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I Luoghi Magici di
LONDRA
Morena Poltronieri
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INDICE
Prefazione
Nomen omen, il destino in un nome…
LONDRA, TRA MITO E STORIA
Budicca… amazzone e regina
E la storia continua… Llandin e i Druidi
Simboli e segreti celtici…
Le rune un alfabeto magico
Mithra… la magia del Sol Invictus
Da Londinium… alla City
Elisabetta e la mitica età dell’Oro
Elisabetta e il mistero: l’Ordine dei Rosa+Croce
e gli attori di Shakespeare
Elisabetta e l’astrologia: John Dee
Da Cromwell... al fuoco devastatore
Great Fire… l’astrologia di William Lilly
ITINERARI NEI LUOGHI MAGICI LONDINESI
Le Mura… e il mito di Giano
Tamigi… il flusso energetico di Londra
The Temple e i segreti templari
Westminster Abbey: il codice di pietra
Big Ben… il Tempo che non ha tempo
Buckingam Palace… e la gloria del Regno
Torre di Londra… e il cranio protettore
Westminster Chatedral… la tradizione senza Tempo
Cattedrale di Saint Paul… e i magici bisbigli
Covent Garden… e l’antica Loggia londinese
I Parchi di Londra: il mito eterno della Natura
Passeggiando per Hyde Park e Kensington Gardens
I PERSONAGGI FAMOSI… LE STORIE SEGRETE
Raimondo Lullo e i misteri dell’Alchimia
Gerolamo Cardano… da medico a presunto stregone
Giordano Bruno e le Opere Magiche
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pag. 56
pag. 60
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pag. 85
pag. 87
pag. 90
pag. 97
pag. 109
pag. 118
pag. 120
pag. 124
pag. 127
pag. 129
pag. 131
Michael Majer… e l’Alchimia fuggente
Robert Fludd… la musica alchemica dell’universo
Robert Boyle, dall’Alchimia alla Chimica
Daniel Defoe… il padre del romanzo inglese
Eliphas Levi e il Dogma dell’Alta Magia
Charles Darwin, una nuova eresia
Charles Dickens… un letterato massone
Oscar Wilde… il manifesto della decadenza
Joseph Rudyard Kipling… il segreto della Loggia
George Ivanovitch Gurdjieff… e gli Uomini Straordinari
Aleister Crowley e i rapporti col satanismo
Edward Bach… i fiori che guariscono
LE ORME DELLA DEA
Mary Astell… nasce il femminismo
Helena Petrova Blatvasky, una sacerdotessa oltre il tempo
Annie Besant…
la Società Teosofica e la ‘nascita’ di Krishnamurti
Virginia Woolf… il sottile confine tra vita e morte
Dion Fortune, tra cabala e occultismo
Pamela Colman-Smith… la sacerdotessa dei Tarocchi
Dorothy Louise Eady… la sacerdotessa dell’antico Egitto
I MISTERI DELL’ALCHIMIA
La Royal Society e l’alchimia di Newton
IL SEGRETO DELLA MASSONERIA
WICCA… E IL NUOVO PAGANESIMO
Bibliografia essenziale
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pag. 136
pag. 138
pag. 140
pag. 142
pag. 143
pag. 145
pag. 147
pag. 148
pag. 150
pag. 153
pag. 155
pag. 159
pag. 162
pag. 164
pag. 168
pag. 171
pag. 172
pag. 174
pag. 176
pag. 179
pag. 185
pag. 188
pag. 190
Prefazione
Londra malinconica - a volte immagino che le anime perdute
della gente siano costrette a vagare per le strade di questa città
in modo perpetuo. Uno le sente passare accanto come un soffio
d’aria…
William Butler Yeats
Londra è davvero una città incantata. Alcuni anni orsono scrissi
Londra Magica, perché già da allora fui colpita dalla sua storia
complessa e profonda.
È mia intenzione utilizzare alcune parti di Londra Magica per tentare di svelare i messaggi nascosti nelle opere artistiche ed architettoniche, arricchendole però di altre suggestioni al fine di creare un
viaggio nuovo e tutto da scoprire.
Desidero approfondire il tema relativo al nome della città, in quanto potrà permetterci di comprendere meglio il mistero delle sue origini, che si perdono nel mondo celtico, per giungere a quello cavalleresco, che tanto colore ha donato al mito del Sacro Graal.
Ci sono poi luoghi che nascondono innumerevoli segreti, come la
Torre di Londra; le mura, che segnavano la zona sacra della città; il
Big Ben; i giardini con le loro diagrammazioni.
Particolare enfasi sarà posta su Westminster Abbey a Cathedral,
veri scrigni di simboli e su Saint Paul, denso di risonanze alchemiche e interiori.
Non dimenticherò di raccontare storie al femminile e quindi di
donne più o meno famose, ma tali da aver lasciato un’impronta indelebile nella storia. Ma anche di uomini che lavorarono sul tema
dell’Anima e dei segreti dell’ermetismo.
L’alchimia, per esempio, fu una delle materie più controverse e
fantastiche del Medioevo, tale da ispirare successivamente il Rinascimento e la sua arte. Potremo conoscerne i significati, e anche
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incontrare gli Ordini iniziatici, che segnarono la storia occulta di
Londra. Così come le origini che legarono cabala, astrologia e alchimia creando un’unità mistica e scientifica, oggigiorno quasi
perduta.
Forse fu questa stessa parola ad essere ritrovata da scrittori e scienziati. Forse solo cercatori, che a Londra si riunirono, inconsapevolmente, quasi seguendo un disegno stellare.
Scopriremo figure come quella di Dion Fortune, che fece
dell’esoterismo il tema attraverso il quale spiegare l’interazione tra
tutte queste materie. Ma anche Madame Blavatsky e la Società Teosofica, insieme a ricerche filosofiche che la resero famosa nel
mondo. Inoltre, come dimenticare l’Ordine più potente e discusso
della storia, ovvero la Massoneria, che nacque ufficialmente a
Londra, creando un filo continuatore tra le maestranze della Muratoria e l’attuale contesto, denominato ‘speculativo’.
Vedremo insieme cosa è rimasto di queste storie segrete, e in tanti
luoghi avremo la possibilità di ascoltare antichi echi e memorie tali
da permetterci di vedere con occhi nuovi questa città.
Così in alto, come in basso….
Morena Poltronieri
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Nomen omen, il destino in un nome…
Antiche vie, percorsi misteriosi, strade che si intrecciano… antichi popoli senza storia e senza meta.
La leggerezza del cammino, leggere tra i segni ciò che il futuro
destinerà.
A ognuno il suo… a che serve preoccuparsi, tanto per ogni nome
qualcuno ha già scritto una storia…
Sono tante le ipotesi che girano intorno al nome Londra. Secondo i
Bretoni sarebbe Liun-Dun ovvero ‘città del lago’ e con i Romani,
dopo la fondazione nel 50 d.C., diviene Londinium, punto di scambio commerciale.
L'etimologia del nome di questa città è incerta e sono state fatte
numerose congetture.
Londin e Lundin sono i nomi che troviamo più spesso dall’epoca
romana. Nell’Historia Regum Britanniae (XII secolo), si può leggere che il nome di Londra fosse ispirato al re Lud, che conquistata
la città ebbe il titolo onorifico di Kaerlud, che storpiato divenne
Karelundein e successivamente Londra.
Richard Coates propone diverse tematiche, di cui nessuna è confermabile, ma crea un ampio tessuto di riferimenti sui quali riflettere. Egli presenta una ricerca di base fonetica, che si connette alla
parola gallese Llundein. Da ciò si giungerebbe al significato di
‘forte del lago’.
William Camden asserisce che il nome deriverebbe da lhwn
Brythonic (dal gallese contemporaneo Llwn) ovvero ‘boschetto’,
ma anche ‘città’. Da ciò sarebbe nata Lhwn Town, in altre parole la
‘città nel bosco’.
John Jackson scrive il suo disaccordo rispetto a ciò sul Gentleman's
Magazine (1792) e propone invece una derivazione da Glynn din
ovvero 'città valle'.
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Altra interessante - e per molti fantasiosa - relazione nascerebbe da
Ebrei britannici che vedrebbero la nascita di Londra come conseguenza della tribù di Dan. Dalla traslitterazione ebraica sarebbe
Lan-Dan, ovvero ‘dimora di Dan’.
Da un articolo non firmato apparso sul The Cambro Briton (1821)
si evince che Londra deriverebbe da Luna din ('fortezza luna'), ma
potrebbe essere anche Llong din ('nave fortezza').
Altre supposizioni derivano da Notes and Queries (27 Dicembre
1851), per cui Londra sarebbe Luandun (‘città della luna’ in connessione al tempio di Diana sul quale oggi si trova la cattedrale di
Saint Paul). Ma potrebbe essere anche Llan Dian oppure Lan Dian
(‘tempio di Diana’).
Alexander Jones nel The Cymry of '76 (1855) afferma che il nome
della città scaturisce dal gallese Llyn Dain, ovvero 'piscina del Tamigi'.
Da un manuale per viaggiatori del 1887 si legge che: «l'etimologia
di Londra è la stessa di quella di Lincoln (latino Lindum)».
Mentre nel The Geographical Journal (1899) si afferma che la zona di Londra era anticamente governata da Belgi, che avevano
chiamato i loro distaccamenti con nomi del tipo di Lime, Douvrend
e Londinières.
H. D'Arbois de Jubainville (1899) asserisce che il nome discende
da Londino e significa ‘fortezza’.
Michael Goormachtigh e Anthony Durham propongono una derivazione germanica, secondo loro precedente a quella romana, per
cui Londra sarebbe il plurale di 'terra', ovvero Landen. Così diverrebbe ‘le terre’ vicino al fiume.
Giovanni Alessio (1951) reputa che l’origine sia ligure piuttosto
che celtica, per via della radice ‘ond/lont che significa ‘fango’ e
‘palude’. Tale concezione fu vivacemente criticata da Coates.
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Egli, invece, appoggiò Jean-Gabriel Gigot (1974) che in un articolo
su Saint Martin de Londres in Hérault, in Francia, applica la radice
germanica lohna alla topografia di Londra.
La teoria di Coates è che il nome derivi da una radice preceltica
Plowonida, di origine indoeuropea, in cui plew significa ‘flusso’,
‘nuotare’ e ‘barca’, mentre Nejd indica ancora la parola ‘flusso’,
nome alquanto presente per designare vari fiumi in Europa.
Il suo suggerimento è che questo nome, che significa sia ‘fiume in
barca’ o ‘fiume a nuoto’ sia stato usato ispirandosi al Tamigi,
quando il guado, avvicinandosi a Londra, diveniva molto vasto. Per
finire, non dimentichiamo Llandin, che deriva dall’arcaico nome
druidico legato al territorio che lo designava come punto alto, da
llan, ovvero ‘sacro’ e din, cioè ‘alto’, ‘spirituale’.
Una via magica, dove l’acqua risuona nella memoria di antichi popoli. Ricordare il passato, creare insediamenti in presenza di acqua.
Per la vita. Così che la materia si coniughi con lo spirito. Una via
d’Acqua ancora oggi, tra gli occhi frettolosi dei passati. Per chi ancora vuole ascoltare la sua storia…
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LONDRA, TRA MITO E STORIA
La Storia comincia. Sul tavolo si riconoscono i segni e i presagi.
Re e Regine si giocano le parti scrivendo sulla pietra ciò che sarà immortale.
Le prime notizie che si hanno di Londra sono dell'anno 43 d.C., e
partono dalla colonizzazione romana. Appaiono anche vicende
precedenti, legate alle spedizioni effettuate da Cesare nel 55 e 54
a.C. e poi da Claudio e Adriano, il quale costruì il famoso Vallo,
una muraglia dalla costa est alla costa ovest nel Nord dell'Inghilterra, per proteggersi dalle scorrerie delle tribù dei Piti-Scozzesi.
Al di là della storia tradizionale, pare che la sua nascita sia avvenuta per merito dei Troiani e precisamente grazie a Brutus di Troia,
nipote di Enea, che nel 1.100 a.C. fondò Llandin, oggi conosciuta
come Londra.
Successivamente giunsero i Romani, che la nominarono Londinium, nel I secolo d.C.
Si narra anche di una rivolta popolare, attuata dai Druidi, ovvero la
classe sacerdotale dei guerrieri celti, capeggiata dalla regina Budicca, a breve distanza dalla conquista romana.
Budicca… amazzone e regina
«…di statura assai elevata e di aspetto truce, aveva un volto belluino incorniciato da una cascata di capelli foltissimi e di color
giallo intenso che le scendevano fino alle natiche. Il suo sguardo
era ‘fulmineo’, la voce era aspra. Cingeva al collo una grande
collana d'oro e vestiva sempre nel medesimo modo, in ogni occasione: una stola screziata di vari colori e stretta al seno da una
cintura, sopra la quale era gettata una densa ed ampia clamide (a
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guisa di paludamento e di pallio) allacciata sugli omeri e annodata con una fibula».
Dione Cassio
A Norfolk, nel 61 d.C., Roma non era ancora giunta. C’era però un
amico dei Romani, Prasutago, re degli Iceni, che lasciò un testamento. Il suo ricco impero doveva essere diviso in parti uguali tra
Cesare Nerone, imperatore di Roma e la moglie Budicca, insieme
alle loro due figlie.
Gli Iceni erano pacifici. Certo qualche scaramuccia c’era stata, ma
avevano accettato di buon grado di soggiacere a Roma. Forse questa popolazione non sapeva che il loro regno, morto il re, doveva
divenire provincia imperiale. Non solo. Il diritto romano non ammetteva che questa eredità andasse ad una donna. La pace si spense
e divenne un antico ricordo, soprattutto quando alcune truppe romane presero a fare scorribande in questo regno, razziando la nobiltà icena e non solo.
A Budicca, colpevole di essere donna, rapirono e violentarono le
figlie, distrussero la dimora e infersero l’onta della pubblica fustigazione.
I saccheggiatori si sentivano al sicuro, certi di fruire dell’impunità.
Mentre gli Iceni erano sconvolti e dubbiosi sul loro futuro. Chi gli
avrebbe potuto garantire che non sarebbe accaduto il peggio?
Forse una donna?
Forse. Così Budicca si fece carico del suo popolo, instillando in loro quel fuoco di coraggio che stava spegnendosi.
Il popolo aveva bisogno di parole di fede, e lei le diede:
«Avete certo inteso quanto sia preferibile una libera povertà alle
ricchezze che si posseggono nella servitù. [...] Non sarebbe forse
meglio il venderci schiavi a qualcuno una sola volta, piuttosto
che esser costretti ogni anno a redimerci sotto il vano nome di li-
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bertà? Quanto non sarebbe meglio l'essere uccisi e il perire, che il
portare a spasso le nostre teste tributarie? [...] Siamo sprezzati e
conculcati da coloro che non sanno far altro, se non aspirare avidamente al proprio guadagno. [...] Non dovete aver paura dei
Romani: non sono più numerosi di noi, né più forti. Guardateli
bene: si coprono di elmi, di corazze, di gambiere, si riparano dietro valli, mura, fosse, per non esser minimamente feriti da ostili
incursioni. I Romani amano far uso di tutti questi presidi per paura, anziché intraprendere azioni contro il nemico speditamente,
alla nostra maniera. D'altronde noi abbondiamo di tanta forza,
che le nostre tende sono più sicure delle loro mura, i nostri scudi
migliori di qualunque loro armatura. [...] Non ci sono pari nel
sopportare la fame, la sete, il freddo, il caldo; sempre abbisognano di ombra, di coperture, di frumento macinato, di vino, di olio
in tal misura che, se una sola di queste cose viene a mancare, subito periscono. Per noi, invece, qualunque erba o radice è cibo;
qualunque succo è olio; qualunque acqua è vino; qualunque albero è casa».
Così centoventimila Iceni alzarono lo sguardo al cielo e pensarono
che era possibile credere. Per questo partirono armati tra Venta Icenorum (l’attuale Caistor), capitale del Norfolk, e Londinium passando per Camulodunum, la più antica città dell'isola ora sede del
governo della nuova provincia di Britannia.
Ebbero dei seguaci: i Trinovanti. Anch’essi avevano conosciuto
l’ingiustizia e Camulodunum non era più la capitale del loro regno.
Ma cosa stava accadendo. Tutto intorno vi erano segni e presagi
che facevano pensare a una possibile vittoria. Così sembrava. Almeno all’inizio.
I Britanni colsero i Romani impreparati e in poco tempo l’aria, la
terra e l’acqua si colorarono di rosso sangue.
Non c’era tempo da perdere, la marcia doveva continuare e Londinium era la prossima meta.
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Budicca, da vera amazzone, era con loro. Davanti a loro, per guidarli. Per proteggerli.
In strada incontrarono una legione romana e la misero in fuga.
Sembrava che nulla potesse fermarli.
Che sorpresa dovette essere per Cato Deciano, al sicuro - ancora
per poco - nel suo palazzo a Londinium, quando seppe della
sconfitta. Aveva appena scommesso su una vittoria senza confine!
Che dire poi del propretore Svetonio, che già era certo di una
riuscita. Londinium non poteva più essere la base delle operazioni
militari. Per questo fu annunciata la ritirata. Un sogno svaniva.
Nel contempo la regina continuava il suo galoppo. Feroce.
Fu strage. L’uomo pacifico era divenuto sanguinario e crudele,
Non si accontentava solo di uccidere, ma volle torturare, soprattutto le donne.
Budicca aveva già troppo sofferto per vedere la sofferenza degli
altri e proseguì. La mossa successiva fu quella di andare a Verulamium, una delle prime città romane costruite in Britannia. La città
ebbe paura e si arrese. Troppo tardi. La vendetta sanguinaria colse
anche questa città, colorando le sue strade di morte. La storia scritta ricorda settantamila morti, tra Romani e Britanni.
Cosa se ne faceva ora Svetonio della metà del regno che era sua,
mentre l’altra metà era tornata violentemente nelle mani di Budicca? Forse una battaglia, anche se risorse erano davvero inferiori a
quelle britanniche.
Occorreva strategia. Per questo divise il suo esercito in tre blocchi,
così potevano lanciare offensive separatamente e simultaneamente
in differenti luoghi.
Svetonio ebbe per un attimo la sensazione di potercela fare e trasmise questa energia ai suoi soldati.
Qualità e quantità messa a confronto. Lotta materiale o intuizione e
mente accesa? Chi può vincere la lotta tra gli opposti?
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La mente e la
strategia vinsero.
Così i Britanni
persero. Ottantamila furono i
morti contro le
quattrocento vittime
romane.
Una matematica
al rovescio. Il
forte che perisce.
Il debole mette la
sua bandiera nel
Budicca sul ponte di Westminster
terreno.
Budicca non aveva mai abbandonato il campo, anzi si mostrava a tutti nella sua
veemenza, stringendo a sé le figlie. Ora il sogno era davvero finito.
Sarebbe stata venduta come schiava o peggio avrebbe dovuto
guardare la sudditanza del suo popolo.
Era meglio dormire. Per sempre. La natura ha rimedi per tutti e lo
ebbe anche per lei e le figlie, che morirono avvelenate dalle bacche
della terra. Un dolce veleno. Un amaro esempio per il suo popolo
che la vide spegnersi e la pianse talmente tanto da creare nuovi miti
e antiche leggende.
Un racconto popolare rammenta che la tomba di Budicca sia nella
stazione di King's Cross, sotto il binario numero nove, punto che
segnalerebbe con precisione ove cadde.
Ma noi possiamo effettivamente incontrarla sul Westminster Bridge, mentre sta guidando un cocchio con due cavalli rampanti. La
statua rappresenta ancora oggi il simbolo di una nazione indomita e
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coraggiosa, grazie ad una donna che prese su di sé il destino di un
popolo.
E la storia continua… Llandin e i Druidi
Llandin era nata intorno ad un imponente tumulus che si trova ancora oggi nel quartiere di Hampstead, a Nord della città. Intorno ai
tumulus ci si riuniva per pregare, meditare e per attuare cerimonie
sacre come iniziazioni. Erano luoghi onorati, spesso utilizzati come
sepolture. Il culto dei morti e il rito di passaggio conseguente faceva vibrare gli animi, forse per la paura, o forse per una strana attrazione verso il mistero che l’uomo ha sempre sentito. Sotto gli attuali parchi di Parliament Hill e Primerose Hill vi sono ancora questi luoghi sacri. Segni invisibili di un passato nascosto.
Nella zona di Parliament Hill, ad Hampstead, si tenevano i Gorsedd, da Gor, ‘superiore’, e Sedd, ‘seggio’. I Druidi e le massime
autorità politiche si riunivano in quel luogo.
Nelle istituzioni druidiche moderne il Gorsedd è l'assemblea dei
Druidi, dei Bardi e degli Ovati, e rappresenta un momento di celebrazioni e decisioni, che spesso coincide con i solstizi e gli equinozi.
Il Parliament Hill, ovvero la collina del Parlamento, era il luogo
dove si tenevano i principali Gorsedd e ancora oggi richiama questa antica funzione, dal momento che, alla domenica, chiunque può
tenere un comizio su qualsiasi argomento, usanza poi estesa anche
ad Hyde Park.
A Primerose Hill si riunivano i Druidi. In silenzio e in tono raccolto celebravano le loro cerimonie, assegnando a quel luogo, la massima sacralità. Ancora oggi appare una collinetta, probabilmente un
tumulus e, intorno, un grande parco.
L’atmosfera è cambiata, ma non è impossibile respirare antiche
sensazioni che solo le vie del cuore sanno donare. Una passeggiata,
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per esempio, e chiudere ogni tanto gli occhi per ascoltare non solo
il vociare dei passanti, ma quello antico della memoria. Un codice
sottile che è ancora possibile percepire. Per ascoltare queste sonorità, occorre lasciare spazio all’immaginario. Visualizzare il fuoco
sacro che ardeva e veniva utilizzato come mezzo di purificazione.
Sentire lo scorrere dell’acqua, come fosse lo scorrere delle ere, di
un tempo senza tempo. Poi salire la collinetta, mettersi al centro e
guardare il cielo, lo stesso che il cerimoniere druida vedeva e interpretava.
I segni si trasformano, ma rimangono tracce, così poco distante
troviamo nominazioni celtiche come Penton, che proviene da pen,
vale a dire ‘capo’, e ton, ‘colle sacro’; Bryn Gwyn, che proviene da
bryn, ‘collina’ e gwyn, cioè ‘sacro’; Tothill, da tot, in altre parole
‘colle sacro’.
Una storia, ma molti la chiamano leggenda, narra della presenza di
una grotta, chiamata Merlin’s Cave, la grotta di Merlino, che collegherebbe Londra a Stonehenge e Glastonbury. Questa era la dimora del mitico Merlino. Il passaggio per giungere alla cava pare fosse conosciuto fino all'inizio di questo secolo, e sarebbe situato
nell'attuale zona di Penton, dove fino a pochi anni fa, casualmente,
esisteva un pub denominato The Merlin's cave Tavern.
Simboli e segreti celtici…
Londra fu chiamata dai Celti ‘forte sul lago’; il nome fu poi, come
sappiamo, trasformato dai Romani in Londinium, da cui London.
La città ha origini celtiche, ma soltanto dopo l’avvento dei Romani
acquistò maggior prestigio.
Sulla cultura celtica già conosciamo le basi storiche, ma l’elemento
esoterico degno di nota, che ha contraddistinto intere epoche, si
collega alla leggenda del Santo Graal.
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La tradizione celtica appare permeata da simbolismi magici che
sono raccolti nel Mabinogion, la storia di una vendetta effettuata
con l'aiuto di talismani, ai quali si sarebbe introdotta una visione
religiosa.
Dietro questa epopea, vi sarebbe un racconto pre-cristiano relativo
ad un eroe, che cercò di vendicare un’ingiuria inferta contro un parente. L'elemento religioso si sarebbe inserito solo in un secondo
momento, e avrebbe fuso il tema della vendetta con la leggenda di
Giuseppe d'Arimatea, che simbolicamente rappresenterebbe la
conversione della Britannia.
La leggenda cristiana si sarebbe, poi, evoluta e, una volta entrata in
contatto con la tradizionale evangelizzazione della Britannia, acquistò i segni della cultura celtica del luogo. Non a caso, molti eventi legati alla conversione della Britannia si svolsero vicino
all’abbazia di Glastonbury, luogo che evoca la leggenda di Re Artù. William of Malmesbury assimilò questo luogo alla mitica Avalon, ma anche come origine della storia del Graal.
Graal deriva dal latino Gradalis, con cui si designa una «scutella
lata et aliquantulum prufunda» (Helimand de Froidmont): una tazza, un vaso, un calice, un catino. Questi semplici oggetti evocano il
nucleo della Madre Terra, centro di vita e abbondanza.
La coppa della vita dei Celti è il Calderone di Dagda, portato nel
mondo materiale dai Tuatha De Danaan, rappresentanti ultraterreni
del cosiddetto ‘piccolo popolo’. Il tema del calderone appare particolarmente pregnante nella tradizione celtica e, anche nel poema
gaelico Preiddu Annwn, viene raccontato di come Re Artù andò a
recuperarne uno, entrando negli Inferi.
Il motivo per cui questo calice fu portato in Inghilterra, si deve al
fatto che molti poemi letterari relativi alla saga di Artù erano nati
in quella zona. Vi sono, poi, altre tesi davvero zelanti, che afferme-
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rebbero la permanenza di Gesù in Cornovaglia, dove avrebbe ricevuto in dono la coppa da un Druido convertito al cristianesimo.
Il Druido sarebbe stato Merlino, personaggio che creò un filo conduttore tra il cristianesimo e la tradizione celtica. In questo caso,
Giuseppe di Arimatea si sarebbe posto come compito quello di riportare il calice nella terra d’origine.
Seguendo questa particolare avventura, Giuseppe affidò la coppa
ad un guardiano soprannominato Ricco Pescatore o Re Pescatore,
in quanto, come Gesù, aveva ottenuto la moltiplicazione dei pesci.
Le versioni sono numerose e, secondo alcune, il Re Pescatore sarebbe Hebron o Bron, cognato di Giuseppe d'Arimatea e nonno
(zio o cugino) di Parsifal.
Nel Parzival di Wolfram Von Eschenbach, sarebbe invece un re
chiamato Anfortas, la cui figlia sposa l'eroico saraceno Feirefiz e
genera la nascita del Prete Gianni. Quest’ultimo personaggio sarà
tema di analisi di molti filosofi occultisti, come nel caso di Julius
Evola. Il Prete Gianni è comunque legato alla leggenda bretone che
narra che sarebbe stato lui, in persona, a trasportare il Graal. Ludovico Ariosto si ispira a lui e ne crea una figura del suo Orlando furioso. Re d'Etiopia, di nome Senapo, che Astolfo libera da una maledizione divina che lo costringeva a soffrire la fame per l’eternità.
Un’altra maledizione scende sulla Britannia, che i Celti definiranno
Wasteland, ovvero ‘la terra desolata’, uno stato di decadenza, sia
fisica che spirituale. Il recupero del Graal equivarrebbe, quindi, al
ripristino di un ordine e al ritorno ad uno splendore, ormai perduto.
Nella tradizione celtica non mancano gli elementi magici, a cui
l’uomo si rivolge per ritrovare il Sacro Catino.
Tra i tanti, figurano i nodi celtici, ovvero dei sigilli, i quali venivano solitamente incisi sugli architravi o riprodotti in ciondoli, che
fungevano da talismani dalle svariate proprietà.
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Le rune, un alfabeto magico
Gli Anglosassoni non usarono il sistema alfabetico di scrittura, ma
simboli ideografici chiamati rune. Le prime testimonianze dirette
delle lingue del gruppo germanico sono testi epigrafici espressi in
una scrittura caratteristica, di tipo alfabetico, detta runica, e Futhark è il nome della successione di tali segni, tratto dalla lettura
delle prime sei lettere.
I primi esempi risalgono alla fine del II o inizio del III secolo d.C.;
il nome anord rùn, che già nelle iscrizioni indica i singoli segni del
Futhark, è conservato in altre lingue germaniche antiche, col significato di ‘segreto’.
Le rune fanno parte di un’antica tradizione sciamanica e, nel loro
significato, è contenuto il senso dell’esistenza umana.
La loro scoperta viene attribuita ad Odino, il quale, dopo essere
stato appeso per nove giorni all’Ygdrasill, altrimenti detto Albero
della Vita, rinunciò alla vista di un occhio per ricevere in cambio
un altro tipo di visione, quella mistica e sovrumana, in grado di entrare in contatto con i più misteriosi segreti. Egli era alla ricerca
della sapienza superiore, per questo sacrificò «se stesso a se stesso».
Nove furono le rune che Odino ricevette in cambio della sua offerta: Gebo, Hagalaz, Nauhiz, Isa, Jera, Eihwaz, Sowulo, Inguz, Dagaz.
Col passare del tempo, questo speciale dono fu arricchito, così le
lettere diventarono in un primo momento 16 poi 18, e successivamente 24 ed infine 28, anche se, l’antico alfabeto è composto da 24
rune.
Nei documenti più antichi (fino al III secolo) possiamo scoprire
una ventina di iscrizioni brevi su oggetti (armi, fibule, pettini) venuti alla luce in seguito a scavi archeologici.
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Come un alfabeto che crea, così si diffuse e prese varie strade e in
ognuna lasciò dei segni indelebile. In Scandinavia, per esempio,
nel IV-V secolo, impresse tracce monumentali, con l'impiego in
grandi epigrafi su pietra.
Le grandi invasioni e la formazione dei primi regni barbarici determinarono la diffusione di oggetti scritti in caratteri runici anche
sul continente europeo, ma quest’uso, a contatto col mondo latino,
tramontò velocemente, fino a scomparire del tutto, dopo l’VIII secolo.
Gli Anglosassoni e i Frisoni (antica popolazione germanica) lo
chiamarono Fuþorc (o Futhorc) e lo usarono per scrivere a partire
dal V secolo. Esso proveniva dal Fuþark antico, di 24 rune, includendo tra le 26 e le 33 rune.
In Inghilterra, la scrittura runica era legata agli scriptoria latini e fu
sostituita da quest’ultimo alfabeto durante il IX secolo.
Ricordiamo un celebre testo runico, risalente al 1400 circa, che
rappresenta una delle più antiche frasi di senso compiuto e chiaramente interpretabili, cioè l’iscrizione sul corno d’oro di Sallehus.
Questo è considerato un documento attestante il germanico comune, o germanico nord-occidentale, oppure proto-nordico.
Il testo in se stesso (Ek Hlewagastir Holtingar Horna Tawido, che
equivale a ‘io H. di Holt feci il corno’) non presenta alcuna caratteristica dialettale, ma conserva tratti comuni delle lingue germaniche antiche.
Dalla conversione al cristianesimo, avvenuta attorno al 600 a.C., si
avverte sempre più forte l’influenza del latino sulla lingua inglese e
molti termini confluirono nell’attuale lingua.
Non dimentichiamo comunque che l’alfabeto celtico per antonomasia era quello ogamico, i cui testi più antichi risalgono al V-VI
secolo d.C. e si trovano incisi su pietre e cippi funerari. L’origine è
soprattutto irlandese e poche sono le tracce rimaste in Inghilterra.
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Mithra… la magia del Sol Invictus
Incanto di terra. La Persia, il vicino Oriente, culla di profumi e culture dimenticate. Oggi caduta a se stessa, sotto guerre e rovine, che
hanno dilaniato non solo persone, ma hanno infranto la bellezza. E
il mito è scomparso. Terra di culti misterici. Un passato che non
ritorna, ma geme ricordando gli antichi riti ove Mithra incarnava la
potenza del Sole. Non solo. Infatti il Sole splende ovunque e anche
nell’Induismo e soprattutto nei testi vedici, compare questa divinità, che fu pure un Dio ellenistico e romano. Due principi che evocava, opposti tra loro e in continuo conflitto. Luce e Tenebre. Un
eterno rincorrersi. Un eterno sfuggirsi. Poi, nel tempo, una delle
due forze prese il sopravvento, così la luce (Ormudz) ebbe il dominio sulle tenebre (Ahriman).
Il dio Mithra, il divino cacciatore che uccide il toro per assicurare
la salvezza all'umanità, sotto lo splendente titolo di Deus Sol Invictus Mithras, fu adorato in tutta Europa e anche in Inghilterra.
In fondo la Gran Bretagna era conosciuta come Isola del Toro, per
cui sorsero una serie di templi in onore di Mithra, per onorarlo. Il
Dio decise e gli uomini eseguirono. Così i templi nacquero soprattutto nella zona che andava da Londra a York, nel periodo tra la
partenza delle Legioni e i primi momenti del V secolo.
Mithra era la Luce e quindi personificava Ormudz. Il suo unico
compito era quello di distruggere le armate delle tenebre. Egli stava dritto su un toro o lo cavalcava. Indossava una tunica e un mantello. In testa aveva un distintivo, il berretto frigio, indice del sapere magico ed iniziatico, mentre tra le mani reggeva una corta spada. Così lo videro gli uomini che ebbero il compito di far vivere il
divino. E così lo rappresentarono anche nelle loro opere scultoree,
molto spesso nell’atto del sacrificio. Un gesto presente in tutte le
religioni. Rendere sacra un’azione…
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Da Londinium… alla City
La colonia di Londinium divenne il più importante insediamento
romano, sia per la posizione strategico-militare, sia per i traffici
navali e commerciali.
Quasi casualmente avvenne un passaggio di testimone. Infatti, la
zona nevralgica e commerciale del passato occupava quasi esattamente la zona che oggi ospita il quartiere finanziario e degli affari
della Grande Londra, ovvero la City. Questa è dominata da due
colli sulla riva settentrionale: Saint Paul e Cornhill, attorno a cui,
verso la fine del II secolo, fu costruito un muro di cinta.
Qualche resto del London Wall si trova al Museo di Londra, mentre nel sottopassaggio fra Tower Hill e la Torre di Londra si trovano le tracce dell'originaria edificazione.
Nel 479, per via di continue pressioni da parte di barbari nel continente, le legioni romane iniziarono a ritirarsi, e Londinium fu continuamente invasa da popolazioni germaniche e nordiche (Sassoni,
Juti, Norvegesi e specialmente Danesi).
Gli Angli si stabilirono a Nord del Tamigi, i Sassoni colonizzarono
principalmente le zone meridionali e particolarmente il Sud-Ovest
del paese e gli Juti si stabilirono nel Kent e nell'isola di Wight. Non
è facile determinare esattamente da dove venissero queste tre tribù
ma è probabile che gli Juti e gli Angli provenissero rispettivamente
dal Nord (attuale Jutland) e dal Sud della penisola danese, mentre i
Sassoni dal territorio intorno alla foce dell'Elba.
I Sassoni, gli Juti e gli Angli, ormai dominatori, subirono, intorno
al 500 d.C. a Mons Badonicus, una sconfitta da parte dei Britanni,
comandati da un certo Re Artù, ricordata dal contemporaneo Gildas nel De excidio Britanniae.
Questo nome appare presente nella Historia Brittonum dello storico gallese Nennius, che scrisse nel IX secolo. Un’altra fonte che
rimanda questo nome é la poesia gallese Goddodin di Aneirin.
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Su queste tracce emergerebbe la realtà storica intorno all’epopea
magica e occulta legata al mito di Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda.
Questo racconto, in area gallese, trovò il suo sviluppo nel Mabinogion, una serie di racconti che rappresentano uno dei monumenti
più grandi della letteratura gallese.
Da questa produzione letteraria si passò a Goffredo di Monmouth,
scrittore latino, anch’egli gallese, il cui Historiae regum Britanniae, del 1136, ebbe un formidabile successo e diede origine al ciclo
bretone della letteratura francese medievale.
Da un punto di vista economico, queste tribù instaurarono un modello di vita sostanzialmente agricolo e feudale, in opposizione alla
civiltà urbana dei Romani. Ciò causò un progressivo declino della
città che, per quattro secoli, fu chiusa ad ogni tipo di traffico e di
commercio e quindi anche di cultura. Grazie al cristianesimo, avvenne un grande risveglio culturale, che culminò con l'incoronazione del re santo Edoardo il Confessore (1042), anglosassone di
madre normanna. Fu lui a ufficializzare l'ampliamento dei confini
della città stabilendosi a Westminster, dove fece poi erigere la celebre abbazia.
Un altro importante avvenimento fu l’incoronazione del normanno
Guglielmo I, soprannominato il Conquistatore per la sua vittoria
nel 1066 su Aroldo II di Wessex nella battaglia di Hastings. Durante il suo regno fu eretta la Torre di Londra e fu ordinata la compilazione del Domesday Book, il primo registro catastale, cui si fa riferimento ancora oggi.
I cinque secoli successivi conobbero molti avvenimenti, tra i quali,
il regno di Elisabetta I, attraverso Enrico VIII che, in seguito al rifiuto del Papa di riconoscere il suo divorzio da Caterina d'Aragona
per sposare Anna Bolena, fondò nel 1534 la Chiesa nazionale an-
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glicana di cui si mise egli stesso a capo. Per questo avvenimento,
Londra si espanse a livello territoriale, crebbe la popolazione e sorsero molti nuovi edifici.
Elisabetta I (1558-1603), dopo aver fatto decapitare la cugina - la
cattolica Maria Stuarda, regina di Scozia e potenziale pretendente
al trono - e sconfitto sul mare la potente flotta dell'Invincibile
Armada spagnola giunta in soccorso dei cattolici, fece entrare l'Inghilterra nelle grandi potenze europee, affermando il valore di
Londra capitale. Non solo, ma diede inizio ad uno dei capitoli più
importanti della cultura inglese, compresa quella esoterica.
Rifiorirono le arti e la zona di Bankside, la piccola strada lungo la
riva sud del Tamigi, divenne la prima teatropoli, dove nacque il
Globe Theatre e Shakespeare mise in scena le sue opere.
Bankside fu pure precursore dei cosiddetti quartieri a luci rosse,
dove vi erano bordelli e balere di malavitosi.
Elisabetta e la mitica età dell’Oro
La regina che incarnò l’epopea del suo paese e dell’intera e
dell'Europa nacque a Greenwich il 7 Settembre 1533, da Anna Bolena ed Enrico VIII. Ebbe una storia straordinaria, fin dall’inizio,
quando fu dichiarata illegittima.
Non possiamo sapere come stesse in cuor suo e come visse la sua
infanzia. Certamente il suo corpo fu fragile e la sua salute cagionevole, ma lo spirito fu nutrito da una particolare cultura e studi dedicati al latino, greco, italiano e francese. Il suo carattere era forte e
l’aiutò nei momenti difficili nel superare i vari ostacoli. La prigionia e il rischio del patibolo furono sono alcune delle prove a che
dovette superare.
Nel 1558 salì al trono, con i favori del popolo.
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Era molto giovane, ma riuscì quasi subito a sistemare le problematiche create dal padre, soprattutto grazie all’inventiva, che la portò
a puntare sulle esplorazioni e la conseguente creazione delle prime
colonie inglesi, ed alla guerra contro la Spagna.
La definirono eclettica e versatile, e questi aggettivi furono solo un
lieve eufemismo se si pensa
all’annosa faccenda di Maria
Stuarda (1587) e la sua condanna a morte per decapitazione. Colpo finale di Elisabetta!
I lunghi anni di regno nutrirono però il paese, non solo
materialmente, ma anche
sotto il profilo artistico e
culturale.
La ‘Regina Vergine’, come
essa stessa si definiva, aveva
‘sposato’ il suo paese e per
questo visse completamente.
Non a caso, il termine ‘Elisabettiano’ descrive i più vari tipi di cultura.
Elisabetta I
Non possiamo dimenticare
William Shakespeare, per
esempio, ma pure Christopher Marlowe, Ben Jonson, Edmund
Spenser e Francesco Bacone. Ma anche la crescita economica inglese di quel periodo, che si incrementò grazie alle industrie che
lavoravano i prodotti grezzi, importati dalle colonie d'oltremare.
Anche da un punto di vista religioso, prese una posizione piuttosto
decisa e distante dall’intransigenza cattolica.
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L'Atto di Supremazia attribuì alla regina il titolo di ‘somma governante’, per cui, pur non avendo un ruolo di dominio religioso, il
clero non rivestiva una maggiore autorità rispetto alla sua.
Poi, come dimenticare le dispute personali. Tutti a corte la volevano sposata con figli, perché solo un uomo avrebbe potuto fare parte
del governo. Ma le voci di corridoio raccontavano di una sua presunta sterilità, ragione per cui si sottoponeva a continui salassi. Poi
un amore presunto o reale che fosse, ma con un uomo sposato. La
morte misteriosa della moglie di costui. Momenti difficili da spiegare. Ma di matrimonio non si parlò.
Poi l’incontro con un pirata, Francis Drake, e i traffici via mare. Le
missioni per ricavare tesori da terre lontane. La celebre flotta di
cinque vascelli che partendo da Plymouth, portò ad Elisabetta la
‘Golden Hind’, un tripudio di gioielli e pietre preziose. È vero si
trattava di furti, ma i tesori erano così preziosi che Elisabetta insignì il pirata che divenne Sir Fracis Drake.
Poi un nuovo amore, il duca d’Alencon, terzo figlio di Caterina de
Medici, per il quale il parlamento inglese non diede mai il consenso al matrimonio, per via della propensione cattolica del duca.
Ma c’erano altre faccende di stato che premevano. La Spagna per
esempio e la sua Invincibile Armada. Vincibile a quanto pare, se
l’8 Agosto 1588 fu posta in fuga e questo rappresentò il tripudio di
Elisabetta.
Tante furono le sfumature di questa regnante così fuori dagli schemi. Non mancò un altro amore, un pirata giovane ed attraente, sostituito poi da un altro sfortunato pretendente.
Nel frattempo, in Inghilterra si fece spazio ad una nuova persecuzione a danno dei cattolici, che la regina non condivise.
La Spagna, poi, non era certamente propensa ad accettare la sconfitta subita e venne il tempo del contrattacco.
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Elisabetta tentò allora un accordo con Enrico IV, provando
un’alleanza con i francesi, che venne respinta. Calais fu perduta.
Ciò non tolse l’ardore alla regina che passò immediatamente
all’azione, così da conquistare Cadice in un battibaleno. Le perdite
economiche furono tante, ma la sua fama fu colossale.
Intanto la ruota del tempo girava e un poco alla volta vennero a
mancare ad Elisabetta i fidi personaggi che lei amava e che la sostenevano. Lei stessa invecchiava. E in questa ruota in movimento
lei ravvisò dei tradimenti, così altri personaggi, una volta cari compagni di ventura, persero la testa, dopo processi e condanne. Non
esitò a far giustiziare anche un suo amore. Così il vuoto divenne
sempre più vasto. La salute ne risentì e si aggravò.
Il 23 Marzo 1603 il sonno l’accompagnò verso il grande viaggio.
Nostradamus l’aveva predetto:
Colei che è stata respinta salirà al trono Si scoprirà che i suoi
nemici sono dei cospiratori / Il suo tempo trionferà come mai in
precedenza / Morirà per certo a 70 anni nel terzo anno del secolo.
Elisabetta e il mistero: l’Ordine dei Rosa+Croce e gli attori di
Shakespeare
Siamo nel pieno del fulgore culturale elisabettiano che, come una
medaglia, possedeva due visioni, due diverse sfaccettature. Una più
classica e riconoscibile, e una più profonda e oscura. Le due vie
magiche, la ‘via secca’ e la ‘via umida’. Due modi di intendere gli
studi, la cultura e l’arte.
Non sarà dunque un caso, se proprio in questo periodo, sotto la luce di questa potente sovrana nacque il movimento dei Rosa+Croce.
Erano intellettuali, non paghi dei loro studi ufficiali, che si riunirono. Alcuni nomi importanti, tra cui Michael Majer (1568-1622),
Robert Fludd (1574-1637), Jacob Boehme (1575-1624), Jean-
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Valentin Andreae (1586-1654), che si proposero la ricerca di una
saggezza perduta che permettesse, una volta ritrovata, una nuova
comprensione del divino, dell’universo e della natura umana.
Questo obiettivo doveva essere raggiunto attraverso lo studio e lo
sviluppo delle scienze, considerando la matematica e in particolare
la geometria, madre dell’architettura, come la più importante delle
scienze.
Numerose società di Rosa+Croce si costituirono in tutta Europa e
particolarmente a Londra, dove l’alchimia era allora al suo apogeo
e dove gli adepti rosacruciani contribuirono a fondare l’accademia
delle scienze, la Royal Society.
Molti di questi iniziati erano anche frammassoni: Christopher
Wren, soprintendente delle costruzioni reali; Robert Moray, chimico e matematico, primo presidente della Royal Society; e lo storico
Elias Ashmole che aveva costituito una società al fine di edificare
simbolicamente il Tempio di Salomone.
La famosa Royal Society (di cui fecero parte anche il rosacruciano
Isaac Newton e il fisico Téophile Désaguliers, che fu uno dei fondatori della Gran Loggia di Londra) era la sintesi tra i Rosa+Croce
e la Massoneria.
Nella libreria della Gran Loggia Unita di Inghilterra ci sono diversi
fascicoli che attestano una lunga discendenza di tale Ordine fino a
giungere ai nostri giorni. Per esempio, una vasta corrispondenza tra
John Yarker (1833-1913) e il suo considerevole gruppo di seguaci
di un settore della Libera Massoneria. In queste lettere si descrive il
rituale di iniziazione, che probabilmente fu compilato per Portman
da un Ebreo che aveva studiato cabala e teosofia a Londra.
Da questi scritti si evince che l'Ebreo cabalista potesse essere
Chaim Falk, ma ciò non è avvalorato dalle date storiche. Nonostante ciò, appare molto affascinante la figura del rabbino Samuel Ja-
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cob Hayyim de Falk (1710-1782) e il suo coinvolgimento
all’Ordine rosacruciano.
Falk, nato in Galizia, viene ricordato per la sua fama di Baal Shem
o ‘Signore del Nome’, in altre parole ‘mago’.
Fu cacciato da Westphalia dal vescovo di Cologne, nel 1742, e arrivato a Londra, ottenne subito notorietà. Egli creò un laboratorio
sull'antico ponte di Londra, dove praticava l’alchimia.
Questa materia era assai derisa, ma continuava ad essere interessante per molti ricercatori. Qualcuno, nel corso della storia, è comunque riuscito a raggiungere tale intento, considerato che al British Museum di Londra è esposto un frammento di oro alchemico
prodotto da un tal Bapora nell'Ottobre del 1814, in presenza di testimoni: il colonnello Mac Donald e del dottor Colquhoun.
Falk ebbe molti interessi verso la Massoneria e, verso la fine della
sua vita, fu accusato di eresia e impostura, ma si riabilitò con la
comunità ebraica di Londra e morì in una situazione agiata.
Ma torniamo alla nostra regina e soprattutto a William Shakespeare. Frances Yates (1899 - 1981) tramanda un’affascinante ricerca,
collegata ad un avvenimento politico-sentimentale, ovvero il matrimonio (1613) di Federico V, signore del Palatinato con Elisabetta di Inghilterra, figlia di Giacomo I e nipote della grande Elisabetta I, protettrice delle arti e delle lettere. Giacomo I aveva già adottato la compagnia di Shakespeare, conosciuta come The King's
Men (‘Gli uomini del re’) dove il celebre artista ebbe il ruolo di
amministratore, oltre a quelli di drammaturgo e attore.
Così, Federico V brillante, colto, poeta, studioso di scienze ermetiche proseguì la tradizione. Elisabetta, poco più che adolescente,
amava la musica e la componeva, era protettrice dei teatranti e dei
tragediografi, amica di Shakespeare. Ecco quindi unirsi due ele-
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menti che, insieme, ricercarono la perfezione attraverso la protezione delle arti.
Non appena Federico e Elisabetta furono sposi a Londra, si trasferirono nel Palatinato attuando tutte le riforme che si erano prefissi,
ma anche avvalendosi della presenza, di John Dee - di cui tratterò
tra poco - e di tutti gli ermetisti amici di Elisabetta, tra cui Shakespeare e soprattutto il suo teatro.
Il celebre drammaturgo, che aveva avuto modo di conoscere il pensiero di Giordano Bruno, ospite della grande Elisabetta, aveva
scritto opere teatrali dense di significati ermetici, quali il Cimbelino, La Tempesta, il Racconto d’Inverno, Macbeth.
Molto presto, il castello dove i due giovani coniugi vivevano venne
trasformato in un tempio della poesia, dell'arte e della filosofia.
Elisabetta fece giungere a Heidelberg la compagnia dei teatranti di
Shakespeare, affinché tenessero continue e pubbliche rappresentazioni delle ultime commedie del maestro, appunto quelle ermetiche. Architetti, ingegneri, pittori ipotizzarono la realizzazione di
città ideali e la trasformazione di Londra in un eden. Cominciarono
a circolare opere segrete e giudicate eretiche, come quelle di
Tommaso Campanella, Agrippa, Bruno e di tutti i filosofi greci.
Dall’analisi della Yates, emergerebbe che, quindi, i Rosa+Croce,
non fossero altro che gli attori di Shakespeare, in quanto questa era
una pratica usata fin dall’antichità, che definiva come attori gli officianti le cerimonie dionisiache e legate agli antichi riti sacri.
Quindi, si desume che, i cosiddetti ‘invisibili’, appellativo dei Rosa+Croce, non fossero altro che gli attori della compagnia teatrale
di Shakespeare. Date, luoghi, contenuti coincidono in modo preciso, tale da dare conferma a questa affascinante ipotesi.
Ma chi fosse veramente William Shakespeare ancora non ci è dato
sapere. Molti lo ravvisarono nel londinese Francesco Bacone
(1561-1626), filosofo, politico e saggista, appartenente - secondo
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alcuni ricercatori - all’Ordine rosacrociano e massonico. Non ci
sono prove, ma il mistero s’infittisce, soprattutto seguendo passo a
passo la biografia del celebre drammaturgo, spesso contestata, arricchita di fantasie e supposizioni non confermate.
Alcuni dati, invece, sono certi. Sotto il dominio elisabettiano la filosofia occulta ebbe un ruolo preminente. Ne scrive ancora la Yates nel suo Cabbala e Occultismo nell’età elisabettiana. La cosiddetta magia rinascimentale, che considerava il ‘mago’ come principio creativo al centro dell’universo, si caricò di colori soprannaturali e di altrettanti interessi in questo senso. Per cui Amleto incontrò i fantasmi e Macbeth le streghe. Quest’ultima opera fu il
primo esempio di ritualità e pratica relativa alla stregoneria messa
in scena.
Il filosofo Agrippa von Nettesheim sosteneva che le parole esprimono e rappresentano le cose e ne costituiscono il veicolo. Così nel
Macbeth compaiono formule magiche vere e proprie, che testimoniano una conoscenza molto ardita e profonda da parte dell’autore
di questa materia. Inoltre, la parola crea e quindi è in grado di
compiere azioni magiche, così come appare in uno dei precetti cabalistici affrontati sempre da Agrippa. Egli sosteneva che la base
del mondo era nelle 22 lettere (ebraiche) ed entrare nella loro natura significava penetrare l’arcano e percepire la voce del divino.
Paul Arnold, in Clef pour Shakespeare, sostiene questa tesi, affermando che il drammaturgo e il suo entourage consideravano la
magia, astrologia, alchimia e filosofia come aspetti della scienza
occulta, influenzata dal testo De Occulta Philosophia di Agrippa.
Nel Pericle, Shakespeare presenta la figura del medico-mago che
usa la terapia della musica per portare la guarigione, mentre nella
Tempesta, Prospero è cultore di tale scienza naturale. Anche il Reame d’inverno è pervaso da tale filosofia. Per questo, al di là della
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biografia, sono le opere di questo autore che aprono la mente ad un
viaggio misterico ed ermetico.
Altri autori ‘elisabettiani’ ne furono influenzati. Pensiamo a
Edmund Spenser ((1552-1599) nei suoi La Regina delle fate e i
Quattro Inni permeati di neoplatonismo e cabala cristiana.
Christopher Marlowe (1564-1593), fautore di una vita dissoluta e
portata all’estremo libertinaggio sessuale, nella sua opera La tragica storia del dottor Faust crea una contrapposizione a questa
tendenza ermetica. Infatti, il protagonista è un adepto del già
nominato Cornelio Agrippa e pratica arti demoniache, con evidenti
insuccessi. Così come il londinese Ben Johnson (1572-1637) che
nell’Alchimista derise l’Arte Regia. Nel contempo creò un teatro
molto singolare, recitato anche dalla compagnia di Shakespeare. La
sua opera maggiore fu Ognuno nel suo umore, che diede inizio alle
commedie degli ‘umori’. Ciò si ispirava alla medicina di Ippocrate
e Galeno relativa ai quattro umori, in altre parole collera, sangue,
flemma, melancolia che si influenzano a vicenda. Quindi, in ogni
caso, una vaga suggestione ermetica era sempre presente!
Elisabetta e l’astrologia: John Dee
Ancora un po’ di magia nella vita della regina che probabilmente si
interrogava sulla virtù degli astri. Essi determinano? Come influenzano la vita degli umani? Forse la risoluta sovrana non si fece
troppo condizionare da ciò, ma uno sguardo al cielo lo diede anche
grazie a John Dee. Elisabetta lo stimava al punto di fargli calcolare
il giorno astrologicamente più favorevole per la sua incoronazione,
che avvenne a Westminster. Inoltre, prese lezioni di astrologia e gli
commissionò la riforma del calendario. Ebbe anche un titolo: astrologo reale. E non pensiamo fosse poco. Infatti la sua fama crebbe a
dismisura e si diffuse in tutta Europa.
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Ma partiamo dall’inizio.
Jan Devus era il suo vero
nome e nacque a Londra
il 13 Luglio 1527, e si fece notare fin dal periodo
dei suoi studi al Saint
John's College di Cambrige.
Dopo un soggiorno nei
Paesi Bassi fece amicizia
col geografo fiammingo
Mercatore e frequentò per
due anni l'Università di
Lovanio.
Si trasferì a Parigi nel
1550, dove tenne alcune
conferenze su Pitagora ed
John Dee
Euclide.
Tornato in Inghilterra nel
1551, ebbe un vitalizio da Edoardo IV e ottenne un vasto riconoscimento per la sua attività di astrologo e astronomo.
Egli associò la sua attività di insegnante di greco a Cambridge a
quella di mago.
Per questo motivo, quando Maria Tudor divenne regina nel 1553,
ella chiese a Dee di farle l'oroscopo e ne fu talmente entusiasta che
ne commissionò altri per vari personaggi di corte. Ma successivamente la storia si complicò e fu accusato di stregoneria, attraverso
cui avrebbe attentato alla vita di Maria la Sanguinaria per mezzo di
arti magiche. Fra i corridoi si vociferava che la futura regina Elisabetta gli avesse commissionato il calcolo della data della morte della sorellastra. L’arresto si risolse quasi subito. Ma le disavventure
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proseguirono. Infatti, fu nuovamente arrestato in quanto George
Ferrys, personaggio facoltoso appartenente alla borghesia, lo accusò di avergli ucciso il figlio e accecato l'altro utilizzando arti malefiche. Il processo si risolse in maniera favorevole per John Dee,
che fu assolto da questa imputazione.
Il 15 Gennaio 1556, egli presentò a Maria Tudor il progetto di una
biblioteca nazionale, che corrispose alla base originale dell'attuale
British Museum, due secoli prima della sua fondazione e donò
4.000 volumi di sua proprietà.
Si dice di lui che sapesse parlare il ‘linguaggio degli uccelli’, che a
livello simbolico rappresenterebbe la lingua degli eletti o comunque l’idioma segreto degli iniziati, in quanto gli uccelli sarebbero
visti come la rappresentazione di angeli. Egli si dedicava allo studio della magia e della cabala, ed era molto attratto dalle evocazioni spiritiche, attraverso le quali si metteva in contatto con anime di
defunti e schiere angeliche.
John Dee distingueva tre tipi di magia che corrispondevano ai tre
livelli dell'universo. La magia naturale si legava alla manipolazione
delle forze degli elementi che, per contatto o per contrasto, potevano interagire, determinando prodigi.
La magia matematica era invece in connessione al mondo celeste,
fondata sui numeri, le forme geometriche e le note musicali che erano differentemente mescolate tra loro.
La magia religiosa rappresentava lo studio e il contatto col mondo
celeste degli angeli, connessi cabalisticamente a un valore numerico grazie al quale entrare in loro contatto.
Egli fece interessanti studi che tradusse in vari testi, tra cui La Monade Geroglifica (1564) che influenzò fortemente uno dei primi
scritti dei Rosa+Croce nel 1615.
Egli introdusse in questo trattato la pratica della meditazione su
particolari figure o geroglifici, portando tra i primi in Europa, il
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concetto di trasmutazione psichica attraverso differenti stati di coscienza. Egli aveva studiato la cabala cristiana di Pico della Mirandola e il De Occulta Philosofia di Cornelio Agrippa, interessandosi
in modo particolare al rapporto magico tra i numeri e l'evocazione
cabalistica degli angeli e degli spiriti.
John Dee non dedicò il suo tempo solamente allo studio dell'alchimia pratica, ovvero la trasmutazione dei metalli grezzi in oro, ma si
interessò soprattutto a una forma di speculazione filosofica di tipo
ermetico cabalistico, inquadrabile nell'area della magia rinascimentale. Egli era un personaggio serio e studioso e non si comprende il
motivo che lo spinse ad avere una collaborazione con Edward Kelley, un occultista che cercava la mera ricchezza attraverso la trasmutazione dei metalli in oro. L’incontro avvenne a Londra.
Successivamente furono accolti alla corte praghese di Rodolfo II,
sovrano appassionato di alchimia. In questo luogo effettuarono
molte evocazioni spiritiche. A questo proposito, il 21 Novembre
1582, John Dee ricevette dall’angelo Uriel, presentatosi con le
forme di fanciullo, una pietra rotonda, convessa e trasparente, simile a cristallo nero. Questa pietra fu chiamata The Shew Stone, o Sky
Stone, ovvero ‘pietra delle visioni’ o ‘pietra celeste’ e aveva la caratteristica di rivelare realtà invisibili ed emettere suoni di voci (al
British Museum di Londra possiamo ancora vedere gli strumenti di
John Dee, un cristallo di rocca e questo specchio magico di ossidiana nera del quale si serviva per comunicare con gli angeli).
Dee attivava la pietra delle visioni mentre prendeva appunti sulle
apparizioni degli spiriti che comunicavano attraverso la presenza di
Kelley. Al termine di ogni seduta, Dee rinchiudeva il suo strumento magico all'interno di un astuccio, rinforzato da una struttura in
oro massiccio e avvolto in un velo bianco per proteggerlo dalle influenze malefiche. Attraverso questo specchio gli angeli comunicavano la disposizione dell'universo e la sapienza ad esso legata.
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Dopo tanto successo, i due caddero in sventura, per cui mentre
Kelley ebbe una triste sorte nelle carceri praghesi, John Dee rientrò
a Londra. La regina Elisabetta, nel 1596, gli conferì la carica di
cancelliere della cattedrale di Saint Paul e poi quella di sovrintendente del Christ College di Manchester, dove egli si trasferì con la
sua famiglia. A causa della peste perse la moglie e alcuni figli.
Dovette anche lottare per difendersi dalle accuse di stregoneria, anche per via della sua traduzione in inglese del Necronomicon, che
non fu mai stampato. Questo sarebbe un testo di magia nera
dell’VIII secolo redatto da uno stregone yemenita, anche se si afferma che questo libro non sia mai esistito.
In povertà e senza riconoscimenti, John Dee si spense a Mortlake,
vicino a Londra, il 26 Marzo 1609.
Da Cromwell... al fuoco devastatore
Torniamo alla storia. Quella degli uomini che l’hanno vissuta e
l’hanno scritta. La grande regina è morta… God Save the Queen!
Ma non basta. Ogni cosa ha il suo tempo.
La ruota gira incessantemente e compare all’orizzonte Oliver
Cromwell (1599-1658). E con lui una guerra, quella Civile del
1648, che oltre a togliere il potere alla monarchia, condusse la popolazione a un periodo di puritanesimo. Si dovrà aspettare la Restaurazione del 1660 per poter nuovamente assistere alle rappresentazioni teatrali. Così nacque il Teatro Reale del Covent Garden.
Ma Londra doveva incontrare uno spartiacque. Un prima e un dopo. Non Acqua, ma Fuoco. Non di calore e luce, ma di distruzione.
La cosiddetta Londra medievale cessò di vivere il 2 Settembre
1666 quando un Grande Incendio (Great Fire) iniziato in Pudding
Lane, distrusse tre quarti della città.
Questa data segna l’inizio di una Londra moderna, che impone la
costruzione di edifici in muratura.
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Le tracce di questo incendio, ancora oggi, possono essere viste attraverso un breve itinerario. Partendo da Staple Inn (High Holborn)
con i piani superiori sporgenti, oppure Prince Henry's Room (17
Fleet Street), per giungere alla vicina Middle Temple Hall con il
soffitto in travi di quercia, e la chiesa Temple Church (zona degli
antichi Templari). Anche la Guildhall (da Saint Gresham) si salvò
dal fuoco, essendo parzialmente in muratura, così come le principali costruzioni della Torre. Forse l’arcano XVI dei Tarocchi? Un
fulmine o una fiammella. Dalle ceneri… la fenice.
Great Fire… L’astrologia di William Lilly
2 Settembre 1666, ore 3.00 del mattino. Non è la data per un oroscopo, ma è quella del Great Fire.
Samuel Pepys, che aveva lavorato per il governo per la maggior
parte della sua vita, narrò tutti gli eventi nel suo famoso Diary.
L’incendio durò cinque giorni e uccise 70.000 persone, distruggendo i due terzi della città, inclusa la cattedrale di Saint Paul. La sua
ricostruzione, come sappiamo, fu commissionata all'architetto Sir
Cristopher Wren, e occorsero 35 anni per ricostruirla in stile barocco, dal 1675 al 1710.
Lo stesso Sir Wren ricostruì anche un'altra cinquantina di chiese, e
in seguito, fu sepolto nella cripta della stessa cattedrale.
Il monumento che ricorda questo evento, sempre progettato da Sir
Wren, fu eretto fra il 1671 e il 1677 a Monument Street, punto ove
l'incendio divampò, e che distrusse i cancelli della città, 89 chiese,
Saint Paul's, la Guildhall, 13.200 case e molte strutture pubbliche,
lasciando ben 436 acri di rovine.
Questo evento catastrofico fu predetto dal celebre veggente Nostradamus, medico e astrologo francese del XVI secolo, e fu una
delle sue predizioni più chiare. Egli, infatti, scrisse:
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Il sangue del giusto richiede che Londra venga bruciata col fuoco
nel sessantasei.
Il Great Fire rappresentò il passaggio da un mondo all’altro e fu
inteso come la spaccatura attraverso la quale nacque la nuova vita,
la distruzione che portò alla rinascita.
Questo avvenimento fu quindi interpretato in chiave simbolica e
astrologica e, per questo intendimento, si cimentò William Lilly, il
più grande astrologo inglese. Un esempio divenuto storico, un vero
classico, resta l'oroscopo elettivo da lui stilato per la ricostruzione
della famosa cattedrale di Saint Paul, dopo questo incendio.
William Lilly, astrologo e massone inglese (ancora prima della declamazione ufficiale dell’Ordine), nacque nel 1602 e morì nel
1681.
Egli fu contemporaneo di Athanasius Kircher (1602-1680) e astrologo di corte; divenne celebre per la pubblicazione di un suo oroscopo per Carlo I, all’incoronazione del re di Scozia, avvenuta nel
1633. I suoi pronostici diventarono in seguito assai celebri e diffusi, anche fuori dal suo paese.
Lilly sapeva porre in relazione le costellazioni planetarie ed i movimenti di carattere politico del suo tempo. Fu così che le sue previsioni in merito al Parlamento inglese risultavano molto seguite.
Dopo la Restaurazione e il conseguente ritorno di Carlo II sul trono
(1660), Lilly perse molta della sua credibilità.
Nei suoi scritti appare, comunque, un insieme di istanze ermetiche,
rosacrociane e muratorie.
Nel 1645, alcuni rosacrociani s’incontrarono per fondere i loro
scopi: essi erano William Lilly; l’antiquario e alchimista Elias Ashmole; John Parson; Robert Moray e pochi altri. Essi dovettero
agire in segreto, per evitare reazioni di intolleranza verso le loro
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ricerche. Poiché era d’uso fare parte di qualche corporazione, Ashmole si iscrisse come ‘muratore’ (mason) ispirando anche altri
personaggi che presero a radunarsi liberamente, fondando così il
cerimoniale della Massoneria, di cui anche Lilly fu promotore.
Tra i numerosi libri ed almanacchi astronomico-astrologici da lui
redatti, occorre ricordare Merlinus Anglicus (Londra 1644), Messenger of the Stars (Londra 1645), Prophecies (Londra 1646) e soprattutto Christian Astrology Modestly Treated of in Three Books
(Londra 1647).
La grandezza di questi testi, in particolare dell’ultimo, sta nell’aver
saputo integrare la materia astrologica con quella astronomica e
tradurla nel vissuto quotidiano, senza togliere a questa la sua connotazione sacra ed ermetica, tentativo che affrontò il suo predecessore, Michele Scoto, alla fine del XII secolo, sapiente, mago, matematico e astrologo, vissuto alla corte del leggendario Federico II
di Svevia.
Fra i testi di Lilly rimasti manoscritti, vi è Introduction to Astrology, che fu editata a Londra solamente nel 1832 e con notevole
successo, grazie all’iniziativa di Richard James Morrison, sotto lo
pseudonimo di Zadkiel.
A San Diego, nel 1918, è stata infine pubblicata la sua Astrologer’s
Guide Containing Considerations of the Famous Astrologer Guido
Bonatus, in tema con l’opera storica sopra riportata.
Nel Dictionary of English Literature, Lilly viene definito da Allibone alla stregua di un giullare al servizio del tempo, una sorta di
ciarlatano.
William Lilly ci ha raccontato di una Londra nata sotto il segno dei
Gemelli. Le tre costellazioni legate a questo segno sono la Lepre, il
Cane Maggiore e il Cane Minore, simbolicamente connesse alla
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comunicazione e all’espressione, che risultano l’emblema stesso
della città, permeata da sempre, da differenti culture.
Le due stelle chiamate Castore e Polluce evocano il dualismo primario che tutto muove e che agita il cosmo. L’unità iniziale si trova scissa in due parti, il maschile e il femminile, l’Alto e il Basso,
la Luce e le Tenebre.
I due Gemelli dello Zodiaco rappresentano il giorno e la notte, e
tutto l’insieme di contraddizioni che nutrono l’esistenza. Questo
simbolismo risulta attinente alla città londinese, dal momento che
questa ebbe un ruolo primario a livello europeo dal punto di vista
politico e quindi materiale, ma anche esoterico, in altre parole spirituale, per via delle numerose correnti iniziatiche che vi ebbero
origine, non ultima la Massoneria.
Uniti tra loro, i Gemelli evocano anche il sacrificio, inteso come
lotta interna e prevaricazione di una parte sull’altra, con il conseguente abbandono di un aspetto di sé, in funzione dell’altro. Anche
in questo senso, troviamo una traduzione nel reale, nelle lotte intestine che si svolsero a Londra, che fu palcoscenico di numerosi
conflitti e dispute di potere.
Secondo Lilly, il simbolismo dei Gemelli sarebbe assimilabile a
quello del crocicchio, incrocio di cammini che crea un punto centrale e cosmico, ma anche luogo in cui venivano costruiti i luoghi
sacri e deposte le immagini delle divinità a protezione
dell’umanità. Non a caso, i tumulus e gli antichi menhir tipici di
questa zona, venivano posti normalmente negli incroci. Meridiano
e parallelo. Omphalos, ovvero il centro del mondo. L’ombelico
della terra. Così in alto come in basso…
I Gemelli proteggono gli uomini dal pericolo, sono guaritori e protettori dei navigatori. Secondo la simbologia manichea, essi sono
antagonisti, uno buono e l’altro cattivo, e quest’ultimo limita sempre l’azione del primo.
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Questo segno zodiacale, come il crocevia, rappresenta le due strade
esoteriche definite come ‘via secca’ e ‘via umida’, ovvero la via
Maschile e quella Femminile, Sole e Luna a confronto. Un cammino iniziatico per giungere a una sintesi personale di vita.
Insieme rappresentano l’azione ascendente e discendente del Sole,
creando l’intera giornata, ma anche l’intero anno solare, diviso nei
due solstizi, considerando che il segno dei Gemelli anticipa quello
d’estate.
Anticamente, nelle campagne della Gran Bretagna, venivano fatti
dei festeggiamenti durante l’estate, dedicate alle donne che chiedevano la fertilità alle colture, mentre quelli celebrati nel periodo invernale erano dedicati agli uomini che rendevano grazie ai raccolti
che provenivano dalla natura.
La nascita dei Gemelli presuppone l’unione di un mortale e di un
Dio, e Castore e Polluce ne sono l’esempio più chiaro.
Uno dei servigi più famosi resi dai Gemelli vedici è quello di ringiovanire un vegliardo e farne un marito per le ragazze.
I Gemelli sono governati da Mercurio, messaggero degli Dei, fornito di ali ai piedi e di caduceo come emblema che, per questo,
conferisce al segno zodiacale la duplice comunicazione, quella essoterica che può essere palesata a chiunque, e quella esoterica relativa al linguaggio degli iniziati.
I Gemelli dello Zodiaco, inoltre, guidarono gli Argonauti alla ricerca del vello d’oro, uno dei cammini iniziatici per eccellenza.
L’uovo fu il veicolo che permise ai Dioscuri di vedere la luce e, il
suo simbolismo è in relazione all’uovo del mondo e all’uovo del
cigno che, come quello del serpente, è stato imparentato a questa
misteriosa origine.
Questa nascita veniva chiamata all’origine ‘uovo di acqua’ e venivano recitati degli incantesimi atti a governare le acque al fine di
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propiziare la fertilità. Questi antichi riti erano svolti lungo il Tamigi, che rappresentava il cuore pulsante della zona.
L’uovo diviene cosmico, emblema dell’alchimia, e rappresenta
l’involucro di ogni manifestazione vivente, che contiene sia il pensiero, che la materia.
Esso è un universo creato dal pleroma, ovvero il complesso gerarchico composto da 33 forze di energie ioniche, dette archioni.
Inoltre, il suo simbolo si lega a un caratteristico vaso vitreo a forma
di uovo con l’orifizio in alto da un lato. Perciò, è anche in collegamento all’atanor, la fornace nella quale l’alchimista svolgeva la
sua Arte. Questo particolare simbolismo fu perseguito anche dal
mago londinese, John Dee, spesso menzionato in questo testo che,
proprio durante le sue evocazioni, diede nome ed origine ad ognuno di questi archioni.
Il produttore di questi embrioni sacri è il cigno che, nei pensieri arcaici, rappresentava la forma della fede incarnata in un essere superiore e luminoso, il re del mondo e il padre della loro razza.
Quando le popolazioni di questa zona divennero esperti artigiani, e
arrivarono a fondere i metalli, misero sulle loro daghe, spade e
coltelli, la raffigurazione di questo animale sacro, sia come simbolo religioso, che come talismano. In questo senso, il cigno si lega,
più di altri animali, al simbolismo dei metalli e alla loro forgiatura,
anticipazione della successiva alchimia.
Tale animale rappresentò, soprattutto in questa zona britannica,
quello che più tardi fu l’identificazione di Apollo per i paesi classici, e fu considerato come rappresentazione del dio Sole.
Nella mitologia greca appare come Kyknos di Tenedos, figlio di
Poseidone. Achille combatté contro di lui e, trovandolo invulnerabile, poté vincere solo strangolandolo, dopodiché gli Dei lo trasformarono in un cigno.
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Il candido animale è l’emblema della luce, anche se vi sono due
tipi di candore, quello solare e maschile, e quello lunare, femminile, e il cigno può incarnarli entrambe.
Per via del collegamento alla luce del giorno, evoca il simbolismo
della vergine che verrà fecondata dall’Acqua e dalla Terra, per dare
alla luce il genere umano. Tuttavia, questa irradiazione celeste cessa qui di essere maschile e fecondatrice per diventare femminile e
fecondata. Si giunge così alla rappresentazione della ierogamia fra
Terra e Cielo.
Ciò è confermato anche dal fatto che, se è vera la trasformazione di
Giove-maschile in cigno, questo cambiamento avviene dopo che
Leda «si è trasformata in oca per sfuggirgli».
L’oca, che rappresenta una metamorfosi del cigno, nella sua caratteristica femminile e lunare, rivelerebbe che l’amore tra Giovecigno e Leda-oca sarebbe una sorta di bipolarizzazione dalla quale
si evince un simbolismo ermafrodita, per cui Leda e il suo amante
divino sarebbero la stessa persona. Questo aspetto mette in risalto
il valore dell’Opus alchemica, soprattutto nella sua sintesi tra maschile e femminile, e assume, ancora una volta, il valore metallico
del mercurio unificatore.
Inoltre, l’oca era l’animale sacro della stirpe celtica, intermediatrice tra la Terra ed il Cielo.
Questo animale, ricorda una festività cara ai Celti, che permearono
con le loro ritualità l’antica Londra.
Alla fine della stagione agricola, all'inizio dell'inverno si celebrava,
infatti, tra queste popolazioni, il Samhein, il capodanno celtico, che
durava circa dieci giorni dall'inizio di Novembre, in coincidenza
con l'attuale festa dei morti. Era il momento in cui il ricordo degli
avi ritornava vivo, in quanto essi venivano riconosciuti come radice della propria tribù e punto di origine della stessa. Era una festa
legata al passato, momento magico e rituale all'interno del quale gli
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sciamani, con uno speciale travestimento, entravano in contatto con
realtà sottili che permettevano loro il dono della profezia.
Era l'apoteosi del Fuoco, perpetuato con la creazione di falò, che
dovevano bruciare i mali e le negatività dell'anno passato. La divinità venerata in questa occasione era Odino, e la ritualità prevedeva
speciali travestimenti che mettevano in scena i misteri della vita e
della morte, tra questi quello del Cavallo Selvaggio. Veniva onorata la figura del cavaliere degli inferi, in grado di sconfiggere le forze tenebrose e di trionfare sul trapasso finale.
La morte che vinceva sulla morte diventava una divinità della vegetazione, in quanto garantiva la resurrezione della vita dopo il periodo di stasi invernale, in cui tutto sembra tacere e soggiacere in
un’altra dimensione.
Questi elementi, con l’avvento del cristianesimo, furono traslati
nella figura di un unico personaggio: san Martino. Il cavaliere con
il mantello spezzato o corto, e come il cavaliere degli inferi citato
nella tradizione del Samhein, fu festeggiato nello stesso giorno di
Odino, l'11 Novembre, data legata all'Hollantide celtica, culminazione delle celebrazioni di Samhein. In questo modo, Odino fu
sconfitto da san Martino nell'immaginario pagano delle
popolazioni galliche.
La leggenda vuole che Martino, per completare la sua opera di evangelizzazione, ordinò di abbattere gli alberi sacri dei Celti.
L’oca, quindi, insieme al cavallo, furono gli animali resi sacri dai
Celti. Nell’iconografia gallica, Epona, il cavallo divino, veniva ritratto in sella a un’oca cornuta, che era onorata e vi era il divieto
ucciderla o mangiare le sue carni.
Il mito descrive il passato. Le radici ancora si colgono attraverso le
sfumature. In alto le stelle mandano ancora messaggi. Per coglierli,
occorre guardare in alto…
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William Lilly volle guardare in alto e fece l’oroscopo del Great Fire. Questa giornata nacque con il Sole nel segno zodiacale della
Vergine, intesa come quotidianità, come elemento che pare partorisca dal nulla, da un piccolo incidente o una minima distrazione.
Questo progredì, poi, in un’ascendente Leone, il segno di Fuoco
per antonomasia, governato direttamente dal Sole, l’astro infuocato. Questo punto era in opposizione negativa ad Urano, il pianeta
delle esplosioni e in collegamento alle grandi trasformazioni umane e storiche.
La pesante quadratura con Marte, pianeta del pericolo e degli incidenti, descrive una probabile origine dolosa del fatto.
Il Sole si collocò in seconda casa, quella dei beni materiali, portando una certa
pesantezza in questo ambito, che si trovava ad essere
gravato
dall’opposizione
con Giove, che non alimenta la fortuna, ma il suo opposto. Quest’ultimo pianeta
si trovava nell’ottava casa,
detta anche della morte e
dell’abbandono che segna,
con la quadratura verso
Plutone, un’espansione del
fenomeno, che sappiamo
essere durato a lungo, a
causa di un vento contrario.
Giove, in posizione positiva
Frontespizio oroscopo Great Fire
con Marte, determinò una
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possibile rigenerazione, ma anche l’instaurarsi di una nuova fede e
rinnovate ideologie.
Marte, essendo nella quarta casa, rappresentò una grande forza vitale verso il concetto di edilizia, che segnò l’avvento di una nuova
corrente architettonica nella città. Questo pianeta, a sua volta, era
contrario a Urano, e ciò implica esplosione di energie, ove il Fuoco
marziale viene alimentato dalla potenza elettrica di Urano.
Quest’ultimo era posizionato positivamente nei confronti di Mercurio, in terza casa, esaltando il valore di una nuova comunicazione
rispetto al passato. Un certo conservatorismo, lasciò quindi il posto
alle idee illuminate che designerono il sorgere di accademie di pensiero dal colore filosofico, fino a giungere a quello scientifico, che
portò Londra a primeggiare in Europa.
Venere si mostrava benevola nell’insieme e decretava una serie di
accordi veloci ed efficaci, tali da ripristinare un certo ordine, ma
anche la necessità di rendere più bella ed aggraziata la città, così
come occorse nelle nuove costruzioni che sorsero.
Saturno in congiunzione a Nettuno, in quinta casa, determinò un
certo rigore, ma anche il necessario sacrificio, per condurre la propria causa e giungere ad obiettivi costruttivi. Questa posizione significa anche che molti videro in questa disgrazia una punizione
divina e quindi la necessità di attuare un comportamento più consono e calibrato, al di là del comune libertinaggio, tipico
dell’epoca. Avvenne, infatti, una sorta di restaurazione di pensiero,
che regnò per molto tempo, creando la possibilità di una dirittura
morale costruttiva, canalizzata all’erigere una nuova e ancora più
grande città.
Urano e la Luna in settima casa portarono a una trasformazione rispetto ai rapporti che Londra aveva con l’estero e l’accentuarsi di
una mira espansionistica, che si realizzò realmente nei secoli a venire. La Luna, infatti, favorì questi aspetti e determinò il raggiun-
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gimento di grandi obiettivi (sestile alla decima casa) e
l’acquisizione di potere e carisma verso gli stati stranieri (trigono a
Plutone).
La decima casa, legata alla politica interna, era ben salda e votata
ad ogni possibile sacrificio, pur di ricostruire la grandezza di Londra, sia in senso materiale, che metaforico.
Per concludere, la dodicesima casa, ovvero quella delle prove e dei
pericoli, esaltava il segno del Cancro e quindi il senso dello Stato,
che dopo questo avvenimento sembrò barcollare.
Oltre a ciò, appare il segno del Leone, che come abbiamo già considerato è in perfetta affinità con la fiamma solare, in grado di distruggere ogni cosa, ma nel contempo di creare le basi per una
nuova vita.
Così avvenne col Great Fire, confine storico che segnò e separò,
come l’avvento di Cristo, ciò che avvenne prima, da ciò che successe dopo, come nel concetto di morte e rinascita, antico e sempre
attuale tema di ogni storia.
Il maggiore sviluppo di Londra, come centro commerciale, si ebbe
nel XVIII e XIX secolo. Si costruirono grandi magazzini portuali,
ponti, strade, canali e ferrovie, che permisero una vera espansione
commerciale e l’avvio verso Londra, capitale europea. Quella che
oggi conosciamo!
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ITINERARI NEI LUOGHI MAGICI LONDINESI…
Camminare ad occhi chiusi e trovare la strada. Geometrie che
corrono nei pensieri, e pensieri che diventano storia. Ogni Storia
ha i suoi segreti, attraverso vie nascoste e inusitate. Così si
sciolgono gli enigmi e si leggono i segni…
Tanti sono i misteri e le oscure diagrammazioni di questa città, che
più di ogni altra ha incarnato l’emblema segreto delle antiche tradizioni. Prima di iniziare il nostro itinerario, lascerei spazio a Nicholas Hawksmoor (1661?-1736), architetto inglese. Egli lavorò con
John Vanbrugh e Christopher Wren. Con quest’ultimo - di cui parlerò tra breve - collaborò dal 1684 circa al 1700 su svariati progetti:
l'ospedale di Chelsea, Saint Paul, Hampton Court Palace e l'ospedale di Greenwich. Insieme a John Vanbrugh realizzò Blenheim
Palace e Castle Howard.
Nel 1702, creò un progetto interamente personale, ovvero la villa
barocca di Easton Neston, nel Northamptonshire.
Lavorò particolarmente per la trasformazione di Oxford. Progettò
le torri occidentali dell'abbazia di Westminster, ma soprattutto creò
il disegno di sei chiese di Londra.
Pur non avendo avuto diretti contatti con l’Italia si ispirò ai dettami
dell'antica Roma, ma soprattutto l’elemento che ci interessa maggiormente è il suo tentativo di ricostruzione del Tempio di Salomone.
Con questa costruzione altamente simbolica viene esaltato il lavoro
dell’onesto artigiano Hiram. Da un punto di vista ermetico egli sarebbe l'architetto del Tempio di Salomone, edificato attorno all'anno 988 a.C. Secondo questa tradizione Hiram fu ucciso da tre capomastri, allo scopo di rubargli i segreti della costruzione, che comunque non furono rivelati. Il grande architetto aveva suddiviso gli
operai in tre livelli, ognuno dei quali aveva una parola segreta per
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farsi riconoscere per la riscossione della paga. Gli apprendisti erano riconosciuti con la parola Boaz, mentre gli operai con Jakin e i
maestri con Jehovah.
Hiram fu colpito tre volte alla testa e le sue spoglie furono recuperate dallo stesso Salomone che gli diede una giusta sepoltura. In
termini esoterici Hiram risorto simboleggia l'Illuminazione.
Il tema salomonico interessò studiosi e architetti. Così nel 1675
Kircher pubblicò un libro dedicato alla struttura dell’Arca di Noè,
identificandola come compendio di armonia e mettendola a confronto con molte cattedrali, non mancando l’analisi di queste particolari colonne.
Probabilmente per seguire queste misteriose diagrammazioni, unite
alla sapienza dell’antico Egitto, Hawksmoor creò una sorta di grafico a Londra, il cui centro era Christ Church, posta in relazione a
Saint George’s in Bloomsbury, da un lato, e a Saint Mary Woolnoth. Dall’altro versante si connetteva a Saint Anne’s Limehouse e
Saint George in the East. In pratica questi templi creavano due
triangoli uguali, in grado di propagare flussi psichici negativi.
Percorriamo per un tratto questa storia. I più eclatanti episodi furono quelli relativi a Ratcliffe Highway (1811) e quelli di White
Chapel, questi ultimi meglio conosciuti come gli omicidi di Jack lo
Squartatore.
Partiamo dal primo. Si tratta di una serie di delitti commessi
nell’arco di dodici giorni.
Un sospettato? Certo, John Williams, conosciuto anche come
Murphy. Era un giovane marinaio scozzese o irlandese. Tutto sembrava concordare sulla sua colpevolezza, ma dopo il suo arresto
avvennero altri omicidi, che ancora restano un mistero. Il ragazzo
si suicidò in carcere e il suo corpo fu trascinato per le vie della città. Sembra il racconto di un romanzo o di un film horror, ma in realtà egli fu davvero trasportato per le vie di Londra e il carro che lo
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trascinava si fermò di fronte ai luoghi degli omicidi. Non solo. Fu
trafitto con un paletto nel cuore e sepolto in una fossa improvvisata
al bivio di Commercial Road e Cannon Street Road. In Agosto del
1886, fu ritrovato. Naturalmente parliamo dello scheletro, e ciò avvenne per via di uno scavo effettuato dalle società del gas. Il cranio
del giovane fu trattenuto come ricordo dal proprietario degli edifici
di Crown e Dolphin House, all'angolo di Cannon Street Road.
Forse è importante ricordare che a seguito di varie indagini, probabilmente il ragazzo non era l’assassino.
Invece nella zona di Christ Church, nel quartiere di White Chapel,
Jack Lo Squartatore diede vita ad un altro capitolo nero della storia
londinese. Ne parleremo meglio più avanti. Ora ci interessa capire
il nesso, sempre che esista, tra i vertici di questa diagrammazione.
Che sussista un collegamento lo affermarono pure gli scrittori Ian
Sinclar e Peter Ackroyd. E questo ci apre un altro capito, ovvero
quello della psicogeografia. Questo strano termine si collega a una
ricerca promossa da un movimento di avanguardia artistica nei
primi anni cinquanta. Detta materia indaga le relazioni tra psiche e
ambiente.
Una delle più chiare definizioni appare nel primo numero del bollettino dell'Internazionale Situazionista (1958): «la psicogeografia
è lo studio degli effetti precisi dell'ambiente geografico, disposto
coscientemente o meno, che agisce direttamente sul comportamento affettivo degli individui».
Ma vediamo meglio il lavoro di Ian Sinclar e Peter Ackroyd.
Ian Sinclar (1943) è uno scrittore gallese, poeta e sceneggiatore.
Uno dei suoi ultimi lavori riguarda ciò che egli definisce una nonfiction ambientata a Londra, dove descrive un percorso fatto a piedi
lungo l’autostrada M25. Per realizzare questa ricerca egli ha utilizzato appunto la psicogeografia, ispirandosi anche all’opera di vari
poeti. Ciò dimostrerebbe come la diagrammazione di una città, an-
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che realizzata in maniera inconsapevole, influenzerebbe alcune dinamiche psichiche, da quelle benefiche a quelle maligne. Egli intravvede una storia oscura per Londra e la spiegherebbe attraverso
queste diagrammazioni.
Peter Ackroyd (1949) nasce come poeta, poi scrive diversi romanzi
ambientati a Londra, ove pone in risalto lo spirito degli antichi luoghi e come questo ancora influenzi la storia attuale. Così racconta
di John Dee, Oscar Wilde, Sir Christopher Wren e molti altri personaggi che suggestionarono la storia britannica e londinese.
Ispirato da Sinclar, scrive un romanzo dedicato allo schema delle
chiese disegnate da Nicholas Hawksmoor, ricavandone un movente
satanico. Poi scrive London: The Biography raccontando della città
e soprattutto dei particolari influssi a cui sarebbe sottoposta.
Nell’intervista realizzata dalla Psychogeographical Association di
Londra (1994), e pubblicata sul The Observer egli afferma: «Credo
davvero che ci siano alcune persone, attraverso le quali, il territorio, il luogo, il passato parla [...] Allo stesso modo, mi pare plausibile che una strada o un’abitazione possa materialmente influire sul
carattere e il comportamento delle persone che vi abitano. E altrettanto vero che a Londra, e nella sua cultura, persistono modelli di
sensibilità e di comportamento che hanno perdurato dal XIII, XIV
secolo e anche da prima».
Un’altra proposta viene fatta dalla consorteria ermetica dei Fratelli
di Luxor che, congiungendo con una linea ideale le sei chiese, a cui
viene unita anche la settima andata distrutta - Saint Johns in Horseleydown - ottengono uno dei più rilevanti simboli dell’antico Egitto: l’occhio di Horus. Per cui il mistero s’infittisce. Difficile affermare che ciò sia stato progettato sin dall’inizio. Mancano le fonti.
Ad ogni modo, quest’ultima osservazione, ci permette di scrivere
qualche parola sulla Fratellanza Ermetica di Luxor, che nacque
proprio a Londra nel 1884 per ispirazione di Max Théon (1848-
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1927). Egli era un Ebreo polacco, studioso di cabala e occultismo.
Non si conosce molto sulla sua biografia. Alcuni sostengono che
abbia insegnato anche alla Blavatsky - di cui farò cenno più avanti
- e che addirittura la Società Teosofica si sia ispirata ai suoi studi.
La Fratellanza Ermetica di Luxor nacque in Egitto nel 1870, dove
probabilmente Théon fu discepolo del mago copto Paulos Metamon, per molti considerato come il suo vero padre. L’intero corpus
di questa saggezza fu portata da lui stesso a Londra, dove creò il
Movimento Cosmico ed ebbe un circolo di persone a lui devote, tra
cui Louis Themanlys e Charles Barlet, uno dei primi membri del
ramo francese della Società Teosofica.
La traccia londinese di Théon è alquanto particolare, in quanto i
giornali dell’epoca pubblicarono inserzioni di un guaritore psichico
a nome Theosi, il cui indirizzo era lo stesso riportato sul successivo
certificato di matrimonio di Théon. Infatti, fu proprio a Londra che
egli conobbe la poetessa Alma, che con la sua facoltà di veggenza
diede una svolta alla ricerca di Théon. Da un Ordine collegato prettamente alla magia, passarono a pratiche psichiche, svolte insieme,
attraverso le quali ri-creare la tradizione originaria. Insieme alla
moglie - che egli considerò l’anima di questo lavoro - fondò la Rivista Cosmica affinché questo studio progredisse. Insieme si spostarono a Parigi e successivamente in Algeria.
Egli ebbe anche un forte collegamento con l’India, confermato dal
contatto con Mère (Mirra Alfassa) - compagna spirituale di Sri Aurobindo - che lo citò nella sua Agenda. Ella annotò come Théon e
Aurobindo fossero arrivati alle stesse conclusioni senza mai essersi
incontrati.
La morte di Alma segnò il declino assoluto di Théon, che smise i
suoi studi e chiuse l’Ordine, ma fino alla morte fu seguito e aiutato
dai suoi seguaci.
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I segni e le tracce misteriose di Londra, però, non cessano e vi sono
altri itinerari da seguire.
Procediamo da Trafalgar Square, che celebra la battaglia vittoriosa
della flotta inglese contro le navi spagnole e francesi del 21 Ottobre 1805, e incontriamo Covent Garden, caratteristico quartiere
racchiuso tra lo Strand e Holborn. Nella chiesa di questo distretto
fu sepolto Anthony Sayer (1672- 1741 o 1742), fondatore della
Gran Loggia di Londra, denominata in seguito Gran Loggia d'Inghilterra, fondata il 24 Giugno 1717.
Poco lontano dalla zona degli Inns of Court, al numero 48, si trova
la casa di Charles Dickens, celebre autore di romanzi come David
Cooperfield e Oliver Twist, altro personaggio appartenente alla
Massoneria inglese.
Dopo un breve sguardo su Buckingam Palace, alla Hauses of Parlament e al Big Ben, scopriremo le meraviglie dell’abbazia e della
cattedrale di Westminster, che come le grandi costruzioni del gotico francese, sono un vero e proprio libro di pietra interamente da
scoprire nei suoi innumerevoli segreti e simbolismi arcani.
Uno sguardo interamente incantato andrà verso i parchi londinesi, e
al loro simbolismo ermetico tutto da scoprire. Si conosceranno le
geometrie sacre che assimilavano la natura al divino e, soprattutto,
verrà posta enfasi sul giardino all’inglese, il cui simbolismo ha
cambiato un’epoca.
La cattedrale di Saint Paul è un’altra meta di questo itinerario, sia
per le proporzioni auree legate alla sua costruzione, sia per il mistero nascosto dentro la Galleria dei Bisbigli. Il celebre architetto di
questa grandiosa opera fu William Wren, un adepto della Massoneria londinese e simpatizzante dell’Ordine dei Rosa+Croce.
Lungo il Tamigi si procede verso The Temple, ovvero l’area fondata dai misteriosi Templari nel 1160. La loro epopea si lega alla
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mitica ricerca del Santo Graal e a tanti esempi di costruzione ermetica basata sulla numerologia.
Il Tower Bridge e la Torre di Londra sono due simboli distintivi
della capitale, anche se nascondono nelle loro remote origini qualche segreto. Così come le Mura di cinta della città, lungo le quali,
nell’antichità, deambulare, significava propiziarsi il favore del cielo contro le avversità.
Per concludere, non dimentichiamo il filo d’oro che unisce tutti i
punti salienti della città, ovvero il Tamigi, che attraverso
l’elemento Acqua, racchiude la vera memoria di Londra.
Le mura… e il mito di Giano
Esse furono costruite per la difesa contro le invasioni dei nemici e,
da un punto di vista simbolico, assunsero l'immagine di potere protettivo femminile, che racchiude dentro di sé il centro della vita urbana. Esse segnano il confine, definendo lo spazio. Molti riti di
consacrazione delle mura avvenivano tra l'anno vecchio e l'anno
nuovo, nell'ambito di cerimonie legate alla definizione di tempo, e
la sovrapposizione di questi due valori assumeva la caratteristica di
connessione di valori spazio-temporali.
Nell’antichità, camminare attorno alle mura di giardini o città era
considerato un rituale magico e quando il perimetro delle mura era
circolare, esse acquisivano il significato di cerchio magico.
La connessione tra confine e culto seguitò anche nell'epoca romana, attingendo le fondamenta dagli atti augurali etruschi.
Così avvenne per le mura di Londra, la cui prima cerchia fu eretta
dai Romani nel 200 d.C. Essa misurava circa tre chilometri e racchiudeva l'area sulla sponda del Tamigi, fra l'odierno Blackfriars e
la Torre di Londra.
I suoi confini erano dedicati a Giove, simbolo della giustizia e della
fede. Alterare un confine comportava essere esclusi dalla comunità.
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Il dio Terminus proteggeva questi limiti, egli era simile al dio Silvano le cui celebrazioni (le Dies Februates, da februare, ‘purgare’,
nel senso di purificazione del paese) cadevano alla fine di Febbraio.
Per questi motivi, la sacralità dei confini e delle mura furono in
connessione al significato di pace pubblica o Paradiso: al di là di
questi tracciati cessavano i rapporti di vicinanza e si apriva l'ignoto, il misteri, il pericolo.
Nel Medioevo una città per essere tale, sia materialmente che giuridicamente, doveva avere proprie mura.
Ogni cinta muraria che si rispettasse doveva avere le sue porte, ovvero le aperture che permettevano il passaggio da uno spazio profano o sconosciuto ad uno sacro e di appartenenza. A Londra vi furono sei porte, cifra che si collega all’uomo spiritualizzato, che
protende verso l’alto.
Giano era il Dio delle porte, di cui era guardiano. Egli fu il messaggero di un potere tale da permettere al pellegrino il passaggio da
un mondo all'altro, in una sorta di percorso iniziatico associato al
decorso del sole e all'asse solstiziale. Giano deriva dal sanscrito
yana, ‘via’ e dal latino ianua, ‘porta’, da cui ‘Gennaio’: la via, la
porta dell'anno. Questi termini si connettono alla sovrapposizione
del valore spaziale dell'ingresso con quello temporale legato alla
facoltà del Dio di vedere nel passato e di predire il futuro. I suoi
volti ruotavano attorno ad un unico asse, chiamato terzo mondo,
ovvero la terza faccia invisibile del Dio legata alla sfera dell'inconoscibile, dell’ultraterreno ed espressione impercettibile del presente.
In seguito, le mura furono estese anche lungo il corso del fiume,
per far fronte alle scorrerie dei pirati. Il famoso London Bridge era
a sua volta fortificato, tanto che i Normanni, nel 1066, non riusci-
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rono a oltrepassarlo e furono costretti ad attraversare il Tamigi a
Wallingford.
La città si arrese a Guglielmo il Conquistatore che immediatamente
innalzò la White Tower all'angolo orientale delle mura e un secondo fortilizio a quello occidentale, ora scomparso a causa del Great
Fire del 1666.
Londra fu dotata di una nuova cerchia nel 1215 innalzando e rafforzando con ben 22 bastioni semi-circolari le ancora possenti mura romane.
Nel 1276 fu inglobato il monastero di Blackfriars e costruite sei
porte di accesso: Ludgate, Newgate, Aldersgate, Cripplegate, Bishopsgate e Aldgate. Furono anche demolite le mura lungo il fiume
e il London Bridge fu dotato di due porte con torrioni cilindrici.
Proseguendo con l’analisi numerologica, partendo dalle sei porte
iniziali, giungiamo al numero otto, la cifra in connessione
all’immortalità e alla continua rigenerazione.
Nel 1415, fu costruita la Moorgate, che costituì la nona entrata, intesa come emblema di una nuova vita e generazione che trova il
suo progresso. Non a caso questa evoluzione avvenne già dal tempo dei Tudor, quando Londra era ormai sviluppata ben oltre la cerchia muraria.
Nel 1643, durante la guerra civile, la città fu circondata da una serie di terrapieni con postazioni di artiglieria.
Le mura medievali erano ormai inutili e iniziò il loro smantellamento.
Attualmente, le mura sono ricordate solamente dai nomi delle fermate della metropolitana, di strade o di distretto.
Ludgate e Newgate furono prigioni e, nel secolo scorso, alcune
parti delle mura sono state riscoperte da costruzioni successive.
Quelle meglio conservate sono a Est, a Nord della Torre, e a NordOvest, nell'attuale distretto di Cripplegate.
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Per fortuna, appare perfettamente visibile la sopraelevazione medievale, sulla base delle mura romane. Molti di questi tratti sono in
proprietà private o in luoghi di non facile accesso. Fondamenta di
mura e torri sono state rinvenute anche in molte cantine di abitazioni private.
Subito dietro la Torre, in Tower Hill (fermata metro omonima) sono visibili gli scavi di una postierla con torre (porta pedonale secondaria) e un tratto ben conservato di mura. Passati i Trinity
Square Gardens e proseguendo in Cooper's Row, appare una parte
delle mura, con una fila di feritoie per arcieri sotto al parapetto.
A London Wall, nel cortile della chiesa di Saint Alphege, si può
ancora ammirare qualche resto del settore di Nord-Est, dove sorgeva anche un forte romano, mentre un secondo tratto si trova in
mezzo alla zona del Barbican Complex, dove è incorporato anche
l'unico bastione superstite, un tempo vertice nord-ovest del circuito
medievale.
Questo itinerario estremamente affascinante e inconsueto ci rammenta che Ludgate sorgeva all'inzio dell'odierna Ludgate Hill; la
Newgate fra Newgate Street e l'Holborn Viaduct; Aldersgate all'estremità della via omonima (fermata metro Barbican); come Moorgate, Bishopsgate e Aldgate (anch'essa ricordata in ben due fermate
della metro). Che fortuna… che esistono le metropolitane!
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Tamigi… il flusso energetico di Londra
Thames
Il Tamigi è il fiume che attraversa Londra e, con i suoi 338 chilometri, è l’anima che scorre nella capitale.
Il suo nome deriva dall'antico nome celtico usato per indicare un
fiume, cioè teme, parola che mantennero anche i Romani quando,
nel 43 d.C., vi fondarono l'insediamento commerciale di Londinium sulla parte più orientale del fiume, a una trentina di chilometri dalla foce.
Il Tamigi venne utilizzato come cimitero da queste antiche popolazioni. Al Museo di Londra sono in mostra oltre 500 oggetti e resti
umani. Dai teschi ritrovati sul letto del Tamigi appare chiaro che
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gli antichi Britanni usavano il fiume come sepoltura e probabilmente gettavano direttamente i cadaveri nelle acque del fiume o gli
legavano dei massi al collo, per farli rimanere sul fondo.
Sono stati recuperati anche molti resti in metallo, come alcuni elmetti di bronzo con ornamenti militari, che confermano l’uso di
gettare nel fiume questi oggetti per motivi religiosi e rituali.
Uno dei pezzi più rari è lo scudo di Battersea, del I secolo a.C, trovato anch’esso nel Tamigi.
Ciò mi offre lo spunto per aprire una breve parentesi su Battersea
Park, dove, nel XVI secolo si svolgevano i duelli, il gioco d'azzardo e la prostituzione. Solo dopo il 1930, furono creati viali, un anfiteatro e un lago ornamentale e, dal 1985, è presente la London
Peace Pagoda, donata dai buddhisti giapponesi. Molto interessante
è il Mist's Pitch, una riserva naturale di farfalle, mentre, a Est del
parco, ci sono le quattro bianche ciminiere della Battersea Power
Station, una centrale elettrica in disuso, da sempre parte integrante
del paesaggio londinese.
Relativamente al recupero dei resti antichi nel Tamigi, va ricordato
un particolare curioso. Infatti, furono trovate le ossa di un felino
della giungla, antiche di 200.000 anni, quando nessun tipo di questo animale aveva abitato tale zona. Infatti, furono i soldati romani,
i primi a importare sull’isola questa presenza, che si attesta in un
periodo non precedente al IV secolo d.C.
Nel 1776, sul fiume nacquero le prime prigioni galleggianti, che
rinchiudevano delinquenti di ogni specie, ma soprattutto i corsari.
La loro cattura significava la prigionia, che potevano barattare con
dei detenuti, da loro rapiti. Ciò nonostante, i corsari temevano questo tipo di reclusione, in quanto le prigioni erano luoghi malsani,
dai quali era difficile uscire vivi.
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Queste galere, situate sull'estuario del Tamigi, all'inizio erano ricavate da navi in disarmo, più tardi i pontoni (così erano chiamate le
prigioni) furono costruite espressamente per questo utilizzo.
Il fiume londinese è passato alla storia anche per via di uno dei più
grandi traffici della storia, quello del tè. Uno dei più famosi e tipici
teaclipper britannici fu il Cutty Sark, costruito nel 1869 e che si
può visitare ancora oggi a Greenwich, sul Tamigi.
Nel 1869, l’apertura del Canale di Suez abbreviò la strada per
giungere ai paesi di coltivazione del tè. In questo modo, si rese
possibile il trasporto di questo prodotto anche su vaporetti, che potevano sostare per fare rifornimento di carbone.
Terminò, così, l’era del teaclipper ed iniziò quella delle moderne
flotte commerciali.
Vi sono miriadi di leggende che narrano della scoperta del tè. Una
delle più suggestive racconta dell’imperatore cinese Shen Nung
(2737 a.C.). Egli era molto attento all’igiene e, per questa ragione,
bolliva sempre l’acqua potabile. Una casuale folata di vento fece
cadere alcune foglie di tè in un pentolino con acqua bollente, donando un colore dorato ed un piacevole aroma. L’imperatore provò
la bevanda e si sentì subito ristorato. Da quel momento in poi, il tè
fu chiamato la bevanda dell’Impero Celeste.
Legate a questa bevanda appaiono molte ritualità, tra cui la meditazione orientale; attraverso la cerimonia del tè, sarebbe possibile entrare in contatto con i propri numi tutelari, e raggiungere il centro
del proprio Io. A questa bevanda vengono conferiti valori occulti,
alcuni iniziati sostenevano che la bevanda aiutava a la meditazione,
perché manteneva sveglia la coscienza.
Nacquero molte sale da tè, ricche di decorazioni artistiche. Alcune
di queste ospitavano spettacoli di danza, con movimenti lenti e rituali di alcune danzatrici, delicate e armoniose.
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A questo proposito, dedicherei un po’ di spazio a un rito, appunto,
quello della tasseomanzia, ovvero il sistema per conoscere il proprio futuro affettivo con tali foglie. Siamo nella patria dove il rito
del tè appare ancora pregnante e consultare proprio in tale luogo
l’oracolo avrebbe sicuramente un significato profondo. Partiamo
dall’inizio e scegliamo un tè in foglie, poi ne mettiamo un po’ nella
teiera, aggiungendo acqua bollente. Non usate zucchero e attendete
qualche istante. Poi si formula a voce alta una domanda, bevendone successivamente un sorso, per aumentare la concentrazione.
Una volta terminato di bere, si procede come nella lettura dei fondi
di caffè. Ovvero, con l’ausilio di un piattino ci copre la tazza e in
un rapido movimento la si capovolge. Naturalmente non vi deve
essere liquido, ma solo le foglie. Alcuni poi ruotano la tazza in senso orario per tre volte e ricordate che ciò che è finito nel piattino
riguarda il futuro, mentre ciò che è rimasto dentro alla tazza, il presente. Ora potete passare alla lettura. Per questa parte dovete ascoltare il vostro istinto e mai perdere il senso di leggerezza per una
lettura che deve rimanere conviviale e non altro. Alcune indicazioni? Solo qualche spunto. Le forme di pianta indicano la tristezza e
la mancanza di qualcuno, la casa è sempre di buon augurio, il cerchio indica la riuscita, la croce le difficoltà, il cuore è la fedeltà, i
fiori il romanticismo, le foglie sono incertezze, le lettere
dell’alfabeto potrebbero indicarci un nome proprio, mentre la H un
ostacolo, la X impedimenti, la V litigi, la I un superamento, la O
una conferma. Le linee rette sono situazioni stabili, quelle tondeggianti richiamano problemi, superabili. Il quadrato non è di buon
auspicio, così come tre croci che segnalano una separazione. Bene
quando appare una stella, ma anche il triangolo determina realizzazione. Con i serpenti e i rettili in genere non mancano i tradimenti.
I volatili portano incontri e novità. E così via… basta provare e
magari le idee vengono! Poi ripeto, se vi troverete a Londra, po-
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trebbe essere la giusta occasione, naturalmente alle 17,00 precise
come vuole la tradizione…
Ma torniamo sulle sponde del Tamigi, dove si stabilirono vari
personaggi misteriosi.
Uno di questi fu John Dee, di cui ho già trattato, che fu un grande
alchimista e conoscitore di scienze occulte. Egli si stabilì a
Greenwich, residenza estiva della regina, e si intrattenne con lei sul
tema della pietra filosofale. Dopo un breve soggiorno in Francia,
tornò a Londra, anche per via della malattia che colse la regina
Elisabetta. In questo frangente, si stabilì a Mortlake, sulla riva
destra del Tamigi, luogo in cui trascorse i suoi ultimi anni di vita, e
dove la regina si recava d'estate a respirare aria pura e, in quella
località, si assicura, egli realizzò l’oro alchemico.
Anche il giovane Bacone, appena ventenne, andò a far visita a Dee
nella sua casa di Mortlake, dov'era custodita la più ricca biblioteca
privata d'Inghilterra. Il motivo della visita era quella di chiedere un
consiglio ad un esperto, relativamente al tema delle ghematrie, tecnica cabalistica, fortemente legata al simbolismo alchemico.
John Dee consigliò a Bacone le letture di un suo omonimo, ovvero,
Roger Bacon, alchimista del XIII secolo, che contribuì ad influenzare la cultura esoterica di queste due personaggi.
Mortlake ebbe come protagonista anche Sir Francis Dashwood
(1708-1781), politico e Cancelliere dello Scacchiere, che fondò,
nel 1751, l’Hell Fire Club, ovvero il Club del Fuoco dell’Inferno.
Questo misterioso e occulto circolo celebrava riti particolari, nei
quali veniva invocato Lucifero, con atti sacrileghi sul crocefisso.
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L’Hell Fire Club ebbe la
sua sede presso l’abbazia
di Madmenham, sulle rive
del Tamigi. Questo circolo godette di una fama sinistra, al punto che il re
emanò un editto nel quale
biasimava
apertamente
l’offesa che veniva data
alla Sacra Religione. Per
questo motivo, si dovette
chiudere questa congregazione, anche se a livello
segreto, molti cronisti sostengono che perseverò
nella sua attività.
Nei pressi dell’abbazia di
Mortlake,
attualmente
sorgono un crematorio ed
un cimitero, ma è interessante verificarne l'etimo:
mortlake, ovvero mortal
lake, in altre parole, ‘lago
mortale’.
London Bridge
Seguiamo ancora il corso del Tamigi e incontriamo il Blackfriars
Bridge, il ‘ponte dei frati neri’ celebre per la vicenda di cronaca nera, legata all’attualità, che vide coinvolto Roberto Calvi. Infatti,
sotto questo ponte fu trovato il suo corpo, per un suicidio che nasconde ancora molti misteri.
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Sulla riva destra, si può vedere il Doggett's Coat and Badge, antico
pub che prende il nome da una gara di canottaggio istituita nel
1717 per i barcaioli che traghettavano i passeggeri attraverso il
fiume.
La parte più orientale del Tamigi fu per secoli uno dei tratti più
trafficati e ricchi di monumenti e simboli della potenza commerciale di Londra.
Superati il Southwark Bridge e il Cannon Street Railway Bridge,
sulla destra vi sono il Southwark e il Bankside. La prima è stata da
sempre una zona di pub, taverne e locali, alternativa alla City, dove
il divertimento era invece bandito. Poco prima del London Bridge,
appare la cattedrale di Southwark, con qualche elemento che ricorda il passato medievale e dove si trova il celebre monumento dedicato a William Shakespeare.
Ma torniamo un attimo sui nostri passi ed esattamente a Cannon
Strett dove appare, ai bordi del marciapiede, la misteriosa ‘pietra di
Londra’. Questa fu citata da Shakespeare, Blake e Dickens, come
un oggetto cultuale, considerato già tale nel Medioevo, ma forse
anche precedentemente, dal momento che non si è ancora riusciti a
dare una datazione certa. Una leggenda la legherebbe a Brutus di
Troia, Bruto I re dei Britanni, il mitico figlio di Enea e fondatore di
Londra.
Un’altra saga tramanda che il suo destino sia collegato a quello di
Londra, così come i corvi della Torre di Londra, alla monarchia inglese. Non si esclude che tra poco la pietra sarà conservata
all’interno di un museo inglese.
Prima di arrivare alla Torre di Londra vi è la HMS Belfast, incrociatore della Royal Navy che, dal 1971, è utilizzato come museo
navale galleggiante.
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Un grandioso muro di cinta richiama lo splendore della fortezza
fatta costruire nel 1066 da Guglielmo il Conquistatore, per sorvegliare l'ingresso alla città dall'estuario del fiume. Al centro del
complesso c'è la White Tower, che quando fu terminata, nel 1209,
era l'edificio più alto di Londra.
A fianco, appare la Jewel House, che ospita i Gioielli della Corona
e, dal fiume si può bene vedere il Traitor's Gate, il cancello sul
Tamigi da dove entravano i prigionieri colpevoli di tradimento, dopo il processo alla Westminster Hall.
Lungo il fiume londinese, ricordiamo la presenza dell’Old Watergate, che sorge nei Gardens e, fu costruito nel 1626, con la funzione di cancello attraverso cui entrare, via fiume, nei giardini di York
House.
Poco lontano, sorge il Cleopatra’s Needle, la stele risalente al 1450
a.C., presente ad Eliopolis. Questa fu una delle tre lastre funerarie,
donate nel 1875 dall’Egitto alle democrazie occidentali. La seconda si trova a Place de la Concorde, a Parigi, e la terza in Central
Park a New York. Questo monumento, ormai londinese per adozione, subì diverse vicissitudini durante il viaggio e giunse a Londra quasi miracolosamente, vincendo una tempesta via mare. Molti
attribuirono alla stele un valore apotropaico, che ancora vigila sulla
capitale e la protegge.
Il Tamigi prosegue, e torna verso il Tower Bridge, che ogni tanto si
apre per far passare qualche nave più alta, ricordando, attraverso la
memoria dell’Acqua, l’antica storia della città.
Da un punto di vista simbolico, la Terra e l’Acqua sono due preziosi elementi vitali che, attraverso l’energia del calore e la forza
dell’Aria, si congiungono per creare un insieme materico, ricco di
suggestioni magiche.
Il profondo significato di quest’unione porta alla memoria i miti
antichi, nati da popolazioni arcaiche, che privilegiarono gli inse-
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diarsi vicino a zone d’acqua, sia per un istinto di sopravvivenza, sia
per via della sacralità legata a questo elemento, associato alla creazione della vita, alla nascita dell’uomo.
La Grande Madre, presente in tutte le antiche culture, rappresentava l’unione mistica di Acqua e di Terra, ovvero il principio generativo, fecondo e ricettivo, simbolo della Materia Prima e sorgente di
vita.
Per questo, l'antica conoscenza della natura e della terra legata ai
culti precristiani portò alla scelta di edificare i luoghi sacri, in base
alla presenza di elementi primordiali, come l'Acqua, considerata il
punto d’accesso all’aldilà. I fiumi e le vene d'acqua sotterranee divennero i siti preferiti per i raduni a carattere iniziatico e religioso.
L'ideale triangolazione che si veniva a creare - Terra, Acqua e Uomo - era ritenuta ideale per consentire le manifestazioni della jerofania e sviluppare il senso del divino.
I luoghi sul Tamigi, ove avvenivano particolari ritualità, venivano
contrassegnati con appositi segnali, quali pietre, megaliti o nodi,
che venivano incisi sulla terra.
Nel mondo celtico, l'energia che alitava in questi siti era denominata wouivre, termine con cui venivano chiamati anche i serpenti, il
cui strisciare al suolo imitava i sacri corsi d'acqua. Anche le correnti cosmiche magnetiche e telluriche che nascevano dalle acque e
dalle stratificazioni del terreno venivano designate con lo stesso
vocabolo e rappresentavano la manifestazione della vita.
I rituali legati all’Acqua sono sempre stati considerati emblema di
purificazione, non solo del corpo, ma anche dell'anima, in quanto
questo elemento era considerato un solvente in grado di fare perdere la proprietà a qualsiasi tipo di sostanza.
L'aspersione con l'Acqua poteva procurare la resurrezione, esaltando il concetto del perpetuarsi della vita dopo la morte; liberando
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dall'impurità e consentendo l'apertura di nuove visuali canalizzate
verso la salvezza e la nuova vita.
In questo senso, occorre ricordare che la pratica sacra legata alle
abluzioni, si connetteva a questo principio. Infatti, questo termine
significa ‘levare via la terra’, in senso figurato togliere via l'impurità terrena, per dare la possibilità all'uomo di accedere al divino e ad
una condizione di perfezione.
Nei sacri rituali celtici, l’uso dell’Acqua era unito a quello del Fuoco. Questo bagno rituale, composto da Acqua pura e di Fuoco, dava l'accesso a un altro mondo, per cui eliminava tutte le scorie terrene e permetteva di ricevere gli influssi cosmici e magnetici delle
divinità.
Questa Acqua non bruciava, né bagnava le mani dell'adepto, in
quanto veniva concepita come Acqua spirituale, fonte della conoscenza e del mistero.
Questo elemento era considerato utile per la pulizia esterna della
pelle, al fine di ritrovare la propria sensibilità, ma anche in grado di
purificare gli organi interni.
La fusione rituale dell’Acqua col Fuoco fu poi utilizzata anche nel
linguaggio alchemico, per descrivere la Prima Materia, la pietra
grezza dell'alchimista, l'acquæ vitæ che permetteva l'inizio dell'Opera. Quella stessa Acqua che, secondo gli scritti alchemici più popolari, sgorga metaforicamente dal seno delle sirene, vessilli di
maya, ‘l’illusione della vita terrena’, ma anche la proiezione verso
la Sapienza antica, che dona il giusto contatto con le sfere superiori.
Ecco nascere allora il concetto di Acqua mercuriale, ossia la sostanza volatile che sfugge a ogni azione materiale, per essere captata e fissata dall'oro dei filosofi, l'Acqua della Sapienza anteriore alla Materia Prima, con la funzione di integrare le idee. A proposito
di questa Acqua scrisse l’alchimista londinese, John Dee, assimi-
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landola al potere trasformativo insito nella vita, come nella mente
del vero iniziato.
Così nel Tamigi possiamo rivedere ancora questa Acqua antica,
governata dalla Luna, ovvero dalla simbologia affine al concetto di
utero materno e protettivo che scorre attraverso la città, come una
madre archetipale, come lo spazio senza tempo del mondo delle
percezioni, da cui tutto parte e tutto ritorna, così come nel cerchio,
dove tutto si ripete, usato anche come ideogramma meditativo dal
celebre John Dee.
The Temple… e i segreti templari
Dopo il lungofiume del Victoria Embankment, si trova The Temple, quartiere costruito dai Templari nel XIII secolo.
Di fronte alle Royal Courts of Justice si apre il quartiere omonimo,
fondato nel 1185 dall'Ordine dei
Cavalieri Templari e oggi sede
di numerose Inns of Courts di
avvocati. L’insediamo templare
a Londra avvenne nel 1160, data
dalla quale cominciarono le loro
costruzioni in città.
Sorsero diversi conventi e la loro chiesa, che esiste tuttora, ha
una sola navata circolare, mentre la struttura ottagonale richiama il valore del loro misterioso simbolismo.
La geometria ha sempre rappresentato, con le sue forme, un
modo per tradurre nella materia
Lungofiume
l’aspetto superiore del cielo.
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Non a caso, nei gruppi iniziatici tendenti a tramandare simboli e
concezioni rituali, il Grande Architetto dell’universo sarebbe il
Demiurgo che, non solo ha dato forma alla vita, ma ha trasmesso,
con la sua potenza infinita, la possibilità creativa e generativa
all’esistenza stessa. L'ottagono richiama il significato simbolico del
numero otto, collegato alla resurrezione, che ricorre proprio negli
impianti occulti dei Templari.
Secondo il punto di vista di René Guénon, le costruzioni basate
sull’ottagono hanno una valenza cosmica. Questa figura di mediazione tra Terra e Cielo (quadrato e cerchio), si avvicina però maggiormente al cerchio che al quadrato. Si può osservare che, nella
serie di poligoni ottenuta partendo dal quattro e raddoppiando ogni
volta il numero dei lati, l’ottagono è il primo termine ed è dunque il
più semplice tra questi poligoni. Nello stesso tempo esso rappresenta tutta la serie intermedia. Per ottenere la forma ottagonale bisogna considerare i quattro punti intermedi che sono presenti tra i
quattro elementi, che formano con essi le otto direzioni, altrimenti
dette gli ‘otto venti’. D’altronde anche la Torre dei Venti ateniese
era ottagonale, così pure la Rosa dei venti.
Questo luogo, chiamato Temple Church, è la più importante delle
cinque chiese circolari inglesi, che furono erette dopo la Prima
Crociata in Terra Santa, in ricordo della chiesa costruita sul sepolcro di Cristo.
La chiesa è composta di due parti: un edificio tardo-romanico, a
pianta circolare sorto nel 1160 circa e l’altro gotico, a pianta rettangolare del 1220-40. Fu consacrato il 10 Febbraio 1185 da Heraclius, patriarca di Gerusalemme.
I Templari a Londra ebbero un grande potere, al punto che il loro
Maestro sedeva in parlamento col ruolo di primo barone del regno.
Nella sua storia, the Temple fu utilizzato da regnanti e da legati
pontifici, ma fu pure sede bancaria.
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Nella parte a
pianta circolare,
alcune colonne di
marmo nero reggono la cupola e
sul pavimento si
trovano le lapidi
di tombe di nove
Templari,
con
statue di alcuni
cavalieri del XIII
secolo.
La parte rettangolare è divisa in tre
navate, ove ricorre la simbologia
Temple
del colore nero
delle colonne. Il nero, collegato alle tenebre, alla notte e il male,
spesso tingeva pure le vesti del Cristo, quando si trovava in lotta
contro l’angelo maligno. Nelle pitture bizantine, la Vergine aveva
di frequente il volto nero, ad indicare la sua partecipazione con il
figlio alla rigenerazione dell’umanità e divenendo simbolo della
Chiesa che lotta contro il male. Il nero era accostato a Saturno, al
diamante e al piombo. Non a caso, questo colore era in connessione alla decomposizione della materia, necessaria per assurgere ad
una spiritualità elevata. Dal nero, inteso come sacrificio, si poteva
giungere al bianco, l’elevazione della materia.
I banchi e il retroaltare della chiesa furono eseguiti nel 1682, sotto
la direzione dell’architetto Wren.
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I Templari rappresentarono la sintesi suprema di uno dei movimenti iniziatici più significativi di un'epoca, che anche dopo il loro
scioglimento, continuarono a influenzare molte correnti nascoste.
I Templari, all'inizio della loro storia intorno al 1118, avevano lo
scopo di proteggere i pellegrini in viaggio verso la Terra Santa. I
guardiani del Sepolcro, così come vennero anche definiti, divennero i paladini non solo di questi luoghi sacri, ma soprattutto dei simboli sotterranei che questi siti rappresentavano.
Il sepolcro era considerato il centro irradiante di un'energia profonda e misteriosa, che doveva essere protetta e non divulgata ai profani. In tutte le culture ermetiche, il centro rappresentava il punto
di partenza di ogni cosa, ma anche il perno attorno al quale ruotava
l'energia primaria della vita stessa.
Lo scopo dei Templari era quello di mantenere intatta questa fonte
di comunicazione, che non doveva espandersi verso l'esterno, ma
rimanere collegata ai soli adepti. Per questo motivo all'inizio del
loro percorso i cavalieri rimasero in numero di nove, per circa dieci
anni.
Questi vennero accolti da Baldovino II di Gerusalemme, in un'ala
del suo palazzo, costruito sulle rovine del tempio del leggendario
re Salomone, personaggio legato a profonde conoscenze magiche.
Essi condussero una vita di povertà, almeno nei primi tempi, poi,
divenendo gli elemosinieri delle Corti più importanti d’Europa,
raggiunsero un patrimonio ingente, tale da affascinare Filippo il
Bello, tra l’altro indebitato con loro. Per questo, li accusò di eresia,
pratiche occulte, sodomia, infamia contro la religione vigente e iniziò una tremenda persecuzione ai loro danni. In effetti, i loro incontri erano segreti. Si diceva adorassero un essere mostruoso e
demoniaco chiamato Baphomet (‘Baffometto’) e che nei loro riti di
iniziazione evocassero spiriti negativi e malvagi, oltreché avessero
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l'abitudine di sputare sulla croce e praticare la sodomia durante i
riti d’iniziazione.
Il loro pensiero si rifaceva alle antiche culture arabe permeate di
valori simbolici ed esoterici, che essi tradussero nelle loro opere
architettoniche, intese come riflesso del sacro.
Nel Temple londinese si
svolgevano i riti di iniziazione. I neofiti entravano nel tempio, attraverso la porta occidentale. In questo modo si lasciavano alle spalle le tenebre (Ovest) per dirigersi verso la Luce (Est) e
tutto ciò avveniva nelle
prime ore del giorno, ovvero all’alba.
Gli iniziati, invece, entravano dalla navata circolare e poi venivano
conferiti i voti monastici
di pietà, castità, povertà e
Statua di di Templari di fronte a Temple
obbedienza.
Nel 1312, con la soppressione del loro Ordine, cessò di esistere un profondo collegamento
esoterico che univa la cultura orientale con quella occidentale. Alcuni storici sostengono che la loro eredità sia stata accolta dalla
Massoneria.
Quando l’Ordine dei Templari cessò di esistere, a Londra l’Ordine
degli Ospitalieri prese il suo posto fino agli inizi del 1600. Comunque, già dall’inizio del 1300, i giuristi cominciarono a frequentare e
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insediarsi nella zona e, quando tutti gli Ordini religiosi furono soppressi, il luogo divenne istituzionalmente legato alla legge e, quindi, anche alle scuole di diritto. Ancora oggi, due delle quattro, sono
autorizzate a conferire il titolo di avvocato, ovvero la Inner Temple
e la Middle Temple, ricordando, anche se indirettamente, la storia
dell’Ordine del Tempio.
Ultima nota. Il Temple è presente anche nel libro Il codice da Vinci
di Dan Brown e nell’omonimo film. La scena della liberazione delle colombe dal centro della rotonda sarebbe in riferimento a Ernest
Lough, soprano appartenente al celebre Coro della chiesa ed esecutore del brano che lo rese famoso Ascolta la mia preghiera.
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J. BaltruŠaitis, Il Medioevo fantastico, Adelphi Ed., Milano 1993
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I luoghi magici di…
FEDERICO II
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Prima edizione: Londra Magica - Febbraio 2004
Prima ristampa: Marzo 2004
Seconda edizione, completamente riveduta, corretta e con nuovi capitoli:
I Luoghi magici di Londra - Aprile 2011
Finito di stampare nel mese di Aprile 2011
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