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Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe locali e tradizioni epiche

2012, In: G. Cerri, A.-T. Cozzoli, M. Giuseppetti (edd.), Tradizioni mitiche locali nell'epica greca (Roma 2012) 191-220

Università degli Studi Roma Tre Dipartimento di Studi sul Mondo Antico TRADIZIONI MITICHE LOCALI NELL’EPICA GRECA Convegno internazionale di studi in onore di Antonio Martina per i suoi 75 anni Roma, 22-23 ottobre 2009 a cura di G. Cerri, A.-T. Cozzoli e M. Giuseppetti SCIENZE E LETTERE Roma 2012 © 2012 Scienze e Lettere dal 1919 S.r.l. già Bardi Editore Via Piave, 7 – 00187 Roma Tel. 0039/06/4817656 – Fax 0039/06/48912574 e-mail: [email protected] www.scienzeelettere.com ISBN 978-88-6687-034-0 Il volume è pubblicato con il contributo del Dipartimento di Studi sul Mondo Antico dell'Università Roma Tre. Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe locali e tradizioni epiche Massimo Giuseppetti L’ultima terra toccata da Odisseo nel travagliato ritorno dall’impresa troiana è Scheria, l’isola dei Feaci, dove l’eroe fa approdo a nuoto dopo una violenta tempesta. Qui, vinto dal sonno e dalla stanchezza, si addormenta nel folto di una macchia litoranea (Od. 5.441-493) per essere poi destato il mattino successivo dalle grida delle fanciulle che giocano a palla con Nausicaa, iglia del re Alcinoo. Coprendosi le nudità con un ramo frondoso egli si fa loro incontro ma il suo aspetto «orribile, bruttato dalla salsedine» 1 intimorisce le giovani e le mette in fuga. La sola a non esser presa dal timore è Nausicaa, che Odisseo si convince a pregare con dolci parole. Ha così inizio tra i due personaggi un dialogo nel quale si confrontano vicende ed aspettative profondamente differenti. Da un lato vi è Odisseo, che, seppur privo di ogni mezzo e costretto al ruolo di supplice, proviene da un passato eroico che riemerge come sua intima identità proprio nel soggiorno presso i Feaci, nella gloria delle sue imprese celebrata dal canto di Demodoco (8.72-82, 8.499-520), nel valore mostrato nel lancio del disco (8.165200) e nei ricchi doni dei Feaci che compensano la perdita del bottino di guerra. 2 Dall’altro lato, «simile alle immortali per igura e aspetto» (6.16), e 1 Od. 6.137. L’edizione dell’Odissea cui è fatto riferimento nel presente contributo è quella curata da Hainsworth 1991, con la traduzione di G. A. Privitera (da cui si cita). Salvo diversa indicazione le traduzioni citate sono di chi scrive. 2 de Jong 2001, 150. La condizione attuale dell’eroe al momento del suo arrivo a Scheria è resa molto bene dalla similitudine del leone (Od. 6.130-136), più volte impiegata in rapporto ad Odisseo (vd. Od. 4.335-340, 17.126-131, 22.401-406, 23.45-48), ma qui declinata – con il ventre (gasthvr, 6.134) che sostituisce il «valoroso animo» di Il. 12.300 (qumo;~ ajghvnwr) — a renderne soprattutto il bisogno (creiw; ga;r i{kane, 6.136) che lo spinge a muovere nudo verso Nausicaa e le sue compagne. Vd. Fränkel 1921, 70; Pucci 1987, 157-164; de Jong 2001, 158; Mastromarco 2003. 192 Massimo Giuseppetti più di ogni altra ad Artemide, 3 vi è Nausicaa, alla quale l’universo eroico e il suo codice etico sembrano quanto mai estranei, descritta com’è nella bellezza e nella grazia di una giovane che si prepara piuttosto al momento del matrimonio, come sin dall’inizio del libro le ricorda, sotto mentite spoglie, la stessa dea Atena (6.26-28, 6.33). Da questo punto di vista la principessa feace è per l’eroe un’ulteriore tentazione femminile, dopo Circe e Calipso, 4 che può potenzialmente ostacolarne il ritorno in patria; la possibilità di un’unione tra i due apparirà in effetti gradita, più avanti, agli occhi della stessa Nausicaa (6.244-245) 5 e del padre Alcinoo (7.311-315). Nei confronti della giovane Odisseo agisce con grande accortezza. Nasconde la sua nudità, evita di cingerle le ginocchia nel momento in cui le rivolge la parola e riiuta di essere lavato dalle sue serve, ponendo poi particolare enfasi, una volta nella reggia di Alcinoo, nel narrare come non abbia esitato, in passato, a riiutare l’amore di una dea poiché «nulla è più caro della patria e dei genitori» (9.34). 6 Al tempo stesso il suo «discorso dolce ed accorto» (meilivcion kai; kerdalevon favto mu`qon, 6.148) è volto proprio ad esaltare la splendida sposa che sarà un giorno Nausicaa. 7 Se colei che gli è dinanzi è una dea, ella somiglia ad Artemide in volto, statura e aspetto; se è una mortale, allora beati il padre, la madre e i fratelli ma ancor di più colui che pieno di doni la condurrà a casa sua (6.149-159). Con queste parole Odisseo allude alla sfera nuziale esattamente negli stessi termini impiegati da Atena all’inizio del libro e dal narratore nella similitudine che associa la giovane alla dea della caccia. 8 Egli poi prosegue: 160 3 ouj gavr pw toiou`ton i[don broto;n ojfqalmoi`sin, ou[tÆ a[ndrÆ ou[te gunai'ka: sevba" mÆ e[cei eijsorovwnta. Dhvlw/ dhv pote toi'on ÆApovllwno" para; bwmw'/ foivniko~ nevon e[rno~ ajnercovmenon ejnovhsa: h\lqon ga;r kai; kei'se, polu;" dev moi e{speto laov", Nausicaa tra le compagne è paragonata ad Artemide tra le ninfe in 6.102-109 (una similitudine alla base di Verg. Aen. 1.498-502, relativa a Didone). 4 Vd. Od. 8.448, 8.452, 9.29-33. 5 Cf. poco oltre quanto immagina la giovane (6.275-285). 6 Od. 6.129, 6.146-147, 6.218-222, 9.29-33. Vd. De Jong 2001, 151. 7 Su questo aspetto e sull’impiego nelle parole di Odisseo di motivi della poesia nuziale vd. Nobili 2006. 8 In 6.30 Atena sottolinea la gioia dei genitori al momento delle nozze della iglia (caivrousin de; path;r kai; povtnia mhvthr), rilessa nella gioia di Leto per Artemide (gevghqe dev te frevna Lhtwv, 6.106) all’interno del paragone tra la dea della caccia e Nausicaa cui fa ricorso più avanti Odisseo (mavla pouv sfisi qumo;~ | aije;n ejuŸfrosuvnh/sin ijaivnetai ei{neka sei`o, 6.155-156). Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe… 165 193 th;n oJdovn, h|/ dh; mevllen ejmoi; kaka; khvdeÆ e[sesqai: w}" dÆ au[tw" kai; kei'no ijdw;n ejteqhvpea qumw'/, dhvn, ejpei; ou[ pw toi'on ajnhvluqen ejk dovru gaivh", wJ" sev, guvnai, a[gamaiv te tevqhpav te, deivdia dÆ aijnw'" gouvnwn a{yasqai: calepo;n dev me pevnqo" iJkavnei. (Od. 6.160-169) Perché, coi miei occhi, non vidi mai un mortale così, né uomo né donna: stupore mi prende guardandoti. Vidi a Delo, vicino all’altare di Apollo, una volta, un giovane germoglio di palma levarsi così: perché sono stato anche là e mi seguì molta gente in quel viaggio, da cui doveva venirmi dolore e sventura. E come nel vedere anche quello stupii nell’animo a lungo, perché dalla terra un fusto così non crebbe mai prima, così, o donna, ti ammiro e stupisco e tremo tremendamente di toccarti i ginocchi: ma un grave dolore mi opprime. È questo un passaggio importante in quella che è stata deinita come «l’ultima prova della sua maestria nell’arte della parola». 9 Nel paragonare Nausicaa a un germoglio di palma l’eroe attinge ad un’imagerie che ha sicuri precedenti epici — basti pensare ad Achille, cresciuto da Teti «come un germoglio . . . allevato come pianta sul pendio d’un vigneto» 10 — e che in età successiva compare di frequente in contesti epitalamici e imenaici. In questo caso, l’uso della palma come referente è quanto mai signiicativo e pregnante dal momento che la pianta ha un’inequivocabile afinità con la sfera femminile, evidente anche a livello iconograico. 11 La grande abilità di Odisseo, tuttavia, risiede nell’associare proprio a quest’immagine tutta ‘femminile’ l’unico riferimento al suo passato eroico prima di lamentare la propria condizione e invocare aiuto (6.170-185). Non è infatti una palma qualsiasi quella suggerita dallo stupore provato dinanzi a Nausicaa, ma quella che vide un tempo a Delo, presso l’altare di Apollo, allorché «molta gente lo seguiva in quel viaggio da cui dovevano venirgli dolore e sventura». 9 Shapiro 1995, 156. oJ dÆ ajnevdramen e[rnei> i[so~: | to;n me;n ejgw; qrevyasa, futo;n w}~ gounw/` ajlwh`~ (Il. 18.5657, trad. G. Cerri); vd. inoltre Il. 17.53-60, 18.437 (= 18.56), Od. 14.175. Cf. Giuseppetti 2008, 40-41. 11 Sulla similitudine vd. Harder 1988. Per l’imagerie vegetale Nobili 2006 cita, fra l’altro, Sapph. fr. 115.2 V. e Alcm. PMGF 26.68. Sull’iconograia della palma in ambito femminile vd. Sourvinou-Inwood 1985; 1991, 99-143, con la recente messa a punto di Torelli 2002. 10 194 Massimo Giuseppetti Con questa espressione l’eroe non può che alludere all’impresa troiana: ciò è già implicito nel grande seguito (polu;~ . . . laov~) che un tempo lo accompagnava, immagine in netto contrasto con lo stato in cui il naufrago Odisseo si presenta agli occhi delle fanciulle feaci, solo e senza risorsa alcuna. Non è forse un caso, inoltre, come osserva V. Di Benedetto, 12 che il verso successivo (th;n oJdovn, h|/ dh; mevllen ejmoi; kaka; khvdeÆ e[sesqai) richiami da vicino Il. 6.292, th;n oJdo;n h}n ïElevnhn per ajnhvgagen (scil. ÆAlevxandro~) eujpatevreian. I due versi sono gli unici, in entrambi i poemi, in cui all’inizio del verso compaia il sintagma th;n oJdovn seguito da una proposizione relativa che ne occupi la restante porzione. Anche nel passo iliadico Alessandro ha viaggiato per l’ampio mare (Il. 6.291) alla volta di Troia, ma, a differenza di Odisseo, se non altro egli ha condotto con sé Elena, mentre l’eroe itacese presenta il suo viaggio come l’inizio di una vicenda che non gli procurerà altro che dolore. Se è questo, come sembra, il valore da attribuire ai vv. 164-165, in quali termini va allora compreso il soggiorno dell’eroe sull’isola di Delo, da lui descritto con suficienza chiarezza come parte o almeno tappa del medesimo viaggio che lo condurrà a Troia? Il passo sembrerebbe alludere ad un ben preciso episodio delle imprese eroiche di Odisseo, e, se così fosse, saremmo qui di fronte al primo afiorare, nella poesia epica di statuto panellenico, delle tradizioni mitiche, cultuali e religiose che promanano da Delo, minuscola isola dell’Egeo destinata a divenire, nei secoli successivi, uno dei più celebri santuari del mondo greco. 13 Le pagine che seguono intendono esplorare questa possibilità in una prospettiva che sia in grado di considerarne il proilo diacronico in tutta la sua complessità, valutando, di pari passo con gli aspetti più strettamente ilologici, anche l’apporto della ricerca storica e archeologica. 14 Odisseo, come si è visto, sembra alludere ad un suo soggiorno a Delo nel quadro dell’impresa troiana. Se volessimo cercare ulteriori dati al riguardo, non troveremmo risposte soddisfacenti nei commenti più autorevoli, per i quali, infatti, un tale episodio sembrerebbe altrimenti ignoto. 15 Gli scolî 12 Di Benedetto 2003, 100-101. Per alcune rilessioni sul rapporto tra dimensione locale e dimensione panellenica nell’epica greca vd. e.g. Nagy 1992, 37-39; 1996, 38-63; numerosi contributi esplorano il tema in Cingano 2010. 14 Per una recente analisi del confronto tra ilologia e culturale materiale in tutta la sua complessità rinvio a Martin 2008. 15 Vd. Hainsworth 1991, 200 ad loc. Così già Stanford 1950, 314. 13 Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe… 195 al passo, tuttavia, commentano le parole dell’eroe facendo riferimento a un episodio mitico attestato anche da Simonide: levgoi dÆ a]n polu;n lao;n ouj to;n i[dion stovlon, ajlla; to;n ïEllhnikovn, o{tÆ ajfhgouvmeno~ eij~ Dh`lon h\lqe Menevlao~ su;n ÆOdussei` ejpi; ta;~ ÆAnivou qugatevra~, ai} kai; Oijnovtropoi ejkalou`nto. hJ de; iJstoriva kai; para; Simwnivdh/ ejn tai`~ kateucai`~ (PMG 537). (schol.EPQ Od. 6.164, I p. 308.6-10 D.) Con ‘molta gente’ non intende il suo seguito personale ma il contingente greco, quando Menelao, che ne era a capo, giunse con Odisseo a Delo per le iglie di Anio, che si chiamavano Enotropi. La vicenda è anche in Simonide, nelle Invocazioni. 16 Anio, archegeta di Delo e sacerdote di Apollo, è una igura profondamente radicata nella tradizione epicorica dell’isola, dove è a lui dedicato un santuario — l’Archegesion, risalente al VI sec. a.C. e posto tra il Ginnasio e il santuario di Apollo — al quale probabilmente era proibito l’accesso agli stranieri. 17 Dall’unione di Anio e Dorippe nascono le Enotropi (Oijnovtropoi), 18 che ricevono da Dioniso il prodigioso dono di trasformare in vino, grano ed olio tutto ciò che toccano; di qui i nomi parlanti di Oijnwv, Spermwv ed ÆElai?~. 19 È proprio a questo dono che sembra dovuta la visita di Menelao e di Odisseo a Delo menzionata negli scolî odissiaci poiché in più fonti le Enotropi compaiono nell’impresa troiana, con modalità che si presentano tuttavia con alcune signiicative varianti. 20 Il primo testimone esplicito al riguardo è Licofrone: 21 nell’alludere al destino infausto che incombe su Troia 16 Il titolo kateucaiv è di incerta traduzione e forse pertinente ad un singolo carme piuttosto che ad un intero libro, vd. Page 1962, 279. 17 Sull’Archegesion (Bruneau, Ducat 1983, nr. 74, inizio VI sec. a.C.), vd. Robert 1953; Gallet de Santerre 1958, 268-271; Bruneau 1970, 413-430; più in generale vd. Diod. 5.62, 5.79.2; Clem. Alex. Protr. 2.40; Gallet de Santerre 1958, 173-177. 18 Questa è la graia del nome più frequente (vd. e.g. Hesych. s.v. Oijnovtropoi, o 335 Latte). Nell’Epitome di ‘Apollodoro’ (3.10), tuttavia, il manoscritto E (Vat. Gr. 950) offre la lezione Oijnotrovfoi (Oijnovtrofoi Wagner), da alcuni ritenuta preferibile: cf. Càssola 1954 = 1993, 44 e n. 3. In un papiro del II sec. d.C., PVindobGr 26727 (vd. Itgenshorst 1997), è tramandato un testo mitograico che, con ogni probabilità, documenta la lezione più frequente (l. 22). 19 [Apd.] Epit. 3.10; schol. Lycophr. 570 (p. 197.26 ss. Scheer). Sulle tradizioni relative ad Anio e alle sue iglie vd. Càssola 1954 = 1993, 43-64; Bruneau 1970, 413-430. 20 Su questo episodio vd. Tsagalis 2008, 44-62; Marin 2009. 21 Lycophr. 569-585. La traduzione qui citata è quella di V. Gigante Lanzara. Il passo licofroneo e le versioni in esso implicite sono menzionati in un additamentum di Eustazio (ad Il. 196 Massimo Giuseppetti Cassandra vaticina che nemmeno Anio (oJ ïRoiou`~ i\ni~, 570) potrà trattenere l’esercito acheo invitandolo a rimanere nella sua isola per nove anni (to;n ejnnevwron ejn nhvsw/ crovnon | mivmnein ajnwvgwn, 571-572) con la promessa del «nutrimento irreprensibile» (trofh;n dÆ ajmemfh`, 573) procurato dalle iglie, «colombe discendenti di Zarace» (Zavrhko~ ejkgovnou~ favba~, 580), che «placheranno l’insaziabile fame di un esercito di cani forestieri quando si recheranno dove giace la iglia di Sitone» (581-583). Dietro l’ambiguità del linguaggio oracolare, come spesso accade nell’Alessandra, si celano più versioni della vicenda su cui si soffermano gli scolî: Ferekuvdh~ (FGrHist 3 F 140 = 196 Dolcetti) dev fhsin o{ti ÒAnio~ e[peise tou;~ ÓEllhna~ paragenomevnou~ pro;~ aujto;n aujtou` mevnein ta; qV e[th: dedovsqai de; aujtoi`~ para; tw`n qew`n tw`/ dekavtw/ e[tei porqh`sai th;n ÒIlion. uJpevsceto de; aujtoi`~ uJpo; tw`n qugatevrwn aujtou` trafhvsesqai. e[sti de; tou`to kai; para; tw`/ ta; Kuvpria pepoihkovti (PEG, Cypria fr. 29 I = fr. 26 West). mevmnhtai de; kai; Kallivmaco~ tw`n ÆAnivou qugatevrwn ejn toi`~ Aijtivoi~ (Aet. fr. 188 Pf.). (schol.ANt Lycophr. 571b, p. 113.3 ss. Leone) au|tai kai; tou;~ ÓEllhna~ limwvttonta~ ejlqou`sai eij~ Troivan dievswsan. marturei` de; tau`ta kai; Kallivmaco~ (Aet. fr. 188 Pf.). (schol.AN Lycophr. 580a, p. 114.19 s. Leone) ÆAgamevmnwn ga;r tw`n ïEllhvnwn limw`/ sunecomevnwn metepevmyato aujta;~ dia; tou` Palamhvdou~ kai; ejlqou`sai eij~ to; ïRoivteion e[trefon aujtouv~. (schol.Nt Lycophr. 581a, p. 115.10 ss. Leone) Ferecide dice che Anio cercò di convincere i Greci che erano giunti da lui a fermarsi lì per nove anni: sarebbe stato infatti concesso loro dagli dèi di prendere Ilio nel decimo anno, e promise che li avrebbe fatti nutrire dalle sue iglie. Questo episodio si trova nell’autore dei Canti ciprii. Anche Callimaco fa menzione delle iglie di Anio negli Aitia. . . . Andando a Troia salvarono la vita ai Greci che soffrivano la fame. È testimone di ciò anche Callimaco (trad. G. B. D’Alessio). . . . Poiché i Greci erano oppressi dalla carestia Agamennone le fece giungere tramite Palamede e quelle, giunte al Reteo, diedero loro da mangiare. 11.20, III 139.17 ss. van der Valk) in antitesi alla xenía a Cipro presso Cinira (vd. Il. 11.2022; [Apd.] Epit. 3.9). Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe… 197 Vengono qui richiamati due episodi distinti, l’uno ambientato a Delo (i), l’altro in Troade (ii). 22 Nel primo (i), per il quale è invocata l’autorità di Ferecide oltre che dei Cypria, Anio invita i Greci a rimanere presso di sé per tutto il tempo — nove anni — che secondo il volere divino dovrà passare prima che Troia possa essere conquistata; da questo punto di vista l’invito del sacerdote di Apollo, indubbiamente destinato a non essere accolto, 23 prospetta lo stesso lasso di tempo indicato dalla ben più celebre profezia di Calcante in Aulide dinanzi al prodigio dei passeri e del serpente. 24 A Delo l’offerta sembra rivolta all’intero contingente greco: il dono di cui Dioniso ha provvisto le iglie di Anio, infatti, rivela in pieno la sua natura prodigiosa soltanto facendo appello non a un ridotto manipolo di guerrieri ma a tutti i Greci al seguito di Agamennone e Menelao. Anio propone loro un soggiorno privo di pericoli e di preoccupazioni che stride con la scelta ‘eroica’ dei Greci nel loro insieme e con le vicende di cui sono protagonisti negli anni precedenti alla caduta di Troia. 25 Benché in passato vi sia stato qualche dubbio sull’attribuzione di questo episodio ai Cypria, 26 oggi il dato tende a non essere più messo in discussione 27 e molti considerano attendibile l’ipotesi di Immisch che pone il soggiorno a Delo nell’ambito della prima spedizione contro Troia, quella che sarebbe poi giunta invece in Teutrania. 28 Una probabile conferma al ri- 22 Severyns 1928, 309-313 discute i due episodi come se si trattasse di uno solo e per questo le sue osservazioni sui Cypria appaiono poco persuasive. 23 In Licofrone non vi è alcuna esplicita indicazione al riguardo e di Anio è detto soltanto che «non fermerà» i Greci (oujdÆ . . . schvsei, 570-571) «invitandoli» (ajnwvgwn, 572), motivo per cui la traduzione «dopo averli convinti» di V. Gigante Lanzara potrebbe sembrare poco appropriata. Non è risolutivo in questo senso lo scolio licofroneo che cita Ferecide (schol. Lycophr. 571b, p. 113.3 ss. Leone = Pherecyd. FGrHist 3 F 140), ove i manoscritti danno sia e[peiqe (cod. A nell’edizione di Leone, accolto per Callimaco da Pfeiffer e recepito nella traduzione di D’Alessio e, per Ferecide, in quella di P. Dolcetti) sia e[peise (codd. Nt), che indicherebbe esito positivo nell’azione del convincimento (vd. Kühner, Gerth 1898, 154); cf. Marin 2009, 370-371. 24 Vd. e.g. [Apd.] Ep. 3.15. Per Scarpi 1996, 639 i due vaticini non si escludono a vicenda; Huxley 1969, 139, invece, ritiene che la profezia di Anio «dipenda dalla profezia di Calcante in Aulide». È da notare che in Ditti Cretese (1.23, p. 20 Eisenhut), ove i Greci salpano da Aulide con le vettovaglie procurate dalle Enotropi, non vi è alcun riferimento alla profezia di Calcante. Al riguardo nel riassunto dei Cypria di Proclo (Chrest. 122-124 Severyns) si legge che Kavlca~ peri; tw`n ajpobhsomevnwn prolevgei aujtoi`~. 25 Su queste vicende e sui riferimenti ad esse nei poemi omerici vd. Jones 1995. Vd. anche Thuc. 1.11.1; Hellan. FGrHist 4 F 27 con Jacoby 1923 ad loc. 26 Ad esempio Ciaceri 1901, 216. Cf. Eisele 1897-1902, 800. 27 Vd. Debiasi 2004, 118-122; 2005, 150-151, con bibliograia precedente. 28 Immisch 1889, un articolo dove tuttavia non mancano altre ipotesi meno persuasive; vd. Jouan 1966, 356. 198 Massimo Giuseppetti guardo deriva da un altro episodio noto da fonti lessicograiche. Stando ad alcuni scolî ad Aristofane, Anio aveva detto agli Atridi che il loro viaggio in mare avrebbe avuto esito felice se avessero eretto ad Atena una statua lì dove fosse saltato dalla nave il toro che egli aveva dato loro; da qui avrebbe avuto origine l’epiteto cultuale di Atena Taurobovlo~. 29 Chiaramente l’episodio presuppone il soggiorno degli Atridi e dell’esercito greco a Delo prima di giungere in Troade e su questa base è stato ricondotto ai Cypria 30 senza comparire, tuttavia, nelle edizioni moderne del poema. In ogni caso, anche a prescindere dalla pertinenza al poema epico, l’etimologia sottesa all’episodio è sicuramente anteriore al periodo ellenistico poiché attribuita in una fonte a Senomede di Ceo (V sec.). 31 L’altro episodio (ii), cui Callimaco doveva far riferimento negli Aitia, 32 l’intervento delle Enotropi si inserisce in una fase nettamente più avanzata delle vicende, quando i Greci sono già in Troade e soffrono per una carestia. Qui essi sono raggiunti dalle giovani grazie all’intermediazione di Palamede, inviato da Agamennone a Delo. 33 È proprio dall’intersezione tra la 29 Schol. Aristoph. Lys. 447b, p. 25 Hangard = Phot. Lex. s.v. Tauropovlon (p. 571.3 ss. Porson)/Su(i)d. s.v. Tauropovlon, t 165, IV 509.5 ss. Adler (= Apd. FGrHist 244 F 111b e Ist. FGrHist 334 F 18; ~ Apostol. 16.22). L’epiteto è integrato in un’iscrizione di Andro, IG XII 5 Suppl. p. 127 ll. 4-5 = LSCGS 47.4-5 (I sec. a.C.). Anio è spesso associato alle tradizioni locali delle isole Egee e ai loro eroi eponimi: Steph. Byz. s.vv. ÒAndro~ e Muvkono~; per Andro vd. Ov. Met. 13.648-649; Serv. ad Verg. Aen. 3.80; Herodian. De pros. cath., GG III 1 p. 202.31; per Taso Call. fr. 664 Pf. ap. schol. Ov. Ib. 475; Hyg. Fab. fr. 147; IG XII 8, nr. 367. 30 Vd. Immisch 1889; Marin 2009. 31 Schol.RG Ar. Lys. 447a, p. 25 Hangard (= Apd. FGrHist 244 F 111a e Xenomed. FGrHist 442 F 2); per la datazione di Senomede vd. FGrHist 244 T 1. 32 Gli scolî licofronei compaiono nell’edizione di Pfeiffer come fr. 188 (= 112 Massimilla). Wentzel 1892 ipotizzava che la metamorfosi in colombe era già in Callimaco, mentre Noack 1893 associava alle Enotropi sia la missione di Odisseo in Tracia alla ricerca di vettovaglie sia quella di Palamede (su entrambe vd. infra, n. 39). Agli Aitia sin da Bentley è attribuito un frammento (664 Pf.) che allude alla morte di Taso, iglio di Anio, dilaniato dai cani, motivo per cui sull’isola non possono accedere questi animali. Geffcken 1890 pensava di poter associare l’episodio alle Enotropi, ma Pfeiffer 1949, 439 rileva che non vi solo elementi che confortino quest’ipotesi (vd. anche Pfeiffer, 1949, 150). Di recente Livrea 1998 ha suggerito di associare all’episodio delle Enotropi un frammento papiraceo degli Aitia di incerta collocazione (fr. 186 Pf. = 97 Massimilla) e purtroppo di desolante lacunosità, nel quale è descritto il percorso delle offerte iperboree che giungono a Delo, trasportate di regione in regione, e compaiono alcuni riferimenti a Ilio. La medesima associazione tra le offerte iperboree e la igura di Anio è postulata da Livrea anche per l’Anio di Euforione (nell’unico frammento superstite, CA fr. 2, qualcuno o qualcosa giunge a Dodona e a Deli), cui lo studioso attribuisce anche CA fr. 103 (Ou\pi~ ajmallofovro~). 33 Come già riteneva Jacoby 1923, 425 la deinizione delle Enotropi come «colombe»/«fanciulle» (favba~) in Lycophr. 580 allude forse a una versione più violenta e Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe… 199 leggenda delle iglie di Anio e la igura di Palamede che derivano alcune dificoltà. Unico grande condottiero dello schieramento ellenico del tutto assente nei poemi omerici, 34 forse perché creazione dei newvteroi, come sostenevano già gli antichi, 35 in età classica Palamede è celebre tanto per le sue invenzioni (primi fra tutti i Foinivkeia gravmmata), quanto per la sua abilità nel risolvere situazioni complicate. 36 Una fonte scoliastica 37 ricorda il suo intervento decisivo in Aulide, quando l’esercito greco è vittima di quella che Eschilo deinisce «sosta forzata che vuota i corpi» (ajploiva/ kenaggei`) 38 e i suoi compagni litigano per la divisione degli approvvigionamenti. Altre fonti, in un contesto evidentemente non dissimile ma indeterminato, oppongono la fallimentare missione in Tracia di Odisseo, inalizzata a procurare viveri, al successo di Palamede, che invece riporta ininita frumenta. 39 In una lettera di Fozio i due eroi si confrontano, con i medesimi risultati, nella missione di convincere Anio ad inviare le iglie in sostegno di coloro che allora assediavano Troia (limo;~ ejpovnei to; stratiwtikovn, oi} th;n sh;n Troivan poliorkou`nte~ periekavqhnto). 40 Varie testimonianze rivelano che nei Cypria la igura di Palamede giocava un ruolo non trascurabile e probabilmente egli era per vari aspetti un antagonista di Odisseo. 41 Nel riasmeno favorevole allo schieramento ellenico (verosimilimente estranea a Callimaco, Pfeiffer 1949, 159): in Ovidio Agamennone invia uomini che conducano in Troade con la forza le Enotropi (in questo caso quattro), ma due di esse sono trasformate da Dioniso in colombe (Met. 13.627-647), probabilmente in chiave eziologica in relazione al santuario delio (cf. Serv. auct. ad Verg. Aen. 3.80, I p. 353.21 ss. Thilo-Hagen). Vale la pena osservare che l’unica attestazione iconograica del mito delle Enotropi segue questa versione (vd. Halm-Tisserant 2000), su cui vd. ora l’approfondito studio di Debiasi 2005. Jouan 1966, 358 associa questa versione, erroneamente, a quanto riferito nello scolio a Od. 6.164 (citato supra, 195). 34 Kullmann 1960, 165. 35 Strab. 8.6.2 (368 C.), forse sulla scorta di Aristarco: vd. Severyns 1928, 58, 75, 284-285; Jouan 1966, 354-355. 36 Sulla igura di Palamede, e in particolare sull’omonima tragedia euripidea, vd. Jouan 1966, 339-363; sulla leggenda preeuripidea Szarmach 1974; cf. inoltre Scarpi 1996, 636. 37 Schol. Eur. Or. 432 (I p. 147.21 ss. Schwartz). 38 Aesch. Ag. 188, cf. le pnoai; . . . nhvstide~ di vv. 192-193. 39 Serv. auct. ad Verg. Aen. 2.81 (I p. 230.16 ss. Thilo-Hagen) e 3.16 (= Call. fr. 697 Pf. e Euphor. CA fr. 62), dove la missione in Tracia è etimologicamente associata alla fondazione della città trace di Eno. Noack 1893 ha ipotizzato che Palamede abbia successo nella missione grazie alle Enotropi, e D’Alessio 2007, II 778 n. 158 non esclude che l’intera storia possa essere callimachea (Pfeiffer 1949, 159 è comunque scettico al riguardo). Negli Aitia comparivano sicuramente le Enotropi per salvare i Greci in Troade (fr. 188 Pf. = 112 Massimilla, cf. supra, 198 e n. 32). Cf. anche Debiasi 2005, 157. 40 Phot. Epist. 142. 41 Il motivo della contesa tra Palamede e Odisseo avrà poi notevole fortuna in età classica: vd. Kakridis 1995. 200 Massimo Giuseppetti sunto del poema contenuto nella Crestomazia di Proclo, infatti, è Palamede a svelare a Itaca la inta follia di Odisseo e la sua morte è ricordata poco prima della conclusione del poema. Al riguardo Pausania speciica di aver letto nei Cypria che Palamede annegò per mano di Diomede e dello stesso Odisseo mentre pescava. 42 W. Kullmann ha sostenuto che anche la missione di Palamede per portare le iglie di Anio in Troade (ii) fosse narrata nei Cypria e che come tale sia all’origine della prova dell’esercito acheo messa in atto da Agamennone nel secondo libro dell’Iliade. 43 Questa tesi ha goduto, anche recentemente, di un discreto appoggio 44 ed è accolta — anche se solo implicitamente — nell’edizione di A. Bernabé, 45 ove tutti e tre gli scolî licofronei citati sono raccolti in un unico frammento senza distinzioni. 46 Bisogna riconoscere che quelli ricordati negli scolî licofronei sono due episodi distinti e non due versioni alternative del medesimo episodio, e di per sé ciò non esclude che potessero essere narrati nel medesimo poema, entrambi per esteso oppure facendo riferimento al primo di essi in un lashback. 47 Questa ipotesi non è tuttavia esente da dificoltà. Si è visto che Pausania, citando i Cypria, afferma che Palamede viene ucciso mentre va a pesca. 48 Ora, gli eroi si piegano a questo tipo di alimentazione, ritenuta non all’altezza della loro dignitas, soltanto quando lo imponga la mancanza di altre risorse. 49 Ciò signiica, quindi, che Palamede muore in occasione di un’altra carestia, ma è dificile immaginare che (a) la sua missione a Delo possa avvenire poco 42 Procl. Chrest. 119-121 e 166 Severyns; Cypria, PEG fr. 30 ap. Paus. 10.31.2; diversa la versione seguita ad esempio da [Apd.] Epit. 3.8. Vd. in generale Jouan 1966, 339-363. 43 Kullmann 1955, in particolare 260-261; Kullmann 1960, 166, 224. Cf. Kakridis 2001; Kullmann 2002, 166-167 (entrambi in favore dell’attribuzione ai Cypria anche della missione in Tracia, vd. supra n. 39). 44 Vd. Debiasi 2004, 118-122; 2005; Tsagalis 2008. 45 Nell’edizione di A. Bernabé il frammento dei Cypria è dato dai tre scolî licofronei citati nel testo (I-III, come già nel fr. 17 dell’edizione di Kinkel) e da [Apd.] Epit. 3.10 (IV), un paragrafo molto conciso nel quale sono menzionati soltanti i nomi delle Enotropi e i loro doni, inserito nel quadro degli eventi che accompagnano la mobilitazione degli Achei prima del raduno in Aulide. Vd. Frazer 1921, II 180-181; Severyns 1928, 312; Scarpi 1996, 636639; Debiasi 2005, 162; più in generale Davies 1986, 104-109; informazioni più dettagliate circa le edizioni moderne del frammento in Marin 2009, 367 n. 11. 46 Diversamente, ad esempio, da M. Davies, il cui fr. 19 dei Cypria è costituito dal solo scolio al v. 570 del poeta di Calcide. West 2003, che ricostruisce sulla base dell’episodio un esametro con i nomi delle fanciulle (Oijnwv te Spermwv te <ajglaovkarpo~> ÆElaii?~), inserisce gli altri due scolî come testi di appoggio. 47 Vd. e.g. Severyns 1928, 312 (cf. tuttavia supra, n. 22). 48 Cypria, PEG fr. 30 ap. Paus. 10.31.2. 49 Vd. e.g. Od. 4.368-369; Marin 2009, 373-374 n. 36; tuttavia Marin 2009, 378 non ritiene che la motivazione in questo caso sia necessariamente ascrivibile a un contesto di carestia. Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe… 201 prima che egli muoia 50 o che (b) in Troade scoppino due carestie, 51 una a cui pongono rimedio le Enotropi e l’altra in occasione della quale muore l’eroe (ancor meno probabile se già in Aulide vi era stata, come per qualche studioso sembra plausibile, una precedente carenza di viveri). 52 Senza dubbio la duplicazione di motivi narrativi (Motivdubletten) è un tratto tipico dell’epica in generale e di quella ciclica in particolare. 53 Di conseguenza, che nei Cypria scoppiassero due carestie in Troade resta un’eventualità che non si può escludere, benché — occorre ricordarlo — non sia direttamente suffragata dalle testimonianze. Come si è visto, lo scolio che commenta il riferimento di Odisseo ad un suo soggiorno a Delo si sofferma con precisione sulla menzione, da parte dell’eroe, di un grande seguito (polu;~ . . . laov~, Od. 6.164): con ciò l’eroe non indicherebbe, secondo il commentatore, il suo seguito personale (ouj to;n i[dion stovlon) ma l’intero contingente acheo (to;n ïEllhnikovn) quando Menelao e Odisseo si recarono a Delo presso le iglie di Anio. Va sottolineato che con questa osservazione lo scolio offre una precisa interpretazione delle parole dell’eroe, che possono essere intese tanto in senso ristretto — il contingente del solo Odisseo 54 — quanto in senso esteso — tutti i i Greci. 55 Fra quanti hanno avuto modo di soffermarsi sul passo non pochi trascurano del tutto l’interpretazione dello scolio 56 e pongono l’accento principalmente sulla menzione congiunta di Menelao e Odisseo, che potrebbe far pensa50 Così Severyns 1928, 312. È quanto postulato da Kullmann 1960, 224; vd. Tsagalis 2008, 53-54. 52 Jouan 1966, 297 n. 1, 355-358 (a quanto sembra, però, lo stesso Jouan in Jouan, van Looy 2002, 489-490 ammette la missione di Palamede nei Cypria); cf. Soph. Palam. TrGF 479 ap. Eust. ad Il. 2.308-320 (228.1 = I p. 346.17 ss. van der Valk). Szarmach 1974, 41-42 mostra uno scetticismo ancora più marcato e ritiene che l’associazione tra Palamede e le Enotropi non sia anteriore all’età alessandrina; cf. anche Marin 2009, 377-379. Meno appoggio nelle fonti a nostra disposizione ha l’ipotesi di Jouan secondo la quale Palamede sarebbe andato a Delo in occasione del secondo soggiorno del contingente ellenico in Aulide, ora ribadita da Kakridis 1995, 96. In Dict. Cret. 1.23 l’esercito greco parte da Aulide con i viveri forniti dalle Enotropi ma, pace Jouan in Jouan, van Looy 2002, 489-490, non vi è alcun riferimento a Palamede. 53 Vd. Kullmann 1960, 224. 54 Su cui vd. Il. 2.631-637. 55 È un’ambiguità che si presenta altrove in Omero: in Il. 2.115 (= 9.22) con polu;n w[lesa laovn Agamenonne indica, probabilmente, tutti i Greci caduti ino a quel momento, non solo i suoi uomini; più vicino al passo in questione è invece quello in cui sono elencate le navi giunte da Sime con Nireo, il quale era stato seguito da pochi, pau`ro~ dev oiJ ei{peto laov~ (Il. 2.675b, stessa sede metrica e stessa struttura sintattica di Od. 6.164b). 56 Così Kakridis 1969 = 1971, 148. 51 202 Massimo Giuseppetti re a un’ambasceria. 57 In questa sempliicazione è incorso anche Jacoby nel commento allo scolio di Licofrone, fonte di Ferecide. Secondo lo studioso, da Aulide Menelao e Odisseo vanno prima a Cipro, da Cinira, e poi a Delo, per prendere con sé le iglie di Anio, momento al quale sarebbe da associare la leggenda della loro metamorfosi in colombe. 58 Su questa ricostruzione ha probabilmente inluito il confronto tra Cipro e Delo adombrato nell’Epitome di Apollodoro e messo in rilievo da Eustazio, 59 ma non si tiene in considerazione il fatto che a Cipro si reca solo una delegazione (composta da Menelao, Odisseo e Taltibio) che intende convincere Cinira ad unirsi alle forze achee, e non l’intero contingente. Altri ammettono un’implicita analogia con la missione di Palamede, inviato da Agamennone presso Anio perché conduca in Troade le Enotropi. Se talvolta ci si è limitati a postulare dietro Menelao e Odisseo il volere di Agamennone, 60 di recente è stato ipotizzato che l’episodio citato dallo scoliaste all’Odissea, e presente quindi anche in Simonide (PMG 537), preluda al confronto violento con le forze achee forse alluso in Licofrone e narrato da Ovidio, a monte del quale non si porrebbero i Cypria ma altri poemi del ciclo, l’Iliou persis o, più probabilmente, la Piccola Iliade o i Nostoi. 61 Anche così, però, è in ultima analisi negato il dato scoliastico della presenza di tutti i Greci a Delo sotto la guida di Menelao insieme a Odisseo (ajfhgouvmeno~ . . . Menevlao~ su;n ÆOdussei`). Sulla base delle testimonianze antiche la conclusione che può essere tratta con il maggior grado di plausibilità è che il commentatore all’Odissea abbia istituito un’associazione — basata, è bene ribadirlo, su una precisa esegesi del dato testuale — tra il ricordo di Odisseo e un episodio della saga troiana, ambientato a Delo, nel quale comparivano le Enotropi. Di un episodio analogo nei Cypria, probabilmente ambientato in uno dei momenti iniziali dell’impresa troiana, si ha notizia dagli scolî a Licofrone. Nulla tuttavia garantisce che il poema epico sia il principale testo di riferimento dello scoliaste, che insieme ai Cypria cita Ferecide e sottolinea la presenza dell’episodio anche in Simonide. 57 Vd. e.g. l’ambasceria presso i Troiani cui fanno riferimento Il. 3.203-224 e Bacch. Dith. 1; Demetr. Phaler. fr. 144 Stork-van Ophuijsen-Dorandi ap. schol. Od. 3.267. 58 Jacoby 1923, 425 ad loc. (vd. già Eisele 1897-1902, 800); cf. Huxley 1969, 139; Marin 2009, 370-371. Sulla leggenda della metamorfosi vd. supra, 33. 59 Eust. ad Il. 11.20 (III 139.17 ss. van der Valk); cf. [Apd.] 3.10, su cui supra, n. 45. 60 Vd. e.g. Massimilla 1996, 448. 61 Debiasi 2005, 156-157. Su questa versione vd. supra, n. 33. La pertinenza dello scolio odissiaco ai Cypria è negata anche da Tsagalis 2008. Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe… 203 La possibilità che il soggiorno a Delo narrato da Odisseo a Nausicaa sia da porre in relazione con l’episodio dei Cypria è stata valutata in modi alquanto differenti dai critici moderni. Da un lato, sono state formulate posizioni scettiche che considerano pressoché inesistente il rapporto tra il discorso dell’eroe e i Cypria. J. T. Kakridis, ad esempio, ritiene il soggiorno sull’isola «un’improvvisazione di Omero piuttosto che un tema attinto a tradizione genuina» e aggiunge che «persino lo studioso incline ad accettare una tradizione preomerica che narrasse della sosta dell’eroe a Delo troverebbe dificile, per un motivo o per l’altro, accogliere l’inserimento di una scena che descrive l’emozione di un grande guerriero come Odisseo alla vista della palma (Od. 6.166-167). Nell’epica arcaica gli eroi non sono abituati ad assumere un atteggiamento così romantico nei confronti della natura». 62 Più recentemente anche Garvie ha osservato che «se l’albero era familiare al suo pubblico Omero avrebbe potuto inventare un’occasione in cui Odisseo avrebbe potuto vederlo». 63 Dall’altro lato, è stato suggerito a più riprese l’esatto contrario. Sulla base del discorso di Odisseo a Nausicaa e con l’appoggio di altri riferimenti al passato eroico nell’Odissea O. Immisch giungeva a ricostruire una precisa sequenza di eventi nei Cypria e, in merito al soggiorno a Delo, aggiungeva che l’eroe, preso da una sincera ammirazione per Nausicaa, non poteva che essere «identer veritatis studiosus». 64 In seguito questo approccio è stato rideinito in ambito neoanalitico e ha trovato un autorevole sostenitore in W. Kullmann. Nel solco della neoanalisi, all’interno di un ampio studio sulle fonti dell’Odissea G. Danek ha recentemente discusso il riferimento di Odisseo a Delo in termini di esemplarità: se il pubblico di Omero era a conoscenza della saga delle Enotropi avrebbe associato la condizione dell’eroe («spinto dal ventre» in Od. 6.133) di fronte alle fanciulle feaci con l’analoga situazione dei Greci, preda della carestia (o da essa preservati in futuro) grazie all’aiuto delle iglie di Anio. In tale ottica, il paragone con la palma di Delo risulterebbe signiicativo tanto al livello dell’«associazione rituale» quanto al «livello della narrazione mitologica, che quasi come commento del narratore illustra la potenza ‘mitica’ di Nausicaa». 65 L’argomentazione è soisticata e sviluppa con acume gli strumenti offerti dalla narratologia. Tuttavia, essa si fonda essenzialmente sul postulato della conoscenza, da parte del pub- 62 Kakridis 1969 = 1971, 148. Garvie 1994, 124. 64 Immisch 1889, 304. 65 Danek 1998, 132-134; vd. ora Tsagalis 2008. Il debito di Danek nei confronti della neoanalisi è abbastanza chiaro, cf. Kullmann 1955; 1960, 165-166, 224; Kakridis 2001; Kullmann 2002, 166-167. 63 204 Massimo Giuseppetti blico, della leggenda delle Enotropi e, in ultima analisi, non assegna particolare rilievo all’episodio delio nei Cypria (i), nel quale il motivo della carestia o dell’indigenza, per quanto è dato sapere, ha un ruolo del tutto marginale. Entrambi gli orientamenti prestano giustamente attenzione, seppur in modo differente, al contesto narrativo da cui emerge il ricordo del soggiorno a Delo di Odisseo. Tale memoria, in effetti, assolve una funzione precisa nella situazione in cui versa l’eroe, naufrago, a colloquio con una giovane straniera: alludendo a un passato glorioso egli la invita a non giudicarlo unicamente in base al suo aspetto e le ricorda di essere stato, un tempo, un uomo valoroso e autorevole. 66 Il fatto che il legame con il passato eroico si realizzi qui nella memoria di Delo rende tuttavia il passo profondamente differente dai vari racconti menzogneri di cui Odisseo darà prova nel corso del poema. 67 Il ricordo dell’eroe è breve ma puntuale e questo aspetto merita forse una maggiore considerazione di quanto non abbiano fatto sinora quanti si sono interrogati sulle fonti epiche delle parole di Odisseo. Il sesto libro dell’Odissea è l’unico passo in cui iguri esplicitamente il nome di Delo nei poemi omerici, ove, in genere, i grandi santuari dell’arcaismo compaiono solo sporadicamente. La menzione della palma accanto all’altare di Apollo sembra evocare una distinta facies cultuale e religiosa che aveva destato interesse già nei commentatori antichi. 68 In una tradizione attestata per la prima volta nella sezione delia dell’Inno omerico ad Apollo (vv. 1-178), per la quale è invalsa una datazione alquanto alta intorno alla metà del VII sec. a.C., 69 al momento di dare alla luce il dio sull’isola Leto si appoggiò al tronco di una palma: la dea partorì piegandosi «presso il grande monte, l’altura del Cinto, vicino alla palma, lungo le correnti dell’Inopo»; «cinse con le braccia la palma, e puntò le ginocchia sul sofice prato; sorrise sotto di lei la terra, e il dio balzò fuori alla luce». 70 La tradizione è rilessa 66 L’aspetto è sottolineato da schol.EPQV Od. 6.164 (I p. 308.4-6 Dindorf): piqanw`" de; ejmfaivnei eJauto;n ei\naiv tina tw`n ejpifanw`n, i{na mh; dokh`/ forthgov~ ti~ h] kwphlavth~ ei\nai. 67 Su di essi vd. da ultimo Kelly 2008. 68 Negli scolî al passo, infatti, sono riportate differenti opinioni circa l’identiicazione della palma vista da Odisseo a Delo con quella presso cui Leto diede alla luce Apollo (schol.EV Od. 6.163 levgei de; to;n ajnadoqevnta foivnika th`/ Lhtoi`, ou| kai; ejfayamevnh ajpekuvhse; schol.BPQ ibid. ouj to;n ejpi; th`/ Lhtoi` ajnadoqevnta foivnikav fhsin. 69 Vd. Càssola 1975, 99-100 (sezione delia contemporanea ai poemi omerici); Janko 1982, 94-98, 106-112, che contesta West 1975. 70 h.Ap. 17-18, 117-119 (trad. F. Càssola). Da notare che foivnikiÑ (117) può essere un’antica forma di dativo (originariamente in -ei), comparabile, in Omero, a forme attestate in Il. 24.285 e Od. 3.41: vd. Hoekstra 1969, 25. Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe… 205 nell’elegia che apre il corpus teognideo e diverrà poi popolare al punto da fare della palma il «fétiche essentiel» dell’isola, 71 per secoli esibito dagli abitanti all’ammirazione dei visitatori. 72 Il mito della nascita di Apollo presso la palma di Delo, inoltre, doveva avere uno speciico riscontro nella realtà cultuale del santuario delio, in modo particolare in relazione alla sfera della fertilità e del parto, 73 ed è verosimile supporre che la sua comparsa nell’Inno omerico ad Apollo sia espressione di tradizioni locali. Altrove in Omero Delo è identiicabile con certezza con Ortigia (l’‘isola delle quaglie’) 74 solo nel discorso di Calipso a Hermes, nel quinto libro dell’Odissea, dove è la località in cui Artemide uccide Orione. 75 Nelle fonti la colpa di cui si macchia Orione, compagno di Aurora (ÆHwv~), 76 varia — secondo alcuni avrebbe sidato Artemide nel lancio del disco; secondo altri aveva osato tentare violenza nei confronti di Upi, una delle vergini iperboree, quasi un’ipostasi della dea della caccia, 77 in altre testimonianze ella stessa bersaglio del suo assalto 78 — ma quello che sembra costante è il contrasto 71 Picard 1946, 115. Cf. Bethe 1936, 358; Gallet de Santerre 1958, 118-119. Theogn. 5-7; Eur. Hec. 458 (ove si parla di prwtovgonov~ te foi`nix); Call. Ap. 4; Cic. Leg. 1.2; Ov. Met. 6.335; schol. Ap. Rh. 1.1126-1131e (p. 102.13-15 W.); Paus. 8.48.3; Plut. Quaest. conv. 8.4.7, Thes. 21; Plin. Nat. hist. 16.44 (240); Aelian. V. hist. 5.4; Theophr. Hist. plant. 4.13.2. Le Roy 1973, 229 propende a credere che la palma di Leto possa con ogni probabilità essere identitiicata con la pianta sita nel Pythion (cf. Bruneau, Ducat 1983, nr. 42). 73 Vd. Torelli 2002, 150. Kahil 1992 ha opportunamente richiamato le forti assonanze che il santuario di Delio, con la palma, il giardino e il laghetto sacro (vd. h.Ap. 117-119; Theogn. 1-10), ha con i sistemi cultuali del Vicino Oriente; vd. anche Margueron 2000. 74 Od. 5.123-124, 15.403-404 (su questo passo cf. infra, 76). L’identiicazione di Ortigia e Delo nel secondo passo era discussa già dagli antichi: l’isola Siria, e con essa Ortigia, sono localizzate tra le Cicladi (schol.BQ Od. 15.403) e, a quanto sembra, Aristarco ed Erodiano sono invocati a sostegno dell’identiicazione di Ortigia con Delo (schol.BHQ Od. 15.404), peraltro già nota a Pindaro e poi frequente in età ellenistica (cf. Call. Ap. 59). ÆOrtugivh appare come località siciliana già in Hes. fr. 150.26 M.-W. e compare spesso in Pindaro. In generale vd. Strab. 10.5.8. Per altre ipotesi vd. Tréheux 1946 e Brown 1985, entrambi con ulteriori rinvii bibliograici. 75 Od. 5.123-124. Il luogo in Artemide uccide Orione è Delo in Apd. 1.4.3-5. Per le fonti antiche su Orione vd. Fontenrose 1981, 5-32. 76 Come osserva Fontenrose 1981, 13 il passo odissiaco (5.123-124) lascia intendere che Eos porti Orione a Ortigia (in Euphor. CA fr. 103 ap. schol. Od. 5.121 è ïHmevra a condurre Orione da Tanagra a Delo). Al riguardo può forse essere signiicativo che l’altra menzione di Ortigia nei poemi omerici sia in associazione alle tropai; hJelivoio (Od. 15.404). 77 Queste due motivazioni compaiono in Apd. 1.4.5. Per l’associazione o identiicazione tra Upi e Artemide cf. Call. Dian. 3.204-205; Euphor. CA fr. 103; Alex. Aetol. CA fr. 4.5-6; Cic. Nat. deor. 3.23.58; Verg. Aen. 11.523-533, 836; Macrob. 5.22.1-4; Palaeph. De incred. 31.24; Nonn. D. 5.489-491; Apostol. 5.58.22; schol. Lycophr. 936; Hesych. e 7316 Latte. 78 Vd. Call. fr. 570 Pf.; Euphor. CA fr. 101; Arat. 636-638; Nic. Ther. 16; ulteriori attestazioni in Fontenrose 1981, 28 n. 16. 72 206 Massimo Giuseppetti di Orione e Artemide. La localizzazione del mito a Ortigia-Delo e il rilievo dato alla dea sembrano rilettere un sostrato arcaico della realtà cultuale e religiosa dell’isola, nel quale Artemide e sua madre Leto avevano un ruolo di primo piano. Questo aspetto appare evidente soprattutto in quanto afferma Erodoto riguardo il culto delio in onore delle vergini iperboree Iperoche e Laodice, per le quali, prima delle nozze, le giovani si recidono un ricciolo e lo depongono sulla loro tomba (sh`ma, 4.34), dietro l’Artemision. 79 Questo côté è rilevante nel discorso che Odisseo rivolge a Nausicaa e nel quale egli la paragona non soltanto alla palma delia ma alla stessa Artemide (Od. 6.150-151), riprendendo l’immagine impiegata poco prima dal narratore (6.102-109), unico caso in entrambi i poemi omerici, è bene sottolinearlo, in cui un personaggio e il narratore ricorrano alla medesima immagine in relazione al medesimo oggetto. 80 In questo contesto, tuttavia, l’associazione cultuale tra la palma e l’ambito femminile resta implicita e non è fatta alcuna menzione delle divinità — in primo luogo Leto, ma anche Artemide — che ad essa potevano essere più facilmente associate. Al contrario, l’unico dio menzionato è Apollo, di cui Odisseo ricorda l’altare non lontano dall’albero cui paragona Nausicaaa (ÆApovllwno~ para; bwmw`/, 6.163). Se è vero, come è stato suggerito, che il soggiorno sull’isola vuole essere anche un’espressione della pietà di Odisseo, 81 è importante rilevare che in esso appaiono congiunti sia (implicitamente) quell’ambito femminile così pervasivo del culto epicorico insulare, e così pertinente allo stesso argomento condotto dall’eroe, sia (esplicitamente) il dio che a partire dal tardo arcaismo si affermerà con sempre più vigore nell’orizzonte religioso e architettonico di Delo, 82 ove Artemide occupava già da tempo un luogo di primo piano. 83 Forse non è un caso che nel Certamen gli isolani dedichi79 Per la tomba vd. Bruneau, Ducat 1983, nr. 41; vd. anche nr. 32 (identiicato, anche se non con certezza, con la qhvkh di Opi e Arge, altre due vergini iperboree, di Hdt. 4.35). Sul culto delle vergini iperboree a Delo vd. Sale 1961. 80 de Jong 2001, 161. Vd. supra, n. 2. 81 Come suggerisce Garvie 1994, 124 («In any case the mention of the large company that he had with him is a subtle hint to Nausicaa that he is no ordinary tramp, but a man used to authority, while his visit to Delos suggests his piety»). 82 Forse non è un caso, quindi, se in h.Ap. 14-16 Ortigia e Delo sono rigorosamente distinte come luoghi di nascita, rispettivamente, di Artemide e di Apollo. 83 I dati che si ricavano dalle indagini archeologiche, benché non riconducibili a interpretazioni univoche, sono tuttavia suficientemente chiari al riguardo. Alla dea è dedicato l’Artemision (Bruneau, Ducat 1983, nr. 46), per il quale si distinguono i resti di tre ediici che si sono susseguiti l’uno all’altro. Il più antico di essi (Ac) è di età micenea; gli succedono l’Artemision di VII sec. a.C. (o Artemision E) e quello di età ellenistica (Artemision D). Ad Apollo è dedicato quello che le fonti indicano come pwvrino~ naov~ (Bruneau, Ducat 1983, Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe… 207 no ad Omero una tavola (leuvkwma) con la trascrizione dell’Inno ad Apollo nell’Artemision e non nel tempio di Apollo. 84 In questo ordine di idee il mito delle Enotropi merita forse qualche ulteriore rilessione. Anio ne rappresenta l’incardinamento nella tradizione locale dell’isola ma la leggenda mostra una diffusione piuttosto circoscritta, principalmente nel quadro dell’impresa troiana e in fonti spesso tarde. Per questo motivo ne è stata spesso sospettata la recenziorità. 85 Vi sono però alcuni aspetti che inducono a ritenere diversamente. La capacità delle giovani di trasformare tutto ciò che toccano in vino, olio e grano — uno degli elementi favolosi così distintivi della poesia ciclica 86 — è infatti espressione di una mitologia agraria dall’evidente legame con Dioniso che trova riscontri in leggende e culti delle isole egee 87 e che, nel caso di Delo, presuppone inequivocabilmente la ricchezza di cui dispone l’isola in quanto sede del santuario apollineo, nonostante la scarsità di risorse proprie. Su questo aspetto quasi paradossale si sofferma anche l’Inno omerico ad Apollo quando Leto riesce a convincere l’incerta Delo ad accogliere la nascita di Apollo con una promessa: «tutti gli uomini ti porteranno ecatombi qui riunendosi; e da te sempre un ininito aroma di grasso si leverà, e tu potrai nutrire il tuo popolo per mano di stranieri: perché non hai ricchezza nel tuo suolo». 88 È peraltro signiicativo che, sia nell’episodio delio nei Cypria sia in quello ambientato ad Andro e ad esso contiguo, già richiamato in precedenza, abbia un ruolo decisivo l’intervento di Anio. In un caso egli vaticina che Troia non potrà essere conquistata nr. 11), risalente alla seconda metà o alla ine del VI sec., con ogni probabilità opera di maestranze attiche, e per questo spesso associato alla politica pisistratide nei confronti dell’isola (vd. Gallet de Santerre 1958, 301-302 ). Ad esso si afiancano il ‘tempio degli Ateniesi’ (o ‘tempio delle sette statue’), risalente alla ine del V sec. (Bruneau, Ducat 1983, nr. 12), e il ‘grande tempio’ (Bruneau, Ducat 1983, nr. 13), la cui costruzione è avviata intorno al 475-450, interrotta, e poi ripresa all’inizio del periodo dell’indipendenza (III sec.). Il Letoon (Bruneau, Ducat 1983, nr. 53) risale al 540 ca. Sui luoghi di culto di età micenea vd. in generale Gallet de Santerre 1958, 89-100. 84 Cert. 315 ss.; vd. Càssola 1975, 99; Janko 1982, 256-258 n. 68. 85 Cf. Bruneau 1970, 413-430. 86 Vd. l’ormai classico contributo di Griffin 1977. 87 Vd. e.g. h.Lib. 35-42; Eur. Ba. 142-143, 704-711; Anton. Lib. 10. Bonner 1910, 183 suggeriva di «identiicare le Enotropi con le nutrici di Dioniso, le baccanti della tragedia euripidea», e di «considerarle come prototipi mitici degli adepti del dio della vegetazione». Per le tradizioni mitiche basti pensare a Dioniso e Arianna, su cui vd. in questo volume il contributo di A. Bernabé. Per Nasso è nota una fonte che produce vino «molto dolce» (Steph. Byz. s.v. Navxo~, che attinge ad una fonte poetica secondo Nilsson 1906, 278 n. 2); per Teo vd. Diod. 3.66, per Andro Plin. Nat. hist. 2.231, cf. 31.16. Vd. Nilsson 1967, 585-590. 88 h.Ap. 58-60 (trad. F. Càssola). 208 Massimo Giuseppetti prima che siano trascorsi nove anni, nell’altro fornisce agli Atridi la vittima (un toro) e le indicazioni sacriicali perché la loro navigazione abbia buon esito (eu[ploia): Anio assume quindi nella vicenda una funzione di profeta, che del resto non sorprende data la sua discendenza da Apollo. Nell’Inno omerico ad Apollo Delo chiede a Leto il solenne giuramento di ottenere dal dio uno «splendido tempio destinato a essere oracolo per gli uomini» (ejnqavde min prw`ton teuvxein perikalleva nho;n | e[mmenai ajnqrwvpwn crhsthvrion, 80-81) ma nella sua replica Leto promette solo che vi sarà «sempre l’altare odoroso e il suo santuario» (quwvdh~ e[ssetai aijen; | bwmo;~ kai; tevmeno~, 87-88), senza fare alcuna menzione dell’oracolo. Sulla base di questo dato e del fatto che si hanno attestazioni di un oracolo a Delo solo per l’età ellenistica e comunque di modesta importanza, si dovrebbe dedurre, secondo M. L. West, che qui la sezione delia non faccia altro che imitare la pitica, dove invece il motivo ha ben altra rilevanza. 89 È però anche possibile pensare che la menzione dell’oracolo nel discorso dell’isola nell’Inno omerico ad Apollo e, più in generale, almeno in parte della tradizione letteraria al riguardo, sia il rilesso di una saga epicorica che proprio nell’elemento profetico e mantico trovava il suo trait d’union con la leggenda panellenica della guerra di Troia, già nei Cypria e nell’eziologia cultuale di Andro. In un recente contributo M. L. West ha sostenuto che nell’Odissea, per quanto non sembri essersi sviluppata, come l’Iliade, attraverso varie fasi a partire da un nucleo originario, vi siano tuttavia tracce di aggiunte e alterazioni nell’architettura narrativa, forse dovute «a un poeta differente»; gli episodi ambientati a Scheria più di altri, da questo punto di vista, «sembrano aver sofferto di revisioni». 90 Dificile dire se il riferimento di Odisseo a Delo vada compreso esattamente in questi termini. Con la menzione contestuale di quel “viaggio da cui sarebbero venuti solo grandi dolori” (th;n oJdovn, h|/ dh; mevllen ejmoi; kaka; khvdeÆ e[sesqai, v. 165) esso senza dubbio è parte integrante della serie di evocazioni del passato troiano che costellano i libri ambientati a Scheria, 91 quel passato epico, cioè, che «è intrinsecamente materia ‘ciclica’, nel senso che i poemi del ciclo epico vennero a registrare narrazioni tradizionali in modo più diretto e ampio di quanto non accadde nei poemi 89 West 1975, 165; cf. Janko 1982, 111, 256-258 n. 68 per un diverso approccio alla questione. Le fonti letterarie ed archeologiche sull’oracolo sono raccolte e discusse da Bruneau 1970, 142-165. 90 West 2000, 488. 91 Vd. Ford 1992, 111-114; Cook 1999, 149-167, in particolare 159 n. 29. Cf. Allen 1924, 75-76. Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe… 209 omerici». 92 A queste narrazioni tradizionali appartiene molto probabilmente, come si è visto, il soggiorno dei Greci a Delo presso Anio e le Enotropi che compariva nei Cypria. In questo senso l’Odissea e il poema ciclico sembrano includere due segmenti narrativi, afini ma non sovrapponibili l’uno all’altro, che rinviano al patrimonio mitico-cultuale dell’isola. Dietro la comparsa di Delo all’orizzonte dell’epos si pone la sua ascesa nel quadro degli sviluppi storico-politici del basso arcaismo. In quest’epoca l’isola diviene un centro sacrale sempre più decisivo per gli equilibri politici fra le sponde dell’Egeo, un centro su cui convergono gli interessi delle aristocrazie insulari, delle tirannidi e, più tardi, dell’Atene democratica. 93 Ne è testimonianza un celebre passo di Tucidide, che dalla puriicazione ateniese di Delo nel 426/425 a.C. e dalla contestuale istituzione dei Delia quadriennali trae spunto per una breve ma eloquente ricostruzione del passato dell’isola. Su di essa convergono Pisistrato, autore di una prima, parziale puriicazione (intorno al 545-540 a.C.), e Policrate, che dedica Renea ad Apollo Delio e la unisce all’isola con una catena. Tucidide cita quindi l’Inno omerico ad Apollo a testimonianza del fatto che già in passato l’isola era sede di una grande riunione degli Ioni e degli abitanti delle isole (h\n de; pote kai; to; pavlai megavlh xuvnodo~ ej~ th;n Dh`lon tw`n ÆIwvnwn te kai; tw`n periktiovnwn nhsiwtw`n). 94 Nella seconda metà del VI sec. a Delo viene ediicato da maestranze attiche il tempio di Apollo noto come pwvrino~ naov~. 95 Proprio in questa epoca, inoltre, nella ceramica attica a igure nere si diffonde una tipologia iconograica speciicamente dedicata alla triade delia (Leto, Arte- 92 Burgess 2001, 48; vd. anche Burgess 2006 e, speciicamente sui Cypria, Burgess 1996; cf. von der Mühll 1954 (= 1976, 148-154). Per la poesia del ciclo, generalmente attribuita al VII sec. circa, è stata argomentata una datazione tarda sulla base di criteri linguistici (Davies 1989, cf. Parlato 2007); ad ogni modo i poemi, che pure avevano alle loro spalle una lunga tradizione orale (vd. Nagy 1990, 70-79), seguirono percorsi molto differenti dall’Iliade e dall’Odissea, che si consolidarono relativamente presto. Vd. ad esempio Finkelberg 2000, che applica ai Cypria il concetto, di matrice eminentemente oralistica, di ‘epos multiforme’ (cf. Burgess 2002); più in generale Holmberg 1998; Burgess 2004. 93 La centralità dell’isola continua a essere ‘produttiva’ anche in età postclassica, come indicano le tradizioni che associano Anio e Anchise, attestate in Palefato (FGrHist 44 F 6 [Add.] ap. Serv. auct. ad Verg. Aen. 3.80) e poi frequenti in età augustea e imperiale (e.g. Dion. Hal. 1.59.3; Verg. Aen. 3.69-120; Ovid. Met. 13.632-704), ma già evocate in un decreto per gli ambasciatori di Delo a Roma (IG XI 4, 756 = Canalis De Rossi 2002, nr. 155, 194 a.C.), su cui vd. Erskine 1997; 2001, 185-189; cf. Bruneau 1970, 418-419. 94 Thuc. 3.104.1-6; vd. anche 1.8.1 e 1.13.6; Hdt. 1.64.2. Sul passo tucidideo vd. Heubeck 1966; Hornblower 1982; più in generale Aloni 1989, 35-68; Shapiro 1989, 48-66. 95 Vd. supra, n. 83. 210 Massimo Giuseppetti mide e Apollo), 96 sintomi ed espressione di un legame tra Atene e mondo ionico che trova il suo centro cultuale e culturale nell’isola e appare improntato all’affermazione del predominio ateniese, come indica anche il riferimento di Solone alla sua patria come «la più antica terra della Ionia» (presbutavthn . . . gai`an [ÆI]a³onivh~, fr. 4a.2 W.2). Tanto Atene quanto Delo si connotano, in questo periodo, come importanti centri di elaborazione e sviluppo di tradizioni poetiche, soprattutto in occasioni festive e agonali. Ai Pisistratidi alcune fonti antiche attribuiscono la redazione monumentale dei poemi omerici e l’istituzione della norma panatenaica, e i moderni hanno talvolta ipotizzato che i Cypria possano essere opera di un poeta attico, attivo verso la ine del VI sec. a.C. 97 Per quanto riguarda, poi, l’Inno omerico ad Apollo, è stato argomentato in modo convincente che il testo giunto sino a noi rappresenti l’esito redazionale di due canti distinti, uno in onore di Delo (vv. 1-178), l’altro in onore di Deli (vv. 179-596), destinato alle feste delio-pitiche istituite sull’isola da Policrate poco prima della sua caduta, nel 523/522 a.C., e forse da attribuire all’intervento di Cineto di Chio. 98 È proprio nell’Inno omerico ad Apollo che si percepisce con più chiarezza l’incrocio e il dialogo tra distinte tradizioni poetiche. Il cantore vi descrive infatti la panegyris degli Ioni, che allietano il dio «col pugilato, la danza ed il canto» (h.Ap. 149), e il mevga qau`ma (156) delle kou`rai Dhliavde~, che dopo aver celebrato la triade delia (Leto, Apollo, e Artemide) cantano un inno «rammentando gli eroi e le donne dei tempi antichi» (mnhsavmenai ajndrw`n te palaiw`n hjde; gunaikw`n, 160). Da loro il cantore prende commiato invitandole a ricordarsi di lui in futuro come del «cieco cantore di Chio»: 99 caivrete dÆ uJmei`~ pa`sai: ejmei`o de; kai; metovpisqe mnhvsasqÆ, oJppovte kevn ti~ ejpicqonivwn ajnqrwvpwn 96 Vd. Shapiro 1989, 56-58 e tavv. 27b-f. Vd. e.g. Wackernagel 1916, 178-183; per una diversa posizione cf. Jouan 1966, 24, 30, 148-149 e n. 2. 98 Le due sequenze, per quanto simili nella struttura narrativa (vd. West 1975, 162-165), si differenziano nettamente a livello linguistico e nell’impiego delle formule e sono separate da un formula apparentemente conclusiva con la funzione di introdurre il secondo canto (vv. 177178). L’ipotesi circa l’occasione è di Burkert 1979 (= 2001, 189-197) e Janko 1982, 112-115 sulla base di Suid. s.v. tau`tav soi kai; Puvqia kai; Dhvlia, t 175 A. e altre fonti; vd. anche Musti 2004. Burkert 1979 (= 2001, 192-193) ritiene che l’attribuzione dell’Inno a Cineto di Chio (schol. Pind. Nem. 2.1c, III p. 29.9 ss. Dr. = Hippostr. FGrHist 568 F 5) sia priva di fondamento; di differente avviso West 1975; Janko 1982, 113-114; Aloni 1989, in part. 17-19. 99 Per un recente studio della struttura tematica di questo passo vd. Condello 2007, con ampia bibliograia precedente. 97 Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe… 170 175 211 ejnqavdÆ ajneivrhtai xei`no~ talapeivrio~ ejlqwvn: w\ kou`rai, tiv~ dÆ u[mmin ajnh;r h{disto~ ajoidw`n ejnqavde pwlei`tai, kai; tevw/ tevrpesqe mavlistaÉ uJmei`" dÆ eu\ mavla pa`sai uJpokrivnasqÆ eujfhvmw~: tuflo;~ ajnhvr, oijkei` de; Civw/ e[ni paipaloevssh/, tou` pa`sai metovpisqen ajristeuvousin ajoidaiv. hJmei`" dÆ uJmevteron klevo~ oi[somen o{sson ejpÆ ai\an ajnqrwvpwn strefovmesqa povlei~ eu\ naietawvsa~: oiJ dÆ ejpi; dh; peivsontai, ejpei; kai; ejthvtumovn ejstin. (h.Ap. 166-176) Voi tutte siate felici, e di me anche in futuro ricordatevi, quando uno degli uomini che vivono sulla terra, uno straniero, che qui giunga dopo aver molto sofferto, vi chieda: «O fanciulle, chi è per voi il più dolce tra gli aedi che qui sono soliti venire, e chi vi è più gradito?» E voi tutte, concordi, rispondete con parole di lode: 100 «È un uomo cieco, e vive nella rocciosa Chio: tutti i suoi canti saranno per sempre i più belli». Ed io porterò la vostra fama dovunque sulla terra andrò vagando tra le città popolose degli uomini; certo, essi mi crederanno, poiché questa è la verità. Il sintagma ti~ ejpicqonivwn ajnqrwvpwn (v. 167) evoca quella tipologia omerica di proiezione dell’opinione altrui (un vero e proprio ‘discorso nel discorso’) cui A. Fingerle attribuiva il nome di «ti~-Rede» e che caratterizza speciicamente gli eroi epici. 101 In questo contesto appare rilevante soprattutto la ti~-Rede potenziale, con cui è riportato quanto qualcuno potrebbe dire in una data situazione. In Omero tale sintagma rivela in genere un’opinione negativa che induce il parlante a evitare una determinata azione; 102 talvolta, mira piuttosto a incoraggiare e convincere oppure ha valore predittivo, spesso per conferire gloria a chi parla. È questo un uso ripreso anche da Teognide 103 e rilevante per il nostro passo dell’Inno omerico ad Apollo. 100 Per la ine di v. 171 sono attestate varie lezioni, registrate nell’apparato ad loc. di Càssola. Si tratta di «a conspicuous part of the hero’s armory» secondo Wilson 1979, che raccoglie e discute un ampio numero di attestazioni. 102 Ne è un esempio, nell’Iliade (22.105-108), la disapprovazione che Ettore attirerebbe su di sé ritirandosi dal campo di battaglia: «mi vergogno di fronte ai Troiani, alle Troiane dai pepli luenti, che non dica qualcuno, benché peggiore di me (mhv potev ti~ ei[ph/si kakwvtero~ a[llo~ ejmei`o): ‘Ettore, presumendo delle sua forza, ha distrutto l’esercito’» (trad. G. Cerri). 103 Incoraggiamento: Il. 12.317-321; funzione predittiva: Theogn. 22-23; Wilson 1979, 3-5. 101 212 Massimo Giuseppetti Nella previsione di Ettore Andromaca apparirà, dopo la presa di Troia, moglie di «colui che primeggiava tra i Troiani in battaglia» (o}~ ajristeuveske mavcesqai | Trwvwn iJppodavmwn, Il. 6.460-461) e, più avanti, l’eroe immagina che uno dei posteri vedrà la tomba dell’acheo da lui sconitto «mentre primeggiava» (o{n potÆ ajristeuvonta katevktane faivdimo~ ÓEktwr, Il. 7.90). Il motivo del primato riconosciuto in futuro al valore eroico di chi si batte, espresso dal verbo ajristeuvw, nell’Inno omerico ad Apollo è associato al canto del cieco di Chio (tou` pa`sai metovpisqen ajristeuvousin ajoidaiv, v. 173), ma il ‘discorso nel discorso’ diviene qui un ‘dialogo nel discorso’: non è lo straniero a parlare ma piuttosto le Deliadi, in risposta alla sua domanda. Il riferimento a questo xei`no~ potrebbe apparire generico, 104 ma l’aggettivo talapeivrio~ lascia credere diversamente. Impiegato di rado, e in ambito principalmente poetico, talapeivrio~ è assente nell’Iliade e attestato soprattutto nell’Odissea come vocabolo distintivo dell’eroe che ne è protagonista in associazione ai sostantivi xei`no" e iJkevth~. 105 Quando dopo il naufragio Odisseo incontra Nausicaa, la giovane lo deinisce xei`no~ e iJkevth~ talapeivrio~ (Od. 6.187 e 6.193). Come xei`no" talapeivrio~ si descrive lo stesso eroe più avanti 106 ed è così deinito, nelle vesti di mendico, da Eumeo (14.511 = 6.193) e da Telemaco quando lo conduce al palazzo (w}~ eijpw;n xei`non talapeivrion h\gen ej" oi\kon, Od. 17.84). 107 Non sorprende che questi passi — quasi tutte le occorrenze dell’aggettivo talapeivrio~ anteriori al II sec. 108 — siano riferiti a Odisseo, l’eroe che «realizza a livello di paradigma mitico la duplicità e unità semantica delle radici tal-/tla-, portatrice della nozione di ‘soffrire’, ma anche di ‘osare’». 109 F. De Martino ha sostenuto che lo xei`no~ talapeivrio~ dell’Inno omerico ad Apollo sia da identiicare con Odisseo tout court e che nel dialogo con le Deliadi sia perciò implicita un’eco al mitico soggiorno dell’eroe a Delo ricordato nel 104 Spesso i commentatori lo passano del tutto sotto silenzio, vd. e.g. Pagliaro 1953, 55 n. 41. Per altre ti~-Reden riferite a stranieri o estranei oppure a Greci o concittadini cf. Semon. fr. 7.29-31 W.2; Aesch. Eum. 756-760; Soph. El. 975-983. 105 Rispettivamente 3× e 2×. 106 Od. 7.24-25, kai; ga;r ejgw; xei`no~ talapeivrio~ ejnqavdÆ iJkavnw | thlovqen ejx ajpivh~ gaivh~. 107 Vd. inoltre Od. 19.379, occorrenza anch’essa riferibile a Odisseo. 108 Ad esse vanno aggiunti l’incerto Ibyc. PMGF S151.8, Pevr]gamon dÆ ajnev[b]a talapeivrio³[n a[]ta); Cypria PEG fr. 16, oujk ajpÆ ejmou` skedavsei~ o[clon, talapeivrie prevsbuÉ (di insicura attribuzione e non accolto, di recente, da West: cf. anche Bion Borysth. fr. 25 Kindstrand); Aen. Tact. 10.10 (dove equivale a «vagabondo», vd. LSJ9 s.v.). 109 Cerri 2003, 18. Lo studioso cita in proposito Od. 5.221-224, 17.283-285, 20.18; cf. anche DELG, s.v. talavssai e Gigante 2003, 172. Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe… 213 sesto libro dell’Odissea. 110 Per A. Aloni lo straniero è piuttosto un alter ego del «cieco di Chio», 111 come potrebbe suggerire anche la variante tucididea (3.104) che oppone un talapeivrio" a[llo" allo xei`no~ talapeivrio~ dei manoscritti degli Inni omerici (h.Ap. 168). Se, come è stato argomentato di recente, la costruzione omerica dell’Odisseo che narra falsi racconti intende rilettere il coevo operato di cantori di stampo esiodeo, 112 forse nello xei`no~ talapeivrio~ è implicito un riferimento non tanto all’eroe itacese quanto piuttosto a una tradizione poetica differente rispetto a quella del «cieco di Chio» e a questa inferiore. Ad una simile prospettiva rinvia la tradizione secondo la quale Esiodo ricordava in un carme di aver un tempo celebrato Apollo a Delo «cucendo» insieme a Omero «il canto in nuovi inni» (ejn nearoi`~ u{mnoi~ rJavyante~ ajoidhvn, Hes. fr. dub. 357.2 M.-W.), una tradizione che è stata ricondotta di recente alle feste istituite da Policrate a Delo o alla loro «preistoria». 113 Se nel frammento esiodeo Delo è la località in cui Omero e Esiodo eseguono il loro canto, nell’Inno omerico ad Apollo le Deliadi sono le igure a cui è afidato il compito di affermare e diffondere, e quindi celebrare, il primato del cieco cantore di Chio. Oltre a cantare su temi più ‘tradizionali’, le giovani hanno l’eccezionale capacità di «imitare di tutti gli uomini le voci e gli accenti» (fwna;~ kai; bambaliastu;n 114 | mimei`sqai i[sasin, h.Ap. 162-163). Il passo è stato interpretato in vario modo — come espressione in diversi dialetti o in lingue non elleniche, magari in associazione a fenomeni glossolalici, oppure come riferimento all’adesione ‘drammatica’ nell’interpretazione di ruoli differenti — ma vi è un parallelo che forse può illustrarlo in modo più eficace. Si tratta dell’episodio troiano ricordato da Menelao nell’Odissea: girando intorno al cavallo Elena chiamava «per nome i migliori dei Danai» e imitava «la voce delle mogli di tutti gli Argivi» (pavntwn ÆArgeivwn fwnh;n i[skousÆ ajlovcoisin, Od. 4.279); all’udirla Menelao e Diomede furono di tentati di balzare fuori dal cavallo o di rispondere ma 110 De Martino 1980, l’unico studioso, a quanto sembra, a suggerire questa possibilità interpretativa. 111 Aloni 1989, 112, che osserva come da qui «può avere avuto origine la strana notizia, contenuta nel Certamen (l. c.) [319-320 Allen] secondo cui gli Ioni a Delo conferirono la cittadinanza a Omero». 112 Kelly 2008; cf. Cerri 2003. 113 Così Aloni 1989, 82 in riferimento a Janko 1982, 113-115. Cf. Pagliaro 1953, 59-60; Burkert 1979, 59-60; Graziosi 2002, 33-34; Pavese 2006, 34-42. 114 La varia lectio krembaliastuvn, accolta a testo da Allen, Halliday e Sikes, è meno pertinente al contesto: vd. Brillante 2007, 54 e n. 1. 214 Massimo Giuseppetti vennero bloccati da Odisseo. 115 Il passo destava perplessità già presso gli antichi, ma quello su cui conviene soffermarsi, a prescindere dal problema della verosimiglianza su cui insistono i commentatori moderni, è il potere del canto mimetico pronunciato da Elena e dalle Deliadi: la prima induce chi l’ascolta a una reazione quasi irrefrenabile, mentre chi ode le seconde «direbbe d’essere lui stesso a parlare». In quest’ultimo caso il concetto chiave è quello di incantamento suscitato nell’uditorio, suficientemente esplicito per le Deliadi (qevlgousi de; fu`lÆ ajnqrwvpwn, h.Ap. 161), implicito per Elena (almeno in Omero, ma non così nella versione di Triiodoro, dove si incontra e[qelge al v. 487). 116 Nel panorama del mito greco i più celebri personaggi femminili con capacità analoghe sono senza dubbio le Sirene. In Omero queste creature, certo connotate in termini ben più sinistri, esibiscono una conoscenza pressoché enciclopedica che include le vicende troiane e quanto «accade sulla terra ferace» (Od. 12.191). Circe avverte Odisseo che le Sirene «incantano col limpido canto» (ligurh/` qevlgousin ajoidh/`, Od. 12.44) e, come possono vantare loro stesse, nessuno mai è passato presso di loro con la nera nave senza ascoltare dalla nostra bocca il suono di miele, ma egli va dopo averne goduto (teryavmeno~) e sapendo più cose (pleivona eijdwv~, Od. 12.188). Per far comprendere l’intento del loro canto — e la natura del loro sapere — le Sirene ‘citano’ col v. 184 un verso dell’Iliade (9.673), mostrando che la loro competenza è coestensiva con la tradizione epica 117 e rivelando implicitamente la loro pericolosa somiglianza con le Muse. 118 Questo giunge a conferma dell’idea che nell’Inno omerico ad Apollo il canto mimetico (mimei`sqai i[sasin, h.Ap. 163), con cui le Deliadi affascinano gli uomini (qevlgousi de; fu`lÆ ajnqrwvpwn, h.Ap. 161), non è un fenomeno di interesse meramente folclorico ma, più probabilmente, espressione di un sapere poetico che include l’orizzonte umano e l’orizzonte divino. Per 115 Od. 4.266-289. L’Inno omerico ad Apollo è spesso citato nei commenti al passo odissiaco, ma non avviene quasi mai il contrario, vd. e.g. Càssola 1975, 497. 116 In questo forse non condivisibile ino in fondo l’opposizione istituita da Brillante 2007, 57 per il quale l’imitazione di Elena «si differenzia da quella delle Deliadi che, con le loro straordinarie qualità vocali, si limitavano a impressionare i presenti». 117 Su questo aspetto vd. soprattutto Pucci 1979 = 1998, 1-9; cf. Doherty 1995. 118 Vd. in particolare Hes. Theog. 27-28 e Od. 12.189-191; Alcm. PMGF 30; cf. l’episodio di cui sono protagoniste in Ap. Rh. 4.891-911 e il parallelo caso delle Khlhdovne~ in Pind. Pae. 8.70-79 M. = B2.107-116 Rutherford (un passo che pone vari problemi interpretativi); vd. Steph. Byz. s.v. ÒAptera per la genealogia che le vuole iglie di una Musa e per la tradizione della gara con le Muse nel canto. Più in generale sul mito delle Sirene vd. da ultimo Spina 2007. Odisseo a Delo: memorie eroiche, saghe… 215 questo motivo il «cieco cantore di Chio» afida alle Deliadi il compito di diffondere la sua gloria e proclamare il successo, anche nel tempo a venire, dei suoi canti. Illuminante, in questa prospettiva, è un passo dell’Inno a Delo di Callimaco nel quale è introdotto, al termine di una serie di riti celebrati sull’isola, l’arrivo di un «navigante in viaggio sull’Egeo»: 320 ÆAsterivh poluvbwme poluvllite, tiv" dev se nauvth" e[mporo" Aijgaivoio parhvluqe nhi; qeouvsh/É oujc ou{tw megavloi min ejpipneivousin ajh'tai, creiw; dÆ o{tti tavciston a[gei plovon, ajlla; ta; laivfh wjkeve~ ejsteivlanto kai; ouj pavlin au\ti~ e[bhsan, pri;n mevgan h] sevo bwmo;n uJpo; plhgh`/sin eJlivxai rJhssovmenon kai; prevmnon ojdaktavsai aJgno;n ejlaivh~ cei`ra~ ajpostrevyanta~ . . . (Del. 316-323) Asteria ricca di altari, ricca di preci, qual navigante in viaggio sull’Egeo ti sorpassò mai con la nave veloce? Non così possenti lo sospingono i venti, o incombenza sì grave accelera il viaggio, ma le vele rapidi riposero e non ritornarono indietro prima di aver fatto il giro del grande tuo altare da colpi percosso, ed aver morso il fusto puro d’olivo tenendo indietro le mani. (trad. G. B. D’Alessio) La igura anonima e collettiva del navigante 119 risponde in qualche misura al ruolo che lo xei`no~ talapeivrio~ aveva nell’Inno omerico (h.Ap. 168). Lo straniero del testo arcaico suscita e motiva, come si è visto, la celebrazione del tuflo;~ ajnhvr di Chio da parte delle Deliadi; il navigante callimacheo, non potendo fare a meno di sostare sull’isola di Apollo e prendere parte ai suoi riti, ne esalta la centralità sacrale e religiosa a cui allude più avanti anche l’apostrofe «focolare delle isole dal bel focolare» (iJstivh w\ nhvswn eujevstie, Del. 325). La capacità attribuita nell’Inno omerico alle Deliadi è sviluppata nei suoi presupposti e ricondotta all’isola stessa, che gode ora, per l’intimo legame che la lega ad Apollo, di un chiaro status sacrale (messo in evidenza dagli epiteti poluvbwme e poluvllite, Del. 316). Questo speciico aspetto è sottolineato a livello intertestuale evocando la descrizione delle Sirene nell’Odissea: 120 come nessuno è mai passato accanto alle Sirene senza 119 120 A partire dal v. 320 i verbi sono impiegati al plurale. Vd. Giuseppetti 2006, 206-207 n. 40. 216 Massimo Giuseppetti ascoltare la loro voce, così nessun navigante è mai passato a Delo senza fare il giro del suo altare (ouj gavr pwv ti~ th`/de parhvlase nhiÖ melaivnh/, | privn gÆ hJmevwn melivghrun ajpo; stomavtwn o[pÆ ajkou`sai, Od. 12.186-187 ~ tiv~ dev se nauvth~ | . . . parhvluqe nhi; qeouvsh/É | . . . ouj pavlin au\ti~ e[bhsan, | pri;n . . . eJlivxai, Call. Del. 316-321). Il componimento ellenistico evoca in questi versi una nozione di centralità che appare operante a livello cultuale ma anche (meta-)poetico. Nella gloria di Delo — autentico tema fondante della sequenza conclusiva dell’Inno — si rilette anche la creazione callimachea, che dell’isola un tempo oscura e ora splendente ripercorre la storia sin dalle più remote origini. 121 BIBLIOGRAFIA T. W. Allen, Homer. The Origins and the Transmission, Oxford 1924 A. Aloni, L’aedo e i tiranni. Ricerche sull’Inno omerico ad Apollo, Roma 1989 Ø. Andersen, M. Dickie (edd.), Homer’s World: Fiction, Tradition, Reality, Bergen 1995 E. Bethe, Leto auf Delos, «Hermes» 71, 1936, 351-362 C. Bonner, Dionysiac Magic and the Greek Land of Cockaigne, «TAPhA» 41, 1910, 175185 C. Brillante, La voce che affascina: Elena e Cleopatra, «MD» 59, 2007, 53-75 E. L. Brown, Eumaeus’ Native Isle, «CJ» 80, 1985, 292-296 P. Bruneau, Recherches sur le cultes de Délos à l’époque hellénistique et à l’époque impériale, Paris 1970 P. 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