un apercu, in Les clients …, loc. cit., p. 52; per altri esemplari dal salento, f. d’andria, Corinto e l’Occidente. La costa adriatica, in Corinto e l’Occidente, atti del XXXiv convegno di studi sulla magna grecia (taranto, 1994), taranto 1995, p. 457 e ss., in particolare p. 498 (con riferimento anche allo studio di J. de la genière). più recentemente, riflessioni sul problema, anche in relazione ai differenti tipi di attestazioni nel mondo greco e ‘‘barbaro’’, in neeft, art. cit. (2006) in nota 58, pp. 91 e 92. 63) con pianta vicina al tipo prayon e (op. cit. in nota 42, pp. 27 e 28), con «breitraum» dal quale si accede a due altre camere parallele sulla parete di fondo. 64) suggerita, del resto, dal tipo di trofeo vegetale, con fiore di loto decisamente allargato (payne, op. cit. in nota 32, pp. 149 e 150), dal rendimento delle rosette e da quello della pantera, con la sequenza di grossi punti che ne decora la spalla. tra i numerosi confronti possibili per il motivo fitomorfo, e.g., bukina, in CVA St. Petersburg, The Hermitage 7, cit. in nota 55, «flat–bottomed aryballos» pp. 42 e 43, tav. 40, datato lc i. 65) Taranto I.3, p. 212, 37.1: corredo tombale ‘‘manomesso’’ da contrada vaccarella scavo 18–v–1934, i cui materiali (recuperati in parte, e fortunosamente) si collocano tra 560 e 520 circa a.c. 66) a. f. laurens, Montpellier. Catalogue des collections 1. Céramique corinthienne et étrusco–corinthienne, montpellier 1974, p. 95 e ss., cat. n. 38, «lc i», provenienza sconosciuta: due uccelli–grifo e un uccello acquatico sul lato opposto= lullies, art cit. in nota 62, p. 29 e tavv. 5 e 6 (amyX, op. cit. in nota 32, p. 492, montpellier); e. moignard, in CVA Edinburgh (1989), p. 9 e pl. 7,1–4: «late ec, c. 590 b.c.: said to have been found near athens»: pantera e capro sul lato opposto, edimburgo. 67) cfr. amyX, op. cit. in nota 32, p. 493, per le ‘‘classiche’’ panel–amphorae mc/lc. per i pendant greco–orientali, cfr., e.g., g. c. nordQuist, East Greek Vases in the Collection of Greek and Roman Antiquities, in From the Gustavianum Collections in Uppsala 3, uppsala 1993, p. 57 e ss., in particolare pp. 63 e 64, n. 4, figg. 8 e 9 (esemplari con decorazione a loops, per la cui genesi si fa riferimento agli omologhi esemplari attici e corinzi). 68) e. paul, in CVA Leipzig 2 (1973), p. 9 e tav. 1 = Universität Leipzig. Antiken Museum. 50 Meisterwerke, leipzig 1994, p. 7, n. 11: cfr. quanto osservato da m.b. moore, in The Athenian Agorà XXiii. Attic Black–figured Pottery, princeton 1986, p. 6, nota 14: non lontano dal gorgon painter? sulle più antiche esportazioni attiche (anche in etruria), cfr. più recentemente a. aleXandridou, The Early Black–Figured Pottery of Attica in Context, leiden–boston 2011, pp. 22, 99–101 e 145–152 (anfore) e passim; eadem, Early Sixth–Cen- tury Directional Trade: the Evidence of Attic Early Black–Figured Pottery, in The Contexts of Painted Pottery in the Ancient Mediterranean World (Seventh–Fourth Centuries B.C.E.), a cura di d. paleotHodoros, oxford 2012, p. 5 e ss.; per le evidenze dallo scarico urbano di vigna parrocchiale a cerveteri, cfr. gilotta, art. cit. in nota 62, pp. 84, 85 e 103. in generale, una rassegna aggiornata della letteratura sui meccanismi di diffusione (e imitazione) nell’ambito della ceramografia arcaica presenta d. Williams, Greek Potters and Painters. Marketing and Movement, in Pottery Markets in the Ancient Greek World (8th–1st Centuries B.C.), proceed. of the intern. symposium (bruxelles, 19–21 Jun., 2008), a cura di a. tsingarida, d. viviers, bruxelles 2013, p. 39 e ss. 69) m. a. rizzo, Percorsi ceramografici tardo–arcaici ceretani, in Prospettiva, 73–74, 1994, pp. 7–8 e 9, figg. 33–35: anfora frammentaria da cerveteri, tomba 118 del nuovo recinto. 70) sulla relativa rarità della forma, cfr. m. Wegner, Korinthische Amphoriskoi, in Boreas, 12, 1989, p. 199 e ss. 71) alto poco più di 13 cm. nella tomba, a camera unica con pianta quadrangolare, furono rinvenuti solo modesti residui di corredo (attingitoio tipo rasmussen 1a; kantharos tipo 3e; oinochoe tipo 3a), tra i quali si segnala anche un lydion frammentario a bande, di bottega greco–orientale. 72) amyX, op. cit. in nota 32, p. 218 e ss. (ampersand painter), pp. 227 e 228 (painter of the palermo amphoriskoi); neeft, art. cit. (1995) in nota 58, p. 374, anche per i rapporti tra le due botteghe produttrici di questa forma di unguentario; cfr. anche deHl von kaenel, op. cit. in nota 41, p. 154 e ss., nn. 949–951 (attr. painter of the palermo amphoriskoi); Dea di Sibari i.1 (2007), pp. 214 e ss., 216 fig. 7, n. 7 (con bibl.: f. van der Wielen van ommeren). inoltre, bruni, op. cit. in nota 41, p. 57 e ss.; Jacobsen, Handberg, op. cit. in nota 16, p. 213 e ss., tutti con bibl. in generale, anche La Sicilia in età arcaica, catalogo della mostra di caltanissetta e catania, palermo 2009, pp. 304 e 305. più recentemente, giudice, in CVA Caltagirone 1, cit. in nota 41, pp. 38–39 e 39–41, con le tavv. 14–16. importanti puntualizzazioni complessive sulla forma e le sue possibili destinazioni in neeft, art. cit. (2009) in nota 58. 73) cfr. gilotta, art. cit. in nota 62, p. 63. 74) ma le motivazioni di queste differenze potrebbero anche essere diverse: cfr. neeft, art. cit. (1994) in nota 58, p. 188; e anche neeft, art. cit. (1995) in nota 58, pp. 369 e 370. cfr. in ogni caso e. lippolis, Taranto e la politica di Atene in Occidente, in Ostraka, vi.2, 1997, p. 359 e ss., in particolare pp. 360–364, ove si sottolinea nella colonia spartana, a partire dal 600 ca., un «forte potenziamento della comunità coloniale urbanizzata, con un’estensione conseguente del diritto ad una sepoltura formale e con una sostanziale massificazione dei comportamenti rituali, omologati e con un impegno rappresentativo ridotto» (una situazione, dunque, in parte divergente da quella ceretana), in ‘‘attesa’’ di un nuovo cambiamento, verificabile a partire dal secondo quarto del vi secolo a.c., con aumento della presenza di vasi attici da simposio (p. 362: «simbolo di un galateo di cultura aristocratica e occasione di una esibizione più accentuata e individuale»). per un quadro delle importazioni ceramiche a taranto, centrato però soprattutto sulle produzioni greco–orientali, cfr. anche f. d’andria, Le cera- miche greco–orientali in Italia meridionale. Appunti sulla distribuzione, in Magna Grecia e Oriente mediterraneo prima dell’età ellenistica, atti del XXXiX convegno di studi sulla magna grecia (taranto, 1999), taranto 2000, p. 457 e ss., in particolare p. 475 e ss. 75) rizzone, art. cit. in nota 31, p. 118 e ss. 76) f. coudin, Les aryballes laconiens. Statut du vase et échanges aristocratiques en Méditerranée occidentale à l’époque archaïque, in Les huils parfuméees …, cit. in nota 36, p. 267 e ss. 77) f. giudice, La ceramica attica in Sicilia nel VI secolo a.C. Problemi e metodologie, in CronA, 30, 1991, p. 199 e ss. per la presenza di prodotti attici dei primi decenni del vi secolo a.c. in etruria e in italia meridionale (incluse, dunque, cerveteri e taranto), cfr. nota 68 e anche m. curry, The Export of Attic Black–Figure Pottery in the Early Sixth Century B.C., in Periplous. Papers on Classical Art and Archaeology Presented to Sir John Boardman, london 2000, p. 80 e ss. 78) cfr. soprattutto payne, op. cit. in nota 32, p. 286; amyX, op. cit. in nota 32, pp. 439 e 440 (ma cfr. già quanto osservato dal medesimo studioso in Klearchos, 3, 1961, p. 9, n. 6); bruni, op. cit. in nota 41, p. 47, n. 12, entrambi con bibl. in martelli, art. cit. in nota 11, p. 38, nota 47, ampia bibliografia, discussione dei modelli e anche delle attestazioni etrusco–corinzie: qui si ricorda anche un importante esemplare a punta di bottega corinzia, datato da g. vallet in epoca lpc/tr, dalla sicilia: g. m. bacci, in Archeologia a Messina, a cura di m. a. mastelloni, reggio calabria 2008, p. 54, n. 50, tav. 69. per altri esemplari dall’etruria, cfr. più recentemente H. scHörner, in CVA Jena 1 (2011), pp. 45 e 46, tav. 14,5–8, su cui anche m. iozzo, Osservazio- ni sulle più antiche importazioni di ceramica greca a Chiusi e nel suo territorio, in Les clients …, cit. in nota 58, p. 107 e ss., in particolare pp. 109 e 122, tav. i,6 (con riferimento ad amyX 1988). 79) a camera unica, con pianta quadrangolare. non si conservano altri oggetti di corredo. 80) lambrugo, art. cit. in nota 31, pp. 552 e 553. 81) cfr., e.g., H. parko, Small Corinthian Oil Containers: Evidence of the Archaic Perfume Trade?, in Ceramics in Context, proceed. of the international colloquium on ancient pottery (stockholm 1997), a cura di c. scHeffer, stockholm 2001, p. 55 e ss. 82) cfr., e.g, de santis, art. cit. in nota 5, pp. 114 e 115, per l’uso diretto di unguentari nella cerimonia funebre allestita per incinerati nelle necropoli del territorio veiente. 83) sull’accostamento di anfore e crateri di diversa bottega nel medesimo corredo, cfr. più recentemente, rizzone, art. cit. in nota 31, pp. 115–117, con riferimento in particolare all’alternanza anfora attica/cratere corinzio. 84) cfr. m. a. rizzo, in Civiltà degli Etruschi, cit. in nota 36, p. 195 e ss. 85) cfr. v. bellelli, Le parfum dans les tombes orientalisantes étrusques, in Parfums de l’antiquité, catalogo della mostra di mariemont, mariemont 2008, p. 111 e ss., con breve rassegna dei punti di rinvenimento di questo tipo di vasi all’interno della tomba e rinvio anche ai casi, interessanti, di dislocazione di unguentari nel dromos, forse a seguito di riti particolari (a. carbonara et alii, La necropoli etrusca di Volusia, roma 1996, pp. 44 e 45). per la disposizione di unguentari nel vano della camera destinato ad accogliere il cinerario in alcune tombe ‘‘principesche’’ di area chiusina, cfr. a. rastrelli, in g. paolucci, a. 27 rastrelli, La tomba ‘principesca’ di Chianciano Terme, pisa 2006, pp. 34 e 91. 86) più recentemente, cfr. neeft, art. cit. (2006) in nota 58, p. 87 e ss. (in relazione ad evidenze camarinesi), coudin, op. cit. in nota 58, pp. 65 e 66 (sparta) e i rimandi fatti in gilotta, passaro, op. cit., in nota 23, pp. 170 e 171. 28 87) cfr. rizzone, art. cit. in nota 31, p. 111 e ss. fenomeni analoghi possono, del resto, osservarsi anche nell’ambito delle produzioni laconiche presenti in etruria: cfr. coudin, op. cit. in nota 58, p. 157 e ss., ove se ne sottolinea la complessiva eccezionalità tipologica e qualitativa, evidentemente nell’ambito di una ideologia elitaria e di rapporti commerciali «qui sortaient du cadre traditionnel des échanges» (ibidem, p. 162). BoLLettINo d’ a r t e ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo 19-20 aNNo 2013 LugLIo–dIcemBre aNNo XcVIII SerIe VII SommarIo carLo BerteLLI: In ricordo di Ilaria Toesca 1 gIuSeppINa moNteroSSo: Processione muliebre su una pisside corinzia di Siracusa: 3 dono votivo ad Artemide Chitonea? ferNaNdo gILotta: Appunti su alcune presenze greche nella necropoli ceretana 13 aNNareNa amBrogI: Il reimpiego nella ritrattistica tardoantica. Sovrapposizione e/o 29 eLISaBetta dIaNa VaLeNte: Nuovi documenti per l’Oratorio di San Giovanni Decollato 51 SImoNetta proSperI VaLeNtI rodINò: I disegni di Carlo Maratti nelle collezioni 73 IL gIardINo zooLogIco dI roma. StorIa e coNSerVazIoNe 99 di Monte Abatone sostituzione di immagini nella statuaria iconica di età costantiniana a Roma (Jacopino del Conte, Francesco Salviati, Battista Franco, Pirro Ligorio) pubbliche italiane: bilancio e precisazioni Premessa Ragioni di una Giornata di Studio dedicata al Giardino Zoologico di Roma di maSSImo de 101 VIco faLLaNI Una sezione insolita all’interno della Rivista: argomenti e motivi di una scelta editoriale di LucILLa de LacheNaL Storia Laura fraNceScaNgeLI: La documentazione d’archivio dalla Roma di Nathan al Governatorato per la storia dello zoo romano maSSImo de VIco faLLaNI: Suggestioni per nuovi studi e ricerche di architettura e restauro del Giardino Zoologico di Roma gIorgIo muratore: Raffaele de Vico: visita nella parte più moderna dello zoo romano aLBerta campIteLLI: Dallo zoo al Bioparco: tre lustri di trasformazioni 102 103 121 131 137 Approfondimenti carLa BeNoccI: La passione per la caccia e per gli uccelli di un principe romano, Francesco Chigi, “studioso solitario” con appendice di aNNa perugINI: L’Archivio Fotografico Chigi presso l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione SImoNe QuILIcI: Il progetto Hagenbeck. 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