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Plutarco "lettore" di Stesimbroto di Taso

GABRIELLA VANOTTI PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO (NOTA A FGRHIST 107/1002 F 5 = PLUTARCO, CIMONE XIV) Di Stesimbroto di Taso è stato detto nel corso di almeno centocinquant’anni di studi molto, ma forse (così quanto meno ci pare) non abbastanza. Sulla sua valutazione ha senza dubbio influito pesantemente il fondamentale articolo di Wilamowitz1, pubblicato in 1 U. VON WILAMOWITZ-MOELLENDORF, Die Thukydideslegende, in «Hermes» XII (1877), pp. 326-367, part. pp. 361-367. Le opinioni dello studioso, che definisce Stesimbroto Journalist e la sua opera una sorta di polemico pamphlet antimperialista, sono sostanzialmente condivise da JF. JACOBY, FGrHist Komm. II B, Leiden 1962, pp. 343-4. L’indagine dei moderni si è soprattutto concentrata su un’analisi squisitamente storiografica dei pochi e succinti frammenti del Tasio, nel tentativo di rispondere a due quesiti fondamentali: 1) a quale genere letterario può esserne ascritta l’opera? Si tratta di un pamphlet, come supponevano i supra citati Wilamowitz e Jacoby? Oppure si tratta di una raccolta biografica, come, con molta prudenza, suggerisce A. Momigliano (Lo sviluppo della biografia greca, trad. it., Torino 1974), che definisce la sua opera un «contributo alla biografia» (p. 33) (sostenendo anche (p. 31) che egli si possa qualificare come il predecessore di autori di monografie su tiranni e demagoghi, di cui era interessato a registrare le singolarità), e come, con maggiore decisione di recente ribadisce anche K. MEISTER, Stesimbrotos’ Schrift über die athenischen Staatsmänner und ihre historische Bedeutung, in «Historia» XXVII (1978), pp. 274-294, part. 293-294? Oppure, infine, si tratta un’opera storica a tutti gli effetti, come ritengono D. COLETTI, Il valore storico dei frammenti di Stesimbroto di Taso, in «AFLPer» XII (1975), pp. 61-125 e di recente A. TSAKMAKIS, 62 GABRIELLA VANOTTI «Hermes» nel 1877, dal quale la critica successiva ha necessariamente dovuto prendere le mosse, ora per distanziarsene, ora per condividerne le istanze. Ma le successive posizioni assunte dai moderni, variamente orientate nell’indicare sia il genere letterario cui Das historische Werk des Stesimbrotos von Thasos, in «Historia» XLIV (1995), pp. 129152 (ma quest’ultimo non nega una tendenza biografica)? Per una disamina completa dello status quaestionis vd. il recente commento ai frammenti “biografici” stesimbrotei di J. ENGELS, 1002 (=107) Stesimbrotos of Thasos, in J. BOLLANSÉE - J. ENGELS - G. SCHEPENS - E. THEYS (eds.), Felix Jacoby Die Fragmente der griechischen Historiker Continued Part IV Biography and Antiquarian Literature, IV A: Biography, fasc. 1: The Pre-Hellenistic Period, Leiden - Boston - Köln 1998, pp. 50-59. Lo studioso (p. 57), con grande e condivisibile equilibrio, fa notare che la tendenza dei moderni a distinguere troppo nettamente fra i diversi generi letterari, nell’esaminare opere risalenti alla seconda metà del V secolo, potrebbe risultare fuorviante, dal momento che in quel periodo tali differenziazioni erano sconosciute e premature. 2) Quale l’impostazione ideologica dell’opera stesimbrotea: quella del symmachos ostile all’imperialismo democratico ateniese e quindi legato a circoli aristocratici tasi e forse anche ateniesi, avversi a teorici e ideatori della talassocrazia attica; oppure quella del symmachos giunto ad Atene al seguito di qualche stratego della polis (per es. Cimone, ripetutamente impegnato in area tracia e a Taso) e quindi votato alla sua celebrazione? Non a caso Stesimbroto è stato più volte letto e giudicato in controluce a Ione, partendo dal presupposto (peraltro non unanimemente condiviso e ancora da verificare) che il Chiota fosse esponente di quella cerchia di intellettuali “fedele nei secoli all’impero ateniese” e che, per contro, il Tasio ne fosse fiero detrattore. Vd. in tal senso, fra i molti, S. MAZZARINO, Il pensiero storico classico, I, Roma-Bari 1974, p. 86; seguito, ancora di recente, da A. BANFI, Il governo della città Pericle nel pensiero antico, Napoli 2003, pp. 45-71; ma vd. già WILAMOWITZ, Die Thukydideslegende, pp. 361-367; JACOBY, Komm. II B, p. 343; H. STRASBURGER, Aus den Anfängen der griechischen Memoirenkunst. Ion von Chios und Stesimbrotos von Thasos, in W. SCHMITTHENNER - R. ZOEPFFEL (edd.), Studien zur Alten Geschichte, III, Hildesheim – New York 1990, pp. 341-351, part. 348-351; L. PICCIRILLI, I testi biografici come testimonianza della storia della mentalità, in W.W. EHLERS (ed.), La biographie antique, Entretiens sur l’Antiquité Classique XLIV, Genève 1999, pp. 146155. Su Ione di Chio vd. il recente contributo di E. FEDERICO, SYNGENEIA, DIKE, HEGEMONIE AP’ISOU L’impero etico di Ione di Chio, in L. BREGLIA - M. LUPI (a cura di), Da Elea a Samo. Filosofi e politici di fronte all’impero ateniese. Atti del Convegno di Studi Santa Maria Capua Vetere, 4-5 giugno 2003, Napoli 2005, pp. 183-224, con ampia documentazione bibliografica. PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 63 ascrivere l’opera del Tasio, sia la tendenza politica ad essa sottesa, hanno per lo più dato esito a studi, che non hanno chiarito in maniera definitiva i numerosi problemi che si addensano sulla biografia del personaggio e sulla sua produzione, che continuano a restare pertanto assai enigmatici2. Ancora di recente Johannes Engels, nella sua edizione dei frammenti di Stesimbroto per il volume del Jacoby Continued, dedicato ai biografi greci frammentari di età pre-ellenistica, ha sostenuto che, nel definire il genere storiografico del Tasio e la sua tendenza politica, «a word of caution may not be out of place»3. Ma allora, dopo la ormai più che secolare e relativamente numerosa messe di studi stesimbrotei e dopo l’esito sostanzialmente deludente delle ricerche, denunciato da molti fra i moderni, perché tornare a occuparsi di Stesimbroto? L’impresa rischierebbe di essere giudicata proterva e velleitaria, soprattutto se si consideri il prestigio scientifico di quanti l’hanno esperita in precedenza. Tuttavia, a nostro avviso, qualche nuovo e utile spunto di riflessione potrebbe emergere dal riesame delle testimonianze stesimbrotee, se riconsiderate all’interno di un più ampio contesto narrativo e calate determinatamente nel quadro storico-politico di riferimento4. 2 Stesimbroto, com’è noto non fu solo autore dell’opera Su Temistocle, Tucidide e Pericle, ma pure di un’opera Sui Misteri e di trattati di Interpretazione omerica. Inoltre, ai suoi tempi godette soprattutto di una solida fama di rapsodo. Su questi aspetti del personaggio ci sia consentito rinviare al nostro recente contributo A proposito di Stesimbroto di Taso in Suda [A 2681 Adler], in G. VANOTTI (a cura di), Il lessico Suda e i frammenti degli storici greci. Atti dell’Incontro internazionale di studi, Vercelli, 6-7 novembre 2008, Tivoli Roma 2010, pp. 129-162. 3 ENGELS, 1002 (=107) Stesimbrotos of Thasos, p. 56. Nella recente edizione di Engels sono riportati al nr. 1002 gli undici fragmenta di carattere storico-biografico del Tasio e i cinque testimonia, nello stesso ordine e secondo la stessa numerazione già adottati, a suo tempo, nella raccolta di F. Jacoby. A quest’ultima si farà riferimento nella successiva trattazione. 4 «Una nuova disamina complessiva [del Tasio] appare un desideratum», così ha sostenuto di recente M. GIANGIULIO, Pericle e gli intellettuali Damone e Anassagora in Plut. Per. 4-8 tra costruzione biografica e tradizione, in BREGLIA - LUPI (a cura di), Da Elea a Samo, p. 164 n. 36. 64 GABRIELLA VANOTTI 1. Stesimbroto e Plutarco Parlare di Stesimbroto impone necessariamente di parlare di Plutarco; infatti la quasi totalità dei frammenti del Tasio ci è pervenuta attraverso la testimonianza del biografo di Cheronea, che si è servito dell’opera del predecessore, a quanto pare, soprattutto per illuminare alcuni risvolti (talora scandalosi) della vita privata di politici ateniesi di spicco. Questo è sicuramente un aspetto di cui tenere conto nel giudicare l’impostazione dell’opera stesimbrotea nel suo complesso e peraltro ciò è già stato fatto in passato; anzi, il lato per così dire pettegolo del suo scritto è stato forse sopravvalutato dalla critica, al punto da indurre a giudizi talvolta fuorvianti e tendenti a svilire eccessivamente il contributo “storico” offerto dal Nostro5. A questo proposito non va dimenticato che Plutarco – la fonte tralatrice – è biografo e quindi non esclusivamente e non precipuamente proiettato verso una lettura storico-politica degli eventi, ma interessato a delineare piuttosto il carattere (l’ethos), pubblico e privato, dei suoi personaggi. Dunque, la selezione da lui operata all’interno dell’opera del Tasio potrebbe averne enfaticamente lasciato trapelare il solo aspetto marcatamente biografico (e, in qualche caso, scandalistico), a discapito della eventuale esposizione, in chiave politica, di praxeis. Ma, d’altro canto, non è neppure da escludere che Plutarco abbia fatto ricorso all’opera di Stesimbroto6 proprio per la sua impostazione, che, riprendendo la cauta, ma del tutto condivisibile valu5 Così, per es., F. SCHACHERMEYR, Stesimbrotos und seine Schrift über die Staatsmänner, in Forschungen und Betrachtungen zur griechischen und römischen Geschichte, Wien 1974, pp. 151-171; su cui vd. le osservazioni di MEISTER, Stesimbrotos’ Schrift, pp. 274-294. 6 Non tutti gli studiosi ritengono che Plutarco leggesse direttamente l’opera stesimbrotea: pensano a un uso indiretto, per esempio, W.G. UXKULL-GYLLENBAND, Plutarch und die griechische Biographie, Stuttgart 1927, p. 79; M. A. LEVI, Plutarco e il V secolo, Milano 1955, pp. 89-109; ma contra G. LOMBARDO, Cimone. Ricostruzione della biografia e discussioni storiografiche, Roma 1934, pp. 143-170; K. ZIEGLER, Plutarco, (trad. it.) Brescia 1965, pp. 326-327; S. FUSCAGNI, in PLUTARCO, Vite parallele, Cimone, Milano 1989, pp. 59-66. PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 65 tazione di Momigliano7, si potrebbe definire “proto-biografica”. Del resto, il titolo, attestato per l’opera da Ateneo8, Perì Themistokleou, kai Thoukydidou, kai Perikleous, per quanto tardo e posticcio, induce a credere che il focus narrativo si concentrasse effettivamente su specifici personaggi, quasi a tracciarne dei medaglioni. Ma focalizziamo l’attenzione su quanto è miserevolmente sopravvissuto dell’intero scritto, del quale a noi sono pervenuti soltanto undici frammenti, di cui i primi tre risalgono alla plutarchea Vita di Temistocle, i successivi quattro alla Vita di Cimone e gli ultimi quattro alla Vita di Pericle. F 10 si compone di due lemmi, dei quali 10b proviene ancora dalla plutarchea Vita di Pericle, mentre il solo 10a risale ad Ateneo e contiene appunto, come si è già detto, indicazione del titolo, oltre che dettagli di tono scandalistico sulla vita di Pericle, menzionati anche da Plutarco in F 10b, seppur con scettica cautela9. Ragionando sulla base dei pochi frammenti a noi pervenuti (quindi sulla base di una documentazione senza dubbio estremamente parziale), potremmo inferire che l’opera del Tasio abbracciasse un periodo compreso quanto meno fra i primi anni del V secolo, 7 MOMIGLIANO, Lo sviluppo della biografia greca, pp. 25-45. Secondo lo studioso (pp. 42-43), nell’opera di Stesimbroto, come in quella di Ione, entrambi influenzati dalla loro origine “micro-asiatica”, dovevano essere contemplate «la curiosità per il comportamento di uomini insigni, il gusto per la risposta accorta, l’antipatia per gli avversari politici». Sul contributo momiglianeo vd. le acute osservazioni di D. MUSTI, Protagonismo e forma politica nella città greca, in Il protagonismo nella storiografia classica, Genova 1987, pp. 9-36. La natura dell’opera di Stesimbroto sembra trovare una sua definizione nelle parole di PLUT. Per. XIII 16 (= FGrHist 107 F 10b): hJ de; tw`n pravxewn kai; tw`n bivwn hJlikiw`ti~ iJstoriva; dunque si tratterebbe di un racconto contemporaneo di fatti e di vite. Sull’impalpabile confine che separa l’esposizione dei fatti dall’esposizione dei bioi e sui molti altri problemi, che gravano sul genere biografico, vd. ora il volume a cura di M. ERLER S. SCHORN, Die griechische Biographie in hellenistischer Zeit. Akten des internationalen Kongresses vom 26.-29. Juli 2006 in Würzburg, Berlin - New York 2008. 8 STES. FGrHist 107 (= 1002) T 2 = F 10a. 9 STES. FGrHist 107 (= 1002) F 10a = ATH. XIII 56 , 589 d-e; PLUT., Per. XIII 15-16. 66 GABRIELLA VANOTTI come si evince dal controverso F 2, relativo a una enigmatica disputa insorta fra Milziade e Temistocle a proposito della vocazione marittima di Atene, e l’inizio dell’ultimo ventennio dello stesso secolo, cui rimanda F 11, ove è menzionata la morte del figlio di Pericle, Santippo, occorsa durante l’epidemia di peste, nel 42910. Nel complesso la trattazione, a quanto pare, si doveva incentrare soprattutto su quel cinquantennio che intercorse fra i due grandi conflitti, che caratterizzarono il V secolo e che vide come protagonisti della seconda fase Tucidide di Melesia e Pericle, ma del primo ventennio (478-461 ca.) soprattutto Cimone. Insomma, Stesimbroto sembrerebbe qualificarsi, qualunque fosse stato il genere letterario da lui adottato, come una preziosa fonte di informazione sulla pentecontaetia, per la quale, come è noto, la nostra documentazione è assai lacunosa. Del resto proprio questo cinquantennio doveva coincidere con la piena età del Tasio, nato forse nel decennio 490-480, tanto da far dire a Plutarco che egli sarebbe stato pressoché contemporaneo di Cimone e ad Ateneo che sarebbe vissuto in età periclea11. Da una prima veloce rassegna di quanto si è conservato dell’opera del Tasio emerge, inoltre, un’evidente anomalia: benché, a stare al titolo dello scritto riferito da Ateneo, come si è detto, uno dei protagonisti della trattazione stesimbrotea dovesse essere Tucidide di Melesia, nessun frammento sul suo conto è sopravvissuto12; viceversa, ben quattro degli undici totali (FF 4-7) sono incentrati sulla figura e l’operato di Cimone13, cui rimandano peraltro in maniera più o me- 10 STES. FGrHist 107 (= 1002) F 2 = PLUT., Them. IV 4-5; F 11 = PLUT., Per. 36, 1-6. 11 STES. FGrHist 107 (= 1002) T 1 = PLUT., Cim. IV 5; T 2 = ATH. XIII 56, 589 d. 12 Avanza l’ipotesi che nessun frammento stesimbroteo relativo a Tucidide di Melesia sia sopravvissuto, poiché Plutarco non scrisse un bios su questo personaggio ENGELS, 1002 (=107) Stesimbrotos of Thasos, p. 57; così già in precedenza anche MEISTER, Stesimbrotos’ Schrift, p. 289. 13 Si tratta di PLUT., Cim. IV 4-8; XIV 3-5; XVI 1-2; XVI 3. PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 67 no diretta anche F 3, in cui si parla dei provvedimenti adottati dal Filaide contro Epicrate di Acarne, reo di aver favorito il ricongiungimento della moglie e dei figli a Temistocle, esule presso la corte di Admeto, re dei Molossi14; e più indirettamente il già citato F 2, ove è illustrata la problematica disputa che avrebbe opposto Temistocle a Milziade, padre appunto di Cimone, sull’indirizzo marinaro della politica ateniese15. Quest’anomala concentrazione di interesse su Cimone naturalmente potrebbe essere frutto di pura casualità, in quanto determinata dalla fortuita conservazione di alcune informazioni a discapito di altre; di certo getta ombre non solo sull’originaria autenticità (invero assai improbabile) della titolatura stessa proposta dal dotto di Naucrati, ma anche sulla sua stessa piena pertinenza. D’altro canto l’inusuale brevità del bios plutarcheo dedicato al Filaide (solo diciannove capitoli a fronte dei trentanove, che, ad esempio, caratterizzano la Vita di Pericle), che trova peraltro piena corrispondenza nel ritratto, altrettanto succinto, dedicato a Cimone già da Cornelio Nepote16, induce a pensare che le notizie circolanti sul figlio di Milziade, quando scrisse Plutarco (e in precedenza Nepote), non dovessero risultare in complesso particolarmente abbondanti: forse esse furono molto presto oscurate dalla ostile propaganda filopericlea, impegnata a ridimensionare le gesta dell’ingombrante predecessore; e nel contempo, come si è sostenuto, furono oscurate dagli stessi gruppi oligarchici, che giudicarono la linea politica, adot14 PLUT., Them. XXIV 6-XXV 1, su cui ora G. VANOTTI, A proposito di Stesimbroto di Taso, FGrHist 107/1002 F 3, in corso di stampa. 15 Ibid. II 4-6. 16 Il biografo latino dedica solo quattro capitoli al Filaide, peraltro caratterizzati da un’esposizione alquanto confusa e approssimativa, soprattutto per quel che riguarda la sequenza degli eventi. Per quanto riguarda Plutarco, va detto che egli solo a partire dal cap. IV inizia ad occuparsi effettivamente della vita cimoniana, mentre nei primi tre capitoli incentra l’attenzione piuttosto sul romano Lucullo, quasi anticipando la comparatio finale fra il personaggio greco e quello latino. 68 GABRIELLA VANOTTI tata dal Filaide, superata e inadeguata a difendere le istanze dell’aristocrazia17. Inoltre, le scelte erodotea e tucididea di incentrare le proprie opere rispettivamente sul conflitto persiano e peloponnesiaco, ignorando sostanzialmente l’età di mezzo e trascurando soprattutto il periodo di “entente cordiale” fra Atene e Sparta, contribuirono in modo rilevante a determinare la rapida oblivione del ruolo cimoniano. Non è forse azzardato credere che in questo deludente panorama informativo l’opera del Tasio, definito dal medesimo Plutarco18 quasi coevo di Cimone, e, almeno per un certo periodo da ritenersi anche suo quasi-conterraneo, riferisse sul Filaide dettagli altrimenti sconosciuti, direi quasi ghiotti, e quindi apparisse particolarmente utile per la stesura del bios cimoniano: questo contribuirebbe a giustificare la provenienza di un anomalo numero di frammenti incentrati sul Filaide da un’opera, che, come si è detto, a quanto si evince dal titolo, non intendeva occuparsene determinatamente. Ma su ciò avremo occasione di ritornare. Da ultimo è bene ricordare come ben tre delle quattro citazioni stesimbrotee presenti nella Vita cimoniana si concentrino in soli due capitoli del testo plutarcheo: si tratta dei capitoli XIV e XVI, interes17 L’oblio caduto rapidamente sulla figura e l’opera di Cimone è imputato dalla critica al fatto che la sua linea politica fu ben presto giudicata superata e quindi archiviata come fallimentare, Di questa idea soprattutto LOMBARDO, Cimone, p. 151; sulla fortuna storiografica del personaggio vd., più in generale, pp. 143-170. 18 PLUT., Cim. IV 5 = FGrHist 107 (= 1002) T 1. Va fatto rilevare che nella Vita di Cimone Stesimbroto risulta essere la fonte maggiormente utilizzata (vd. supra n. 14), anzi è verosimile che il biografo si servisse della sua esposizione anche in altre occasioni, senza nominarlo esplicitamente. In proposito vd. le osservazioni formulate da FUSCAGNI, Plutarco, pp. 59-66. D’altro canto, in linea di principio, non si può neppure escludere che Stesimbroto, proprio come si evince dal tardo titolo di Ateneo, non avesse dedicato una trattazione specifica a Cimone; infatti i riferimenti allo statista a noi pervenuti potrebbero ben essere stati presenti, sotto forma di brevi excursus, nei testi dedicati a Temistocle, Tucidide di Melesia e Pericle. Ma sulla questione ci proponiamo di ritornare in altra sede. PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 69 sati rispettivamente all’assedio di Taso e al successivo processo intentato al Filaide, il primo; al filo-laconismo cimoniano e alla sfortunata spedizione a Itome il secondo. Si tratta di eventi ben connessi fra loro sotto il profilo politico e occorsi in un lasso di tempo assai ristretto. In questa sede intendiamo concentrare l’attenzione sul solo capitolo XIV, all’interno del quale è stato individuato dagli editori – Jacoby ed Engels – il frammento 5. 2. FGrHist 107 (1002) F 5 = Plutarco, Cimone XIV Il capitolo può essere suddiviso, sotto il profilo contenutistico, sostanzialmente in due parti: nella prima (§ 1-2) è illustrata la conquista cimoniana del Chersoneso tracico e la repressione della rivolta di Taso; nella seconda (§ 3-5) è descritto il processo cui fu sottoposto il Filaide, rientrando in patria dopo tali eventi bellici19. E proprio in questa seconda parte del capitolo, al § 5, viene evocato Stesimbroto, quale latore di una notizia dai risvolti pettegoli e velatamente piccanti. 19 Il processo (ricordato da Plutarco anche in Per. X 6, poiché uno degli accusatori sarebbe stato proprio l’Alcmeonide) si sarebbe svolto nel 463/2, dopo la conclusione della campagna contro Taso. A questo medesimo processo fa verosimilmente riferimento, in termini assai stringati, anche Aristotele (Ath. Pol. XXVII 1); a dire del filosofo, si sarebbe trattato di un procedimento per euthynai. In proposito vd. PICCIRILLI, Le Vite di Cimone, pp. 249-250; ID., Efialte, Genova 1988, pp. 25-28; 73-74, 91 n. 13, con ampia discussione sulla natura giuridica del processo (eythynai o eisanghelia) e ampia discussione bibliografica; A. BLAMIRE, Plutarch. Life of Kimon, Chapel Hill – London 1989, pp. 154-158 . Nella Vita periclea (X 6) Plutarco prospetta l’ipotesi di una condanna a morte per Cimone, sventata grazie all’intercessione di Elpinice. In merito P. STADTER, A Commentary on Plutarch’s Pericles, Chapel Hill-London 1989, pp. 126-127. Di un processo a Cimone riferisce anche DEM. XXIII 205, ma in termini estremamente confusi, sui quali non ci soffermiamo in questa sede. 70 GABRIELLA VANOTTI Secondo Plutarco, il Tasio, menzionando il processo intentato a Cimone, avrebbe narrato che Elpinice, la ben nota sorella dello stratego20, si sarebbe recata a casa di Pericle, il più accanito fra i suoi accusatori, per intercedere a favore del fratello, ricevendo di rimando dall’Alcmeonide l’ironica e celebre risposta: «Sei vecchia, Elpinice, vecchia per occuparti di simili questioni»21. Felix Jacoby individuava, con il consueto e severo rigore critico, nel solo § 5 dell’esposizione plutarchea il vero e proprio frammento stesimbroteo, cui assegnava il numero 5, riproducendolo attraverso i ben noti caratteri distanziati, a sancirne l’indiscutibile paternità22. Leggiamone il testo: «Stesimbroto, ricordandosi di quel processo riferisce che Elpinice si recò, per perorare la causa di Cimone, presso la casa di Pericle (costui era fra gli accusatori il più accanito); ma egli sorridendo le disse: “Sei vecchia, Elpinice, troppo vecchia per portare a buon fine tali missioni”. Tuttavia durante il processo si mostrò benevolo verso 20 Della medesima Elpinice, che svolse un ruolo di tutto rispetto al fianco di Cimone, Plutarco offre un colorito ritratto nel cap. IV della Vita cimoniana, ove è ancora evocato come testimone Stesimbroto (F 4). Inoltre ella è pure richiamata in discussione in Per. XXVIII, 6. Sulla donna e sul suo comportamento disinvolto vd. le condivisibili osservazioni di FUSCAGNI, Plutarco, pp. 96-99 e soprattutto il contributo di U. BULTRIGHINI, Cimone, sua sorella, in U. BULTRIGHINI (a cura di), Donne che contano nella storia greca Atti Convegno internazionale di studi (Chieti 2-4 maggio 2007), c. s. Utili spunti anche in L. PICCIRILLI, Temistocle, Aristide Cimone Tucidide di Melesia, Genova 1987, pp. 86-89. 21 PLUT., Cim. XXIV 5: «Grau`~ ei\ favnai grau`~, w\ jElpinivkh, wJ~ telikau`ta diapravttesqai pravgmata». Della vicenda Plutarco dà notizia anche in Per. X 6. Non dissimili le parole rivolte da Pericle alla medesima Elpinice, che lo rimproverava in occasione della guerra contro Samo, e desunte da un testo archilocheo, secondo PLUT., Per. XXVIII 7. 22 I medesimi caratteri grafici sono adottati nella recente edizione di ENGELS, 1002 (=107) Stesimbrotos of Thasos, p. 44. PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 71 Cimone e una sola volta si alzò ad accusarlo, come se si trattasse di pura formalità»23. Tuttavia dall’inequivocabile affermazione di Plutarco (mnhsqei;~ de; th`~ krivsew~ ejkeivnh~ oJ Stesivmbrotov~ fhsi) si evince che lo storico di Taso non solo dovesse essere a conoscenza del processo in questione, ma verosimilmente che ne riferìsse compiutamente nella propria opera. Ciò lascerebbe supporre che egli avesse fatto menzione anche dell’atto di accusa, in base al quale il procedimento era stato istruito, e così pure del successivo dibattimento, che si concluse con un giudizio assolutorio24. Fra l’altro, a confortare tale ipotesi, potrebbe concorrere il comprovato interesse stesimbroteo per le azioni giudiziarie, come documentano i FF 3-4 J.25. Dello svolgimento processuale è possibile trovare traccia nel testo plutarcheo. In effetti, se appuntiamo l’attenzione sui paragrafi 23 «Mnhsqei;~ de; th`~ krivsew~ ejkeivnh~ o| Sthsivmbrotov~ fhsi th;;n jElpinivnikhn u|pe;r tou` Kivmwno~ deomevnhn ejlqei`n eJpi; ta;~ quvra~ tou` Periklevou~ – ou|to~ ga;r h\n tw`n kathgovrwn oJ sfodrovtato~ –, to;n de; meidiavsanta «grau`~ eij`» favnai «grau`~, w\ ’Elpinivkh, wJ~ thlikau`ta diavprattesqai pravgmata». Plh;n ejvn ge th`≥ divkh≥ praovtaton genevsqai tw`≥ Kivmwni kai; pro;~ th;n kathgorivan aJvpax ajnasth`nai movnon wJs v per ajfosiouvmenon». 24 Così si legge sinteticamente all’inizio di PLUT., Cim. XV 1: «ejkeivnhn me;n ou\n ajpevfuge th;n divkhn». La sentenza di assoluzione e la mitezza adottata da Pericle durante il processo a Cimone, in cui era pubblico ministero, hanno generato in una parte della critica l’idea che in questi anni le posizioni dell’Alcmeonide e del Filaide non fossero contrastive, tanto più che i due uomini politici erano fra loro legati da vincoli parentali. Così, fra gli altri PICCIRILLI, Efialte, pp. 25-27 e 73-74, sulla base soprattutto di R. SEALY, Essays in Greek Politics, New York 1967, p. 63. 25 Che Stesimbroto fosse particolarmente interessato ai processi politici è sostenuto da E.M. CARAWAN, Eisangelia and Eythyna: The Trials of Miltiades, Themistocles and Cimon, in «GRBS» XXVIII (1987), pp. 167- 208, part. p. 204, n. 56. Lo studioso ritiene anche che la versione del giudizio cimoniano, risalente a Stesimbroto, potrebbe essere stata rielaborata da Teopompo; su Stesimbroto e Teopompo vd. anche infra. 72 GABRIELLA VANOTTI 3-4 del capitolo XIV, possiamo constatare come il biografo riferisca (§ 3) che gli avversari politici accusarono Cimone di non aver sottomesso, in occasione delle campagne in Tracia, almeno una parte della Macedonia, nonostante avesse potuto farlo, perché connivente con il sovrano macedone Alessandro I, dal quale si sarebbe lasciato corrompere. Evidentemente quest’ultima notizia racchiude l’atto di accusa con cui gli Ateniesi chiamarono in giudizio il Filaide; non solo, essa, per quanto ci è dato sapere, costituisce, che la si ritenga più o meno attendibile, un unicum, assumendo quindi un grande valore documentario. Di seguito, al successivo paragrafo 4, Plutarco riporta anche qualche battuta della autodifesa, sostenuta dal medesimo Cimone; quest’ultimo, per rispondere alle accuse di corruzione e dimostrare la propria integrità morale26, allora avrebbe fatto leva sui suoi lega26 Cimone è accusato, più che di corruttibilità, di essere maestro di corruzione in un frammento di Teopompo (FGrHist 115 F 90) e in un passo del Gorgia platonico (519 a). In entrambi i testi si parla del Filaide come diffusore fra i concittadini del funesto germe della dorodokia. Che Teopompo dipendesse per tale e altre consimili valutazioni dallo scritto di Stesimbroto, che si qualificherebbe pertanto come prima opera Sui demagoghi, è stato più volte sostenuto dalla critica. Non è qui possibile rendere conto del complesso problema, già prospettato a suo tempo per esempio da JACOBY, Komm., II B, p. 369; per una disamina dello status quaestionis si rimanda a C. FERRETTO, La città dissipatrice. Studi sull’excursus del libro decimo dei Philippika di Teopompo, Genova 1984, pp. 18 e 2554, con bibliografia. Per una valutazione del punto di vista teopompeo su Cimone resta assai significativo W.R. CONNOR, Theopompos’ Treatment of Cimon, in «GRBS» IV (1963), pp. 107-114; ID., Theopompus and Fifth-Century Athens, Cambridge Ma. 1968, pp. 24-38, con edizione e analisi dei frammenti teopompei relativi a Cimone. Per un’acuta e, a nostro avviso, del tutto condivisibile valutazione del rapporto Teopompo/Plutarco in merito alla presunta dorodokia cimoniana, sulla quale il biografo si concentra soprattutto nel cap. X, vd. FUSCAGNI, Plutarco, pp. 82-89. Per una valutazione complessiva del rapporto Teopompo/Plutarco vd. ora, infine, L. SANTI AMANTINI, Leggere Plutarco, scoprire Teopompo, in E. LANZILLOTTA V. COSTA G. OTTONE (a cura di), Tradizione e trasmissione degli storici greci frammentari in ricordo di Silvio Accame, Atti del II Workshop Internazionale Roma 16-18 febbraio 2006, Tivoli Roma 2009, pp. 121-142. PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 73 mi di prossenia non certo con Ioni e Tessali, ben noti per la loro avidità e facilmente corruttibili, ma piuttosto con Sparta, città definita semplice e temperata, notoriamente aliena all’uso e alla tesaurizzazione del denaro. In buona sostanza, si difese sostenendo che anch’egli, proprio come avrebbero fatto gli Spartani, mise a disposizione della città il bottino conseguito in guerra, senza nulla trattenere per sé. La filo-laconicità di Cimone era senza dubbio ben nota anche a Stesimbroto, come si evince soprattutto dal frammento 7 J., che così recita: «In ogni occasione Cimone magnificava Sparta agli Ateniesi, soprattutto quando gli capitava di rimproverarli o incitarli, dice Stesimbroto, che soleva esclamare “Ma non sono così gli Spartani!”»27. L’evidente coincidenza fra quanto riferito da Plutarco (Cim. XIV 4) e quanto riportato dal frammento 7 J. indurrebbe a immaginare che già nella pagina del Tasio fosse presente una tramatura narrativa analoga a quella adottata dal biografo, in altre parole che nel racconto del processo, fornito da Stesimbroto, si facesse riferimento all’incorruttibilità cimoniana, giustificandola sulla base del suo filo-laconismo. Ma l’ipotesi, per quanto allettante, resterebbe assai fragile, se non fosse supportata da ulteriori indizi28. Per evidenziarli, occorre approfondire l’indagine, tornando a esaminare ancora una volta il plutarcheo capitolo XIV. 27 PLUT., Cim. XVI 3. L’intero cap. XVI illustra il filolaconismo cimoniano: le notizie relative ai suoi figli, gemelli, dei quali uno si chiamò Lacedemonio, risalirebbero ancora a Stesimbroto (F 6 J.), ma vd. anche PLUT., Cim. IV 5 (F 4 J.), ove, ancora sulla scorta di Stesimbroto, il biografo definisce Peloponnhvsion to; sch`ma th`~ yuch`~ del Filaide. 28 Che Stesimbroto riportasse l’autodifesa di Cimone è escluso da PICCIRILLI, Le Vite di Cimone, p. 251. Lo studioso ritiene tale ipotesi in contraddizione con il contenuto del F 4 J. stesimbroteo, in cui il Filaide è descritto dal Tasio come completamente privo della deinwvth~ e della stwmuliva, proprie degli Attici, e quindi, secondo lo studioso, incapace di pronunciare un’efficace arringa in tribunale. Ma per una diversa lettura del F 4 J. vd. FUSCAGNI, Plutarco, pp. 63-64, con discussione bibliografica alla n. 105. 74 GABRIELLA VANOTTI Come si è già detto, esso pare comporsi di due diverse sezioni: nella seconda (§ 3-4-5) l’attenzione del biografo si focalizza sul processo a Cimone, mentre nella prima (§ 1-2) sembra incentrarsi sulle sue conquiste militari, continuando con piena coerenza l’esposizione avviata nel precedente capitolo XIII. Tuttavia, a ben vedere, queste imprese, condotte dal Filaide nel Chersoneso e a Taso, per quanto sicuramente elencabili nel carnet delle res gestae cimoniane, potrebbero essere state menzionate nel contesto del XIV capitolo plutarcheo, in quanto rientranti fra le argomentazioni addotte dal Filaide a propria discolpa durante il processo. Infatti, proprio ricordando il ricco bottino e la gloria militare conseguiti attraverso imprese eccezionali sul campo, con tutta probabilità, egli poté efficacemente replicare alle accuse di inefficienza e di corruzione rivoltegli dai giudici. Insomma, se, come sostiene Plutarco, Stesimbroto si ricordava del processo, non risulta inverosimile, in via di principio, ipotizzare che, proprio come Plutarco, anche il Tasio menzionasse, all’interno della descrizione del dibattito giudiziario, gli eventi bellici, che precedettero e ingenerarono le accuse, o fornirono argomenti alla difesa, tanto più che essi inerivano alla storia politica della patria Taso e della sua ricca perea. Dunque, se così fosse, Stesimbroto dovrebbe essere ritenuto ispiratore dell’intero capitolo XIV29. Ma, prima di avanzare conclusioni avventate, è necessario esaminare ancora con attenzione il testo plutarcheo, dal quale in effetti emergono particolari curiosi, sui quali vale la pena riflettere, in quanto utili a suffragare l’ipotesi. 29 Che Plutarco riprendesse da Stesimbroto non solo la notizia sul processo, ma anche il racconto del suo svolgimento è ipotesi già adombrata da CONNOR, The New Politician of Fifth-Century Athens, Princeton 1971, p. 59, n. 41; e da S. CAGNAZZI, Tendenze politiche ad Atene: l’espansione in Sicilia dal 458 al 415 a.C., Bari 1990, p. 114; contra BLAMIRE, Plutarch Life of Kimon, pp. 14-15. Lo studioso attribuisce a Ione di Chio le notizie sulla vicenda giudiziaria cimoniana e a una fonte storica anonima il racconto delle precedenti campagne militari. PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 75 La campagna cimoniana nel Chersoneso e l’asseddio e la capitolazione di Taso sono riferiti da Plutarco in modo complessivamente sommario e quasi frettoloso: nel suo racconto non compaiono, ad esempio, indicazioni cronologiche precise degli eventi30; né si 30 La successione degli eventi risulta scandita con incalzante sequenza temporale, invece, nella testimonianza tucididea (I 98, 1-102, 1), che in proposito costituisce il più utile termine di confronto. Lo storico attico, che si rivolge al lettore con la consueta assertività, facendo riferimento alle res gestae cimoniane, riferisce che per prima fu occupata Eione, in seguito Sciro, poi furono aggrediti i Caristi, successivamente fu la volta di Nasso, infine ebbe luogo la battaglia terrestre e navale presso l’Eurimedonte. A questo punto sopravvenne la ribellione dei Tasi, sconfitti dagli Ateniesi in battaglia navale. Fu in quel momento che sull’antistante perea venne creato l’insediamento di Nove Strade; da qui prese avvio una spedizione nell’interno della Tracia, conclusasi con la rovinosa rotta di Drabesco. A questo punto i Tasi, già sconfitti e posti sotto assedio, chiesero aiuto agli Spartani, che in un primo tempo si mostrarono disponibili, ma furono in seguito trattenuti in patria dal terremoto e dalla ben nota rivolta dei servi messeni, arroccatisi a Itome. Allora i Tasi, dopo tre anni di assedio, capitolarono. La sequenza cronografica tucididea deve essere letta insieme con quanto lo storico riferisce a IV 102 (su cui vd. l’ampio commento di S. HORNBLOWER, A Commentary on Thucydides, II, Oxford 20032, pp. 319-327). Proprio quest’ultimo passo, integrato da uno scolio ad Eschine (II 31), permette, infatti, di collocare la fondazione della colonia di Nove Strade (cui fece seguito la rotta di Drabesco) nell’anno 465/4. Tucidide riferisce infatti che l’insediamento si stabilì ventinove anni prima della fondazione di Anfipoli da parte di Agnone e trentadue anni dopo il tentativo fallito da Aristagora di Mileto. A sua volta, lo scoliaste colloca l’impresa di Agnone sotto l’arcontato di Eutimene (a. 437/6, su tale data arcontale vd. anche DIOD. XII 32, 3). La sequenza cronografica offerta da Tucidide viene accolta praticamente in toto da R. MEIGGS, The Athenian Empire, Oxford New York 2002, pp. 79-91. Lo studioso, che data la cimoniana battaglia all’Eurimedonte al 466, colloca sulla base di Tucidide (IV 102, 2-3) e dello scolio a Aesch. (II 31) la spedizione e l’assedio di Taso nel triennio 465-463. Tucidide, a differenza di Plutarco, non fa menzione delle operazioni militari nel Chersoneso, cui crede invece Meiggs sulla scorta di un dato epigrafico, di cui si dirà infra. Tali operazioni, a detta dello studioso, risalirebbero probably al 465. La colonizzazione di Nove Strade e la fallita incursione a Drabesco sarebbero avvenute durante l’assedio di Taso, nel triennio 465/3, al termine del quale, Cimone, ritornato in Atene, fu sottoposto a processo. Quanto al terremoto in Laconia e alla conseguente rivolta di Itome, sarebbero avvenuti a partire dal 76 GABRIELLA VANOTTI fa riferimento alle motivazioni che determinarono la defezione di Taso, così che ogni responsabilità finisce per ricadere acriticamente sugli stessi isolani31. Inoltre, il biografo non fa il minimo cenno alla ferocia usata dagli Ateniesi durante il lungo assedio all’isola, ben nota ad altre fonti32. Ciò di per sé non sarebbe stupefacente, visto il 464. Nel 462 le truppe giunte a Sparta sotto il comando di Cimone sarebbero state rinviate in Attica e il loro comandante screditato, al punto che l’anno successivo (461) venne ostracizzato. Ad Atene, intanto, grazie anche all’assenza del Filaide, si poté realizzare per opera di Efialte la riforma democratica. Giustamente Meiggs individua nella rivolta di Taso una sorta di punto di svolta nelle politiche di Atene, di Sparta e dei membri della Lega navale. Tale interpretazione è del resto già adombrata nella pagina tucididea (I 102, 3), almeno per quanto riguarda il rapporto fra Spartani e Ateniesi. Con la tavola cronologica fornita da Meiggs, concordano, pur con lievi divergenze, B.J. MERITT H.T. WADE GERY M.F. MCGREGOR (edd.), The.Athenian Tribute Lists, III, Princeton 1950, pp. 158-180; A.W. GOMME, A Historical Commentary on Thucydides, I, Oxford 20032, pp. 391 e 395. Non difforme pure la ricostruzione proposta da A. ROVERI, Note sulla spedizione ateniese contro Taso, in «RSA» X (1980), pp. 27-45. Da questa ricostruzione si distanziano in parte R.K. UNZ, The Chronology of the Pentekontaetia, in «CQ» XXVI (1986), pp. 68-85; E. BADIAN, Toward a Chronology of the Pentecontaetia down to the Renewal of the Peace of Callias, in From Plataea to Potidaea Studies in the History and Historiography of the Pentecontaetia, Baltimore London 1993, pp. 73-107. Quest’ultimo, in particolare, seguendo alla lettera la testimonianza dello scolio ad Aesch. II 31, accetta (pp. 81-86) la datazione arcontale ivi fornita, che impone di collocare la rotta di Drabesco nel 453/2 (arconte Lysicrate); ma su questa improbabile tesi vd. le osservazioni di HORNBLOWER, CT, I, Oxford 20032, pp. 149-157, part. 154-155. Per una ricostruzione delle imprese cimoniane nella valle dello Strimone vd., infine, la chiara analisi di B. ISAAC, The Greek Settlements in Thrace Until the Macedonian Conquest, Leiden 1986, pp. 19-30. 31 Plutarco si limita a definire apoditticamente i Tasi ajpostavnta~ jAqhnaivwn; essi, invece, sarebbero stati quanto meno corresponsabili, se non vittime degli Ateniesi, con i quali erano entrati in conflitto per il controllo dei loro empori costieri e di miniere che essi stessi gestivano, secondo THUC. I 100, 2: «xunevbe Qasivou~ aujtw`n ajposth`nai, dienecqevnta~ peri; tw`n ejn th`/ ajntipevra~ Qrav/kh/ ejmporivwn kai; tou` metavllou a} ejnevmonto». 32 Conserva memoria dell’assedio Polieno, che offre testimonianza della tenace resistenza opposta dagli assediati (e quindi indirettamente della feroce determinazione ateniese) in due passi, in cui ricorda la promulgazione a Taso della pena PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 77 quasi proverbiale disinteresse del biografo per la storia militare, oltre che per il dato cronografico. Tuttavia, con questa complessiva superficialità espositiva, contrasta la presenza, nel racconto plutarcheo, di dettagli singolarmente precisi; per ben tre volte sono puntigliosamente indicati i numeri delle navi impiegate, o catturate al nemico: si dice che Cimone attaccò nel Chersoneso con l’ausilio di solo quattro navi i Persiani, cui ne furono sottratte ben tredici. Poi, a proposito dell’assedio di Taso, si ricorda che lo stratego ateniese non solo espugnò l’isola, ma catturò ben trentatre navi nemiche. La peculiarità dell’informazione plutarchea, già di per sé significativa per la sua puntigliosa e inusitata precisione in fatto di questioni belliche, risulta ancor più singolare alla luce del confronto con la pagina tucididea. Lo storico attico, il cui interesse per la storia militare è per contro ben noto, senza far cenno alle imbarcazioni nemiche conquistate, si limita infatti a riferire che Cimone partì per reprimere la rivolta di Taso alla guida di cinquanta navi33. Si tratta di una cifra tondi morte nei confronti di quegli isolani che si fossero arresi al nemico (II 33) e la generosa rinuncia da parte delle donne alle loro capigliature, offerte alla città per la costruzione di funi utili al funzionamento delle macchine da guerra (VIII 67). Durissime le condizioni di pace imposte dagli Ateniesi, secondo Tucidide (I 101, 3): demolizione delle mura, consegna dell’intera flotta, pagamento di un tributo in denaro, rinuncia ad ogni pretesa sui possedimenti della costa tracia e sulle miniere. I Tasi sarebbero stati costretti anche al pagamento di una forte indennità di guerra (a causa del lungo assedio), ciò renderebbe ragione del basso ammontare dell’ aparché del phoros versata dagli isolani fino al 445 ca., quando decuplicò, secondo una condivisibile ipotesi formulata di recente (con ricca disamina della precedente bibliografia) da O. PICARD, Thucydide I. CI et le tribut de Thasos, in «REA» C (1998), pp. 591-598, seguito, per sua esplicita ammissione, da M. BRUNET, Thasos et son épire à la fin du Ve et au debut du IVe s. avant Jésus-Christ, in P. BRULÉ et J. OULHEN (ed.), Esclavage, guerre, économie en Grèce ancienne Hommages à Y. Garlan, Rennes 1997, pp. 229-242. La maggior parte degli studiosi precedenti imputava, invece, il forte accrescimento del tributo tasio a partire dal 445 ca. al fatto che Atene restituì agli isolani i possedimenti minerari sottratti e le loro entrate. A una restituzione dei soli redditi minerari pensa C. PÉBARTHE, Thasos, l’empire d’Athènes et les emporia de Thrace, in «ZPE» CXXVI (1999), pp. 131-154. 33 Thuc. I 100, 3. 78 GABRIELLA VANOTTI da, forse effettivamente rispondente alla verità fattuale, ma destinata a provocare nel lettore il sospetto che l’informazione sia generica, forse costruita surrettiziamente a tavolino, in mancanza di dati più precisi da esibire. Ma non è tutto, anzi: l’indicazione plutarchea della campagna nel Chersoneso, che dovette precedere l’assedio a Taso, rappresenta un unicum; pertanto il dato potrebbe essere ritenuto falso, imputabile alla faciloneria della penna del biografo e alla sua proverbiale imprecisione cronologica34, se non trovasse preciso riscontro in un’epigrafe (IG2 I 928 = IG3 I 114435), recante la lista dei caduti nella campagna del Chersoneso e nel primo anno di guerra a Taso. Dunque, sotto il profilo evenemenziale, i fatti, così come riferiti da Plutarco, non solo risponderebbero in toto alla realtà fattuale, ma risulterebbero anche, senza dubbio, strettamente conseguenti sul piano cronologico e strategico. Le indicazioni fornite da Plutarco, cui si è fatto riferimento, e che, come si è detto, costituiscono degli unica, preziosi per la loro specificità, lasciano ipotizzare il ricorso da parte del biografo a una fonte ben informata sui fatti. E quale fonte potrebbe rispondere a tale requisito meglio di Stesimbroto, pressoché contemporaneo agli eventi e, in quanto nativo di Taso, forse ad essi compresente36, e quindi candidato ideale per la trasmissione di dettagli così peculiari? 34 Così già sosteneva MEIGGS, The Athenian Empire, pp. 79-80. Per una ricostruzione del tormentato documento epigrafico, pervenuto in forma frammentaria, ancora utili le osservazioni di D. W. BRADEEN, The Athenian Casualty List of 464 B.C., in «Hesperia» XXXVI (1967), pp. 321-328; e così pure il commento al testo epigrafico presente in B.J. MERITT H.T. WADE GERY M.F. MCGREGOR (edd.), The Athenian Tribute Lists, III, Princeton 1950, pp. 106-110. Ivi si sostiene che l’epigrafe in questione corrisponda a quella citata da Paus. I 29, 5, di cui si dirà infra. 36 STES. FGrHist 107 (= 1002) T 1 = PLUT., Cim. IV 5. Pensava al ricorso da parte di Plutarco a fonti attidografiche già UXKULL-GYLLENBAND, Plutarch, p. 71; seguito da LOMBARDO, Cimone, p. 159; e di recente da FUSCAGNI, Plutarco, p. 202, n. 93. 35 PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 79 Se tale ipotesi fosse attendibile, ne dovremmo desumere che Stesimbroto, ricordando il processo, enumerasse, come Plutarco, anche le res gestae cimoniane in Tracia; in altre parole l’impianto narrativo del capitolo XIV potrebbe ispirarsi, nel suo complesso, alla pagina del Tasio. Ma dall’esposizione plutarchea emergono altri due dati, sui quali vale la pena soffermarsi; essi, se ascrivibili al Tasio, risulterebbero molto interessanti per fornire una prima valutazione della sua opera. Nel testo del biografo manca qualsiasi riferimento a un evento drammatico, occorso agli eserciti ateniesi all’epoca dell’assedio di Taso: si tratta della rotta di Drabesco, ben nota a più di una fonte antica. E neppure si fa menzione della richiesta di aiuto, ben nota questa a Tucidide37, che i Tasi, stretti d’assedio, avrebbero rivolto agli Spartani, ottenendone in cambio iniziali promesse, poi non mantenute a causa del terremoto e della rivolta messenica. Ma andiamo per ordine, partendo dalla rotta di Drabesco. Come si è detto, l’evento viene riportato da più di una fonte antica: non solo Tucidide38, ma anche, fra gli altri, Diodoro39, Erodoto, Isocrate, Pausania. Tali fonti sono sostanzialmente concordi nel riferire che gli Ateniesi, dopo essersi impadroniti di Nove Strade40, penetrati nel37 THUC. I 101, 2. Lo storico attico è l’unico a riportare la notizia. THUC. I 100, 3 e IV 102, 1. 39 DIOD. XI 70, 1- 5 (che comprime sotto l’anno 464 l’assedio di Taso, la fondazione di Nove Strade e la rotta di Drabesco) e XII 68, 2 (in un contesto cronologico assai confuso); ma anche HER. IX 75 (che parla della morte degli strateghi ateniesi Sofane e Leagro a Dato durante le campagne contro i Traci Edoni); ISOCR. De pace 86 (che ricorda in termini paradigmatici la perdita di migliaia di opliti da parte di Atene e degli alleati a Dato); PAUS. I 29, 4-5 (che descrive le sepolture degli strateghi ateniesi caduti a Drabesco, Sofane e Leagro); il confronto incrociato fra le testimonianze depone per la sovrapponibilità delle località di Drabesco e Dato. Il secondo toponimo forse indicava l’intera area nella quale sorgeva Drabesco, secondo il commento di D. Asheri (aggiornato da P. Vannicelli) a Erodoto Le Storie Libro IX La battaglia di Platea (a cura di D. ASHERI e A. CORCELLA), Milano 2006, p. 277. 40 Su tale fondazione e sulla natura giuridica della “colonia” vd. le puntuali 38 80 GABRIELLA VANOTTI l’interno della terra tracia furono sbaragliati dagli Edoni, che mal sopportavano la loro presenza nella zona. La rotta ebbe eco così vasta da essere annoverata fra gli eventi più infausti della politica estera ateniese, non solo dal già citato Isocrate, ma anche, a quanto pare, velatamente da Aristotele nella sua Costituzione di Atene41. Plutarco, invece, non solo sorvola sull’evento, ma traccia un bilancio trionfale delle imprese cimoniane in Tracia e nel Chersoneso, sostenendo tout court che il Filaide si impadronì, senza incidenti di percorso, delle miniere d’oro della costa antistante l’isola e anche dell’intera regione sottomessa ai Tasi (ta; crusei`a ta; pevran jAqhnaivoi~ prosekthvsato kai; cwvran h|~ ejph`rcon Qavsioi parevlaben). L’impostazione narrativa adottata dal biografo si potrebbe giustificare, semplicemente tenendo conto del fatto che a guidare gli opliti ateniesi a Drabesco non sarebbe stato Cimone in persona, ma piuttosto gli strateghi Sofane42 e Leagro, secondo quanto riferiscono osservazioni di D. ASHERI, Studio sulla storia della colonizzazione di Anfipoli sino alla conquista macedone, in «RFIC» XCV (1967), pp. 4-30, part. 7-17. 41 ARIST. Ath.Pol. XXVI 1. Nel passo sono ricordate spedizioni militari, risalenti ad età cimoniana, malamente guidate da strateghi di illustri natali, ma incapaci, e funestate da ingenti perdite umane. In merito soprattutto C. BEARZOT, Cimone, il disastro di Drabesco e la svolta democratica del 462/1. A proposito di Aristotele AP 27, 1, in «AncSoc» XXV (1994), pp. 19-31. Fonte del passo aristotelico sarebbe Stesimbroto di Taso (attraverso la mediazione teopompea), secondo GOMME, HCT, I, pp. 48 e 310, ma vd. in proposito le osservazioni di P.J. RHODES, A Commentary on the Aristotelian Athenaion Politeia, Oxford 2006, p. 328. Questo studioso pensa invece che fonte di Aristotele possa essere stato un pamphlet oligarchico, analogo a La costituzione degli Ateniesi ps.senofontea. La gravità delle perdite nella campagna di Drabesco è ancora evidenziata nello scolio già citato a AESCH. II 31. Secondo Jacoby (Patrios Nomos: State Burial in Athens and the Public Cemetery in the Kerameikos, in «JHS» LXIV (1944), pp. 37-66), fu proprio a partire da questo evento infausto che in Atene si avviò l’usanza di onorare i caduti dando loro sepoltura nel cimitero pubblico del Ceramico. In merito vd. la ampia discussione offerta di recente da HORNBLOWER, CT, I, pp. 292-293. Sulla sfortunata impresa vd. P. PERDRIZET, Scaptésylé, in «Klio» X (1910), pp. 1-27 e soprattutto il più recente ISAAC, The Greek Settlements, pp. 24-30. 42 Di Sofane di Decelea si dilunga a magnificare le gesta Erodoto (IX 73-75), PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 81 Erodoto e Pausania43. Nonostante ciò, è difficilmente negabile che la spedizione si fosse svolta pur sempre sotto la supervisione del Filaide, che sarebbe stato quindi corresponsabile del grave insuccesso ateniese. Pertanto, il silenzio di Plutarco, e forse ancor prima della sua fonte44, potrebbe essere stato dettato dalla volontà di oscurare un ricordandone le imprese mirabolanti compiute, non solo a Drabesco, ove cadde comportandosi da ajgaqov~, ma soprattutto in occasione della battaglia di Platea e dell’assedio ateniese a Egina. Forse egli è da identificare con il personaggio menzionato da Plutarco (Cim. VIII 1) come Swcavrh~ oJ Dekeleuv~, che si sarebbe fieramente opposto alla concessione di una corona d’olivo a Milziade, dopo la vittoria a Maratona. Se così fosse, potremmo inferire che nell’elaborazione della tradizione sulla figura eroica del Deceleico (enfatizzata anche dal monumento funebre dedicatogli dagli Ateniesi e ricordato da Pausania), si fossero coagulati i «primi sintomi di una propaganda anticimoniana a cui sicuramente l’impresa di Drabesco aveva dato grande impulso», come sostiene A.M. BIRASCHI, Tradizioni epiche e storiografia Studi su Erodoto e Tucidide, Perugia 1989, pp. 67-81. In tal senso estremamente interessanti risultano le parole con le quali Erodoto (IX 73) descrive l’opposizione risalente ad epoca mitica fra l’eroe attico Teseo, rapitore di Elena, e Deceleo, che restituì ai Tindaridi la sorella, così da guadagnare ai propri conterranei riconoscenza perpetua (ancora valida all’epoca della guerra del Peloponneso) da parte di Sparta. E’ evidente che l’esposizione di Erodoto è densa di importanti sottintesi e si presterebbe a più di una chiave di lettura. Per quel che qui ci interessa dal suo testo emerge come fin da tempi antichi l’operato dei Decelei si fosse opposto a quello di Teseo, eroe, come è noto, particolarmente caro a Cimone. Alla luce di queste considerazioni la presenza e il ruolo di Sofane a Drabesco meriterebbero ulteriori approfondimenti, tenendo conto che proprio la sfortunata impresa segnò l’inizio del declino cimoniano e filaide in generale. Su Leagro e sui suoi rapporti con Cimone vd. l’accurata analisi condotta da E. CULASSO GASTALDI, Le lettere di Temistocle, II, Il problema storico Il testimone e la tradizione, Padova 1990, pp. 106-117. 43 HER. IX 75; PAUS. I 29, 5. Il Periegeta, unico fra i testimoni in nostro possesso, racconta che sulle truppe ateniesi si abbatterono non solo gli Edoni, ma anche i fulmini. 44 Sul dibattuto problema della tendenza di Plutarco nei confronti di Cimone vd. infra. Naturalmente, se si pensasse con Badian (citato n. 31), che la rotta di Drabesco possa risalire al 454/3, accettando l’indicazione della data arcontale ricordata nello scolio ad Aesch. II 31, il silenzio di Plutarco sarebbe ampiamente giustificato. 82 GABRIELLA VANOTTI episodio infausto nella carriera politica di Cimone45. Naturalmente ciò acquisirebbe un senso più chiaro, qualora si ritenesse che l’impianto dell’intero capitolo XIV di Plutarco possa trarre ispirazione dal procedimento giudiziario intentato contro Cimone e, in particolare, dalla sua autodifesa. Ma, come si è già detto, quello su Drabesco non è l’unico silenzio che caratterizza l’esposizione plutarchea, se letta in controluce a quella tucididea, la più autorevole fra quelle a noi pervenute. Il biografo, infatti, non menziona neppure le enigmatiche trattative, che, secondo lo storico attico, sarebbero intercorse fra i Tasi e Sparta durante l’assedio cimoniano46: «I Tasi, sconfitti in battaglia e stretti d’assedio, si rivolsero agli Spartani e chiesero loro di aiutarli invadendo l’Attica. Di nascosto dagli Ateniesi, gli Spartani promisero che lo avrebbero fatto e già si accingevano a farlo, quando ne furono impediti dal terremoto in occasione del quale gli Iloti…si arroccarono in Itome». La notizia tucididea costituisce un unicum, che, per la sua peculiarità, ha destato non poche perplessità fra i moderni, in fatto di attendibilità documentaria. Più di uno studioso47, pur ritenendo cre45 Mette in luce l’influenza esercitata dalla catastrofe di Drabesco sull’incriminazione di Cimone, fra gli altri, BEARZOT, Cimone, pp. 30-31, con ampia rassegna bibliografica alla n. 43, p. 30. La studiosa sottolinea soprattutto come l’infausto ricordo del disastro aleggi dietro le considerazioni formulate da Aristotele (Ath.Pol. XXVI 1), ove non solo è contestata la capacità di leadership cimoniana, ma anche la preparazione militare degli strateghi, eletti sulla base delle glorie familiari, piuttosto che per le loro reali abilità belliche. Queste criticità non solo portarono alla perdita di migliaia di uomini durante le campagne militari, ma determinarono il rapido declino politico di Cimone e quindi la svolta democratica del 462/1. 46 THUC. I 101, 1-2. 47 Vd. innanzi tutto i pressoché coincidenti commenti al passo tucidideo di Gomme (HCT I, p. 298) e di Hornblower (CT I, pp. 156-157): entrambi gli studiosi giudicano difficilmente credibile la notizia di un intervento spartano in Attica in appoggio a Taso, visto che, poco tempo dopo, in occasione della presa ilotica di Itome, Cimone poté portare aiuto ai Lacedemoni. Ma vd. soprattutto le condivisibili osservazioni di BADIAN, From Plataea to Potidaea, pp. 134-137, con ampia di- PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 83 dibile che gli abitanti di Taso, spinti dalla disperazione potessero effettivamente aver rivolto richieste d’aiuto a Sparta, viceversa ha giudicato assai improbabile pensare che la città dorica avesse realmente promesso di intervenire in favore degli isolani, occupando l’Attica. Quest’ultima notizia va dunque diversamente inquadrata e per questo forse è indispensabile fare appello ancora una volta al testo di Plutarco. Il biografo, infatti, al capitolo XVI del bios cimoniano offre chiara testimonianza del conflitto politico insorto in Atene, quando gli Spartani chiesero aiuto contro i rivoltosi Messeni, raccontando che in quell’occasione, mentre Efialte scongiurava i concittadini di non soccorrere né risollevare una città rivale di Atene, ma di calpestare l’orgoglio di Sparta, invece Cimone posponeva l’interesse della sua città ai bisogni di Sparta48. A nostro avviso, proprio in questo clima di acceso antagonismo potrebbe essere stata messa artatamente in circolazione dalla fazione democratica la “falsa” notizia che gli Spartani, proprio quelli che Cimone si apprestava a beneficare, all’epoca dell’assedio ateniese a Taso, avessero complottato con gli isolani per invadere l’Attica. La notizia, come è evidente, aveva lo scopo non solo di screditare Sparta, ma anche di mettere in cattiva luce il suo più forte alleato in Atene, Cimone appunto, indebolendone la linea politica. Ma pure dopo l’intervento cimoniano a Sparta e dopo il forzato e umiliante rientro ad Atene del Filaide, la fazione democratica, forte del potere conseguito in città durante la sua assenza, avrebbe poscussione della precedente bibliografia alla n. 24 p. 226. Lo studioso non solo giudica la notizia, offerta dallo storico attico, inattendibile, ma ritiene anche l’autore, Tucidide (o la sua fonte), ben conscio della falsità del proprio assunto e quindi in mala fede. Attraverso tale versione dei fatti, secondo Badian, Tucidide avrebbe tentato di gettare il massimo discredito su Sparta, accusandola di mancanza di fedeltà alle alleanze e di doppio-giochismo; in tal modo avrebbe riscattato Atene dalla colpa di aver rotto l’alleanza con Sparta, dopo le vicende di Itome, e di aver intessuto nuovi legami politici con Argivi e Tessali (Thuc. I 102, 4). 48 PLUT., Cim. XVI 9. 84 GABRIELLA VANOTTI tuto orchestrare una campagna destabilizzante nei suoi confronti, usando ogni argomento, anche mendace (come la “falsa” notizia sull’invasione spartana dell’Attica), per screditare la sua politica filolaconica e preparare la via al suo ostracismo. Se così fosse, la “falsa” notizia, per quanto trasmessa dall’autorevole Tucidide, essendo frutto esclusivo della propaganda anticimoniana, elaborata a posteriori, non poteva trovare posto all’interno del racconto dell’assedio a Taso, né poteva trovare posto all’interno del plutarcheo capitolo XIV, che nel suo insieme si connota come fortemente laudativo nei confronti del Filaide, essendo sostanzialmente costruito sugli argomenti addotti dal medesimo in sede giudiziaria a propria discolpa; e, fra questi, la conquista della ricca Taso e della sua appettibile perea dovette essere certamente fra i più cogenti. Ma a chi attribuire la responsabilità del silenzio sulla rotta di Drabesco e sulla promessa spartana di invadere l’Attica? Alla penna del medesimo Plutarco, o a quella della sua fonte? Prima di formulare valutazioni affrettate, è indispensabile ragionare sul metodo di lavoro del biografo. Come ebbe a sostenere Frank Frost nel suo commento alla Vita di Temistocle49, “the Lives are not a collection of fragments”. In altre parole, nell’esaminare i testi plutarchei, bisogna evitare di immaginarne l’autore nelle vesti di uno studioso pedante e acritico, sempre affaccendato a compulsare libri, per estrarne citazioni più o meno letterali, più o meno epitomate. Piuttosto bisognerebbe pensare che Plutarco, preparandosi a comporre le Vite, si fosse preventivamente costruito un proprio corredo di informazioni attraverso la lettura di quegli autori che lo avevano preceduto ed erano ritenuti specialisti in materia, in altre parole che si fosse costruito una sorta di biblioteca intellettuale, all’interno della quale si doveva muovere con padronanza e indipendenza, utilizzando e piegando alle sue esigenze espo49 p. 45. F.J. FROST, Plutarch’s Themistocles A Historical Commentary, Princeton 1980, PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 85 sitive e al suo personale giudizio le informazioni acquisite attraverso lo studio e la ricerca personale50. Dunque, anche qualora si supponesse che Stesimbroto sia la fonte del capitolo XIV nel suo complesso, non necessariamente bisognerebbe inferirne che quanto si può leggere nella pagina di Plutarco sia da ritenere pedissequamente desunto dall’opera del Tasio, nei confronti del quale peraltro il biografo si mostra talora assai critico51, pur essendone debitore forse più di quanto non ammetta. Quanto sin qui detto suggerisce la massima cautela, e tuttavia non impedisce di formulare qualche riflessione sulla natura e sulla tendenza dell’opera di Stesimbroto su Temistocle, Tucidide e Pericle. Il capitolo XIV plutarcheo (se, come crediamo, ispirato in toto o in larga parte al Tasio), con il suo racconto delle campagne militari in Tracia e a Taso, del successivo processo, del comportamento tenuto in quella circostanza da Cimone e da Pericle, lascerebbe inferire che l’opera stesimbrotea non fosse imperniata (come ripetutamente sostenuto52) solo e soltanto su informazioni scandalistiche e connes- 50 Vd. in tal senso PICCIRILLI, Plutarco, pp. XXXV-XXXVIII; e più di recente (in relazione alla Vita di Nicia) J. MA. CANDAU, Plutarco como transmisor de Timeo. La Vida de Nicias, in «Ploutarchos» 2, 2004/5, pp. 19-34, part. p. 19: «Plutarco adapta, modela y combina con gran libertad el material a su disposición». Sulla “biblioteca” intellettuale di Plutarco vd. le condivisibili considerazioni di D. AMBAGLIO, Plutarco e gli storici dell’Occidente, in I. GALLO (ed.), La biblioteca di Plutarco, Napoli 2004, pp. 341-348. 51 Vd. STES. FGrHist 107 (1002) F 1 = PLUT., Them. II, 5-6; F 3 = PLUT., Them. XXIV 6-XXV 1; F 8 = PLUT., Per. XXVI 1; F 10b = PLUT., Per. XIII 15-16. 52 Che l’opera di Stesimbroto avesse un’impostazione squisitamente aneddotica è ripetutamente sostenuto dalla critica (parte della quale è raccolta ed esaminata con spirito critico da COLETTI, Il valore storico dei frammenti, pp. 61-125). Per tutti ricordiamo, il significativo giudizio formulato a suo tempo da A.E. RAUBITSCHEK, Theopompos on Thucydides the Son of Melesias, in «Phoenix» XIV (1960), pp. 81-95, part. p. 82: «The relationship between Stesimbrotos and Theopompos will remain a problem; perhaps one should attribute to the former the anecdotes, to the latter the political analysis and the chronological framework». 86 GABRIELLA VANOTTI se alla vita privata dei politici, ma si occupasse anche di praxeis politiche e militari. Come è stato notato da Meiggs e più di recente da Roveri53, le conquiste cimoniane, come delineate da Plutarco, lascerebbero intravvedere un progetto politico articolato, proiettato in prospettive di sviluppo di ampio respiro, delle quali, a nostro avviso, Stesimbroto, per evidenti motivi geografici e cronologici, fu verosimilmente spettatore e testimone ben cosciente. Se così fosse, potremmo desumerne che la sua opera forse non mancasse di fornire una chiave di lettura “tasia” dell’imperialismo ateniese, di cui l’iniziale e principale attore fu, nel bene e nel male, Cimone. Se così fosse, il silenzio su Drabesco e sulla promessa spartana di invadere l’Attica acquisterebbe un valore assai rilevante e indurrebbe a interrogarci sulla valutazione stesimbrotea di Cimone. La lettura del solo capitolo XIV del bios plutarcheo non consente certo di esprimere a riguardo un giudizio di sintesi, giudizio che risulta peraltro difficilmente formulabile anche alla luce di un complessivo esame delle restanti avare testimonianze del Tasio. Molto spesso, sulla base della sua sola provenienza geografica, i moderni sono pervenuti alla fin troppo facile congettura che egli, spettatore oculare delle efferatezze compiute dagli Ateniesi guidati da Cimone a Taso e in Tracia, abbia valutato con profondo rancore l’operato del Filaide e in generale la politica imperialistica attica54. Al momento, riservandoci di tornare a vagliare più dettagliatamente e complessivamente il problema in altre sedi, ci limitiamo ad osservare che nella sola Vita cimoniana Plutarco evita di muovere critiche aperte al predecessore, il che farebbe pensare che le notizie riportate nel bios e la conseguente valutazione del personaggio non si 53 MEIGGS, The Athenian Empire, pp. 79-91; ROVERI, La spedizione ateniese, pp. 40-44. 54 Non sono, però, di questo parere per es. J. POUILLOUX, Recherches sur l’histoire et les cultes de Thasos, I, Paris 1954, soprattutto p. 93 n.5; H.W. PLEKET, Thasos and the Popularity of the Athenian Empire, in «Historia» XII (1963), pp. 70-77. PLUTARCO “LETTORE” DI STESIMBROTO DI TASO 87 discostassero da quelle stesimbrotee. E poiché il giudizio del biografo sul Filaide pare nel complesso elogiativo, diventa, a nostro avviso, difficile immaginare che il ritratto delineato dal Tasio fosse di segno opposto55. Dunque, in questo caso, ci troveremmo di fronte a un Plutarco, lettore acquiescente del Tasio, piuttosto che interprete critico e persino mordace della sua pagina, come accade in altre occasioni56; ma di un’acquiescenza pur sempre consapevole, non supina. 55 Se lo scritto stesimbroteo fosse stato effettivamente una sorta di trattato ante litteram Sui demagoghi, come talora è stato sostenuto, si potrebbe persino ipotizzare che il nome del Filaide non comparisse nel titolo dell’opera (per quanto spurio), poiché non catalogabile all’interno di tale categoria. Sull’incoerenza del titolo vd. TSAKMAKIS, Das historische Werk des Stesimbrotos, pp. 140-143. Ma sulla natura, non facilmente decifrabile, dello scritto stesimbroteo ci ripromettiamo di tornare in altra sede, solo dopo aver condotto un esame complessivo delle testimonianze del Tasio. 56 Vd. per esempio le mordaci osservazioni riportate in PLUT., Per. XIII 16 (= FGrHist F 10b).