PER AMOR
DI CLASSICISMO
PER AMOR DI CLASSICISMO
BOLLETTINO SSF
SOCIETÀ DI STUDI FIORENTINI
Studi in memoria di Francesco Quinterio
24-25
a Bulgarini
Ricerche di Storia dell’Architettura
e dell’Arte in memoria di Francesco Quinterio
Progetto e cura scientifica di Ferruccio Canali
2015-2016
24-25
BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI STUDI FIORENTINI
2015-2016
SOCIETÀ DI STUDI FIORENTINI
ANNO 2015 e 2016
ANNO 2015 e 2015
PRESIDENTE
Virgilio Carmine Galati
VICEPRESIDENTE
Alessandro Uras
ECONOMO
Ferruccio Canali
DIRETTORE SCIENTIFICO
Ferruccio Canali
CONSIGLIO DIRETTIVO
Soci fondatori
Ferruccio Canali
Giorgio Caselli
Carlo Francini
Francesco Quinterio
Virgilio Carmine Galati
Soci designati
Giuseppe Conti
Giovanna De Lorenzi
Stefano Pagano
Carlo Picchietti
Alessandro Uras
COLLEGIO DEI PROBIVIRI
Giorgio Zuliani (Presidente)
Enrica Maggiani
Olimpia Niglio
COLLEGIO DEI REVISORI
DEI CONTI
Paola Pesci (Presidente)
Bombina Anna Godino
Assunta Mingrone
La Società di Studi Fiorentini è una Associazione culturale, che si prefigge la promozione,
con spirito scientifico, di studi di argomento fiorentino, favorendo la conoscenza della illustre civiltà fiorentina presente anche in altre realtà geografiche. L’Associazione promuove
cicli di conferenze, dibattiti, convegni i cui esiti confluiscono nella pubblicazione di scritti
e saggi raccolti in collane di studi («BSSF - Bollettino della Società di Studi Fiorentini» e
«Letture»). La Società si rivolge pertanto a tutti coloro che, avendo a cuore i molteplici
aspetti della ‘Fiorentinità’, siano interessati, associandosi ad essa, a seguire il progresso
degli studi o a inviare i loro personali contributi scientifici.
The Società di Studi Fiorentini (Florentine Studies Society)) is a cultural Association that
promotes scholarly studies concerning Florentine topics, which aim at giving greater insight
to the illustrious Florentine civilisation and of its presence in other geographical areas. The
Association promotes conferente cycles, debates, meetings and publishes all papers and essays
delivered in a studies series («BSSF - Bollettino della Società di Studi Fiorentini» and «Letture»). The Society, therefore, addresses to all those who, taking to heart the multiple aspects
of ‘Florentinism’ (Fiorentinità), are interested in becoming a member in order to follow the
studies progress or to those ho ish to submit and share their o n personal scientific contributions.
Società di Studi Fiorentini
e.mai:
[email protected]
www.societastudifiorentini.it <http://www.societastudifiorentini.it>
Facebook: studifiorentini Società Studi Fiorentini
Per associarsi
Associazione Studi Fiorentini
Via del Pino, 3 - 50137 Firenze
Conto Corrente Postale: 14048508
IBAN: IT25 D076 0102 8000 0001 4048 508
L’adesione dà diritto al Socio: di ricevere il numero dell’anno relativo del «Bollettino della
Società di Studi Fiorentini»; di partecipare alle iniziative societarie; di collaborare alle
pubblicazioni, previa accettazione dei saggi da parte della Redazione del «Bollettino»
sulla base della programmazione editoriale. L’ammontare dell’associazione è stabilito di
anno in anno. Per Enti, Biblioteche, Musei, etc., tale quota è sempre assimilata a quella
prevista per i Soci Sostenitori.
Quote per gli anni 2015 e 2016
Socio Sostenitore (e per Soci eletti nelle diverse cariche sociali): € 80.00
Socio Ordinario € 40.00
BOLLETTINO SSF
DELLA SOCIETÀ DI STUDI FIORENTINI
PER AMOR DI CLASSICISMO
Ricerche di Storia dell’Architettura
e dell’Arte in memoria di Francesco Quinterio
Progetto e cura scientifica di Ferruccio Canali
Collana di studi storici
ANNO 2015-2016
NUMERO 24-25
«BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI STUDI FIORENTINI»
COMITATO DI LETTURA E DI REDAZIONE
Ferruccio Canali, Valerio Cantafio Casamaggi, Giorgio Caselli, Carlo Francini, Virgilio Carmine Galati, Olimpia Niglio,
Stefano Pagano e Alessandro Uras
DIRETTORE SCIENTIFICO: FERRUCCIO CANALI
COMITATO SCIENTIFICO ITALIANO
DIANA BARILLARI (UNIVERSITÀ DI TRIESTE), FERRUCCIO CANALI (UNIVERSITÀ DI FIRENZE), GIUSEPPE CONTI (UNIVERSITÀ DI
FIRENZE), GIOVANNA DE LORENZI (UNIVERSITÀ DI FIRENZE), VIRGILIO CARMINE GALATI (UNIVERSITÀ DI FIRENZE), VALENTINA
ORIOLI (UNIVERSITÀ DI BOLOGNA), ENRICA PETRUCCI (UNIVERSITÀ DI CAMERINO), MASSIMILIANO SAVORRA (UNIVERSITÀ DEL
MOLISE), SIMONA TALENTI (UNIVERSITÀ DI SALERNO), ULISSE TRAMONTI (GIÀ UNIVERSITÀ DI FIRENZE),
STEFANO ZAGNONI (UNIVERSITÀ DI UDINE)
COMITATO SCIENTIFICO INTERNAZIONALE
VITTORIA CAPRESI (UNIVERSITÀ TECNICA DI VIENNA-AUSTRIA), ROMEO CARABELLI (UNIVERSITÀ DI TOURS - FRANCIA), ROBERTO
GOYCOOLEA PRADO (UNIVERSITÀ ALCALÀ DI MADRID - SPAGNA), ADRIANO MARINAZZO (MUSCARELLE MUSEUM OF ART - VA,
USA), OLIMPIA NIGLIO (UNIVERSITÀ DI KYOTO - GIAPPONE), DAVID RIFKIND (UNIVERSITÀ DI MIAMI - FL,USA), KARIN
TEMPLIN (SCHOOL OF ARCHITECTURE AND LANDSCAPE, KINGSTON UNIVERSITY DI LONDRA - INGHILTERRA), ARMAND VOKSHI
(POLITECNICO DI TIRANA - ALBANIA)
SOCI CORRISPONDENTI
TOMMASO CARRAFIELLO (NAPOLI E CAMPANIA), BOMBINA ANNA GODINO (CALABRIA), ENRICA MAGGIANI (LIGURIA), LEONARDO
SCOMA (SICILIA), MARIA ANTONIETTA URAS (SARDEGNA), GIORGIO ZULIANI (TRIESTE E ISTRIA)
Proprietà letteraria e artistica: divieto di riproduzione e di traduzioni. La Direzione della Collana Editoriale, i Membri dei Comitati
Scientifici e l’Editore non si assumono responsabilità per le opinioni espresse dagli Autori, né per la corresponsione di eventuali Diritti
di Riproduzione gravanti sulle singole immagini pubblicate (i costi di tali eventuali Diritti d’Autore ricadranno infatti unicamente
sull’Autore/i del saggio/i liberando sia la Direzione, sia la Redazione, sia i Comitati, sia i Soci della SSF, sia l’Editore di ogni
eventuale obbligo al proposito); tale liberatoria resta comunque valida unicamente per l’edizione del contributo scientifico cui tali
immagini sono connesse. È la Redazione che si prende cura della correzione delle bozze, per cui i testi consegnati dagli Autori vengono
considerati definitivi: l’eventuale revisione delle bozze dovrà limitarsi alla sola revisione di eventuali errori di composizione (correzioni
ulteriori sul testo composto non verranno eseguite). L’invio di contributi per la pubblicazione non implica né l’edizione degli stessi (per
ogni contributo una “Valutazione di accettazione” verrà espresso dalla Direzione o dal Curatore/i che possono consigliare o ritenere
indispensabili integrazioni o puntualizzazioni sia scientifiche sia bibliografiche sia redazionali da parte degli Autori, tanto da poter
eventualmente esprimere anche parere negativo alla pubblicazione del materiale inviato); né una loro edizione immediata (i tempi
verranno infatti stabiliti di volta in volta sulla base delle priorità o delle esigenze editoriali indicate dalla Direzione o dal Curatore/i,
in relazione alla preparazione di numeri monografici). I materiali grafici e fotografici inviati, oltre che i testi, verranno comunque
soggetti, sia come dimensione di pubblicazione sia come numero, al progetto editoriale approntato. Non si restituiscono i dattiloscritti,
né le immagini, né i disegni pubblicati o non; il materiale inviato viaggia a rischio del mittente. La pubblicazione di foto, disegni e
scritti da parte degli Autori implica la loro totale rinuncia alla corresponsione di ogni compenso di Diritto d’Autore o di rimborso
spese sia da parte dell’Università, sia da parte della Direzione, sia da parte dell’Editore, trattandosi di pubblicazione scientifica e
senza fini di lucro. Al momento dell’edizione le presenti condizioni si considerano accettate, anche tacitamente, da parte degli Autori a
partire dalla consegna dei testi per la stampa (che da parte degli Autori è quella di inoltro alla Direzione o al Curatore/i).
- PEER REVIEW
I contributi scientifici inviati vengono valutati, per conto dei Comitati Scientifici e del Curatore, ai fini della procedura
di peer review, da un Lettore interno, membro della Redazione, e da un secondo Lettore, individuato come Esperto
(adottando la procedura di “clear peer review”, con indicazione, in ogni saggio, dell’identità dei due Lettori). Una
ulteriore lettura viene poi svolta da un Lettore anonimo per la procedura di “blind peer review”.
REFEREE
PER AMOR DI CLASSICISMO.
Ricerche di Storia dell’Architettura e dell’Arte in memoria di Francesco Quinterio
«Bollettino SSF» », 24-25
2015-2016
di Ferruccio Canali
PROGETTO E CURA GRAFICA: SBAF – FIRENZE (Ferruccio Canali e Virgilio Carmine Galati)
REVISIONE EDITORIALE: Maria Natalina Brigliadori
COPERTINA, LOGO E FASCETTA GRAFICA (p.1): Virgilio Carmine Galati e Ferruccio Canali
PROGETTO E CURA SCIENTIFICA
Il «Bollettino SSF» è stato registrato presso il Tribunale di Firenze al n.4777 del 2 marzo 1998 fino all’anno 2002. Poi è stato trasformato
in “Collana editoriale” non potendo garantire regolari uscite periodiche. Il «Bollettino» è registrato nella “Lista delle Riviste scientifiche”
dell’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca del Ministero della Ricerca Scientifica della
Repubblica Italiana) aggiornata al 10 febbraio 2014; nel sistema U-GOV (sistema per la governance degli Atenei universitari italiana del
Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica); ed è registrato con codice di collana editoriale ISSN 1129-2800.
Finito di stampare nel Giugno 2019
da Global Print S.r.l, Via degli Abeti 17/, Gorgonzola (MI)
ISSN 1129-8200 - ISBN 978-88-98019-61-8
Copyright 2018 by EMMEBI EDIZIONI FIRENZE-Proprietà letteraria riservata
SOMMARIO
3
EDITORIALE E INTRODUZIONE
5
Ferruccio Canali e Virgilio C. Galati
SAGGI
10 Virgilio C. Galati
TIPOLOGIE DI SALONI PER LE UDIENZE NEL QUATTROCENTO PADANO TRA FERRARA E
MANTOVA
37 Giuseppe Conti e Marco Pescini
CONSIDERAZIONI SULLA GEOMETRIA DI VOLTE GOTICHE IN TOSCANA. SAN GALGANO A
CHIUSDINO DI SIENA, PALAZZO VECCHIO E ORSANMICHELE A FIRENZE
48 Alfonso Gambardella
LEON BATTISTA ALBERTI E NAPOLI
55 Corinna Vasić Vatovec
LUCA FANCELLI IN RELAZIONE CON LUDOVICO II GONZAGA E LEON BATTISTA ALBERTI:
TEMI E PROBLEMI ATTRAVERSO UNA RILETTURA DELL’ “EPISTOLARIO GONZAGHESCO”
79 Stefano Borsi
ECCE MURUS ADAMANTINUS.
IL BUGNATO A PUNTE DI DIAMANTE DEI SANSEVERINO IN CAMPANIA (1466-1470)
91 Federico Bellini
LA BASILICA DI LORETO NEL QUATTROCENTO
106 Giuseppe Rago
IL CORONAMENTO MISTILINEO NEL QUATTROCENTO: LA QUESTIONE DEL PRIMATO TRA
VENEZIA E FIRENZE E LA FORTUNA DI UN MOTIVO TRA TARDO GOTICO E RINASCIMENTO
123 Danila Jacazzi
LA «TORRE ET MOLINO» DI LUCA BIGIAMI
132 Ferruccio Canali e Virgilio Carmine Galati
ARCHITETTURE E ORNAMENTAZIONI DALLA TOSCANA
AGLI ‘UMANESIMI BARONALI’ DEL REGNO DI NAPOLI ALLA FINE DEL QUATTROCENTO.
PARTE IV: LA COMMITTENZA DEI DEL BALZO NEL SALENTO MERIDIONALE E A GIOVINAZZO
190 Marcello Scalzo
SU UN DISEGNO INEDITO DI SCUOLA TOSCANA DI INIZIO DEL XVI SECOLO
198 Tommaso Carrafiello
ECHI ALBERTIANI IN PROVINCIA DI SALERNO.
TRE PORTALI CINQUECENTESCHI A MONTECORVINO ROVELLA ED EBOLI
210 Wolfgang Lippmann
DALLA «CASA ALL’INDIANA» ALLA CASA A IMPIANTO OVALE. DISEGNI FANTASTICI
DELL’ARCHITETTO DILETTANTE GIOVAN VETTORIO SODERINI (1526–1596)
228 Ferruccio Canali
I “NOMI DELLA BELLEZZA”.
LEMMARIO GENERALE DELL’ORDINE ARCHITETTONICO NELLA TRATTATISTICA
ITALIANA DEL CINQUE CENTO. APPUNTI PER UN LESSICO. PARTE SECONDA (D-I)
240 Valerio Cantafio Casamaggi
VIZIO E VIRTÙ NELLA FIRENZE LEOPOLDINA: UN DIBATTITO ERUDITO ALL’OMBRA DEL
MARCHESE DE SADE
4
SOMMARIO
244 Enrica Petrucci e Francesco Di Lorenzo
MATTIA E PAOLO ISIDORO CAPPONI: SCIENZA E TECNICA A JESI NEL XVIII SECOLO.
NUOVI DOCUMENTI
254 Massimiliano Savorra
abio
setti
“UN CAPOLAVORO DI BELLEZZA E DI ELEGANZA”: IL REALE ISTITUTO DI BELLE
ARTI DI NAPOLI E UN PROGETTO DI FACCIATA DI ERRICO ALVINO
263 Simona Talenti
L’INTERESSE PER L’ARCHITETTURA DOMESTICA TRA STORIA E PROGETTO. LA
CULTURA ARCHITETTONICA FRANCESE NELLA SECONDA METÀ DELL’OTTOCENTO
E GLI IMMEUBLES DI VIOLLET-LE-DUC
273 Ulisse Tramonti
LA “CASA DI FULCIERI”. IL PALAZZO PAULUCCI DI CALBOLI,
GIÀ DALL’ASTE DEL VESCOVADO, A FORLÌ
281 Ferruccio Canali
ASMARA, LO SVILUPPO URBANO DELLA MILANO «BIANCA» DEGLI ALTIPIANI, DOPO
IL NUOVO PIANO REGOLATORE DI VITTORIO CAFIERO (E ATTILIO TERUZZI CON LA
CONSULENZA DI ALBERTO CALZA BINI) (1937-1939)
328 Massimo Germani
IL I° MAGGIO MUSICALE FIORENTINO (1933)
339 Ferruccio Canali
PIANI REGOLATORI DI CITTÀ NELL’ALBANIA ITALIANA:
NUOVE PREVISIONI URBANISTICHE PER DURAZZO/ DURRËS (1942)
383 Ezio Godoli
FIRENZE 1944-1948.
SPERANZE DELUSE DI UNA RIFORMA DELLA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA
393 Ferruccio Canali (con traduzioni dal Polacco di Giorgio Zuliani)
UN INTERESSATO SGUARDO RETROSPETTIVO. L’IDEA DI NAZIONE POLACCA
SECONDO IL ‘REALISMO SOCIALISTA’ ... E IL RESTAURO DEI MONUMENTI...
JERZY FRYCZ E ... LE PAGINE DEL “RESTAURACJA I KONSERWACJA...” (1975)
425 DOSSIER
PERCHÉ LEGGERE HANS SEDLMAYR OGGI?
a cura di Giovanna De Lorenzi
437 RECENSIONI E APPUNTI
Residenze nobiliari a Firenze nel Settecento: palazzo Bombicci e l’ex chiesa di San Romolo in alcune fonti
inedite
Assunta Mingrone, 438
Architettura e identità locali, vol. 1, a cura di Lucia Corradin e Francesco P. Teodoro, Firenze, Leo Olschki
Editore, 2013, collana “Biblioteca dell’Archivum romanicum”
Architettura e identità locali, vol. 2, a cura di Howard Burns e Mauro Mussolin, Firenze, Leo Olschki
Editore, 2013, Collana “Biblioteca dell’Archivum romanicum”
Gianni Giudice, 440
Gino Chierici tra Medioevo e Liberty, Progetti, Studi e Restauri nei disegni della donazione “Gino Chierici”,
Catalogo della Mostra, a cura di Emanuela Carpani, Siena, Edizioni Cantagalli, 2014
Stefano Pagano, 441
SOMMARIO
La Cultura militare veneta del Cinquecento con ... la Toscana nell’orizzonte. Palmanova, le fortezze venete
“de Terra e de Mar” e la candidatura UNESCO
L’Architettura militare di Venezia in Terraferma e in Adriatico fra XVI e XVII secolo, Atti del Convegno
internazionale (Palmanova, novembre 2013), a cura di Francesco Paolo Fiore, Firenze, Leo S. Olschki
Editore, 2014, pp.461
Ferruccio Canali, 442
L’occhio alato di Leon Battista Alberti. ‘Migrazione’ e inflazione di un simbolo divenuto icona pop: “QUID TUM”?
Alberto Giorgio Cassani, con “Introduzione” di Massimo Cacciari, L’Occhio alato. Migrazioni di un
simbolo, Torino, Aragno editore, 2014
Virgilio C. Galati , 445
Umberto Prencipe e la Toscana. Tra Modernità e Tradizione, Catalogo della Mostra (Lucca, Fondazione
Ragghianti, 28 febbraio – 22 giugno 2014), a cura di Sabina Spinazzè e Teresa Sacchi Lodispoto, Lucca,
Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’Arte, 2014
Fabio Amico, 449
Incontri di Civiltà nel Mediterraneo. L’Impero Ottomano e l’Italia del Rinascimento. Storia, Arte e
Architettura, a cura di Alireza Naser Eslami, Firenze, Leo S. Olschki, 2014
Costantino Ceccanti, 451
Guido Cirilli, Architetto dell’Accademia. Dal fondo “Disegni” dell’Accademia di Belle Arti di Venezia,
Catalogo della Mostra (Venezia, Magazzino del Sale, giugno-settembre 2014), a cura di Alberto Giorgio
Cassani e Guido Zucconi, Padova, Il Poligrafo, 2014, pp.342
Maria N. Brigliadori, 452
Tra Storiografia e Critica: modelli economici e colturali di Al-Andalus (XI-XIV secolo ... per l’attualità magrebina
Mohammed el Faiz, Agronomie et Agronomes d’Al-Andalus (XI-XIV siecle). Au service de l’agricolture
familiale, Rabat, Age-Editions “La Croiséè des Chemins”, 2015, pp.239
Ferruccio Canali, 453
Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. Studi, fonti e interpretazioni di 450 anni di storia, a cura di Bert
W. Meijer e Luigi Zangheri, Firenze, Leo S. Olschki editore, 2015, 2 voll.
Costantino Ceccanti, 456
Mario Bevilacqua, I progetti per la facciata di Santa Maria del Fiore (1585-1645). Architettura a Firenze tra
Rinascimento e Barocco, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2015, pp.354
Ferruccio Canali, 456
Federico Maniero, Cronologia della flora esotica italiana, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2015
Stefano Pagano, 458
La forme de la Ville de l’Antiquité à la Renaissance, a cura di Stéphan Bourdin, Michel Paoli, Anne
Reltgen-Tallo, Rennes, Presses Universitaires de Rennes, 2015
Eugenia Valacchi, 458
Antonio Giamberti da Sangallo il Vecchio (1455-1534), note per una riacquisizione storiografica attraverso
la “Biografia“ dell’Artista di Carl von Stegmann ed Heinrich von Geymüller (1885-1908)
Chiara Vignudini, 459
L’architetto Enrico Dante Fantappie’ (1869 – 1951) e la costruzione della Cappella Toja presso il Cimitero
delle Porte Sante a Firenze
Alessandro Uras, 470
Mausolei e tribune ottagone nel primo Umanesimo baronale del Regno di Napoli. Il Mausoleo di Giovanni
I Ventimiglia a Castelbuono (Palermo)
Virgilio C. Galati, 473
483 VITA ASSOCIATIVA
484 IN MEMORIA DI FRANCESCO QUINTERIO (a cura di Ferruccio Canali)
486 RICORDI PER FRANCESCO QUINTERIO
di Virgilio C. Galati , Alessandro Uras, Ferruccio Canali, Stefano Borsi, Federico Bellini, Adriano
Ghisetti Giavarina
494 IL CONTRIBUTO STORIOGRAFICO-CRITICO DI FRANCESCO QUINTERIO.
NOTE E APPUNTI BIO-BIBLIOGRAFICI (a cura di Ferruccio Canali)
505 UN TESTO INEDITO DI FRANCESCO QUINTERIO
DE REGIMINE PRINCIPUM: DIOMEDE CARAFA E “I DOVERI DEL PRINCIPE”
520 UN REPERTORIO DOCUMENTARIO INEDITO DI FRANCESCO QUINTERIO
I PRIMI ANNI DIFFICILI PER LA RINASCITA DELLA “SCUOLA DI ARCHITETTURA” DI
FIRENZE NEL DOPOGUERRA (1949-1951)
(con una nota introduttiva e a cura di Ferruccio Canali)
5
254
BOLLETTINO SSF, 24-25, 2015-2016
“UN CAPOLAVORO DI BELLEZZA E DI ELEGANZA”:
IL REALE ISTITUTO DI BELLE ARTI DI NAPOLI
E UN PROGETTO DI FACCIATA DI ERRICO ALVINO
Massimiliano Savorra
Nato dalla trasformazione dell’ex complesso di San Giovanniello, il Reale Istituto di Belle Arti di
Napoli di Errico Alvino, definito «uno degli esempi più felici di tutta la produzione napoletana del XIX secolo», è
stato analizzato, sia in riferimento alle trasformazioni urbane e alla riconversione del monastero in accademia, sia
in rapporto alle successive, intricate fasi costruttive. Eppure, nonostante gli importanti studi apparsi, permangono
molte zone d’ombra nella conoscenza della più rilevante opera del Maestro napoletano. Non si conoscono i
progetti definitivi elaborati dall’allora Professore di Architettura. Né tanto meno si sono conservati i numerosi
disegni autografi preparatori elaborati da Alvino che permetterebbero una lettura complessiva della successione
delle diverse fasi progettuali. Per tali motivi, il rinvenimento di un progetto presso l’Archivio Centrale di Stato di
Roma – diverso da quello effettivamente costruito – assume una importanza considerevole.
ABSTRACT
Born from the transformation of the former complex of San Giovanniello, the Royal Institute of Fine Arts in
Naples by Enrico Alvino, described as “one of the most happy of all production Neapolitan Nineteenth century”,
has been analyzed, both in reference to urban transformations and conversion of the monastery in the academy,
and in relation to the next, intricate construction phases. Yet, despite the important studies have appeared, remain
many areas in the knowledge of the most important work of the Neapolitan Architect. We do not know the final
plans drawn up by the Professor of Architecture. Nor it has survived the many elaborate preparatory drawings
signed by Alvino that would allow an overall interpretation of the sequence of the different project phases. For
these reasons, the discovery of a project at the Central State Archive of Rome - than was actually built - takes on
considerable importance.
Commemorando l’allievo e amico Antonio
Cipolla, Errico Alvino nel discorso pronunciato
l’11 gennaio 1875 affermava che gli architetti
moderni
«fanno edifizî ammirevoli, quando si misurano co’
maestri dei tempi che furono; e le menti di tutti gli
artisti di oggidì si fanno ad alti concetti soltanto
allorché gli attingono agli esempi della nostra
antica grandezza»1.
Parole appropriate per l’Architetto che seppe
interpretare le volontà di due committenze regali
e di una trionfante borghesia postunitaria2, ma a ben vedere - ancor più calzanti per il Maestro
che quella mattina di gennaio le declamava.
Probabilmente Alvino pensava anche all’opera
che lo aveva coinvolto da circa un decennio e
che non sarebbe stata ultimata nemmeno alla
sua morte, avvenuta il 7 giugno 1876. Proprio in
quei giorni di gennaio, infatti, erano stati avviati
i lavori di costruzione del nuovo lato occidentale
del Reale Istituto di Belle Arti, l’edificio ritenuto
da Giuseppe Damiani Almeyda un «capolavoro
PEER REVIEW: FERRUCCIO CANALI E VIRGILIO C. GALATI PER CLEAR PEER REVIEW; LETTORE ANONIMO PER BLIND PEER REVIEW.
Questo saggio fu scritto nel 2010 per un volume collettaneo, mai edito, su Errico Alvino. Ho accolto volentieri l’invito
di Ferruccio Canali di pubblicare il mio testo, con aggiornamenti e modifiche, per rendere omaggio all’amico Francesco
Quinterio. Con l’occasione delle Celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, i disegni di Alvino da me rinvenuti
sono stati pubblicati con un testo di GEMMA BELLI in Architettare l’Unità. Architetture e istituzioni nelle città della nuova
Italia 1861-1911, Catalogo della Mostra, a cura di F. Mangone e M.G. Tampieri, Napoli 2011, pp. 159-160. ABBREVIAZIONI
IN USO: Roma, ACS = Archivio Centrale dello Stato, Roma; MPI = Ministero della Pubblica Istruzione; AABBAA = Fondo
“Antichità e Belle Arti”.
1 Sulla spoglia mortale di Antonio Cipolla trasportata di Roma a Napoli nella cappella gentilizia al camposanto il dì 11 gennaio
1875. Questi discorsi leggevano Cesare Dalbono direttore dell’Istituto di Belle Arti e l’architetto Errico Alvino professore
dell’Istituto di Belle Arti, s.l. s.d. [ma Napoli 1875], p. 10.
2 Nonostante il recente tentativo di PAOLO PORTOGHESI (Antonio Cipolla, architetto del Risorgimento, Roma, 2012), allo stato
manca ancora un approfondito studio complessivo sull’opera di Antonio Cipolla. Si veda intanto: G. MIANO, Cipolla, Antonio,
in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, 1981, ad vocem; IDEM, Figure e voci per la città capitale, in Roma capitale. 18701911. Architettura e urbanistica. Uso e trasformazione della città storica, Catalogo della Mostra, Venezia, 1984, pp. 31-32; F.
DI MARCO, Antonio Cipolla, architetto napoletano attivo a Bologna dal 1853 al 1872, «Il Carrobbio», XVIII, 1992, pp. 104-112.
IL REALE ISTITUTO DI BELLE ARTI DI NAPOLI
di bellezza e di eleganza»3, e definito dalla
storiografia come «uno degli esempi più felici di
tutta la produzione napoletana del secolo XIX»4.
L’ex complesso di San Giovanniello è stato
analizzato, sia in riferimento alle trasformazioni
urbane e alla riconversione del monastero in
accademia, sia in rapporto alle successive,
intricate fasi costruttive5. Eppure, nonostante
tali importanti studi, permangono significative
zone d’ombra nella conoscenza della più rilevante
opera del Maestro napoletano.
Non si conoscono – se non intuitivamente per
letture incrociate di documenti epistolari e di
disegni di completamento ad opera degli allievi di
Alvino – i progetti definitivi elaborati dall’allora
Professore di Architettura. Né tanto meno si sono
conservati i numerosi disegni autografi preparatori
elaborati da Alvino per l’Accademia napoletana
che permetterebbero una lettura complessiva
della successione delle diverse fasi progettuali.
Per tali motivi, il rinvenimento di un progetto per
l’Istituto di Belle Arti di Napoli presso l’Archivio
Centrale di Stato di Roma6 – diverso da quello
effettivamente costruito – assume una importanza
considerevole.
Realizzato a china nera, rossa e blu su carta
lucida spessa, il disegno raffigura la facciata
principale disposta su due registri, più un terzo
per le due ali sporgenti, e sormontata da una
torre – comprendente un orologio e tre campane
– in asse con il corpo centrale aggettante. Il primo
registro è trattato come basamento a bugnato
gentile scandito da paraste e aperture ad arco per
tutta la sua estensione. La parte centrale inferiore,
occupata dall’ingresso dell’edificio, è incorniciata
da due figure leonine su basamento. Il secondo
registro è invece organizzato, nella parte mediana,
con ordine Corinzio binato e apertura ad arco in
asse all’ingresso, e per il resto ritmato da aeree
aperture ad arco più larghe rispetto a quelle del
255
registro inferiore. I due ordini sono intervallati
da una fascia decorata con tondi che seguono la
scansione delle aperture. Impostati su tre campate
e inquadrati da paraste binate, i due corpi
all’estremità sono coronati da un terzo ordine e
da una copertura a tetto spiovente su tre finestre
architravate con tondi. Il primo ordine della torre,
impaginato con paraste, racchiude l’orologio,
mentre in asse sul secondo ordine emerge la
trifora con le campane. Al disegno del prospetto
sono allegate tre planimetrie. Le tavole – senza
alcuna scritta, ma tutte firmate in calce da Alvino7
– mostrano non pochi problemi di datazione e
di interpretazione critica. Al fine di inquadrare
opportunamente tale progetto, risulta dunque
fondamentale rileggere la documentazione
archivistica disponibile, soltanto in parte già nota,
e talune fonti a stampa finora poco vagliate.
1. “L’edificio sepolto uscirà alla luce, farà parlare
di sé ed acquisterà la sua vera importanza”: un
problema di datazione
Interrotti gli studi a causa delle vicende politiche,
all’alba dell’unità nazionale gli allievi dell’Istituto
di Belle Arti chiedono insistentemente di
ricominciare a poter usufruire delle sale, sebbene
insufficienti8, messe a disposizione negli ultimi
piani del Museo Nazionale. Comunicata dalla
direzione di quest’ultimo l’indisponibilità delle
sale, il 4 luglio 1861 il Segretario generale del
dicastero della Istruzione Pubblica scrive al
Ministro competente, chiedendo l’acquisto di
alcune fabbriche – iniziate l’anno prima per uso
delle Camere Legislative – situate sulla piazza del
Mercatello9.
Nel settembre il Ministro della Istruzione
Pubblica comunica al Direttore della divisione
napoletana del Ministero che si potrebbe adibire
3 G. DAMIANI ALMEYDA, Storia dell’arte moderna italiana, a cura di M. Damiani, Palermo, 2005, p. 41. Il testo di Damiani
fu scritto nel 1882 su richiesta di Josef Durm, quale contributo relativo all’architettura italiana contemporanea indicato
come “Quarta Divisione”, per la redazione di un “Handbuch der Architektur”. Il piano editoriale fu variato con l’esclusione
dell’arte contemporanea, per cui l’opera rimase inedita fino al 2005.
4 G. BRUNO, R. DE FUSCO, Errico Alvino architetto e urbanista napoletano dell’800, Napoli, 1962, p. 102. Opinione condivisa,
tra gli altri, da G. ALISIO, Lamont Young. Utopia e realtà nell’urbanistica napoletana dell’Ottocento, Roma 1978, p. 116; M.L.
SCALVINI, La scuola di architettura dell’Accademia napoletana e i suoi responsabili, in L’architettura nelle accademie riformate.
Insegnamento, dibattito culturale, interventi pubblici, Atti del Convegno (novembre 1989), a cura di G.Ricci, Milano 1992, p. 224.
5 Oltre al noto volume di C. LORENZETTI, L’Accademia di Belle Arti di Napoli 1752-1952, Firenze, 1953, pp. 322-324, da ultimo,
cfr. G. PUGLIANO, Errico Alvino e il restauro dei monumenti, Napoli, 2004, pp. 107-209.
6 Il progetto è stato rinvenuto nel fondo Ministero Pubblica Istruzione, Piante e tipi di edifici 1891-1895. Il fondo è formato
da quattro buste attribuite all’Amministrazione delle Antichità e Belle Arti, che ha curato il versamento. Tuttavia, i materiali
presenti non permettono l’identificazione dell’ufficio produttore mancando qualsiasi riferimento intrinseco ed estrinseco. Ma,
poiché la maggior parte dei disegni presenti è relativa a sedi universitarie e a edifici monumentali, è stato ipotizzato che le carte
del fondo siano state prodotte da un organismo esercitante competenze sull’intero apparato amministrativo del dicastero. In
particolare, «tale organismo non può che identificarsi se non col Gabinetto o col Segretariato generale. Tenuto conto delle
rispettive competenze, la paternità delle carte è da assegnare al Segretariato». Cfr. Roma, ACS, MPI, Piante e tipi di edifici
1891-1895, Inventario dattiloscritto 16/101, a cura di Matteo Musacchio, Roma s.d.
7 Roma, ACS, MPI, Piante e tipi di edifici 1891-1895, f. 14 Napoli. Progetto di Istituto di Belle Arti.
8 Cfr. Relazione sulle origini e riforme diverse del R. Istituto di Belle Arti di Napoli, Napoli, 1872, p. 14.
9 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 4 luglio 1861, inviata dal
segretario generale Imbriani, al Ministro della Istruzione Pubblica (Torino).
256
MASSIMILIANO SAVORRA
una parte del monastero delle domenicane in via
Costantinopoli, già in corso di demolizione da
parte del municipio napoletano per ottemperare a
“causa di pubblica utilità”10. Come è noto, la zona
era coinvolta in un processo di trasformazione
urbanistica, con l’apertura di nuove strade e
l’edificazione di nuovi edifici11. Pertanto, era vista
con estremo interesse una eventuale metamorfosi
del monastero in sede scolastica. Approvata dai
Professori dell’Istituto di Belle Arti tale possibilità,
si chiariscono con l’amministrazione municipale
le parti da adibire a sede dell’accademia sulla base
di una proposta elaborata da Enea Saponieri. Fin
da subito appaiono evidenti le difficoltà dovute
alla situazione in cui si trovava il complesso
monastico, “oppresso” su tutti i lati da fabbriche
addossate, che il municipio doveva demolire per
l’apertura di tre nuove strade.
Lasciando da parte le lunghe e difficoltose vicende
riguardanti tanto l’iter di acquisizione, quanto la
definitiva trasformazione dell’intero complesso
avvenuta in maniera graduale e in massima parte
alla morte di Alvino12, è utile soffermarsi piuttosto
sulla questione della facciata non ancora del tutto
chiarita.
Il 20 luglio 1868, il direttore dell’Istituto, Cesare
Dalbono, scrive:
«Il Ministro della Istruzione Pubblica potrà
finalmente compiere un’opera delle più importanti
per ampiezza, magnificenza ed utilità e potrà farlo
nel termine di pochi aiuti straordinari da esso
conceduti. I lavori fatti fin oggi nell’interno del
Monastero di San Giovanniello, lavori interni
che potranno sempre essere proseguiti ed ultimati
coi fondi ordinari dell’Istituto, non avranno
giammai il loro compimento, o per dir meglio, il
loro svolgimento, senza la riforma del prospetto
principale, dalla qual riforma dipendono
l’aggiustamento de numerosi locali interni di quel
lato, la determinazione ed apertura degl’ingressi
principale e secondari, l’apertura delle Scuole
popolari di figura ed ornato, ma più di tutto
dipenderà da ciò che il Ministero ritragga il giusto
tributo di riconoscenza, quando quest’ultimo
lavoro abbia mostrato al pubblico tutto ciò che è
stato compiuto anche nell’interno dell’edificio»13.
In questa occasione, Dalbono invia i disegni dello
stato di fatto della facciata del monastero e della
«riforma da farsi» elaborata da Alvino»14. Non è
nota la portata di tale “riforma”, ma sta di fatto
che nemmeno pochi mesi dopo, Alvino propone
la soluzione – poi attuata – di isolare il complesso
con lo spostamento delle tracce viarie circostanti
il monastero. In tal senso, ipotizzato in un primo
momento sulla via Santa Maria di Costantinopoli,
il prospetto principale – a seguito delle continue
variazioni dell’impianto distributivo e funzionale,
e delle costanti riforme degli assetti planimetrici –
trova dunque collocazione sulla cosiddetta strada
“postica” di nuova apertura.
Da una lettera del 3 novembre 1868, sappiamo
che già dall’agosto 1864 il monastero in via di
trasformazione iniziava ad essere pian piano
utilizzato; facendo riferimento alla corrispondenza
intercorsa con il ministero nel luglio di quattro
anni prima, Dalbono scrive:
«il ministro mi mostrava il pericolo se non la
impossibilità di occupare S. Giovanniello prima
che fossero aperte le nuove strade. Oggi saremmo
ancora fuori e forse il Monastero sarebbe andato
in altre mani. I quattro anni sono serviti a
riformare l’interno, ed oggi con le nuove strade
l’edificio sepolto uscirà alla luce, farà parlare di sé
ed acquisterà la sua vera importanza»15.
Gli entusiasmi di Dalbono sono giustificati dal
fatto che a questa data sembrano essere già chiare
nelle mente dell’artefice della trasformazione le
linee da seguire circa l’aspetto finale da ottenere,
come dimostra peraltro la lettera inviata alla fine
dell’anno da Alvino al suo allievo Pisanti16.
Nella seduta del 15 giugno 1869 il Direttore ricorda
al Consiglio dei Professori dell’accademia lo stato
dei lavori raggiunti e le difficoltà di provvedere
a un rinnovato statuto poiché «le angustie di
quella parte dell’edificio nella quale ci siamo,
vorrei dire, accampati, qualunque novità avrebbe
10 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 31 dicembre 1863, inviata dal
direttore capo della divisione napoletana del ministero al Ministro della Istruzione Pubblica (Torino).
11 Esiste un’ampia bibliografia sul tema. Si veda comunque G. ALISIO, Lamont Young. Utopia e realtà nell’urbanistica
napoletana dell’Ottocento, Roma, 1978, 1993; A. BUCCARO, Il luogo in cui sorse, in Il Teatro Bellini 1864-1988, Napoli, 1989,
pp. 24-32; G. BELLI, L’Accademia di Belle Arti di Napoli, in Architettare l’Unità. Architetture e istituzioni nelle città della nuova
Italia …, cit., pp. 159-166.
12 Si vedano la documentazione in Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, bb. 139-153. Si rimanda
inoltre al già citato studio della PUGLIANO (Errico Alvino e il restauro …, cit.)
13 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 20 luglio 1868, inviata da
Cesare Dalbono, al Ministro della Istruzione Pubblica.
14 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 20 luglio 1868, inviata da
Cesare Dalbono, al Ministro della Istruzione Pubblica.
15 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata 3 novembre 1868, inviata da Cesare
Dalbono, al Ministro della Istruzione Pubblica, con allegato stralcio planimetrico. Si veda anche Roma, ACS, MPI, AABBAA,
Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: decreto, datato Firenze 8 marzo 1870, del Ministro della Pubblica Istruzione.
16 Cfr. Lettera, datata Napoli 31 dicembre 1868, trascritta nel Carteggio Alvino-Pisanti (1863-1872), in P. CRACHI, Pisanti e
Castrucci architetti a Napoli, Napoli, 1996, p. 119.
IL REALE ISTITUTO DI BELLE ARTI DI NAPOLI
turbato quel poco ordine che ci è stato possibile di
mantenere, mentre il martello dell’operaio, sia del
Municipio, sia dell’Istituto, imponeva spesso che
fossero usciti gli alunni per assicurare un muro o
per abbatterne un altro»17. Nella stessa occasione
Dalbono ribadisce che «da molti anni il pubblico
non ha veduto sulla strada di Costantinopoli che
un muro di antico monastero non mai compiuto;
ed era strano ed è ancora, che la deformità di quel
prospetto annunzi un edificio il quale deve essere
il tempio delle belle arti. Dal loto opposto non ha
veduto il pubblico per molti anni se non gli avanzi
di una scompigliata demolizione fatta in tempi
diversi. Non passeranno oltre a pochi mesi, che
uscirà alla luce un edificio il quale compiuto, sarà
uno dei più belle della nostra città»18.
Passano invece quattro anni. La riforma del
regolamento didattico e l’insegnamento accanto
a Mancinelli, Morelli e Angelini, da un lato, i
lavori alle facciate del duomo napoletano e della
cattedrale amalfitana, dall’altro, impegnano
Alvino attivamente19. Dalla lettera dell’8 gennaio
1873, inviata da Dalbono al ministero, è possibile
dedurre che a quella data l’Istituto aveva ancora un
ingresso provvisorio, e che i lavori in corso seguiti
da Alvino procedevano esclusivamente nelle
parti interne: anzi, le opere di sistemazione erano
vincolate a non compromettere gli esterni, poiché
«dovendo in breve rimanere senza appoggio per
le demolizioni avrebbero potuto mettere a rischio
l’edificio»20.
Le scuole vengono per questo sistemate nei tre
lati disponibili, affinché il quarto lato, quello sulla
strada “postica”, possa restare libero per collocarvi
le sale d’esposizione e l’ingresso principale. Nella
lettera su citata Dalbono fa riferimento a progetti
di Alvino, presentati ai colleghi professori per
l’approvazione del piano di distribuzione dei
locali. Tali progetti, presumibilmente anche quello
257
per la facciata, hanno una battuta d’arresto per
alcune complicazioni burocratiche, non ultima
quella dell’affidamento ufficiale dell’incarico21.
Allegato alla domanda presentata da Alvino per
poter ultimare i lavori22, il verbale del 4 aprile
1873 – firmato anche da Raffaele Spasiano,
Giuseppe Mancinelli, Domenico Morelli,
Achille Carrillo, Gabriele Smargiassi, Tito
Angelini, Cesare Dalbono – registra l’esistenza
di una copia di un progetto presso il Ministero e
descrive minuziosamente il progetto Alvino. Tale
descrizione, precisa e assai dettagliata, tuttavia,
non corrisponde al progetto da noi rinvenuto, ma
ad uno più vicino a quello poi realizzato. In altre
parole, è possibile dunque dedurre che vi sia stata
l’elaborazione di un ulteriore progetto diverso
da quello qui esaminato; un progetto, di cui non
conosciamo ancora l’aspetto.
Anche se i lavori proseguivano da anni secondo
il piano di riordinamento proposto da Alvino,
lasciando in sospeso la parte interessata
all’erezione della facciata, è chiaro che la questione
del prospetto principale, a questo punto, non
poteva essere disgiunta dalla trasformazione in
atto dei locali interni: con la richiesta dei nuovi
spazi necessari ai professori e la collocazione
delle scuole principali stabilita di comune
accordo nel marzo 1873, mutava in qualche
modo la disposizione della facciata. Va inoltre
ricordato che furono fatte al contempo precise
osservazioni – approvate da Alvino e dal consiglio
dei professori23 – da parte del cavalier Spasiano,
ingegnere capo del Genio Civile, circa la “riforma”
dell’ingresso principale «non corrispondente alla
grandezza ed importanza dell’Edificio» e che
«precludeva pure l’accesso alle carrozze»24.
Modificato da Alvino, il progetto – presentato
da un atlante di dieci tavole in tela lucida, un
prospetto di stima e una relazione – fu inviato al
17 Discorso pronunziato dal direttore del R. Istituto di Belle Arti in Napoli al consiglio dei professori nella tornata del 15 giugno
1869, Napoli, 1869, p. 11.
18 Ivi, pp. 11-12.
19 Sulle rinnovate facciate delle due chiese campane vasti sono i rimandi bibliografici. Per il duomo di Napoli si veda
comunque M.L. SCALVINI, La facciata neogotica per il Duomo di Napoli nell’itinerario eclettico di Errico Alvino, in Il Neogotico
nel XIX e XX secolo, Atti del Convegno, a cura di R. Bossaglia, Milano, 1989, pp. 383-397. Mentre per il caso amalfitano
restano un punto di riferimento gli studi di GIUSEPPE FIENGO (Il duomo di Amalfi. Restauro ottocentesco della facciata, Amalfi,
1991; IDEM, La divinazione della facciata medievale del duomo di Amalfi, in La parabola del restauro stilistico nella rilettura di
sette casi emblematici, a cura di G. Fiengo, A. Bellini, S. Della Torre, Milano, 1994, pp. 245-311).
20 Cfr. Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata 8 gennaio 1873, inviata da Cesare
Dalbono, al Ministro della Istruzione Pubblica.
21 È bene ricordare che con decreto luogotenenziale, ben prima di individuare il monastero di San Giovanniello, il progetto di
“compimento” dell’Istituto era stato affidato a Michele Ruggiero. Su Ruggiero, cfr. Alcuni monumenti sepolcrali fatti in Napoli
da Michele Ruggiero, Napoli, 1851; C.N. SASSO, Storia de’ monumenti di Napoli e degli architetti che li edificavano dal 1801 al
1851, 2 voll., Napoli, 1858, II, pp. 186; C. MARTINEZ, Michele Ruggiero, «Bollettino del Collegio degli Ingegneri ed Architetti in
Napoli», 18, 1900, pp. 41-44; A. FILANGIERI DI CANDIDA, Commemorazione di Michele Ruggiero letta all’Accademia Pontaniana
nella tornata del 16 giugno 1901, Napoli, 1901; In memoria di Michele Ruggiero, Napoli, 1922.
22 Cfr. Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: domanda, f.ta da Alvino, allegata al verbale del 4
aprile 1873, f.to da Raffaele Spasiano, Giuseppe Mancinelli, Domenico Morelli, Achille Carrillo, Gabriele Smargiassi, Errico
Alvino, Tito Angelini, Cesare Dalbono.
23 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli aprile 1873, inviata da Cesare
Dalbono al Ministro della Istruzione Pubblica.
24 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 15 aprile 1873, inviata da
Raffaele Spasiano del Corpo Reale del Genio Civile al Ministro della Istruzione Pubblica.
258
MASSIMILIANO SAVORRA
ministero della Istruzione Pubblica il 19 maggio
e da qui al ministero dei Lavori Pubblici il 21
giugno 187325. Tale progetto – è bene ribadirlo,
noto soltanto grazie alla corrispondenza esistente
– viene approvato dal Consiglio superiore dei
Lavori Pubblici il 19 luglio26 e rispedito con
alcune osservazioni al direttore dell’accademia
napoletana che lo riceve il 14 settembre27.
Leggermente ritoccato da Alvino, il progetto
viene allora rimandato al ministero il 3 ottobre
187328, per essere definitivamente approvato dal
Consiglio superiore dei Lavori Pubblici. Dunque,
al 1873 esisterebbero versioni diverse del progetto,
delle quali non conosciamo ancora linee essenziali
e caratteristiche formali, ma che possiamo
supporre essere quelle più vicine alla soluzione
finale messa poi in opera dagli allievi di Alvino29.
Per deduzione dunque, la datazione delle tavole
rinvenute all’Archivio Centrale di Stato andrebbe
fatta risalire a prima del 1873. E in particolar
modo – ci sembra di poter sostenere – sarebbe
da circoscrivere proprio intorno al 1868, quando
l’entusiasmo di Dalbono era al massimo. Una
conferma di tale ipotesi potrebbe venire dallo
stralcio planimetrico inedito allegato alla già
citata lettera del 3 novembre 1868, inviata da
Dalbono al ministro della Istruzione Pubblica.
Oltre a desumersi la portata delle trattative in
corso tra municipalità e Istituto di Belle Arti
circa le convenzioni sui fabbricati e i terreni
circostanti l’impianto quadrilatero30, nella missiva
e nel grafico è possibile dedurre sia le porzioni del
complesso vendute dall’Istituto al comune, sia
la zona prospiciente la nuova strada interessata
all’erezione della facciata dell’edificio, ceduta dal
municipio a favore dell’Istituto. A quella data,
come è evidente dalla planimetria, è già definita in
linea di massima secondo le intenzioni di Alvino
la forma dell’impianto generale, «più euritmico e
capace intorno all’ampio porticato che ne forma
il più bello aspetto»31. Inoltre, risulta chiaro lo
spazio ricavato dall’acquisizione di una porzione
triangolare di terreno situata sul lato occidentale,
dove sarebbe dovuta sorgere la facciata principale.
Una stralcio planimetrico che corrisponde a
un progetto definito negli aspetti generali e che
coinciderebbe con le tre piante conservate in
Archivio Centrale di Stato.
2. «Non è grande artista chi non bevve alle fonti
della storia e delle lettere»: una questione di stile o
di linguaggio?
Nel ritrarre la personalità del maestro, Ferdinando
de Rosenheim ricordava:
«Convinto che le arti sono sorelle e dannosi
l’un l’altra la mano, e non è grande artista chi
non bevve alle fonti della storia e delle lettere,
veniva inculcandocene di buon’ora il gusto,
con l’opportuno ripeterci i più bei luoghi dello
Alighieri, che sapeva pressoché tutto a mente, e
degli altri italiani poeti»32.
Non meraviglia pertanto che Alvino, professore
di chiara fama e affermato professionista,
utilizzi citazioni colte nel progetto per la
facciata dell’Istituto di Belle Arti desunte
da edifici medievali e rinascimentali. D’altro
canto, l’interesse per questi ultimi verso la metà
dell’Ottocento, come notava Paul Letarouilly, era
dettato da considerazioni pratiche: erano infatti
«costruiti per le necessità di un’epoca più simile
a quella attuale, e la loro adozione è pertanto più
agevole e diretta»33.
I richiami ai modelli di facciata della rinascenza
non risultano programmatici, ma le evidenti
citazioni li rendono espliciti. Nel progetto per
l’accademia napoletana, in prima istanza, il
riferimento più evidente è all’idea di palazzo
25 Cfr. Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 20 maggio 1873, inviata
da Raffaele Spasiano del Corpo Reale del Genio Civile al Ministro della Istruzione Pubblica. Si veda anche la lettera, datata
Roma 21 giugno 1873, inviata dal Ministro della Istruzione Pubblica al Ministro dei Lavori Pubblici.
26 Cfr. Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Roma agosto 1873, inviata dal
Ministero dei Lavori Pubblici al Ministero dell’Istruzione Pubblica.
27 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 14 settembre 1873, inviata
Cesare Dalbono al ministro dell’Istruzione Pubblica.
28 Cfr. Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 3 ottobre 1873, inviata
Cesare Dalbono al ministro dell’Istruzione Pubblica.
29 Cfr. G. PISANTI, Ricordi autobiografici, Napoli, 1896, pp.16-17. Per le successive variazioni e scelte formali attuate, si rimanda
inoltre a P. CRACHI, Pisanti e Castrucci architetti a Napoli, Napoli, 1996, pp. 63-64, e al già citato lavoro della PUGLIANO (Errico
Alvino e il restauro …, cit.).
30 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata 3 novembre 1868, inviata da Cesare
Dalbono, al Ministro della Istruzione Pubblica, con allegato stralcio planimetrico.
31 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata 22 marzo 1873, inviata da Enrico
Alvino al Ministro della Istruzione Pubblica.
32 F. De ROSENHEIM, Poche parole in morte dell’architetto comm.re Errico Alvino lette al collegio degli architetti ed ingegneri di
Napoli, Napoli, 1876, p. 5.
33 La citazione è in L. PATETTA, L’architettura dell’eclettismo. Fonti, teorie, modelli 1750-1900, Milano, 1975, 1991, p. 315.
IL REALE ISTITUTO DI BELLE ARTI DI NAPOLI
toscano, sia per il bugnato sbozzato, sia per la
torre campanaria sovrastante l’edificio34. Così
come sono chiari i rimandi al palazzo Gravina,
napoletano ma di matrice toscana: in particolare
nel disegno delle finestre del terzo ordine poste
nelle due ali sporgenti. Palazzi rinascimentali
toscani che conservano memorie di architetture
più remote costituiscono d’altra parte il filtro per
cogliere i molteplici rimandi stilistici; non a caso,
nell’articolo pubblicato nel 1844 dal titolo “Il
palazzo Gravina al secolo XIX”, il giovane Alvino
sosteneva che
«il palazzo Gravina, a dire de’ migliori architetti
di tutta Italia e fuori, è il solo tra nostri edifizi
che senta della maestà romana, dell’antica
magnificenza, sì nelle parti che nel tutto, nelle
costruzioni, nelle finestre, nei pilastri, nelle cornici
e via discorrendo, serbando bene il tipo delle
fabbriche del secolo XV»35.
A proposito della facciata, asseriva:
«Io non istarò a dire perché il prospetto di quel
Palagio sia bellissimo! Chi ha buona vista potrà
vederlo di per sé, senza esser d’uopo per questo
di ricorrere a Vitruvio e Palladio, le cui ombre
sentendosi sì malamente nominare gridano
vendetta. Dirò solo come in cima di tutte le
bellezze di quell’edifizio sia il sodo bugnato del
pian terreno, che tanto gagliardemente regge il
piano nobile»36.
Scritto in occasione delle polemiche sorte in
seguito al restauro di Nicola d’Apuzzo, l’articolo
di Alvino risulta testimonianza significativa di
una «vocazione di gusto per quelle che saranno
le persistenti scelte neo-rinascimentali»37. E per
confermare l’idea di un’influenza toscana, in
un clima generale di attrazione esercitato dalla
259
Capitale del Rinascimento38, va ricordato inoltre
che, proprio quando si avviavano le fasi di
trasformazione del complesso di San Giovanniello,
Alvino – ricevuto l’invito di presentare un disegno
per la facciata di Santa Maria del Fiore39 – aveva
trasferito il suo studio a Firenze, conducendovi i
suoi migliori allievi, tra cui Guglielmo Raimondi
e Francesco Lomonaco40.
Tuttavia, talune peculiarità formali del prospetto
sembrano corrispondere – con le dovute cautele –
ad elementi di architetture di matrice veneta, nello
specifico veneziani. Ad esempio, le rispondenze
con gli edifici di piazza San Marco sono davvero
molteplici: il rapporto fra le ampiezze delle aeree
aperture al secondo ordine e le coperture con
tetti a falde delle scamozziane Procuratie nuove,
la torre campanaria con l’orologio inserito in
un quadrato perfetto, il bugnato di sansoviniana
memoria. Non solo: la relazione tra magnificenza
e utilità, tra dignità formale degli edifici pubblici
e loro destinazione d’uso, caratteristica delle
costruzioni cinquecentesche della Serenissima,
emerge con chiarezza nel disegno complessivo
alviniano.
Certo, le fonti – in un continuo gioco di
rimandi – potrebbero essere ricercate anche
nei palazzi vicentini del Palladio o veronesi del
Sanmicheli. Oltre all’amore tributato da Alvino
a quelle città simbolo dell’unità nazionale, è
nota l’ammirazione dell’Architetto, fin dagli
anni del pensionato, verso «i classici monumenti
di moderna architettura», che a Firenze e a
Venezia «più che in qualunque altro luogo
si ammirano, prodotti dai famosi Palladio,
Sansovino, Sangallo»41. Del resto, si potrebbe
altresì considerare – accanto all’influenza di taluni
modelli stranieri42 – l’ipotesi di una derivazione da
suggestioni romane di alcuni elementi presenti nel
prospetto dell’accademia. Il tema dell’imitazione
dall’architettura di Roma antica non era affatto
34 Una tale tipologia riscontrerà discreta fortuna presso gli allievi di Alvino; si noti ad esempio il progetto presentato da
Alfonso Guerra al concorso per il palazzo di Belle Arti in Roma (1877). Cfr. C. GUERRA, Opere e progetti di Alfonso Guerra.
Architetto e ingegnere napoletano, s.l. s.d. [ma Napoli, 1924], tav. III. Su Guerra si veda M. SAVORRA, Guerra Alfonso, in
Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, 2003, pp. 600-603, ad vocem.
35 E. ALVINO, Il palazzo Gravina al secolo XIX, in Piacevole raccolta di opuscoli d’arti belle scelti da autori antichi e moderni e
ripubblicati a cura di Niccolò Laurenti e Francesco Gasperoni, vol. I, Roma, 1844, p. 319.
36 Ivi, p. 320.
37 V. LIPRANDO, Un’opera poco nota dell’architetto Errico Alvino, in Scritti in onore di Roberto Pane, Napoli, 1969-1971, p. 484.
38 Sull’influenza esercitata dall’ambiente fiorentino sugli artisti dell’accademia napoletana si veda, da ultimo, C. SISI, Firenze
e le suggestioni della storia, in Domenico Morelli e il suo tempo, Catalogo della Mostra, Napoli, 2005, pp. 233-237.
39 Cfr. C. CRESTI, M. COZZI, G. CARAPELLI, Il Duomo di Firenze 1822-1887. L’avventura della facciata, Firenze, 1987. Si veda
inoltre Due granduchi, tre re e una facciata, Catalogo della Mostra, a cura dell’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze,
Firenze, 1987.
40 40. F. DE FUSCO, La Scuola napoletana nei concorsi per la facciata di Santa Maria del Fiore, Napoli, 1930, p. 43
41 Camuccini, direttore del pensionato napoletano, si fa interprete delle volontà dei borsisti Alvino e Salomone di visitare
Firenze e Venezia dopo il soggiorno romano. Cfr. Archivio di Stato di Napoli, Ministero della Pubblica Istruzione, f. 499;
documento cit. in F. MANGONE, Il pensionato napoletano di architettura, 1813-1875, in Civiltà dell’Ottocento. Architettura e
Urbanistica, Catalogo della Mostra, a cura di G. Alisio, Napoli, 1997, p. 40.
42 Nella facciata dell’Accademia di Belle Arti possono leggersi appropriate analogie stilistiche anche con il prospetto della
Pinacoteca di Monaco (Leo von Klenze, 1822-36). Cfr. A. VON BUTTLAR, Leo von Klenze. Leben, Werk, Vision, Monaco di
Baviera, 1999, pp. 247-265.
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estraneo all’opera del Maestro43: a proposito del
palazzo Benucci di Castellammare, ad esempio,
Nicola Montella scriveva:
«in generale possiamo dire che le colonne Ioniche
del portone sono quelle dell’Anfiteatro Flavio;
i pilastri del primo piano non han capitello con
volute, ma una gola diritta con giuste proporzioni.
Il corintio ne sembra ancora dell’Anfiteatro Flavio,
come il cornicione è sui modi di quello che corona
lo stesso monumento, diligentemente studiato ed
ingentilito secondo il fare del cinquecento»44.
Sempre Montella – in riferimento alla facciata della
chiesa di Santa Maria di Piedigrotta realizzata da
Alvino – ricordava che «gli architetti dei nostri
giorni pongono tutto il loro studio a fare le opere
di loro disegno il più che sia possibile nel puro
stile romano antico»45. Il medesimo legame con
l’anfiteatro Flavio è – se vogliamo – riscontrabile
anche nella facciata dell’accademia napoletana,
soprattutto se si considera la soluzione formale
– adottata dagli allievi di Alvino, ma secondo
il progetto generale del maestro – di trattare i
prospetti in tufo giallo a faccia vista.
A tal proposito, è stato recentemente sottolineato
da Fabio Mangone, quanto il culto della
“sincerità” materica si sia diffuso a Napoli intorno
agli anni Ottanta grazie alla crescente attenzione
verso le tradizionali tecniche artigianali e alla
circolazione degli scritti di John Ruskin; culto
che sarebbe alla base della scelta di Raimondi di
adottare la tecnica musiva per le raffigurazioni
previste da Alvino nella facciata del duomo
amalfitano, «pur tributando il massimo rispetto
all’impostazione stilistica studiata nei dettagli dal
maestro scomparso»46.
Sarebbe, dunque, lecito ipotizzare anche per
il trattamento della facciata dell’accademia
napoletana una forzatura del pensiero alviniano,
esercitata da allievi (Della Corte, Pisanti, Veneri,
Catalano) smaniosi di mettere in opera postume,
le riflessioni del maestro47. Non risulta, infatti,
dal disegno qui esaminato e dalle numerose carte
d’archivio relative alla costruzione della fabbrica
la presenza nelle intenzioni di Alvino dell’idea di
un “vero materico”. Tuttavia, la questione sulla
paternità della scelta del trattamento della facciata
è ben lungi dall’essere liquidata. È indubitabile che
esiste una molteplicità di elementi da considerare.
In primo luogo, va ricordato che – al pari delle
contemporanee ricerche dei pittori sul “vero”
– verità della struttura e verità del materiale
risultano essere temi affrontati anche dalla cultura
architettonica, di cui Alvino è maggiore esponente48.
Basti ricordare la dissertazione scritta da Giuseppe
Damiani Almeyda per il celebre “Handbuch der
Architektur” su “veristi” e “realisti” in architettura:
per avere «in architettura il vero […] lo studio
dell’antico dev’essere tenuto come principale
guida e fondamento dell’arte nuova, la quale deve
da quello, come per ragion logica, risultare»49; è
nello scritto del 1882, che l’autore del Politeama
di Palermo aveva definito la sede dell’accademia
napoletana «un capolavoro di bellezza e di
eleganza», tanto che «niun lavoro moderno di
architettura può reggervi al paragone»50.
Inoltre, come è noto, tra anni Sessanta e Settanta
– nel periodo definito del “trionfo del vero”51
– sull’esempio dei contributi di una diffusa
erudizione filologica, «la cura per l’esatta e
dettagliata restituzione visiva dei fatti storici –
quale garanzia di verità –diventa un imperativo
costante»52. Cosicché, si potrebbe affermare che
tanto in Pittura quanto in Architettura, a Napoli
si profila la via della fedeltà al vero oggettivo che
viene calcata attraverso esperienze dal comune
denominatore. Non vanno allora sottovalutati
sia i continui confronti, come su ricordato, nelle
ripetute sedute ufficiali con i professori artisti
dell’istituto (Giuseppe Mancinelli, Domenico
Morelli, Achille Carrillo, Gabriele Smargiassi,
Tito Angelini), sia gli incontri assidui di Alvino
avvenuti nelle fasi progettuali con gli amici e
43 Si veda anche quanto Alvino asserì nella relazione iniziale affidatagli al “Primo Congresso degli Architetti e Ingegneri
Italiani” svoltosi a Milano nel 1872. Cfr. G. BRUNO, R. DE FUSCO, Errico Alvino architetto e urbanista napoletano dell’800,
Napoli, 1962, pp. 81-83.
44 N. MONTELLA, in C.N. SASSO, Storia de’ monumenti di Napoli e degli architetti che li edificavano dal 1801 al 1851, 2 voll.,
Napoli, 1858, II, p. 332.
45 MONTELLA, in C.N. SASSO, Storia de’ monumenti di Napoli …, cit., p. 334.
46 F. MANGONE, Morelli, l’Architettura e le Arti applicate, in Domenico Morelli e il suo tempo, Catalogo della Mostra, Napoli,
2005, p. 246.
47 Va ricordato che nelle facciate della chiesa di San Gennaro ad Antignano e del duomo di Cerignola, Pisanti lascia a vista
il materiale utilizzato per il rivestimento.
48 Per di più, se fosse dimostrata l’attribuzione ad Alvino della chiesa del Cenacolo al corso Vittorio Emanuele, sarebbe
un’ulteriore conferma delle idee del Maestro sul tema del rivestimento in tufo a vista. Cfr. R. LATTUADA, Antico e nuovo. Le
fauci della mantide sull’Ottocento, «Napoli Nobilissima», V s., I, III-IV, 2000, pp. 133-137.
49 G. DAMIANI ALMEYDA, Storia dell’arte moderna italiana, a cura di M. Damiani, Palermo, 2005, p. 17 (vedi supra nota 3).
50 Ivi, p. 41.
51 Cfr. P. STIVANI, Il trionfo del vero nell’Italia postunitaria (1862-1873), in Il secondo Ottocento italiano. Le poetiche del Vero,
Catalogo della Mostra, a cura di R. Barilli, Milano, 1988, pp. 74-84.
52 S. BORDINI, La storia, la verità, il vero, in L’Ottocento 1815-1880, Roma, 2002, p. 75.
IL REALE ISTITUTO DI BELLE ARTI DI NAPOLI
colleghi dell’accademia, tanto a Napoli quanto a
Firenze53.
Come non ricordare allora le parole di Domenico
Morelli: «lo studio del vero nella esecuzione
ha guidato gli intelletti colti a comprendere
più altamente e penetrare più addentro nel
concepire e rappresentare con verità l’idea da
essi immaginati»54. Ricercare l’effetto del vero,
illusionistico o materico, nel luogo par excellence
dove si formano gli artisti si sarebbe espresso
pertanto nell’esecuzione di una facciata che
avrebbe palesato – finanche nella proposizione
materica – l’amore e la conoscenza dell’antico e
della storia. Forse solo così si spiega l’insistenza
da parte del direttore dell’istituto a non intonacare
l’edificio che «in molte parti ha l’aspetto di
rovine»; come ricordava Cesare Dalbono:
«sarebbe forse come ad imbiancare il Colosseo»55.
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53 Oltre alla vicinanza di Morelli e degli altri pittori
napoletani, va ricordata la frequentazione del Caffè
Michelangelo nel lungo soggiorno fiorentino. Si veda
Lettera, datata Firenze 27 luglio 1864, trascritta nel
Carteggio Alvino-Pisanti (1863-1872), in P. CRACHI, Pisanti
e Castrucci architetti a Napoli, Napoli, 1996, p. 117.
54 D. MORELLI, Filippo Palizzi e la scuola napoletana di
pittura dopo il 1840, in D. Morelli, E. Dalbono, La scuola
napoletana di pittura nel secolo Decimonono ed altri scritti
d’Arte, a cura di B. Croce, Bari, 1915, p. 40.
55 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 18601896, b. 139: lettera, datata 26 novembre 1873, inviata da
Cesare Dalbono, al Ministro della Istruzione Pubblica.
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Le immagini provenienti dall’Archivio Centrale dello Stato di Roma (Roma, ACS) vengono tutte edite per concessione
alla pubblicazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali della Repubblica Italiana, n. 1308/2015.
1 Errico Alvino, Progetto per la facciata del R. Istituto di Belle Arti di Napoli, 1868 ca. (Roma, ACS, MPI, Piante e
tipi di edifici 1891-1895)
2 Errico Alvino, Pianta del piano terra del R. Istituto di Belle Arti di Napoli, 1868 ca. (Roma, ACS, MPI, Piante e
tipi di edifici 1891-1895)
3 Errico Alvino, Pianta del primo piano del R. Istituto di Belle Arti di Napoli, 1868 ca. (Roma, ACS, MPI, Piante e
tipi di edifici 1891-1895)
4 Errico Alvino, Pianta del secondo piano del R. Istituto di Belle Arti di Napoli, 1868 ca. (Roma, ACS, MPI, Piante
e tipi di edifici 1891-1895)
5 Chiesa e monastero di San Giovanni Battista delle Monache su via Santa Maria di Costantinopoli, 1869 ca. (Roma,
ACS, MPI, AABBAA, 1860-1896, b. 72)
6 Edificio destinato a sede del R. Istituto di Belle Arti e Pinacoteca Nazionale in Napoli. Stato attuale rilevato in
maggio 1888. Veduta su via Costantinopoli angolo via Traversa Sapienza, oggi via Conte di Ruvo (Roma, ACS, MPI,
AABBAA, 1860-1896, b. 75)
7 Edificio destinato a sede del R. Istituto di Belle Arti e Pinacoteca Nazionale in Napoli. Stato attuale rilevato in maggio
1888. Veduta su via Bellini (Roma, ACS, MPI, AABBAA, 1860-1896, b. 75)
8 Facciata dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. Veduta su via Bellini (foto attuale)
Per chi ha fatto della Storia e della Storia dell’Architettura il centro principale della propria
vita - come è accaduto nel caso di Francesco Quinterio, nostro Socio fondatore oltre che
Studioso, stimatissimo Professore di “Storia dell’Architettura” e Amico caro - non è difficile
comprendere quanto possa essere ancora oggi dirompente mettere in agenda l’importanza
della Storia in una Società che punta, invece, non solo a monetizzare ogni intervento e ogni
azione, ma che in ambito culturale si mostra soprattutto propensa allo “Story telling” e alla
sola divulgazione (una divulgazione che diviene deleteria quando non accompagnata da
una ricerca seria e che si mostra, invece, virtuosa quando finalizzata al progresso culturale
della Società). Riteniamo importante, insieme a chi ha voluto partecipare a questo volume
in memoria di Quinterio, indirizzarsi piuttosto verso una visione della Storia, se non come
magistra vitae (anche se vorremmo), almeno come ‘lettura’ della Società, come consapevolezza
degli eventi, come ricerca delle radici e della “lunga durata” dei fenomeni, come difficile
approccio di conoscenza e di apertura consapevole verso il futuro. Gli studi miscellanei che
si propongono in questa raccolta, dunque, svolti dall’Età medievale a quella contemporanea,
costituiscono non solo una messe di informazioni scientifiche di estrema rilevanza per gli
àmbiti trattati, ma anche un preciso orientamento sociale, oltre che metodologico; una
visione ancora utile che può permettere di ‘fare quadrato’ rispetto al sempre paventato
«silenzio della Storia» e alla depauperazione dei contenuti scientifici e disciplinari di essa.
Il “Bollettino SSF” ribadisce inoltre, dopo molti anni, la sua natura di classicistica ‘bottega
rinascimentale’, di aperta ed eclettica ‘officina’ (il che era nello spirito che ne ha presieduto la
fondazione); una ‘bottega’ nella quale Storia, Critica, Pensiero, Arte, Interpretazione grafica
e Disegno, Architettura si arricchiscono reciprocamente e indissolubilmente si intersecano.
Anche, e forse soprattutto, nell’epoca informatica ...
For those who have made history and the history of architecture the main center of their
lives - as happened in the case of Francesco Quinterio, our founding member as well as
scholar, highly respected professor of “History of Architecture” and dear friend - it is not
difficult to understand how it can still be disruptive to put on the agenda the importance
of history in a society that aims, instead, not only to monetize every intervention and every
action, but that in the cultural sphere shows itself above all inclined to “story telling” and
to the disclosure only (a disclosure that becomes harmful when it is not accompanied by
serious research and that instead is shown to be virtuous when aimed at the cultural progress
of the Society). We consider it important, together with those who wanted to participate in
this volume in memory of Quinterio, to focus rather on a vision of History, if not only as
magistra vitae (but we wish), at least as a ‘reading’ of the Society, as awareness of events, as
the search for roots and “long duration” of phenomena, as a difficult approach to knowledge
and openness to the future. The miscellaneous studies that are proposed in this collection,
therefore, carried out from the Medieval to the Contemporary Age, constitute not only a
mass of extremely relevant scientific information for the covered areas, but also a precise
social orientation, as well as methodology; a still useful vision that can allow us to ‘square’
with respect to the always feared “silence of history” and to the impoverishment of its
scientific and disciplinary contents. The “SSF Bulletin” also reaffirms, after many years, its
nature as a classicistic ‘Renaissance Bottega’, of open and eclectic ‘workshop’ (which was in
the spirit that presided over its foundation); a ‘Bottega’ in which History, Criticism, Thought
Art and Architecture are mutually enriched and inextricably intersected. Also, and perhaps
above all, in the computer age ...
ISBN 978-88-98019-61-8
€ 70,00
9 788898 019618
Progetto e cura scientifica di