MiniStero dei Beni e delle AttiVità CUltUrAli e del tUriSMo ©
Bollettino d’Arte
Estratto dal Fascicolo N. 19–20 – luglio-dicembre 2013 (Serie VII)
FernAndo GilottA
AppUnti SU AlCUne preSenze GreChe
nellA neCropoli CeretAnA
di Monte ABAtone
D e L uca e Ditori D ’a rte
fernando gilotta
appunti su alcune presenze grecHe
nella necropoli ceretana di monte abatone
il progetto ‘monte abatone’ fu avviato molti anni fa
— ed è tuttora in corso sotto la direzione di marina
martelli — con l’obiettivo di realizzare una edizione
scientifica completa dei materiali di questa necropoli
ceretana, recuperati tra gli anni ’50 e ’60 del secolo
scorso grazie alle attività di prospezione della fondazione lerici. dopo una prima, preliminare, messa a
punto dei dati topografico–cronologici e culturali
d’insieme, presentata in occasione di un recente convegno orvietano,1) l’attività del gruppo di ricerca
impegnato nel progetto è tornata a volgersi al completamento dello studio dei diversi lotti di corredi.
oggetto di questa breve nota saranno, senza pretesa
di sistematicità, riflessioni su alcune “presenze” greche di spicco all’interno di un ristretto numero di
complessi della necropoli già in qualche misura sottoposti ad indagine ricognitiva.
un posto di rilievo, per rarità tecnico–tipologica,
spetta senz’altro ad un piccolo nucleo di flaconi, aryballoi o lekythoi, associati in corredi di vii secolo a.c. a
prodotti di tipo protocorinzio e a impasti bruni e
rossi.
un aryballos di grandi dimensioni (oltre 14 centimetri di altezza) fu recuperato tra i materiali della
tomba 3782) (figg. 1 a–b). la ricostruzione dei complessi originari pertinenti alla tomba è ovviamente
problematica. accanto a un numero cospicuo, e quantitativamente maggioritario, di vasi dell’orientalizzante recente (buccheri, unguentari etrusco–corinzi,
una kylix etrusco–corinzia con cani correnti), si raccolsero frammenti di una band–cup attica, forse ancora
dei decenni centrali del vi secolo a.c., e un gruppo di
materiali di datazione potenzialmente più alta: un
aryballos ovoide etrusco di imitazione, collocabile tra
secondo e terzo quarto del vii secolo a.c.,3) un calice
carenato in impasto rosso,4) un kyathos miniaturistico
in impasto bruno.5) a questi ultimi oggetti si sarebbe
portati ad associare l’aryballos in esame, che sembra,
in effetti, dipendere morfologicamente da autentici
aryballoi globulari di tradizione epc, interamente verniciati di nero: si può qui ricordare l’esemplare dalla
celebre tomba 168 di pithekoussai, definito dagli editori «protocorinzio antico originale».6) significative
assonanze tettoniche e dimensionali si rintracciano
nell’aryballos, di poco più piccolo e pure verniciato,
dalla tomba 2 di casaletti di ceri, attribuito a fabbrica
coloniale e datato da g. colonna verso il 680–670
a.c. (fig. 2).7) nell’esemplare di monte abatone si
osserva, tuttavia, una vernice tendente al nero/blu
piuttosto che al marrone/rossastro, mentre il corpo
globulare è più espanso e sormontato da un collo più
alto. i due aryballoi condividono una decorazione a
sottili linee suddipinte color crema, che in quello
ceretano sono presenti sul bocchello, all’attacco tra
collo e spalla, nella parte alta del corpo e sull’ansa,
qui disposte alle due estremità e a delimitare in basso
un motivo a croce di sant’andrea suddipinto nel
medesimo colore. affinità si riscontrano, infine, in un
aryballos da suessula, per la cui attribuzione si è oscillato tra una ipotesi rodia ed un riferimento ad ambito
coloniale:8) in questo caso la superficie verniciata
risulta, nella descrizione di W. Johannowsky, di colore
rossastro, prossima a quella dell’omologo di casaletti
di ceri, ed è interrotta da una fascia “con ingubbiatura crema” subito al di sotto della spalla.
1
a–
cerveteri, museo
nazionale cerite c.
ruspoli, depositi –
aryballos, dalla
tomba 378 della
necropoli di monte
abatone (scala 1:3)
1
b–
restituzione grafica
dello stesso in scala
1:3 (ansa esclusa)
0
10
cm
(disegno di E. Foddai)
13
2
0
10
cm
se, dunque, una complessiva ispirazione corinzia
sembra innegabile per l’aryballos di monte abatone, i
caratteri dell’argilla e le dimensioni trovano qualche
riscontro in materiali riferiti a (o provenienti da) ambito coloniale, databili ancora entro la prima metà del
vii secolo a.c. conferme in questa direzione geografica potrebbero guadagnarsi, d’altra parte, se si passasse
a considerare la forma nella sua dilatazione dimensionale, anche a prescindere dal sistema decorativo: il
pensiero va naturalmente ad alcune brocche/aryballoi
dall’«oikos greco» del saggio s all’incoronata di metaponto, senz’altro più grandi e in genere decorate sul
corpo con motivi lineari, ma tra le quali non mancano
esemplari accostabili anche tettonicamente al vaso ceretano, a loro volta non privi di problematici riscontri
insulari e greco–occidentali.9) un rimando a contesti
coloniali è in teoria possibile, ad ogni modo, anche per
l’uso decorativo del bianco suddipinto: l’accostamento
è già stato in qualche modo proposto da m. a. rizzo in
relazione ad una oinochoe dei decenni centrali del vii
secolo a.c., pure verniciata di nero, dalla camera laterale sinistra della tomba 4 di monte abatone.10) Quanto
al motivo a croce dipinto nella medesima tecnica sull’ansa dell’aryballos, non è difficile reperire confronti,
tra gli altri, nelle ceramiche achee o di ‘’tipo acheo’’ diffuse nel peloponneso occidentale e settentrionale, sul
lato nord del golfo di corinto e in numerosi centri
greci e indigeni dell’italia meridionale anche nel corso
del vii secolo a.c.11)
l’obiettiva carenza di riferimenti certi mi induce a
lasciare al momento aperto il problema della attribuzione e del percorso seguito da tali oggetti di ispirazione corinzia per raggiungere la metropoli etrusca:
accanto al più ovvio, per contiguità geografica e collaudati canali di scambio, tragitto tirrenico, non mi sentirei di escluderne a priori uno dal versante ionico della
penisola.12) e aperto resta, in ogni caso, anche il problema della datazione puntuale del pezzo, che, a prescindere dalle diverse combinazioni associative proponibili
per i materiali della tomba, si direbbe per la sua caratteristica tettonica databile verso i primi decenni, in
ogni caso non oltre la prima metà, del vii secolo a.c.
14
–
cerveteri, museo nazionale cerite – aryballoi
a confronto: dalla tomba 2 di casaletti di ceri
(a sinistra) e dalla tomba 378 della necropoli di
monte abatone (a destra) (scala 1:3)
argilla più chiara e vernice nero–bruna opaca,
meno coprente, tendente a squamarsi, caratterizzano
la ‘‘brocchetta’’ (lekythos?, alta oltre 18 centimetri) rinvenuta in una tomba, la 379 (figg. 3 a–b), del medesimo tipo della precedente.13)
la maggior parte dei materiali recuperati all’interno, buccheri e unguentari corinzi ed etrusco–corinzi,
appartiene all’orientalizzante recente; fanno eccezione una raffinata coppa carenata su alto piede in impasto bruno, riferibile a un orizzonte cronologico vicino
a quello della tomba della capanna,14) e una lekythos
conica a decorazione sub–geometrica epc o al più
inizi mpc, cui si sarebbe tentati di associare, forse,
anche la brocchetta in esame. se così fosse, il piccolo
gruppo di vasi, notevole per la sua varietà
tecnico–tipologica e anche cromatica, potrebbe essere
collocato entro i primi decenni del vii secolo a.c. al
suo interno è meritevole di segnalazione l’oinochoe
conica, assai rara in etruria, a differenza che in ambito coloniale, e nota a cerveteri da pochissimi altri
esemplari: ricordo quello dalla camera laterale destra
del tumulo di montetosto, opportunamente accostato
da m. a. rizzo a esemplari di provenienza cumana;15)
e quello, vicino al protome bird painter, dalla tomba
608 laghetto.16)
decisamente più inconsueta è la ‘‘brocchetta’’. i
caratteri tecnici, le dimensioni e la fascia risparmiata
con linee parallele che ne decora la spalla possono
ricordare produzioni achee o di tipo acheo e coloniali
rinvenute in italia meridionale: prescindendo dai
kantharoi, attestati in quantità rilevanti a francavilla
marittima e in altri centri di sicilia e italia meridionale,17) il rimando è, di nuovo, a forme chiuse, brocchette,
lekythoi o, se si vuole, grossi aryballoi, segnalati tra francavilla marittima e incoronata,18) con qualche possibilità di confronti, su suolo greco, e.g., nelle produzioni
di ano mazaraki e in quelle presenti a volimedia, in
messenia, di orizzonte sicuramente ancora lg.19) nel
complesso, dunque, sembrerebbe non potersi escludere
per la brocchetta dalla tomba 379 una collocazione cronologica alta e un quadro di riferimento greco–occidentale o, più verosimilmente, greco–coloniale.
cerveteri, museo nazionale cerite,
depositi – broccHette dalla necropoli di monte abatone (scala 1:3):
3
3
a – dalla tomba 379
b – restituzione grafica
della stessa
(disegno di E. Foddai)
4
4
a – dalla tomba 391
b – restituzione grafica
0
10
cm
della stessa
(disegno di V. Carafa)
0
terza stazione di questo (al momento ipotetico)
percorso tra cerveteri e la vicina frontiera ellenica è la
‘‘brocchetta’’ rinvenuta nella tomba 39120) (figg. 4
a–b). l’argilla, più rosata rispetto all’esemplare precedente, e la vernice, nero–bluastra piuttosto che
nero–bruna, con sottili linee suddipinte in bianco,21)
ricordano l’aryballos dalla tomba 378, ma scala dimensionale e morfologia complessiva, seppure con spalla
più ampia e espansione assai maggiore della parte
centrale del corpo, si collocano non lontano dalla
‘cugina’ della tomba 379. i materiali del corredo —
una oinochoe italo–geometrica22) e uno skyphos di tipo
protocorinzio ‘‘a sigma’’,23) calici e piatti in impasto
rosso — sembrerebbero corroborare, con una datazione non oltre il secondo quarto del vii secolo a.c., le
cronologie proposte dianzi per gli altri pezzi.
associazioni singolarmente affini e una cronologia
di conseguenza analoga si segnalano per la brocchetta, sempre verniciata di nero, dalla tomba 65,1 di
10
cm
macchia della turchina a tarquinia,24) connotata stavolta da una argilla di colore arancione carico e da
vernice nero–bruna; fortunatamente integri risultano
il collo, percorso in basso da un collarino, ed il bocchello, circolare, mentre la spalla risulta meno sfuggente che negli esemplari dalle tombe 379 e 391. le
analogie con corredi di area ceretano–veiente, giustamente evidenziate per il complesso tarquiniese da s.
bruni,25) si estendono quindi fino all’inclusione della
esotica (se non altro per la sua rarità) brocchetta in un
servizio di impasti, ceramiche italo–geometriche e di
tipo protocorinzio.
infine, una brocchetta, stavolta a bocca sicuramente
trilobata, rinvenuta in un altro importante complesso
ceretano, il cosiddetto ‘tumuletto iiibis a sinistra della
via sepolcrale’, edito da m. a. rizzo e datato entro il
secondo quarto del vii secolo a.c.:26) affinità con i
reperti sin qui illustrati denotano i caratteri dell’argilla, il corpo globulare interamente verniciato, la deco-
15
cerveteri, museo nazionale cerite, depositi
5
a–
oinocHoe corinzia frammentaria, dalla tomba 36 della
necropoli di monte abatone
5
b–
restituzione grafica della stessa in scala 1:3
(disegno di E. Foddai)
0
5b
10
cm
razione a sottili linee in bianco. la tettonica, qui percepibile per intero grazie alla integrità del pezzo, riecheggia (di nuovo) forme note a partire dal lg ellenico in una molteplicità di versioni, con agganci
morfologici in questo caso significativi, e.g., fra materiali da palaiomanina (tra etolia e acarnania).27)
i piccoli vasi dalle tombe 378, 379 e 391 di monte
abatone, inconsueti nella forma e non omogenei nei
caratteri fisici, ma non privi di qualche attache ceretano–tarquiniese, appaiono, benché banalmente verniciati di nero, parte di corredi di una certa rilevanza e
si aggiungono ad altre classi di materiali ceretani di
possibile origine greco–coloniale/occidentale, discusse
a più riprese da r. dik e m. a. rizzo,28) tra le quali si
annoverano senz’altro almeno oinochoai e aryballoi di
tipo protocorinzio. un’ulteriore (piccola) tessera sembra in tal modo potersi inserire nel già articolato quadro dei canali di scambio attivi a caere tra orientalizzante antico e medio, cui dobbiamo in definitiva,
come dimostrato da m. martelli, le frequenti suggestioni di marca ‘‘egea’’ riscontrabili nelle produzioni
di artigianato maggiore della città etrusca, che conosce in quest’epoca una fase di eccezionale fioritura
economica e culturale.29)
per quanto attiene alle ceramiche di corinto, nella
prima metà del vii secolo a.c., come nelle attese, la
presenza di esemplari originali o di imitazione appare
significativa, anche all’interno, come si è visto, dei
corredi qui brevemente passati in rassegna,30) restando peraltro cospicua in epoca immediatamente successiva, vale a dire tra lpc e tr e poi, sia pure a fasi
alterne, ancora nelle fasi ec–lc: trova così conferma
un orientamento già chiaramente deducibile dalle
16
6 – cerveteri, museo nazionale cerite, depositi
alabastron corinzio, dalla tomba 184 della necropoli
di monte abatone
edizioni dei vecchi scavi e dalle ricerche più recenti di
m. cristofani, m. martelli, m. a. rizzo e di altri studiosi, anche in relazione alla necropoli di monte abatone,31)
a monte abatone, come in altre aree necropoliche ceretane, l’olpe e l’oinochoe trilobata lpc e poi
tr, di cui qui si mostra un esemplare frammentario
(figg. 5 a–b) dalla tomba 36, appaiono, soprattutto
con le produzioni del pittore del vaticano 73 e
gruppi contigui,32) e insieme con le oinochoai in tecnica ‘‘black–polychrome’’ all’incirca coeve o anche
leggermente più tarde,33) tratti ricorrenti in tombe
a più deposizioni decisamente di spicco: in questi
complessi, benché sia arduo verificare in maniera
–
restituzione grafica in scala 1:3
dell’aryballos corinzio
dalla tomba 136 della necropoli
di monte abatone, conservato nei
depositi del museo nazionale cerite
7
(disegno di V. Carafa)
8
0
7
10
cm
puntuale le associazioni, si segnalano infatti anche
anfore da trasporto greche, anfore etrusche dei
gruppi bird e Horizontal–s–loops di dik,34) e prestigiosi set di vasi di importazione, di nuovo corinzi
e anche greco–orientali, o locali.35)
nei decenni successivi è da sottolineare in primo
luogo la rilevanza numerica, secondo tendenze già
note e non limitate alla sola cerveteri,36) degli
unguentari, nelle loro diverse articolazioni tipologiche e con alcuni dei più significativi gruppi stilistici.
nella fase ec, in particolare, tra i pezzi di qualità
più alta si segnalano alabastra come quello dalla
tomba 18437) (fig. 6), di dimensioni medie,38) con una
raffinata composizione di sfingi contrapposte ai lati di
un trofeo vegetale a doppio fiore di loto,39) non privo
di legami con alcune produzioni ancora tr, quali quelle del griffin group o dello sphinx painter40) (griffin
painter e double–bodied sphinx painter).
molto fine appare anche l’aryballos globulare dalla
tomba 136 (fig. 7), di un tipo cui sono riconducibili
numerosi altri esemplari, rinvenuti tanto in italia
meridionale e sicilia che in etruria.41) l’esemplare di
monte abatone è caratterizzato da una superficie
chiara e uniformemente levigata, e il motivo decorativo fitomorfo occupa buona parte dello spazio disponibile, non disturbata peraltro da ulteriori riempitivi;
tipici del gruppo sono anche le profilature nere dell’ansa e il motivo a girandola che occupa il fondo. la
datazione, che dovrebbe complessivamente collocarsi
tra ec e mc, non è esclusa dalle potenziali associazioni di corredo, che annoverano un pithos in impasto
rosso, frammenti di un’olpe ad archetti intrecciati e
buccheri, tra cui kantharoi di forma rasmussen 3e e
frammenti di calici tetrapodi.42)
analogo per la politezza della superficie e la relativa sobrietà dei riempitivi, ma dotato di forma asimmetrica, senz’altro meno accurata, è l’aryballos globulare dalla tomba 21643) (fig. 8), i cui residui di corredo
non risultano purtroppo diagnostici. decorato da una
maschera bovina frontale affiancata da rosette a macchia graffite, l’unguentario appare sicuramente attribuibile alla stessa mano che ha prodotto un alabastron
dal santuario della malophoros a selinunte44) ed uno
da egina,45) è da riferire al fol painter, artigiano rico-
– cerveteri, museo nazionale cerite
depositi – aryballos corinzio
0
dalla tomba 216 della necropoli
di monte abatone (scala 1:3)
0
5
cm
5
cm
9
–
restituzione grafica in scala 1:3 dell’alabastron
corinzio dalla tomba 379 della necropoli di
monte abatone, conservato nei depositi
del museo nazionale cerite
(disegno di E. Foddai)
10
–
cerveteri, museo nazionale
cerite, depositi – alabastron
corinzio, dalla tomba 430
della necropoli di monte
abatone (scala 1:3)
0
5
cm
nosciuto da c.W. neeft e attivo ancora tra ec e inizi
mc, nella bottega del dolphin painter.46)
ugualmente rappresentate sono le serie, già note
a cerveteri, di alabastra ec con leoni affrontati,47)
come quello dalla tomba 37948) (fig. 9), potenzialmente affiancato nel corredo da un secondo (grande) alabastron con padded dancers49) e da un ampio
set di aryballoi e alabastra etrusco–corinzi; o anche di
alabastra con pantere e piccolo animale al centro,
come quello dalla tomba 43050) (fig. 10), ispirato ad
esperienze ancora tr51) e non distante cronologicamente dai prodotti ec della bottega del pittore di
candia 7789.52)
in un segmento produttivo differente si collocano
gli aryballoi globulari del Warrior group53) e dei «padded dancers specialists», come un esemplare nuova-
17
0
5
11
cm
restituzioni graficHe in scala 1:3 degli aryballoi corinzi
conservati nei depositi del museo nazionale cerite:
11
–
dalla tomba 184 della necropoli di monte abatone
(disegno di V. Carafa)
12
–
dalla tomba 379 della necropoli di monte abatone
(disegno di E. Foddai)
0
10
cm
mente dalla tomba 18454) (fig. 11), accostabile al de
young painter («flap group 2»);55) col medesimo soggetto sono presenti anche grandi alabastra, all’incirca
coevi: quello dalla tomba 37956) (fig. 12) vedremmo
vicino, per tettonica, scala dimensionale, numero e
tipologia dei fregi figurati all’altenburg painter —
artigiano i cui prodotti sono già segnalati in etruria —
benché le scarse tracce ancora leggibili di pittura indichino una mano alquanto più corsiva.57) nell’accordare favore a prodotti di tipologia affine o di botteghe
specifiche come quelli appena menzionati, la committenza ceretana di monte abatone non si discosta troppo dalle coeve clientele di grecia, magna grecia e di
area etrusco–italica,58) sebbene l’evidenza appaia in
questo caso spesso appannata o definitivamente compromessa dai saccheggi degli scavatori clandestini,
che hanno distrutto l’integrità dei corredi.
18
accanto agli unguentari, che annoverano anche
piccoli alabastra e aryballoi globulari ec di tipo b2
con decorazione a puntini,59) non mancano in quantità minori nella cerveteri dei decenni ec e soprattutto mc–lc forme di funzionalità e scala dimensionale
diverse, come le oinochoai, le olpai, le piccole
neck–amphorae a collo espanso, anche le kylikes;60) tra
mc e lc, la presenza corinzia continua nel complesso
ad essere significativa: giungono pezzi di morfologie
non comuni o di intrinseco prestigio, con attenzione
particolare per i vasi ‘‘da tavola’’ figurati, riferibili ai
principali gruppi attivi nel settore, come nel caso
della panel–amphora dalla tomba 32661) (figg. 13 a–b) ,
prossima al lc andromeda group.62) assai più insolita, invece, è una seconda panel–amphora, con decorazione animalistica e floreale, dalla tomba 9363) (figg.
14 a–c), potenzialmente associabile ad un aryballos
globulare e a un cratere a vernice nera, entrambi di
bottega laconica, e a un set di vasi di bucchero, che
potrebbero confermarne una datazione tra mc e lc
i.64) in questo caso, confronti si segnalano a taranto,
ove tipi dal corpo meno espanso, con pannello tra
spalla e parte superiore del corpo appaiono dotati di
analoghi trofei vegetali.65) più rilevanti le analogie
morfologico–decorative con due esemplari, oggi a
montpellier e edimburgo,66) entrambi decorati con
soggetti animalistici nel pannello, che si sviluppa,
proprio come nell’esemplare ceretano, tra collo e
spalla. la concezione tettonica complessiva di questo
piccolo gruppo di vasi sembrerebbe echeggiare
modelli attici;67) e proprio sul mercato ceretano si
segnalano alcuni potenziali (seppur parziali) Vorbilder
del Kerameikos ateniese, rare anfore a figure nere di
datazione assai alta, attribuibili a personalità di primissimo piano,68) destinate forse a condizionare alcuni
decenni dopo anche produzioni figurate etrusche.69)
il numero di amphoriskoi appare ormai a cerveteri,
e non soltanto a monte abatone, assai più alto di
quanto non si credesse un tempo,70) secondo tendenze
che si avvicinano, seppure in tono certo minore, a
quelle riscontrabili sui mercati di italia meridionale e
sicilia. l’esemplare dalla tomba 14871) qui illustrato
(figg. 15 a–b) reca al centro del corpo il gruppo pantera–capro, il più classico dei motivi animalistici in uso
nella ceramica corinzia dell’epoca, assai comune anche
nel repertorio dei decoratori di questa specifica forma.
lo stile appare peculiare nella sua corsività, per il rendimento del muso degli animali e per il corpo compresso in lunghezza della pantera; morfologia, riempitivi e strutturazione del sistema decorativo potrebbero
suggerire una collocazione mc tra la bottega del pitto-
0
10
cm
14a
cerveteri, museo nazionale cerite, depositi
anfore corinzie in scala 1:4:
13a
13 a–b
– dalla tomba 326 della necropoli di monte abatone
e particolare della decorazione della stessa
14 a–b
– dalla tomba 93 della necropoli di monte abatone
e restituzione grafica della stessa
(disegno di V. Carafa)
0
13b
10
cm
0
14b
10
cm
19
0
10
cm
0
15
a–b –
10
cm
restituzione grafica in scala 1:3 dell’ampHoriskos
corinzio dalla tomba 148 della necropoli
di monte abatone, conservato a cerveteri
nei depositi del museo nazionale cerite
(disegni di E. Foddai)
14 c – restituzione grafica in scala 1:4
della decorazione dell’anfora corinzia dalla tomba 93
della necropoli di monte abatone (lati a–b)
(disegni di V. Carafa, E. Foddai)
re di ampersand e il pittore degli amphoriskoi di
palermo,72) già probabilmente presente a cerveteri.73)
tra gli ambienti fuori d’etruria che più si prestano,
per la buona disponibilità di testimonianze edite, ad
un confronto con le evidenze ceretane di fase mc–lc,
va annoverata taranto, nonostante che le ovvie diversità di dislocazione geografica, strutturazione economica e anche etnico–ideologica circoscrivano la validità di qualsiasi accostamento.74) analogie sembrano
manifestarsi, infatti, nella presenza non soltanto di
vasi ‘‘da tavola’’, comprendenti, come si è appena
visto, anche panel–amphorae di tipologia rara;75) ma
anche di un buon numero di amphoriskoi corinzi, di
aryballoi globulari laconici, questi ultimi — secondo
alcune ipotesi — forse in parte veicolati in direzione
dell’area medio–tirrenica proprio dalla colonia spartana, attraverso traffici redistributivi a carattere ‘‘specializzato’’ (coudin)76) o, più in generale, all’interno
del percorso commerciale marittimo che vede le città
dello ionio tappe intermedie degli itinerari commerciali diretti verso il mondo tirrenico (giudice).77)
tra i prodotti delle botteghe di corinto, presenze
significative appaiono anche quelle dei long–alabastra,78) dei quali già molti decenni fa d.a. amyx, in
contrasto con quanto sostenuto da H. payne, rilevò
una discreta diffusione, oggi confermata da evidenze
tanto coloniali che etrusche. l’esemplare dalla tomba
13479) (fig. 16) è in pessimo stato di conservazione, ma
appare sicuramente decorato con creature ad ali spiegate che sembrerebbero confermarne una datazione
in epoca mc, analoga a quella della maggior parte
degli esemplari al momento noti.
il tessuto di presenze corinzie appare, anche dai
pochi capisaldi qui presi in esame, sufficientemente
diversificato. caratteristica è la presenza di uno o due
unguentari ec che fanno da ‘‘capofila’’, nelle rare
20
associazioni potenziali, ad altri, più numerosi, vasi del
medesimo tipo, ma in bucchero o (soprattutto) prodotti in botteghe etrusco–corinzie,80) come nel caso,
relativamente sicuro, della tomba 379 e (forse) in
quello della tomba 184. un dato del genere ha catalizzato in anni recenti l’attenzione di più studiosi e ad
0
16
–
10
cm
restituzione grafica in scala 1:3 dell’alabastron
corinzio dalla tomba 134 della necropoli
di monte abatone, conservato nei depositi
del museo nazionale cerite
(disegni di V. Carafa)
esso sono stati dedicati mostre e convegni. il numero
notevolissimo (inferiore solo a quello dei buccheri) dei
vasi per profumi di produzione etrusca che si accompagnano a loro omologhi di importazione corinzia (e
in parte anche greco–orientale) sembra costituire,
nella ostentazione funeraria così radicata dei corredi
ceretani di epoca (anche) arcaica, non tanto (o forse
non solo) una mera vetrina del repertorio di unguenti
posseduti e adoperati in vita dal titolare del corredo,
quanto un segno di cerimonie per il defunto, da
intendersi come offerte,81) secondo alcune recenti ipotesi, o forse anche come veri e propri riti compiuti sul
cadavere:82) un momento altro e complementare, dunque, a quello cui darebbe volto il classico set da banchetto. a quest’ultimo si riferisce invece con certezza
un altro tipo vascolare corinzio, la panel–amphora, che
pare, almeno in un caso, abbinarsi ad altri grandi vasi
da tavola ugualmente di importazione, come il cratere
laconico,83) molto amato a cerveteri nel corso della
prima metà del vi secolo a.c., secondo quei meccanismi di assortimento ‘‘internazionale’’ già evidenziati
per set funerari eminenti come quello della tomba
170 bufolareccia.84)
se davvero fosse possibile riconoscere questi due
momenti nella complessa procedura commemorativa,
in qualche misura differenziati, anche se apparentemente indistinti nella realtà della tomba a camera
ipogea, giunta a noi spesso compromessa nella ratio
spaziale e nella consistenza degli oggetti di corredo,85)
si tratterebbe di qualcosa di omologabile a quanto
noto nel mondo greco e coloniale e in quello italico,
ove il defunto può talora essere immaginato ‘‘protagonista’’ e a un tempo ‘‘destinatario’’ del rito funebre,
attraverso la deposizione di oggetti accanto alla salma
o anche in un’area distinta e/o esterna a quella della
vera e propria tomba.86)
un numero così esiguo di corredi a monte abatone
non consente naturalmente di proporre bilanci di
alcun tipo. ciò che si evince con relativa sicurezza è,
però, come si è visto, una complessiva conferma di
alcune tendenze già note, una buona presenza, tra gli
unguentari di fase tr–ec, anche di prodotti di «padded dancers specialists», ed il ruolo centrale svolto
dai vasi ‘‘da tavola’’ mc–lc, anche red–ground, spesso
in posizione eminente all’interno di ricchi set da banchetto.
resta il profilo di una committenza sempre aperta
ai mercati ellenici e, pur se in piena espansione di
stampo urbano, dominata da attitudini ostentatorie,
per così dire laico/rituali, davvero spiccate, ‘‘multicolori’’ nella varietà di forme e superfici decorate, e per
questo in sintonia solo parziale con quanto si registra
nei maggiori distretti magno–greci di area tirrenica e
anche ionica.87)
Ringrazio vivamente la dott.ssa Alfonsina Russo, Soprintendente Archeologo per l’Etruria Meridionale, e la dott.ssa
Rita Cosentino, funzionario archeologo responsabile dell’area
ceretana, per il costante e paziente sostegno accordato negli
anni a tutto il gruppo di ricerca di Monte Abatone. Ringrazio anche i proff. Bruno D’Agostino, Marina Martelli, Paola
Pelagatti, Maria Antonietta Rizzo, la dott.ssa Luigina
Tomay, e gli amici Alessandra Coen, Marina Micozzi, Orazio
Paoletti per i preziosi suggerimenti. Le foto sono di Valentina
Carafa; i disegni di Valentina Carafa, Elena Foddai, Ferdinando Sciacca. Un grazie particolare alla dott.ssa Lucilla de
Lachenal, per la sua (consueta) amichevole disponibilità ad
accogliere il lavoro e la competente rilettura del testo.
L’impossibilità di distinguere con certezza le diverse deposizioni all’interno delle tombe a camera, fenomeno consueto
nella realtà archeologica ceretana, mi ha indotto ad usare
nel testo i termini ‘potenziale’ e ‘potenzialmente’ per qualsiasi proposta di associazione di materiali.
abbreviazioni
particolari
Dea di Sibari i.1–2 = f.
van der Wielen van ommeren, l.
de lacHenal (a cura di), La dea di Sibari e il santuario
ritrovato. Studi sui rinvenimenti dal Timpone Motta di
Francavilla Marittima, in BdA, volumi speciali,
2007–2008.
Formazione 1980 = La formazione della città nel Lazio,
DialA, n.s. 2.
Incoronata 3 = Ricerche archeologiche all’Incoronata di
Metaponto 3. L’oikos greco del saggio S. Lo scavo e i
reperti, milano 1995.
Milano 1986 = Gi Etruschi di Cerveteri, catalogo della
mostra di milano, modena.
Osa 1992 = La necropoli laziale di Osteria dell’Osa, a.m.
bietti sestieri (a cura di), roma.
Perachora ii = Perachora ii. The Sanctuaries of Hera Akraia and Limenia: Excavations of the British School of
Archaeology at Athens 1930–1933, a cura di t. J. dunbabin,
oxford 1962.
Taranto I.3 = Catalogo del Museo Nazionale Archeologico
di Taranto i.3, taranto 1997.
1) a. coen, f. gilotta, m. micozzi, Comunità e committenza: studi preliminari sulla necropoli ceretana di Monte
Abatone, in Artisti, committenti e fruitori in Etruria tra VIII
e V sec. a.C., XXi convegno internazionale di studi sulla
storia e l’archeologia dell’etruria (orvieto, 2013), in corso
di stampa. a questa relazione si rimanda anche per l’ampia
bibliografia di dettaglio sulla necropoli e per la pianta della
medesima, prodotta dalla fondazione lerici e già pubblicata a più riprese: cfr., e.g., Milano 1986, pp. 14 e 15; a.
coen, Complessi tombali di Cerveteri con urne cinerarie
tardo–orientalizzanti, firenze 1991, p. 45, fig. 12.
2) a camera unica, con pianta quadrangolare. l’argilla
del vaso, rosa–arancio, ha caratteristiche vicine a munsell
7.5 yr 7/4.
3) cfr., e.g., Milano 1986, p. 79, n. 86, monte abatone
tomba 90, pp. 111 e 120; più recentemente, s. neri, Il tor-
nio e il pennello. Ceramica depurata di tradizione geometrica di epoca orientalizzante in Etruria meridionale (Veio,
Cerveteri, Tarquinia e Vulci), roma 2010, pp. 26 e 27, tipo
2b, tav. 1, ove a ragione se ne propone un parziale accostamento genetico anche ai tipi “conici”, essenzialmente per
via della spalla compressa. cfr. anche, in parte, gli aryballoi
21
ovoidi della list lXiv di c. W. neeft (Protocorinthian Subgeometric Aryballoi, amsterdam 1987, p. 146 e ss., con datazione a p. 333).
4) cfr. s. ten kortenaar, Il colore e la materia: tra tradizione e innovazione nella produzione dell’impasto rosso nell’Italia medio–tirrenica (Cerveteri, Veio e il Latium Vetus),
roma 2011, pp. 130 e 131, tipo 260c1, tav. 34, con bibl. e
datazione all’orientalizzante medio, ma con possibili attardamenti.
5) e.g., Milano 1986, p. 90. per il lazio, Formazione
1980, p. 180, tav. 38, 17; Osa 1992, pp. 279 e 280, tav. 22,
tipo 20y. cfr. anche a. de santis, Alcune considerazioni sul
territorio veiente in età orientalizzante e arcaica, in Le
necropoli arcaiche di Veio, a cura di g. bartoloni, roma
1997, p. 112; g. benedettini, Le produzioni ceramiche
medio–italiche di età orientalizzante, in Il Museo delle Antichità Etrusche e Italiche 2. Dall’incontro con il mondo greco
alla romanizzazione, roma 2007, p. 53, cat. n. 17; g. bartoloni, m. taloni, Ruoli femminili nell’Orientalizzante
laziale, in Il Lazio dai Colli Albani ai Monti Lepini tra preistoria ed età moderna, a cura di l. drago, roma 2009, pp.
299 e ss., 306; m. taloni, Le tombe da Riserva del Truglio
al Museo Pigorini di Roma, roma 2013, p. 165 e ss. (tutti
con bibl.).
6) g. bucHner, d. ridgWay, Pithekoussai i. La necropoli, in
MonAnt, serie monografica 4, 1993, p. 221, n. 16, tav. 72, con
larga fascia centrale risparmiata percorsa da tre brevi linee
parallele. anche il piede è affine a quello dell’esemplare ceretano, seppure leggermente più concavo; l’altezza, però (circa
cm 7,5) può essere considerata ‘‘canonica’’. sugli aryballoi
globulari di fabbrica ‘coloniale’, forse in parte prodotti anche
in loco dagli stessi ceramisti corinzi, cfr. più recentemente d.
ridgWay, Riflessioni su Tarquinia. Demarato e l’‘ellenizzazione dei barbari’, in Tarquinia e le civiltà del Mediterraneo, atti
del convegno internazionale (milano 2004), a cura di m.
bongHi Jovino, milano 2006, p. 34 (con rinvio alle ricerche
di neeft, op. cit. in nota 3); H. tHomasen, A Reinterpretation
of the Early Protocorinthian Globular Aryballos, in ActaHyp,
13, 2013, p. 25 e ss.; in relazione alla isolata attestazione
bolognese, m. martelli, Un aryballos cumano–pithecusano
da Bologna, in StUrbin, 55, 1981–1982, pp. 73–78 e, da ultimo, cenno in f. mermati, Cuma: le ceramiche arcaiche. La
produzione pithecusano–cumana tra la metà dell’VIII e l’inizio del VI sec. a.C., napoli 2012, p. 167.
7) g. colonna, Rivista di Epigrafia Etrusca, in StEtr,
36, 1968, pp. 268–271, fig. 3,5. sulla tomba, costantemente
citata nella letteratura, cfr. almeno m. martelli, La ceramica greco–orientale in Etruria, in Les céramiques de la Grèce
de l’Est et leur diffusion en Occident, atti del convegno
(napoli 1976), paris–napoli 1978, p. 153; r. dik, Un’anfora orientalizzante etrusca nel Museo Allard Pierson, in
BABesch, 56, 1981, p. 50; m. a. rizzo, Alcune importazioni
fenicie da Cerveteri, in Atti del Secondo Congresso Internazionale di Studi Fenici e Punici (roma 1987), roma 1991,
p. 1179; s. bruni, Prima di Demarato. Nuovi dati sulla pre-
senza di ceramiche greche e di tipo greco a Tarquinia durante la prima età orientalizzante, in La presenza etrusca nella
Campania meridionale, atti delle giornate di studio (saler-
no–pontecagnano, 1990), firenze 1994, pp. 323 e 324.
8) W. JoHannoWsky, Materiali di età arcaica dalla Campania, napoli 1983, p. 256, n. 15, tav. 60c (l’altezza in questo caso è di cm 11): bruni, op. cit. in nota 7, pp. 323–324,
22
con discussione delle due opzioni, quella ‘‘rodio–cretese’’ e
quella coloniale. per la tettonica complessiva, cfr., ad ogni
modo, anche l’esemplare, sicuramente coloniale, decorato
con serpente sulla spalla e scacchiera sul corpo, da cuma: e.
gabrici, Cuma, in MonAnt, XXii, 1913, col. 280, tav. 49,2:
f. g. lo porto, Vasi cretesi e pseudo cretesi in Italia, in
Antichità cretesi. Studi in onore di Doro Levi, ii, catania
1974, pp. 175, fig. 2c, e 177; mermati, op. cit. in nota 6, p.
177 (con riferimento anche alle attribuzioni di c. W. neeft).
per i numerosi esemplari di aryballoi globulari in ‘’bucchero’’ grigio o nero da creta, cfr., e.g., J. k. brock, Fortetsa, cambridge 1957, tavv. 72 n. 983, 96 n. 1323 e 100 n.
1247 (tutti delle dimensioni di un reale aryballos). frequenti sono anche le attestazioni, a creta, di aryballoi, ‘’jug–aryballoi’’ o vere e proprie oinochoai e brocche, di ispirazione
corinzia o di impronta locale, dal corpo globulare, decorati
in vario modo, e riferiti alle locali fasi lg/eo–lo (e.g. e.
moignard, in Knossos North Cemetery. Early Greek Tombs,
a cura di J. n. coldstream, H. W. catling, london 1996,
tav. 116, tomba 63.4, p. 356; tav. 150, tomba 107.42, p. 443:
aryballos; o anche, dalla stessa tomba, tav. 150, n. 61, p.
434: oinochoe a bocca trilobata; tav. 119, tomba 75.18, p.
438: brocca).
9) Incoronata 3, pp. 61, n. 25, 64 e 65: il vaso è definito
«brocca globulare» (h. cm. 21). per i caratteri di argilla e vernice di queste produzioni, cfr. ibidem, p. 59. per attestazioni
cretesi di forme affini, cfr. nota precedente.
10) m. a. rizzo, Una kotyle del Pittore di Bellerofonte di
Egina ed altre importazioni greche ed orientali dalla Tomba
4 di Monte Abatone a Cerveteri, in BdA, 140, 2007, p. 38,
ove, non a caso, si evoca nuovamente la possibilità di qualche riscontro anche insulare. per questo aspetto tecnico
nelle produzioni cretesi, cfr. la bibl. cit. in nota 8.
11) cfr. l. tomay, Ceramiche di tradizione achea della
Sibaritide, in Gli Achei e l’identità etnica degli Achei d’Occidente, atti del convegno internazionale di studi (paestum,
2001), a cura di e. greco, paestum–atene 2002, p. 331 e
ss., passim, con riferimento anche a J. k. papadopoulos,
Magna Achaea. Akhaian Late Geometric and Archaic Pottery in South Italy and Sicily, Hesp, 70, 2001, p. 373 e ss.;
a. gadolou, The Pottery Fabrics and Workshops from Ano
Mazaraki. The 1979 Excavation Season, in Gli Achei ….,
loc. cit., p. 165 e ss.; l. tomay, Ceramiche arcaiche di produzione locale della Sibaritide, in Kroton e il suo territorio
tra VI e V secolo a.C. Aggiornamenti e nuove ricerche, atti
del convegno di studi (crotone, 2000), a cura di r. belli
pasQua, r. spadea, crotone 2005, p. 207 e ss. cfr. ora anche
J. k. papadopoulos, The Achaian and Achaian–Style Pottery, in Dea di Sibari I.2, 2008, p. 57 e ss.; m. martelli,
Altre riflessioni sul santuario di Francavilla Marittina, in
BdA, ser. vii, 15, 2012, p. 19 e ss., e, in generale, Alle origini della Magna Grecia, atti del l convegno di studi sulla
magna grecia (taranto, 2010), taranto 2012 (tra i numerosi interventi sul tema, quelli di a. gadolou e b. d’agostino,
anche con bibl. precedente). ancora fondamentale la sintesi
di J. n. coldstream, Achaean Pottery around 700 B.C., at
Home and in the Colonies, in Helike II: Ancient Helike and
Aigaleia, proceedings of the ii intern. conference (aigion,
1–3 dec. 1995), a cura di d. katsonopoulou, s. soter, d.
scHilardi, athenai 1998, p. 323 e ss., con riferimento anche
agli importanti rinvenimenti di i. dekoulakou, Ceramica di
VIII e VII sec. a.C. da tombe dell’Acaia e dell’Etolia, in
ASAtene, 60, 1982, p. 219 e ss.
12) cfr. la bibl. cit. in nota 11 e anche infra, a proposito
della brocchetta dalla tomba 379. difficile è stabilire se tra i
modelli possano eventualmente essere inclusi anche prodotti di botteghe laconiche, nei quali si scorgono caratteri fisici
(argilla, vernice) non troppo dissimili, ma non, almeno al
momento, confronti morfologici e cronologici soddisfacenti.
cfr., in generale, anche il quadro di rapporti con il mondo
della costa ionica ed ‘‘egeo’’ delineato recentemente in relazione ad amendolara da J. de la genière (Amendolara. La
nécropole de Paladino Ouest, paris–naples 2012, p. 258);
anche ad amendolara, peraltro, si segnalano in abbondanza
materiali di produzione locale, ma di ispirazione ellenica,
dalle tipologie inconsuete: cfr., e.g., il grande aryballos dalla
tomba 210 (de la genière, loc. cit., p. 126, n. 3), datato tentativamente al vi secolo a.c., ma la cui cronologia potrebbe
forse risalire alla seconda metà del secolo precedente.
13) cfr. nota 2. le due tombe sono peraltro non distanti
fra loro: un elemento, questo, che sarà di grande importanza nello studio complessivo della necropoli e dei suoi possibili meccanismi di aggregazione.
14) ten kortenaar, op. cit. in nota 4, p. 146 (per esemplari sia in impasto bruno che rosso).
15) m. a. rizzo, Cerveteri. Il tumulo di Monte Tosto, in
Secondo Congresso Internazionale Etrusco, roma 1989, p.
160.
16) p. pelagatti, Siracusa. Le ultime ricerche in Ortigia,
in ASAtene, 60, 1982, p. 139, nota 68; m. martelli, La
ceramica greca in Etruria. Problemi e prospettive di ricerca,
in Secondo Congresso Internazionale Etrusco, cit. in nota
15, p. 798; rizzo, art. cit. in nota 15, p. 160; e anche
eadem, art. cit. in nota 10, p. 37 (per il contesto). sul tipo,
cfr. ora anche Dea di Sibari i,1, p. 175 e ss.; m. b. moore,
An Early Protocorinthian Conical Lekythos–Oinochoe in the
Metropolitan Museum, in AntK, 52, 2009, p. 3 e ss.; J. k.
Jacobsen, s. Handberg, Excavation on the Timpone della
Motta Francavilla Marittima (1992–2004).i. The Greek
Pottery, bari 2010, p. 181 e ss.
17) da ultimo, con riferimento anche ai ritrovamenti di
gricignano, martelli, art. cit. in nota 11, p. 30; e, in generale, la bibl. cit. in nota 11.
18) tomay, art. cit. (2002) in nota 11, p. 347, fig. 21, da
francavilla; pp. 347 e 348, con rimando a Incoronata 3, p.
61, figg. 194 e 197–199 (cfr. anche supra nota 9).
19) tomay, art. cit. (2002) in nota 11, p. 348, nota 77: qui
con rimando a W. d. e. coulson, Geometric Pottery from
Volimidia, in AJA, 92, 1988, p. 70, figg. 27 e 28 (volimedia)
e a gadolou, art. cit. in nota 11, tav. 15 (ano mazaraki).
cfr. anche la bibl. cit. in nota 11.
20) il piccolo vaso è alto cm 19,3; argilla munsell 7.5 yr
7/4.
21) se ne distinguono a stento, sulla superficie fortemente compromessa dalle abrasioni, una longitudinale sull’ansa,
una sul bocchello, due parallele sulla spalla, subito al di
sotto dell’attacco inferiore dell’ansa.
22) non distante da neri, op. cit. in nota 3, pp. 62 e 63,
tipo cb 3f, tav. 8 (con bibl.).
23) ora neri, op. cit. in nota 3, p. 149, tipo ba 3b–c, tav.
27 (con bibl.), con datazione tra primo e secondo quarto del
vii secolo a.c. in generale, su questo tipo di skyphoi, cfr.
più recentemente m. a. rizzo, Le tombe orientalizzanti di
San Paolo a Cerveteri, in Dinamiche di sviluppo delle città
nell’Etruria meridionale, atti del XXiii convegno di studi
etruschi ed italici (roma et al., 2001), pisa–roma 2005, pp.
284 e 285; Dea di Sibari i.1, p. 245 e ss.; l. grasso, La
stipe del santuario di Alaimo a Lentini, catania 2008, pp.
53 e 54; mermati, op. cit. in nota 6, p. 201 e ss.; f. gilotta,
c. passaro, La necropoli del Migliaro a Cales. Materiali di
età arcaica, pisa–roma 2012, p. 141 (tutti con bibl.).
24) s. bruni, Macchia della Turchina, in Gli Etruschi di
Tarquinia, catalogo della mostra di milano, modena 1986,
p. 224 e ss., 225 fig. 218, e 226 n. 645: «argilla color nocciola». l’altezza è di cm 21. il corredo, comprendente tra l’altro
una oinochoe italo–geometrica, uno skyphos del tipo ‘‘a
sigma’’, un aryballos ovoide di imitazione e un set di vasi di
impasto bruno, è datato da s. bruni agli anni centrali della
prima metà del vii secolo a.c.
25) bruni, art. cit. in nota 24, p. 228.
26) rizzo, art. cit. in nota 7, pp. 1178, fig. 4c e 1179.
27) cfr. coulson, 1988, loc. cit. in nota 19 (in relazione
alle figg. 27–28), pp. 70–71, con nota 81: e. mastrokostas,
in ADelt Xvii, 1961–1962, b’, tav. 212a, 4 (palaiomanina)=
J. n. coldstream, Greek Geometric Pottery, london 2008
(2nd ed.), p. 223, e anche le considerazioni a p. 227. nel
lg rodio, cfr., e.g., Clara Rhodos iii, rodi 1929, pp. 94 e
98, fig. 90.1, tomba 56 (in generale sul contesto, coldstream, loc. cit., p. 274), ma di modulo dimensionale maggiore e con decorazione più complessa.
28) r. dik, Un’oinochoe ceretana con decorazione di pesci.
Implicazioni culturali, in MededRom, 43, 1981, pp. 79 e 80;
anche s. bruni, Prima di Demarato. Nuovi dati sulla presenza di ceramiche greche e di tipo greco a Tarquinia durante la prima età orientalizzante, in La presenza etrusca nella
Campania meridionale, atti delle giornate di studio (salerno, pontecagnano, 16–18 nov. 1990), firenze 1994, pp.
322–325; rizzo, art. cit. in nota 23, p. 285 con nota 15;
rizzo, art. cit. in nota 10, p. 38; cfr. anche l’accenno di l.
m. micHetti in relazione a un aryballos globulare dal
tumulo chigi di veio, in L’olpe Chigi. Storia di un agalma,
atti del convegno internazionale (salerno, 2010), salerno
2012, a cura di e. mugione, p. 33. una breve sintesi degli
studi su questo tema è in v. bellelli, Caere e il mondo
greco. Appunti di archeologia e storia, in Incidenza dell’Antico, 10, 2012, in particolare p. 143 e ss.
29) m. martelli, Prima di Aristonothos, in Prospettiva,
38, 1984, p. 2 e ss.; eadem, Per il Pittore delle Gru, ibidem,
48, 1987, p. 2 e ss.; eadem, Del Pittore di Amsterdam e di un
episodio del nostos odissaico. Ricerche di ceramografia etrusca orientalizzante, ibidem, 50, 1987, p. 4 e ss.; eadem,
Un’anfora orientalizzante ceretana a Würzburg ovvero il
Pittore dell’Eptacordo, in AA, 1988, p. 285 e ss.; eadem,
Nuove proposte per i Pittori dell’Eptacordo e delle Gru, in
Prospettiva, 101, 2001, p. 2 e ss.; eadem, Variazioni sul tema
etrusco–geometrico, ibidem, 132, 2008, p. 2 e ss.
30) cfr. c. deHl von kaenel, Die korinthische Keramik
des 8. und frühen 7. Jhs. v. Chr., AM, beiheft 11, e soprattutto martelli, art. cit. in nota 16; rizzo, art. cit. in nota
15; eadem, Ceramica etrusco–geometrica da Caere, in
Miscellanea ceretana i, a cura di m. cristofani, roma
1989, p. 9 e ss.; e soprattutto eadem, art. cit. in nota 23; cfr.
anche i rimandi nella nota successiva.
23
31) g. ricci, Caere, la Necropoli della Banditaccia, zona
a “del recinto”, in MonAnt, 42, 1955, col. 202 e ss., passim; m. martelli, Prime considerazioni sulla statistica delle
importazioni greche in Etruria nel periodo arcaico, in StEtr,
47, 1979, p. 37 e ss.; Milano 1986; m. cristofani, m.
martelli, La distribuzione dei crateri corinzi. Il mito e
l’immaginario dei simposiasti, in CronA, 30, 1991, p. 9 e
ss.; m. a. rizzo, Le anfore da trasporto e il commercio etrusco arcaico, roma 1990; v. olivotto, Osservazioni su alcu-
ne ceramiche ceretane del fondo Lerici alle Civiche Raccolte
Archeologiche di Milano, in NotMilano, 51–52, 1993, p. 7 e
ss.; eadem, Caere, necropoli di Monte Abatone. Tombe 110,
112, 121, 154, 164, 166, 167, 191, in NotMilano,
suppl. 12, 1994; m. a. rizzo, Le tombe orientalizzanti di
San Paolo, in Veio Cerveteri Vulci. Città d’Etruria a confronto, catalogo della mostra, roma 2001, p. 163 e ss.;
eadem, La tomba di Monte dell’Oro e l’Orientalizzante ceretano, in Archeologia in Etruria meridionale, atti delle giornate di studio in ricordo di mario moretti (civita castellana, 2003), roma 2006, p. 371 e ss.; eadem, art. cit. in nota
10. ancora in relazione ad alcuni importanti corredi ceretani, m. martelli, Sulla produzione di vetri orientalizzanti,
in Tyrrhenoi philotechnoi, atti della giornata di studio
(viterbo, 13 ott. 1990), a cura di m. martelli , roma 1994,
p. 75 e ss., in particolare pp. 75 e 84. in anni più recenti,
per considerazioni generali sulle tendenze del commercio
di ceramica corinzia in etruria e a cerveteri, cfr. pure c.
l ambrugo, Ceramica protocorinzia e corinzia, in Cerveteri.
Importazioni e contesti nelle necropoli, a cura di g. bagnasco gianni, milano 2002, p. 539 e ss.; v. rizzone, Le
importazioni di ceramica corinzia in Sicilia (630–550) nel
quadro delle rotte di approvvigionamento, in Il greco, il
barbaro e la ceramica attica, atti del convegno internazionale di studi (catania et al., 2001), a cura di f. giudice, r.
panvini, roma 2010, p. 101 e ss.
32) per il pittore del vaticano 73, cfr. d. a. amyX,
Vase Painting of the Archaic Period,
berkeley–los angeles–london 1988, p. 66 e ss.; rizzo, op.
cit. in nota 31, p. 62; coen, op. cit. in nota 1, pp. 105 e 106;
olivotto, art. cit. in nota 31, p. 14 e ss.; olivotto, op. cit.
in nota 31, p. 88 e ss. (monte abatone, tomba 167); c. W.
neeft, What is in a Name? The Painter of Vatican 73 in the
Getty, in Greek Vases in the J. Paul Getty Museum 6, 2000,
p. 1 e ss. (qui, a p. 28, con indicazione di cerveteri come
possibile centro di smistamento ‘‘regionale’’ di ceramica
corinzia); rizzo, art. cit. (2001) in nota 31, p. 175; eadem,
art. cit. (2006) in nota 31, pp. 373–374, 378 e 379 (con
ampia bibl. per le attestazioni del pittore, con particolare
riferimento a cerveteri). più recentemente, e.g., n. kuniscH, in CVA Bochum 3, 2007, p. 24; per il pittore di berlino
1136 e i suoi rapporti con il pittore del vaticano 73, cfr. da
ultimo, y. seidel, Korinthische Vasenmalerei in der Jenenser
Sammlung. Ein frühes Stück des Sphinx–Malers, in Otium
Corinthian
cum dignitate. Festschrift für Angelika Geyer zum 65.
Geburtstag, a cura di d. graen, m. rind, H. WabersicH,
oxford 2014, pp. 61–63). i frammenti (fig. 5a) rinvenuti
nella tomba 36 — a camera unica, con pianta quadrangolare — per quello che può dedursi dalla morfologia (parzialmente ricostruita) dell’oinochoe (fig. 5b: vicina a H. payne,
Necrocorinthia, oxford 1931, p. 33, fig. 10b; amyX, loc. cit.,
soprattutto pp. 480 e 481) e dagli scarsi resti di pittura conservati, parrebbero collocabili ancora nel lpc o al più tra
lpc e tr.
24
33) cfr., e.g., m. martelli, in CVA Gela 1 (1972), p. 8,
tav. 11,1; Milano 1986, p. 109; rizzo, art. cit. (2001) in
nota 31, pp. 174 e 175; eadem, art. cit. (2005), in nota 23,
pp. 290 e 291; eadem, art. cit. (2006) in nota 31, pp. 379 e
380.
34) ancora come nel caso della tomba 36, che ha restituito materiali databili a partire dai decenni centrali/terzo
quarto del vii secolo a.c. (come rilevato da r. dik, Some
Observations on two Closely Related Groups of Etruscan
Painted Amphorae from Caere, in Classical Antiquities in
Utrecht, groningen 1978, pp. 25–27), tra i quali si segnalano una coppa a uccelli, frammenti di un piatto in impasto
rosso, una kotyle in bucchero di tipo a slanciato, e due anfore a corpo espanso del bird group (ibidem, cfr. pp. 22 fig. 2,
e 25). una associazione coppa a uccelli–kotyle di tipo a in
bucchero, è segnalata, e.g., da m.a. rizzo nella camera laterale destra della tomba 4 di monte abatone, datata verso i
decenni centrali del vii secolo a.c. (rizzo, art. cit. in nota
10, pp. 17–18 e 37).
35) cfr. rizzo, art. cit. in nota 23, p. 290 e ss., tomba 2 di
san paolo, camera laterale; eadem, art. cit. (2006), in nota
31, tomba di monte dell’oro; inoltre, Milano 1986, p. 64 e
ss. (monte abatone, tomba 90); olivotto, op. cit. in nota
31, p. 88 e ss. (monte abatone, tomba 167: cfr. supra, nota
32), tutti con bibl. in generale, anche rizzone, art. cit. in
nota 31, pp. 103 e 104.
36) martelli, art. cit. (1979) in nota 31; eadem, I luoghi
e i prodotti dello scambio, in Civiltà degli Etruschi, catalogo
della mostra, a cura di m. cristofani, milano 1985, in particolare p. 178; eadem, art. cit. in nota 16, p. 786 e ss.; m.
cristofani, Un naukleros greco–orientale nel Tirreno. Per
un’interpretazione del relitto del Giglio, in ASAtene, 70–71,
1992–1993, in particolare p. 212; rizzone, art. cit. in nota
31, p. 105 e ss. per quella che è stata definita, non a torto,
‘‘facies degli unguentari’’, cfr. in generale d. frère, Parfums, huiles et crèmes parfumées en Etrurie orientalisante,
in Mediterranea, 3, 2006, p. 87 e ss.; inoltre Les huiles par-
fumées en Méditerranée occidentale et en Gaule VIIIe s.
av.– VIIIe s. apr. J.–C. (colloque rome, 2009), a cura di d.
frère, l. Hugot, rennes 2012; v. bellelli, Commerci di
profumi per e dall’Etruria, in I profumi nelle società antiche,
a cura di a. carannante, m. d’acunto, paestum 2012, p.
277 e ss.
37) tomba a due camere, con deposizioni collocabili nell’orientalizzante recente: si segnalano un complesso numericamente rilevante di buccheri, almeno un secondo
unguentario corinzio (cfr. infra, databile nell’ec) e un gruppo di otto vasi etrusco–corinzi, tra cui sei unguentari, una
piccola oinochoe e un’olpe ad archetti intrecciati.
38) l’altezza conservata è di circa 8,5 cm.
39) su questo motivo, cfr. payne, op. cit. in nota 32, p.
145; Perachora II, p. 211, n. 2055, tav. 68.
40) amyX, op. cit. in nota 32, p. 53 e ss. (griffin painter;
double–bodied sphinx painter: e.g., CVA Louvre 9, iii ca,
tav. 34,1=amyX, op. cit., p. 55, 2), 71 e ss. (sphinx painter).
per il rendimento della rosetta con cerchiello centrale, cfr.,
e.g., CVA Göttingen 2, pp. 25 e 26, tavv. 9, 1–4 (alabastron
del pittore di candia 7789, attr. neeft) e 9,5–8 (alabastron),
entrambi ec (c. deHl von kaenel). cfr. in generale anche
e. meola, Necropoli di Selinunte 1. Buffa, palermo
1996–1998, tav. 30 e ss., per attestazioni di epoca ec.
41) e.g., payne, op. cit. in nota 32, pp. 289 e 290; amyX,
op. cit. in nota 32, pp. 124 e 125; c. deHl von kaenel, Die
archaische Keramik aus dem Malophoros–Heiligtum in Selinunt, berlin 1995, p. 62 e ss.; c. W. neeft, Corinth, Demeter, and Sicily. A Review of three Publications of Corinthian
Pottery from Demeter Sanctuaries in Sicily, in Talanta,
36–37, 2004–2005, p. 318. in particolare, martelli, in CVA
Gela 1, cit. in nota 33, p. 17, tav. 23, 1–3; cfr. anche s.
bruni, Le ceramiche corinzie ed etrusco–corinzie, in Gravisca. Scavi nel santuario greco 2, bari 2009, p. 51, n. 26.
meno puntuali i confronti con esemplari, databili tra ec e
mc, discussi da g. giudice in CVA Caltagirone 1 (2012), p.
36, tav. 12,2.
42) gli oggetti di corredo, come di consueto residuali,
sono ad ogni modo riferibili a una tomba con camera principale e piccolo ambiente laterale aperto sul dromos, a
destra dell’ingresso, non distante dal tipo b2 prayon
(Frühetruskische Grab– und Hausarchitektur, RM, 22.
ergH., 1975, p. 18 e ss.).
43) complesso con due ambienti centrali coassiali e due
laterali, vicino ai tipi b2/c2 prayon (op. cit. in nota 42, p. 18
e ss., 21 e ss.).
44) deHl, op. cit. in nota 41, p. 88, n. 363, tav. 73 =
neeft, art. cit. in nota 41, p. 319.
45) c. W. neeft, Aegina, Aphaia–Tempel. XVI.
Corinthian alabastra and aryballoi, in AA, 1993, p. 548, fig.
9 e cat. n. 23. cfr. probabilmente anche l’alabastron da
perachora in Perachora II, p. 143, n. 1529, pl. 59.
46) c. W. neeft, The Dolphin Painter and His Workshop.
A Corinthian Atelier Busy on Small Oil Vases, in BABesch,
52–53, 1977–1978, p. 133 e ss. con rimando alle ricerche di
neeft, cfr. anche c. lambrugo, Profumi di argilla, roma
2012, pp. 265 e 266.
47) payne, op. cit. in nota 32, pp. 281 e 282 e i relativi
pittori in amyX, op. cit. in nota 32. e.g. neeft, art. cit. in
nota 46 (dolphin painter); rizzo, op. cit. in nota 31, p. 63
(banditaccia tomba 6); dai vecchi scavi, e.g., ricci, op. cit.
in nota 31, col. 584, n. 5, dalla tomba 142 del tumulo Xv
‘‘della tavola’’ (camera principale).
48) cfr. supra, nota 13.
49) cfr. infra.
50) con pianta analoga a quella della tomba precedente.
51) cfr., e.g., i pittori di aryballoi e alabastra «of rough
style» di amyX (op. cit. in nota 32, p. 50 e ss.: braunsberg
painter; lambrugo, op. cit. in nota 46, p. 114, n. 173.1); per
lo stile, anche CVA Louvre 8, iiica, tav. 15,11,17= amyX,
op. cit. in nota 32, p. 66 (louvre a 450). o anche CVA Louvre 9, iiica, tav. 29, 24=amyX, op. cit. in nota 32, p. 59, n.
2 («related to the painter of palermo 489»).
nota 40, tav. Xl e ss. e, per lo specifico inquadramento del
muso di pantera, da collocare nell’ambito di una solida tradizione compresa tra tardo tr ed ec maturo/mc, J. s.
scHaeffer, Four Corinthian Painters from Sardis, in
Corinthiaca. Studies in Honor of Darrell A. Amyx, columbia 1986, p. 118 e fig. 1; eadem, The Corinthian Pottery, in
J. s. scHaeffer, n. H. ramage, c. H. greeneWalt jr, The
Corinthian, Attic, and Lakonian Pottery from Sardis, cambridge (mass.)–london 1997, pp. 47 e 48, cor. 107, pl. 16.
alquanto più corsiva, e.g., una oinochoe di lipsia da cerveteri (CVA Leipzig 1 (1959), pp. 49–50, tavv. 43, 44 e 53.4,
inv. 2335; cfr. anche i comparanda ceretani qui menzionati
da W. müller). cfr. anche J. cHamay, Céramiqus corinthiennes: Collection Jean Lauffenburger, génève 1984, p. 56,
aryballos globulare ec.
53) amyX, op. cit. in nota 32, p. 95 e ss.; per il relitto del
giglio, cristofani, art.cit. in nota 36, p. 212; e.g., per
monte abatone, olivotto, art. cit. in nota 31, pp. 17 e 18
(tomba 121, con bibl.). più recentemente, e.g., deHl von
kaenel, op. cit. in nota 41, p. 6; neeft, art. cit. in nota 41,
p. 317; con ampia bibl.: H. scHörner, in CVA Jena 1
(2011), p. 41, tav. 11, 8–11.
54) cfr. supra, nota 37.
55) amyX, op. cit. in nota 32, p. 111 e ss. cfr. a. bukina,
in CVA St. Petersburg, The Hermitage 7 (2008), p. 17, pl. 4;
o anche g. von lücken, in CVA Schwerin (1972), p. 10, tav.
2, 5–6; g. Hafner, in CVA Karlsruhe 1 (1951), p. 53, tav.
41,7–8. per il cosiddetto «flap group», cfr., inoltre, a. mlasoWsky, in CVA Hannover 2 (2000), p. 22, tav. 8, 5–8; in
generale, meola, op. cit. in nota 40, tav. lXv. per aryballoi
con comasti a cerveteri, anche dai vecchi scavi, cfr., e.g.,
ricci, op. cit. in nota 31, col. 586, dalla tomba 142 del
tumulo Xv ‘‘della tavola’’ (camera principale). sui possibili
significati delle rappresentazioni comastiche nel contesto
corinzio di origine, cfr. cristofani, martelli, art. cit. in
nota 31, p. 19; più recentemente, m. meyer, Dickbauchtänzer in Korinth und Athen, in Talanta, 34–35, 2002–2003, p.
135 e ss.; e a. ziskoWski, Clubfeet and Kypselids: Contextualizing Corinthian Padded Dancers in the Archaic Period, in
BSA, 107, 2012, p. 211 e ss. (con bibl. prec.).
56) cfr. supra, nota 13.
57) amyX, op. cit. in nota 32, p. 117; J. l. benson, in CVA
Philadelphia 2 (1995), p. 44 (cfr. rizzo, op. cit. in nota 31,
pp. 18 e 30, nota 54). di altro tipo gli alabastra in a. seeberg, Corinthian Komos Vases, london 1971, p. 41, 214a–b,
sempre da cerveteri.
52) c. W. neeft, The Painter of Candia 7789, in Enthousiasmos. Essays on Greek and Related Pottery Presented to
J.M. Hemelrijk, amsterdam 1986, p. 13 e ss.; cfr. anche
lambrugo, op. cit. in nota 46, p. 249 e ss. tra gli altri, pos-
58) tra gli altri, cfr. l. cercHiai, Le officine etrusco–corinzie di Pontecagnano, napoli 1990 (pontecagnano); c. W.
neeft, Tarentine Graves Containing Corinthian Pottery, in
Catalogo del Museo Nazionale Archeologico di Taranto iii.1,
taranto 1994, e.g., pp. 187 e 188 e passim (taranto); c.
deHl von kaenel, Le importazioni corinzie nel santuario
della Malophoros di Selinunte e le strutture della distribuzione della ceramica corinzia in Sicilia e in Magna Grecia, in
Corinto e l’Occidente, atti del XXXiv convegno di studi
sibili, comparanda stilistici ec, cfr., e.g., m. martelli, in
CVA Gela 2 (1973), p. 6, tav. 12, 2–3; rizzo, art. cit. (2006)
in nota 31, p. 380, n. 7 e p. 408, fig.10; n. kuniscH, in CVA
Bochum 3 (2007), pp. 26 e 27, tav. 17 («unbekannter (ec)
zeichner aus der zeit der luxus gruppe oder der
panther–vogel gruppe»). in generale, meola, op. cit. in
sulla magna grecia (taranto, 1994), taranto 1995, p. 345 e
ss.; c. W. neeft, Corinthian Pottery in Magna Graecia, ibidem, p. 367 e ss.; deHl, op. cit. in nota 41; c.W. neeft,
Camarina e la sua ceramica corinzia, in Camarina 2600
anni dopo la fondazione, atti del convegno internazionale
(ragusa, 2002–2003), a cura di p. pelagatti, g. di stefano,
25
l. de lacHenal, roma 2006, pp. 91 e 92; c. W. neeft, The
Hipponion Painter, in BdA, ser. vii, 3, 2009, p. 49 e ss.
(magna grecia e sicilia); f. coudin, Les Laconiens et la
Méditerranée à l’époque archaïque, paris–napoli 2009, e
anche m. pipili, The Clients of Laconian Black–Figure Vases,
in Les clients de la céramique grecque, actes du colloque
(paris, 2004), a cura di J. de la genière, paris 2006, p. 75 e
ss. (più recentemente, in generale sulle ‘‘specializzazioni’’ del
mercato della ceramica laconica); m. minoJa, Céramiques de
la Grèce. A trent’anni da les céramiques, in Tra Etruria,
Lazio e Magna Grecia. Indagini sulle necropoli, atti dell’incontro di studio (fisciano, 2009), a cura di r. bonaudo, l.
cercHiai, c. pellegrino, paestum 2009, p. 87 e ss. (campania); lambrugo, op. cit. in nota 46 (gela).
59) Alabastron dalla tomba 216 (per la quale cfr. supra,
nota 43); aryballos dalla tomba 39 (con pianta simile a quella della tomba 216): cfr. payne, op. cit. in nota 32, p. 283,
fig. 121b e p. 291, fig. 127. per gli alabastra, cfr. anche
martelli, in CVA Gela 1, cit. in nota 33, tav. 19 e pp. 13 e
14, con discussione di tipologia e cronologia; m. blomberg,
The Corinthian Vases in the Gustavianum, in From the
Gustavianum Collections in Uppsala 3, uppsala 1993, pp.
42 e 43, n. 2 (con bibl. anche per gli omologhi aryballoi);
Jacobsen, Handberg, op. cit. in nota 16, pp. 66 e 84.
60) nel quadro delle tendenze quantitative già enucleate
da martelli, art. cit. (1979) in nota 31, e ancora valide,
seppure in attesa di aggiornamenti proprio grazie alla
immissione di dati inediti, in primo luogo dalla stessa cerveteri. e.g., amyX, op. cit. in nota 32, pp. 205 e ss. e 208
(«dodwell painter and his circle»: olpai e hydriai); rizzo, op.
cit. in nota 31, p. 63, n. 6 (banditaccia, tomba 6: oinochoe);
p. 71 e ss. (tomba bufolareccia 999: neck–amphora a collo
espanso insieme a panel amphorae e a un cratere a colonnette del detroit painter, mc); ibidem, p. 131 (kylix ec: cfr.
d. a. amyX, A Curious Padded Dancers Vase in Milan, in
NotMilano, 31, 1983, pp. 27 e 28; idem, op. cit. in nota 32,
pp. 462–464, con bibl.).
61) cfr. amyX, op. cit. in nota 32, p. 492, n. 3 (il corredo
è, per una svista, collocato a milano). la tomba è prossima
al tipo b2 prayon (op. cit. in nota 42, p. 18 e ss.), con
ambiente centrale e due altri laterali, aperti su ciascun lato
del dromos.
62) per l’andromeda group, amyX, op. cit. in nota 32, p.
267 e ss.: e.g., p. 268, 8 e 9 (crateri di tipo ‘‘calcidese’’); cfr.
anche ibidem, p. 271, n. 3: tydeus painter (= c. W. neeft,
Addenda et Corrigenda to D.A. Amyx, Corinthian
Vase–painting in the Archaic Period, amsterdam 1991, p.
79, c3, ove se ne ricorda una attribuzione di l. nydegger,
Drei spätkorinthische Vasenfragmente in Bern. Neues zur
Andromeda–Gruppe, Hefte des archäologischen seminars
bern (HASB), 11, 1986, p. 13 e ss., all’andromeda group).
più recentemente, sul tydeus painter e l’andromeda group,
cfr. anche f. gilotta, Le ceramiche di importazione, in
Caere 3.1. Lo scarico arcaico della Vigna Parrocchiale, a
cura di m. cristofani, roma 1992, pp. 63–65; bruni, op.
cit. in nota 41, pp. 82 e ss., 90 e ss.; cfr. anche m. denoyelle, a. Hesnard, La céramique grecque du port de Marseille,
in Les clients …, cit. in nota 58, p. 136, tav. vi.1 (per materiali da marsiglia). in generale, per le panel–amphorae
corinzie, cfr. r. lullies, Eine neue korinthische Amphora, in
Festschrift für Gerhard Kleiner, tübingen 1976, p. 21 e ss.;
amyX, op. cit. in nota 32, p. 492 e ss.; rizzo, op. cit. in nota
26
31, e anche infra. per i crateri corinzi, le attestazioni etrusche (in primis ceretane) e la loro diffusione in contesti
funerari, di abitato e anche santuariali, in particolare tra
etruria e campania, cfr. cristofani, martelli, art. cit. in
nota 31; per i rinvenimenti da contesti d’abitato della grecia settentrionale, ora anche J. y. perreault, z. bonias,
L’habitat d’Argilos: les céramiques archaïques, un apercu, in
Les clients …, loc. cit., p. 52; per altri esemplari dal salento, f. d’andria, Corinto e l’Occidente. La costa adriatica, in
Corinto e l’Occidente, atti del XXXiv convegno di studi
sulla magna grecia (taranto, 1994), taranto 1995, p. 457 e
ss., in particolare p. 498 (con riferimento anche allo studio
di J. de la genière). più recentemente, riflessioni sul problema, anche in relazione ai differenti tipi di attestazioni nel
mondo greco e ‘‘barbaro’’, in neeft, art. cit. (2006) in nota
58, pp. 91 e 92.
63) con pianta vicina al tipo prayon e (op. cit. in nota 42,
pp. 27 e 28), con «breitraum» dal quale si accede a due altre
camere parallele sulla parete di fondo.
64) suggerita, del resto, dal tipo di trofeo vegetale, con
fiore di loto decisamente allargato (payne, op. cit. in nota
32, pp. 149 e 150), dal rendimento delle rosette e da quello
della pantera, con la sequenza di grossi punti che ne decora
la spalla. tra i numerosi confronti possibili per il motivo
fitomorfo, e.g., bukina, in CVA St. Petersburg, The Hermitage 7, cit. in nota 55, «flat–bottomed aryballos» pp. 42 e 43,
tav. 40, datato lc i.
65) Taranto I.3, p. 212, 37.1: corredo tombale ‘‘manomesso’’ da contrada vaccarella scavo 18–v–1934, i cui materiali (recuperati in parte, e fortunosamente) si collocano tra
560 e 520 circa a.c.
66) a. f. laurens, Montpellier. Catalogue des collections
1. Céramique corinthienne et étrusco–corinthienne, montpellier 1974, p. 95 e ss., cat. n. 38, «lc i», provenienza sconosciuta: due uccelli–grifo e un uccello acquatico sul lato
opposto= lullies, art cit. in nota 62, p. 29 e tavv. 5 e 6
(amyX, op. cit. in nota 32, p. 492, montpellier); e. moignard, in CVA Edinburgh (1989), p. 9 e pl. 7,1–4: «late ec,
c. 590 b.c.: said to have been found near athens»: pantera
e capro sul lato opposto, edimburgo.
67) cfr. amyX, op. cit. in nota 32, p. 493, per le ‘‘classiche’’ panel–amphorae mc/lc. per i pendant greco–orientali, cfr., e.g., g. c. nordQuist, East Greek Vases in the Collection of Greek and Roman Antiquities, in From the
Gustavianum Collections in Uppsala 3, uppsala 1993, p. 57
e ss., in particolare pp. 63 e 64, n. 4, figg. 8 e 9 (esemplari
con decorazione a loops, per la cui genesi si fa riferimento
agli omologhi esemplari attici e corinzi).
68) e. paul, in CVA Leipzig 2 (1973), p. 9 e tav. 1 = Universität Leipzig. Antiken Museum. 50 Meisterwerke, leipzig 1994, p. 7, n. 11: cfr. quanto osservato da m.b. moore,
in The Athenian Agorà XXiii. Attic Black–figured Pottery,
princeton 1986, p. 6, nota 14: non lontano dal gorgon
painter?
sulle più antiche esportazioni attiche (anche in etruria), cfr.
più recentemente a. aleXandridou, The Early Black–Figured
Pottery of Attica in Context, leiden–boston 2011, pp. 22,
99–101 e 145–152 (anfore) e passim; eadem, Early Sixth–Cen-
tury Directional Trade: the Evidence of Attic Early
Black–Figured Pottery, in The Contexts of Painted Pottery in
the Ancient Mediterranean World (Seventh–Fourth Centuries
B.C.E.), a cura di d. paleotHodoros, oxford 2012, p. 5 e ss.;
per le evidenze dallo scarico urbano di vigna parrocchiale a
cerveteri, cfr. gilotta, art. cit. in nota 62, pp. 84, 85 e 103. in
generale, una rassegna aggiornata della letteratura sui meccanismi di diffusione (e imitazione) nell’ambito della ceramografia arcaica presenta d. Williams, Greek Potters and Painters.
Marketing and Movement, in Pottery Markets in the Ancient
Greek World (8th–1st Centuries B.C.), proceed. of the intern.
symposium (bruxelles, 19–21 Jun., 2008), a cura di a. tsingarida, d. viviers, bruxelles 2013, p. 39 e ss.
69) m. a. rizzo, Percorsi ceramografici tardo–arcaici ceretani, in Prospettiva, 73–74, 1994, pp. 7–8 e 9, figg. 33–35:
anfora frammentaria da cerveteri, tomba 118 del nuovo
recinto.
70) sulla relativa rarità della forma, cfr. m. Wegner,
Korinthische Amphoriskoi, in Boreas, 12, 1989, p. 199 e ss.
71) alto poco più di 13 cm. nella tomba, a camera unica
con pianta quadrangolare, furono rinvenuti solo modesti
residui di corredo (attingitoio tipo rasmussen 1a; kantharos
tipo 3e; oinochoe tipo 3a), tra i quali si segnala anche un
lydion frammentario a bande, di bottega greco–orientale.
72) amyX, op. cit. in nota 32, p. 218 e ss. (ampersand
painter), pp. 227 e 228 (painter of the palermo amphoriskoi); neeft, art. cit. (1995) in nota 58, p. 374, anche per
i rapporti tra le due botteghe produttrici di questa forma di
unguentario; cfr. anche deHl von kaenel, op. cit. in nota
41, p. 154 e ss., nn. 949–951 (attr. painter of the palermo
amphoriskoi); Dea di Sibari i.1 (2007), pp. 214 e ss., 216
fig. 7, n. 7 (con bibl.: f. van der Wielen van ommeren).
inoltre, bruni, op. cit. in nota 41, p. 57 e ss.; Jacobsen,
Handberg, op. cit. in nota 16, p. 213 e ss., tutti con bibl. in
generale, anche La Sicilia in età arcaica, catalogo della
mostra di caltanissetta e catania, palermo 2009, pp. 304 e
305. più recentemente, giudice, in CVA Caltagirone 1, cit.
in nota 41, pp. 38–39 e 39–41, con le tavv. 14–16. importanti puntualizzazioni complessive sulla forma e le sue possibili destinazioni in neeft, art. cit. (2009) in nota 58.
73) cfr. gilotta, art. cit. in nota 62, p. 63.
74) ma le motivazioni di queste differenze potrebbero
anche essere diverse: cfr. neeft, art. cit. (1994) in nota 58,
p. 188; e anche neeft, art. cit. (1995) in nota 58, pp. 369 e
370. cfr. in ogni caso e. lippolis, Taranto e la politica di
Atene in Occidente, in Ostraka, vi.2, 1997, p. 359 e ss., in
particolare pp. 360–364, ove si sottolinea nella colonia spartana, a partire dal 600 ca., un «forte potenziamento della
comunità coloniale urbanizzata, con un’estensione conseguente del diritto ad una sepoltura formale e con una
sostanziale massificazione dei comportamenti rituali, omologati e con un impegno rappresentativo ridotto» (una
situazione, dunque, in parte divergente da quella ceretana),
in ‘‘attesa’’ di un nuovo cambiamento, verificabile a partire
dal secondo quarto del vi secolo a.c., con aumento della
presenza di vasi attici da simposio (p. 362: «simbolo di un
galateo di cultura aristocratica e occasione di una esibizione
più accentuata e individuale»). per un quadro delle importazioni ceramiche a taranto, centrato però soprattutto sulle
produzioni greco–orientali, cfr. anche f. d’andria, Le cera-
miche greco–orientali in Italia meridionale. Appunti sulla
distribuzione, in Magna Grecia e Oriente mediterraneo
prima dell’età ellenistica, atti del XXXiX convegno di studi
sulla magna grecia (taranto, 1999), taranto 2000, p. 457 e
ss., in particolare p. 475 e ss.
75) rizzone, art. cit. in nota 31, p. 118 e ss.
76) f. coudin, Les aryballes laconiens. Statut du vase et
échanges aristocratiques en Méditerranée occidentale à
l’époque archaïque, in Les huils parfuméees …, cit. in nota
36, p. 267 e ss.
77) f. giudice, La ceramica attica in Sicilia nel VI secolo
a.C. Problemi e metodologie, in CronA, 30, 1991, p. 199 e ss.
per la presenza di prodotti attici dei primi decenni del vi
secolo a.c. in etruria e in italia meridionale (incluse, dunque, cerveteri e taranto), cfr. nota 68 e anche m. curry,
The Export of Attic Black–Figure Pottery in the Early Sixth
Century B.C., in Periplous. Papers on Classical Art and
Archaeology Presented to Sir John Boardman, london 2000,
p. 80 e ss.
78) cfr. soprattutto payne, op. cit. in nota 32, p. 286;
amyX, op. cit. in nota 32, pp. 439 e 440 (ma cfr. già quanto
osservato dal medesimo studioso in Klearchos, 3, 1961, p. 9,
n. 6); bruni, op. cit. in nota 41, p. 47, n. 12, entrambi con
bibl. in martelli, art. cit. in nota 11, p. 38, nota 47, ampia
bibliografia, discussione dei modelli e anche delle attestazioni etrusco–corinzie: qui si ricorda anche un importante
esemplare a punta di bottega corinzia, datato da g. vallet in
epoca lpc/tr, dalla sicilia: g. m. bacci, in Archeologia a
Messina, a cura di m. a. mastelloni, reggio calabria
2008, p. 54, n. 50, tav. 69. per altri esemplari dall’etruria,
cfr. più recentemente H. scHörner, in CVA Jena 1 (2011),
pp. 45 e 46, tav. 14,5–8, su cui anche m. iozzo, Osservazio-
ni sulle più antiche importazioni di ceramica greca a Chiusi
e nel suo territorio, in Les clients …, cit. in nota 58, p. 107 e
ss., in particolare pp. 109 e 122, tav. i,6 (con riferimento ad
amyX 1988).
79) a camera unica, con pianta quadrangolare. non si
conservano altri oggetti di corredo.
80) lambrugo, art. cit. in nota 31, pp. 552 e 553.
81) cfr., e.g., H. parko, Small Corinthian Oil Containers:
Evidence of the Archaic Perfume Trade?, in Ceramics in
Context, proceed. of the international colloquium on
ancient pottery (stockholm 1997), a cura di c. scHeffer,
stockholm 2001, p. 55 e ss.
82) cfr., e.g, de santis, art. cit. in nota 5, pp. 114 e 115,
per l’uso diretto di unguentari nella cerimonia funebre allestita per incinerati nelle necropoli del territorio veiente.
83) sull’accostamento di anfore e crateri di diversa bottega nel medesimo corredo, cfr. più recentemente, rizzone,
art. cit. in nota 31, pp. 115–117, con riferimento in particolare all’alternanza anfora attica/cratere corinzio.
84) cfr. m. a. rizzo, in Civiltà degli Etruschi, cit. in nota
36, p. 195 e ss.
85) cfr. v. bellelli, Le parfum dans les tombes orientalisantes étrusques, in Parfums de l’antiquité, catalogo della
mostra di mariemont, mariemont 2008, p. 111 e ss., con
breve rassegna dei punti di rinvenimento di questo tipo di
vasi all’interno della tomba e rinvio anche ai casi, interessanti, di dislocazione di unguentari nel dromos, forse a
seguito di riti particolari (a. carbonara et alii, La necropoli etrusca di Volusia, roma 1996, pp. 44 e 45). per la
disposizione di unguentari nel vano della camera destinato
ad accogliere il cinerario in alcune tombe ‘‘principesche’’ di
area chiusina, cfr. a. rastrelli, in g. paolucci, a.
27
rastrelli, La tomba ‘principesca’ di Chianciano Terme,
pisa 2006, pp. 34 e 91.
86) più recentemente, cfr. neeft, art. cit. (2006) in
nota 58, p. 87 e ss. (in relazione ad evidenze camarinesi),
coudin, op. cit. in nota 58, pp. 65 e 66 (sparta) e i rimandi fatti in gilotta, passaro, op. cit., in nota 23, pp. 170 e
171.
28
87) cfr. rizzone, art. cit. in nota 31, p. 111 e ss. fenomeni
analoghi possono, del resto, osservarsi anche nell’ambito delle
produzioni laconiche presenti in etruria: cfr. coudin, op. cit.
in nota 58, p. 157 e ss., ove se ne sottolinea la complessiva
eccezionalità tipologica e qualitativa, evidentemente nell’ambito di una ideologia elitaria e di rapporti commerciali «qui
sortaient du cadre traditionnel des échanges» (ibidem, p. 162).
BoLLettINo
d’ a r t e
ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo
19-20
aNNo 2013
LugLIo–dIcemBre
aNNo XcVIII
SerIe VII
SommarIo
carLo BerteLLI: In ricordo di Ilaria Toesca
1
gIuSeppINa moNteroSSo: Processione muliebre su una pisside corinzia di Siracusa:
3
dono votivo ad Artemide Chitonea?
ferNaNdo gILotta: Appunti su alcune presenze greche nella necropoli ceretana
13
aNNareNa amBrogI: Il reimpiego nella ritrattistica tardoantica. Sovrapposizione e/o
29
eLISaBetta dIaNa VaLeNte: Nuovi documenti per l’Oratorio di San Giovanni Decollato
51
SImoNetta proSperI VaLeNtI rodINò: I disegni di Carlo Maratti nelle collezioni
73
IL gIardINo zooLogIco dI roma. StorIa e coNSerVazIoNe
99
di Monte Abatone
sostituzione di immagini nella statuaria iconica di età costantiniana
a Roma (Jacopino del Conte, Francesco Salviati, Battista Franco, Pirro Ligorio)
pubbliche italiane: bilancio e precisazioni
Premessa
Ragioni di una Giornata di Studio dedicata al Giardino Zoologico di Roma
di maSSImo
de
101
VIco faLLaNI
Una sezione insolita all’interno della Rivista: argomenti e motivi di
una scelta editoriale di LucILLa de LacheNaL
Storia
Laura fraNceScaNgeLI: La documentazione d’archivio dalla Roma di Nathan
al Governatorato per la storia dello zoo romano
maSSImo de VIco faLLaNI: Suggestioni per nuovi studi e ricerche di architettura
e restauro del Giardino Zoologico di Roma
gIorgIo muratore: Raffaele de Vico: visita nella parte più moderna dello zoo romano
aLBerta campIteLLI: Dallo zoo al Bioparco: tre lustri di trasformazioni
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Approfondimenti
carLa BeNoccI: La passione per la caccia e per gli uccelli di un principe romano,
Francesco Chigi, “studioso solitario”
con appendice di aNNa perugINI: L’Archivio Fotografico Chigi
presso l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione
SImoNe QuILIcI: Il progetto Hagenbeck. Le forme originali e le trasformazioni
dei “Panorami” disegnati da Moritz Lehmann e Urs Eggenschwyler
Spartaco gIppoLItI: Dal progetto Hagenbeck ad alcune riflessioni sull’evoluzione
dei criteri espositivi nei giardini zoologici
uLrIke gawLIk: Osservazioni sul taccuino da viaggio di Raffaele de Vico in visita
ai giardini zoologici di Monaco e Lipsia
Conclusioni
gIoVaNNI carBoNara: La difficile “conservazione integrata” di un bene culturale complesso.
Esiti della Giornata di Studio
abstracts
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