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PER AMOR DI CLASSICISMO PER AMOR DI CLASSICISMO BOLLETTINO SSF SOCIETÀ DI STUDI FIORENTINI Studi in memoria di Francesco Quinterio 24-25 a Bulgarini Ricerche di Storia dell’Architettura e dell’Arte in memoria di Francesco Quinterio Progetto e cura scientifica di Ferruccio Canali 2015-2016 24-25 BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI STUDI FIORENTINI 2015-2016 SOCIETÀ DI STUDI FIORENTINI ANNO 2015 e 2016 ANNO 2015 e 2015 PRESIDENTE Virgilio Carmine Galati VICEPRESIDENTE Alessandro Uras ECONOMO Ferruccio Canali DIRETTORE SCIENTIFICO Ferruccio Canali CONSIGLIO DIRETTIVO Soci fondatori Ferruccio Canali Giorgio Caselli Carlo Francini Francesco Quinterio Virgilio Carmine Galati Soci designati Giuseppe Conti Giovanna De Lorenzi Stefano Pagano Carlo Picchietti Alessandro Uras COLLEGIO DEI PROBIVIRI Giorgio Zuliani (Presidente) Enrica Maggiani Olimpia Niglio COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI Paola Pesci (Presidente) Bombina Anna Godino Assunta Mingrone La Società di Studi Fiorentini è una Associazione culturale, che si prefigge la promozione, con spirito scientifico, di studi di argomento fiorentino, favorendo la conoscenza della illustre civiltà fiorentina presente anche in altre realtà geografiche. L’Associazione promuove cicli di conferenze, dibattiti, convegni i cui esiti confluiscono nella pubblicazione di scritti e saggi raccolti in collane di studi («BSSF - Bollettino della Società di Studi Fiorentini» e «Letture»). La Società si rivolge pertanto a tutti coloro che, avendo a cuore i molteplici aspetti della ‘Fiorentinità’, siano interessati, associandosi ad essa, a seguire il progresso degli studi o a inviare i loro personali contributi scientifici. The Società di Studi Fiorentini (Florentine Studies Society)) is a cultural Association that promotes scholarly studies concerning Florentine topics, which aim at giving greater insight to the illustrious Florentine civilisation and of its presence in other geographical areas. The Association promotes conferente cycles, debates, meetings and publishes all papers and essays delivered in a studies series («BSSF - Bollettino della Società di Studi Fiorentini» and «Letture»). The Society, therefore, addresses to all those who, taking to heart the multiple aspects of ‘Florentinism’ (Fiorentinità), are interested in becoming a member in order to follow the studies progress or to those ho ish to submit and share their o n personal scientific contributions. Società di Studi Fiorentini e.mai: [email protected] www.societastudifiorentini.it <http://www.societastudifiorentini.it> Facebook: studifiorentini Società Studi Fiorentini Per associarsi Associazione Studi Fiorentini Via del Pino, 3 - 50137 Firenze Conto Corrente Postale: 14048508 IBAN: IT25 D076 0102 8000 0001 4048 508 L’adesione dà diritto al Socio: di ricevere il numero dell’anno relativo del «Bollettino della Società di Studi Fiorentini»; di partecipare alle iniziative societarie; di collaborare alle pubblicazioni, previa accettazione dei saggi da parte della Redazione del «Bollettino» sulla base della programmazione editoriale. L’ammontare dell’associazione è stabilito di anno in anno. Per Enti, Biblioteche, Musei, etc., tale quota è sempre assimilata a quella prevista per i Soci Sostenitori. Quote per gli anni 2015 e 2016 Socio Sostenitore (e per Soci eletti nelle diverse cariche sociali): € 80.00 Socio Ordinario € 40.00 BOLLETTINO SSF DELLA SOCIETÀ DI STUDI FIORENTINI PER AMOR DI CLASSICISMO Ricerche di Storia dell’Architettura e dell’Arte in memoria di Francesco Quinterio Progetto e cura scientifica di Ferruccio Canali Collana di studi storici ANNO 2015-2016 NUMERO 24-25 «BOLLETTINO DELLA SOCIETÀ DI STUDI FIORENTINI» COMITATO DI LETTURA E DI REDAZIONE Ferruccio Canali, Valerio Cantafio Casamaggi, Giorgio Caselli, Carlo Francini, Virgilio Carmine Galati, Olimpia Niglio, Stefano Pagano e Alessandro Uras DIRETTORE SCIENTIFICO: FERRUCCIO CANALI COMITATO SCIENTIFICO ITALIANO DIANA BARILLARI (UNIVERSITÀ DI TRIESTE), FERRUCCIO CANALI (UNIVERSITÀ DI FIRENZE), GIUSEPPE CONTI (UNIVERSITÀ DI FIRENZE), GIOVANNA DE LORENZI (UNIVERSITÀ DI FIRENZE), VIRGILIO CARMINE GALATI (UNIVERSITÀ DI FIRENZE), VALENTINA ORIOLI (UNIVERSITÀ DI BOLOGNA), ENRICA PETRUCCI (UNIVERSITÀ DI CAMERINO), MASSIMILIANO SAVORRA (UNIVERSITÀ DEL MOLISE), SIMONA TALENTI (UNIVERSITÀ DI SALERNO), ULISSE TRAMONTI (GIÀ UNIVERSITÀ DI FIRENZE), STEFANO ZAGNONI (UNIVERSITÀ DI UDINE) COMITATO SCIENTIFICO INTERNAZIONALE VITTORIA CAPRESI (UNIVERSITÀ TECNICA DI VIENNA-AUSTRIA), ROMEO CARABELLI (UNIVERSITÀ DI TOURS - FRANCIA), ROBERTO GOYCOOLEA PRADO (UNIVERSITÀ ALCALÀ DI MADRID - SPAGNA), ADRIANO MARINAZZO (MUSCARELLE MUSEUM OF ART - VA, USA), OLIMPIA NIGLIO (UNIVERSITÀ DI KYOTO - GIAPPONE), DAVID RIFKIND (UNIVERSITÀ DI MIAMI - FL,USA), KARIN TEMPLIN (SCHOOL OF ARCHITECTURE AND LANDSCAPE, KINGSTON UNIVERSITY DI LONDRA - INGHILTERRA), ARMAND VOKSHI (POLITECNICO DI TIRANA - ALBANIA) SOCI CORRISPONDENTI TOMMASO CARRAFIELLO (NAPOLI E CAMPANIA), BOMBINA ANNA GODINO (CALABRIA), ENRICA MAGGIANI (LIGURIA), LEONARDO SCOMA (SICILIA), MARIA ANTONIETTA URAS (SARDEGNA), GIORGIO ZULIANI (TRIESTE E ISTRIA) Proprietà letteraria e artistica: divieto di riproduzione e di traduzioni. La Direzione della Collana Editoriale, i Membri dei Comitati Scientifici e l’Editore non si assumono responsabilità per le opinioni espresse dagli Autori, né per la corresponsione di eventuali Diritti di Riproduzione gravanti sulle singole immagini pubblicate (i costi di tali eventuali Diritti d’Autore ricadranno infatti unicamente sull’Autore/i del saggio/i liberando sia la Direzione, sia la Redazione, sia i Comitati, sia i Soci della SSF, sia l’Editore di ogni eventuale obbligo al proposito); tale liberatoria resta comunque valida unicamente per l’edizione del contributo scientifico cui tali immagini sono connesse. È la Redazione che si prende cura della correzione delle bozze, per cui i testi consegnati dagli Autori vengono considerati definitivi: l’eventuale revisione delle bozze dovrà limitarsi alla sola revisione di eventuali errori di composizione (correzioni ulteriori sul testo composto non verranno eseguite). L’invio di contributi per la pubblicazione non implica né l’edizione degli stessi (per ogni contributo una “Valutazione di accettazione” verrà espresso dalla Direzione o dal Curatore/i che possono consigliare o ritenere indispensabili integrazioni o puntualizzazioni sia scientifiche sia bibliografiche sia redazionali da parte degli Autori, tanto da poter eventualmente esprimere anche parere negativo alla pubblicazione del materiale inviato); né una loro edizione immediata (i tempi verranno infatti stabiliti di volta in volta sulla base delle priorità o delle esigenze editoriali indicate dalla Direzione o dal Curatore/i, in relazione alla preparazione di numeri monografici). I materiali grafici e fotografici inviati, oltre che i testi, verranno comunque soggetti, sia come dimensione di pubblicazione sia come numero, al progetto editoriale approntato. Non si restituiscono i dattiloscritti, né le immagini, né i disegni pubblicati o non; il materiale inviato viaggia a rischio del mittente. La pubblicazione di foto, disegni e scritti da parte degli Autori implica la loro totale rinuncia alla corresponsione di ogni compenso di Diritto d’Autore o di rimborso spese sia da parte dell’Università, sia da parte della Direzione, sia da parte dell’Editore, trattandosi di pubblicazione scientifica e senza fini di lucro. Al momento dell’edizione le presenti condizioni si considerano accettate, anche tacitamente, da parte degli Autori a partire dalla consegna dei testi per la stampa (che da parte degli Autori è quella di inoltro alla Direzione o al Curatore/i). - PEER REVIEW I contributi scientifici inviati vengono valutati, per conto dei Comitati Scientifici e del Curatore, ai fini della procedura di peer review, da un Lettore interno, membro della Redazione, e da un secondo Lettore, individuato come Esperto (adottando la procedura di “clear peer review”, con indicazione, in ogni saggio, dell’identità dei due Lettori). Una ulteriore lettura viene poi svolta da un Lettore anonimo per la procedura di “blind peer review”. REFEREE PER AMOR DI CLASSICISMO. Ricerche di Storia dell’Architettura e dell’Arte in memoria di Francesco Quinterio «Bollettino SSF» », 24-25 2015-2016 di Ferruccio Canali PROGETTO E CURA GRAFICA: SBAF – FIRENZE (Ferruccio Canali e Virgilio Carmine Galati) REVISIONE EDITORIALE: Maria Natalina Brigliadori COPERTINA, LOGO E FASCETTA GRAFICA (p.1): Virgilio Carmine Galati e Ferruccio Canali PROGETTO E CURA SCIENTIFICA Il «Bollettino SSF» è stato registrato presso il Tribunale di Firenze al n.4777 del 2 marzo 1998 fino all’anno 2002. Poi è stato trasformato in “Collana editoriale” non potendo garantire regolari uscite periodiche. Il «Bollettino» è registrato nella “Lista delle Riviste scientifiche” dell’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca del Ministero della Ricerca Scientifica della Repubblica Italiana) aggiornata al 10 febbraio 2014; nel sistema U-GOV (sistema per la governance degli Atenei universitari italiana del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica); ed è registrato con codice di collana editoriale ISSN 1129-2800. Finito di stampare nel Giugno 2019 da Global Print S.r.l, Via degli Abeti 17/, Gorgonzola (MI) ISSN 1129-8200 - ISBN 978-88-98019-61-8 Copyright 2018 by EMMEBI EDIZIONI FIRENZE-Proprietà letteraria riservata SOMMARIO 3 EDITORIALE E INTRODUZIONE 5 Ferruccio Canali e Virgilio C. Galati SAGGI 10 Virgilio C. Galati TIPOLOGIE DI SALONI PER LE UDIENZE NEL QUATTROCENTO PADANO TRA FERRARA E MANTOVA 37 Giuseppe Conti e Marco Pescini CONSIDERAZIONI SULLA GEOMETRIA DI VOLTE GOTICHE IN TOSCANA. SAN GALGANO A CHIUSDINO DI SIENA, PALAZZO VECCHIO E ORSANMICHELE A FIRENZE 48 Alfonso Gambardella LEON BATTISTA ALBERTI E NAPOLI 55 Corinna Vasić Vatovec LUCA FANCELLI IN RELAZIONE CON LUDOVICO II GONZAGA E LEON BATTISTA ALBERTI: TEMI E PROBLEMI ATTRAVERSO UNA RILETTURA DELL’ “EPISTOLARIO GONZAGHESCO” 79 Stefano Borsi ECCE MURUS ADAMANTINUS. IL BUGNATO A PUNTE DI DIAMANTE DEI SANSEVERINO IN CAMPANIA (1466-1470) 91 Federico Bellini LA BASILICA DI LORETO NEL QUATTROCENTO 106 Giuseppe Rago IL CORONAMENTO MISTILINEO NEL QUATTROCENTO: LA QUESTIONE DEL PRIMATO TRA VENEZIA E FIRENZE E LA FORTUNA DI UN MOTIVO TRA TARDO GOTICO E RINASCIMENTO 123 Danila Jacazzi LA «TORRE ET MOLINO» DI LUCA BIGIAMI 132 Ferruccio Canali e Virgilio Carmine Galati ARCHITETTURE E ORNAMENTAZIONI DALLA TOSCANA AGLI ‘UMANESIMI BARONALI’ DEL REGNO DI NAPOLI ALLA FINE DEL QUATTROCENTO. PARTE IV: LA COMMITTENZA DEI DEL BALZO NEL SALENTO MERIDIONALE E A GIOVINAZZO 190 Marcello Scalzo SU UN DISEGNO INEDITO DI SCUOLA TOSCANA DI INIZIO DEL XVI SECOLO 198 Tommaso Carrafiello ECHI ALBERTIANI IN PROVINCIA DI SALERNO. TRE PORTALI CINQUECENTESCHI A MONTECORVINO ROVELLA ED EBOLI 210 Wolfgang Lippmann DALLA «CASA ALL’INDIANA» ALLA CASA A IMPIANTO OVALE. DISEGNI FANTASTICI DELL’ARCHITETTO DILETTANTE GIOVAN VETTORIO SODERINI (1526–1596) 228 Ferruccio Canali I “NOMI DELLA BELLEZZA”. LEMMARIO GENERALE DELL’ORDINE ARCHITETTONICO NELLA TRATTATISTICA ITALIANA DEL CINQUE CENTO. APPUNTI PER UN LESSICO. PARTE SECONDA (D-I) 240 Valerio Cantafio Casamaggi VIZIO E VIRTÙ NELLA FIRENZE LEOPOLDINA: UN DIBATTITO ERUDITO ALL’OMBRA DEL MARCHESE DE SADE 4 SOMMARIO 244 Enrica Petrucci e Francesco Di Lorenzo MATTIA E PAOLO ISIDORO CAPPONI: SCIENZA E TECNICA A JESI NEL XVIII SECOLO. NUOVI DOCUMENTI 254 Massimiliano Savorra abio setti “UN CAPOLAVORO DI BELLEZZA E DI ELEGANZA”: IL REALE ISTITUTO DI BELLE ARTI DI NAPOLI E UN PROGETTO DI FACCIATA DI ERRICO ALVINO 263 Simona Talenti L’INTERESSE PER L’ARCHITETTURA DOMESTICA TRA STORIA E PROGETTO. LA CULTURA ARCHITETTONICA FRANCESE NELLA SECONDA METÀ DELL’OTTOCENTO E GLI IMMEUBLES DI VIOLLET-LE-DUC 273 Ulisse Tramonti LA “CASA DI FULCIERI”. IL PALAZZO PAULUCCI DI CALBOLI, GIÀ DALL’ASTE DEL VESCOVADO, A FORLÌ 281 Ferruccio Canali ASMARA, LO SVILUPPO URBANO DELLA MILANO «BIANCA» DEGLI ALTIPIANI, DOPO IL NUOVO PIANO REGOLATORE DI VITTORIO CAFIERO (E ATTILIO TERUZZI CON LA CONSULENZA DI ALBERTO CALZA BINI) (1937-1939) 328 Massimo Germani IL I° MAGGIO MUSICALE FIORENTINO (1933) 339 Ferruccio Canali PIANI REGOLATORI DI CITTÀ NELL’ALBANIA ITALIANA: NUOVE PREVISIONI URBANISTICHE PER DURAZZO/ DURRËS (1942) 383 Ezio Godoli FIRENZE 1944-1948. SPERANZE DELUSE DI UNA RIFORMA DELLA FACOLTÀ DI ARCHITETTURA 393 Ferruccio Canali (con traduzioni dal Polacco di Giorgio Zuliani) UN INTERESSATO SGUARDO RETROSPETTIVO. L’IDEA DI NAZIONE POLACCA SECONDO IL ‘REALISMO SOCIALISTA’ ... E IL RESTAURO DEI MONUMENTI... JERZY FRYCZ E ... LE PAGINE DEL “RESTAURACJA I KONSERWACJA...” (1975) 425 DOSSIER PERCHÉ LEGGERE HANS SEDLMAYR OGGI? a cura di Giovanna De Lorenzi 437 RECENSIONI E APPUNTI Residenze nobiliari a Firenze nel Settecento: palazzo Bombicci e l’ex chiesa di San Romolo in alcune fonti inedite Assunta Mingrone, 438 Architettura e identità locali, vol. 1, a cura di Lucia Corradin e Francesco P. Teodoro, Firenze, Leo Olschki Editore, 2013, collana “Biblioteca dell’Archivum romanicum” Architettura e identità locali, vol. 2, a cura di Howard Burns e Mauro Mussolin, Firenze, Leo Olschki Editore, 2013, Collana “Biblioteca dell’Archivum romanicum” Gianni Giudice, 440 Gino Chierici tra Medioevo e Liberty, Progetti, Studi e Restauri nei disegni della donazione “Gino Chierici”, Catalogo della Mostra, a cura di Emanuela Carpani, Siena, Edizioni Cantagalli, 2014 Stefano Pagano, 441 SOMMARIO La Cultura militare veneta del Cinquecento con ... la Toscana nell’orizzonte. Palmanova, le fortezze venete “de Terra e de Mar” e la candidatura UNESCO L’Architettura militare di Venezia in Terraferma e in Adriatico fra XVI e XVII secolo, Atti del Convegno internazionale (Palmanova, novembre 2013), a cura di Francesco Paolo Fiore, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2014, pp.461 Ferruccio Canali, 442 L’occhio alato di Leon Battista Alberti. ‘Migrazione’ e inflazione di un simbolo divenuto icona pop: “QUID TUM”? Alberto Giorgio Cassani, con “Introduzione” di Massimo Cacciari, L’Occhio alato. Migrazioni di un simbolo, Torino, Aragno editore, 2014 Virgilio C. Galati , 445 Umberto Prencipe e la Toscana. Tra Modernità e Tradizione, Catalogo della Mostra (Lucca, Fondazione Ragghianti, 28 febbraio – 22 giugno 2014), a cura di Sabina Spinazzè e Teresa Sacchi Lodispoto, Lucca, Edizioni Fondazione Ragghianti Studi sull’Arte, 2014 Fabio Amico, 449 Incontri di Civiltà nel Mediterraneo. L’Impero Ottomano e l’Italia del Rinascimento. Storia, Arte e Architettura, a cura di Alireza Naser Eslami, Firenze, Leo S. Olschki, 2014 Costantino Ceccanti, 451 Guido Cirilli, Architetto dell’Accademia. Dal fondo “Disegni” dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, Catalogo della Mostra (Venezia, Magazzino del Sale, giugno-settembre 2014), a cura di Alberto Giorgio Cassani e Guido Zucconi, Padova, Il Poligrafo, 2014, pp.342 Maria N. Brigliadori, 452 Tra Storiografia e Critica: modelli economici e colturali di Al-Andalus (XI-XIV secolo ... per l’attualità magrebina Mohammed el Faiz, Agronomie et Agronomes d’Al-Andalus (XI-XIV siecle). Au service de l’agricolture familiale, Rabat, Age-Editions “La Croiséè des Chemins”, 2015, pp.239 Ferruccio Canali, 453 Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. Studi, fonti e interpretazioni di 450 anni di storia, a cura di Bert W. Meijer e Luigi Zangheri, Firenze, Leo S. Olschki editore, 2015, 2 voll. Costantino Ceccanti, 456 Mario Bevilacqua, I progetti per la facciata di Santa Maria del Fiore (1585-1645). Architettura a Firenze tra Rinascimento e Barocco, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2015, pp.354 Ferruccio Canali, 456 Federico Maniero, Cronologia della flora esotica italiana, Firenze, Leo S. Olschki Editore, 2015 Stefano Pagano, 458 La forme de la Ville de l’Antiquité à la Renaissance, a cura di Stéphan Bourdin, Michel Paoli, Anne Reltgen-Tallo, Rennes, Presses Universitaires de Rennes, 2015 Eugenia Valacchi, 458 Antonio Giamberti da Sangallo il Vecchio (1455-1534), note per una riacquisizione storiografica attraverso la “Biografia“ dell’Artista di Carl von Stegmann ed Heinrich von Geymüller (1885-1908) Chiara Vignudini, 459 L’architetto Enrico Dante Fantappie’ (1869 – 1951) e la costruzione della Cappella Toja presso il Cimitero delle Porte Sante a Firenze Alessandro Uras, 470 Mausolei e tribune ottagone nel primo Umanesimo baronale del Regno di Napoli. Il Mausoleo di Giovanni I Ventimiglia a Castelbuono (Palermo) Virgilio C. Galati, 473 483 VITA ASSOCIATIVA 484 IN MEMORIA DI FRANCESCO QUINTERIO (a cura di Ferruccio Canali) 486 RICORDI PER FRANCESCO QUINTERIO di Virgilio C. Galati , Alessandro Uras, Ferruccio Canali, Stefano Borsi, Federico Bellini, Adriano Ghisetti Giavarina 494 IL CONTRIBUTO STORIOGRAFICO-CRITICO DI FRANCESCO QUINTERIO. NOTE E APPUNTI BIO-BIBLIOGRAFICI (a cura di Ferruccio Canali) 505 UN TESTO INEDITO DI FRANCESCO QUINTERIO DE REGIMINE PRINCIPUM: DIOMEDE CARAFA E “I DOVERI DEL PRINCIPE” 520 UN REPERTORIO DOCUMENTARIO INEDITO DI FRANCESCO QUINTERIO I PRIMI ANNI DIFFICILI PER LA RINASCITA DELLA “SCUOLA DI ARCHITETTURA” DI FIRENZE NEL DOPOGUERRA (1949-1951) (con una nota introduttiva e a cura di Ferruccio Canali) 5 254 BOLLETTINO SSF, 24-25, 2015-2016 “UN CAPOLAVORO DI BELLEZZA E DI ELEGANZA”: IL REALE ISTITUTO DI BELLE ARTI DI NAPOLI E UN PROGETTO DI FACCIATA DI ERRICO ALVINO Massimiliano Savorra Nato dalla trasformazione dell’ex complesso di San Giovanniello, il Reale Istituto di Belle Arti di Napoli di Errico Alvino, definito «uno degli esempi più felici di tutta la produzione napoletana del XIX secolo», è stato analizzato, sia in riferimento alle trasformazioni urbane e alla riconversione del monastero in accademia, sia in rapporto alle successive, intricate fasi costruttive. Eppure, nonostante gli importanti studi apparsi, permangono molte zone d’ombra nella conoscenza della più rilevante opera del Maestro napoletano. Non si conoscono i progetti definitivi elaborati dall’allora Professore di Architettura. Né tanto meno si sono conservati i numerosi disegni autografi preparatori elaborati da Alvino che permetterebbero una lettura complessiva della successione delle diverse fasi progettuali. Per tali motivi, il rinvenimento di un progetto presso l’Archivio Centrale di Stato di Roma – diverso da quello effettivamente costruito – assume una importanza considerevole. ABSTRACT Born from the transformation of the former complex of San Giovanniello, the Royal Institute of Fine Arts in Naples by Enrico Alvino, described as “one of the most happy of all production Neapolitan Nineteenth century”, has been analyzed, both in reference to urban transformations and conversion of the monastery in the academy, and in relation to the next, intricate construction phases. Yet, despite the important studies have appeared, remain many areas in the knowledge of the most important work of the Neapolitan Architect. We do not know the final plans drawn up by the Professor of Architecture. Nor it has survived the many elaborate preparatory drawings signed by Alvino that would allow an overall interpretation of the sequence of the different project phases. For these reasons, the discovery of a project at the Central State Archive of Rome - than was actually built - takes on considerable importance. Commemorando l’allievo e amico Antonio Cipolla, Errico Alvino nel discorso pronunciato l’11 gennaio 1875 affermava che gli architetti moderni «fanno edifizî ammirevoli, quando si misurano co’ maestri dei tempi che furono; e le menti di tutti gli artisti di oggidì si fanno ad alti concetti soltanto allorché gli attingono agli esempi della nostra antica grandezza»1. Parole appropriate per l’Architetto che seppe interpretare le volontà di due committenze regali e di una trionfante borghesia postunitaria2, ma a ben vedere - ancor più calzanti per il Maestro che quella mattina di gennaio le declamava. Probabilmente Alvino pensava anche all’opera che lo aveva coinvolto da circa un decennio e che non sarebbe stata ultimata nemmeno alla sua morte, avvenuta il 7 giugno 1876. Proprio in quei giorni di gennaio, infatti, erano stati avviati i lavori di costruzione del nuovo lato occidentale del Reale Istituto di Belle Arti, l’edificio ritenuto da Giuseppe Damiani Almeyda un «capolavoro PEER REVIEW: FERRUCCIO CANALI E VIRGILIO C. GALATI PER CLEAR PEER REVIEW; LETTORE ANONIMO PER BLIND PEER REVIEW. Questo saggio fu scritto nel 2010 per un volume collettaneo, mai edito, su Errico Alvino. Ho accolto volentieri l’invito di Ferruccio Canali di pubblicare il mio testo, con aggiornamenti e modifiche, per rendere omaggio all’amico Francesco Quinterio. Con l’occasione delle Celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, i disegni di Alvino da me rinvenuti sono stati pubblicati con un testo di GEMMA BELLI in Architettare l’Unità. Architetture e istituzioni nelle città della nuova Italia 1861-1911, Catalogo della Mostra, a cura di F. Mangone e M.G. Tampieri, Napoli 2011, pp. 159-160. ABBREVIAZIONI IN USO: Roma, ACS = Archivio Centrale dello Stato, Roma; MPI = Ministero della Pubblica Istruzione; AABBAA = Fondo “Antichità e Belle Arti”. 1 Sulla spoglia mortale di Antonio Cipolla trasportata di Roma a Napoli nella cappella gentilizia al camposanto il dì 11 gennaio 1875. Questi discorsi leggevano Cesare Dalbono direttore dell’Istituto di Belle Arti e l’architetto Errico Alvino professore dell’Istituto di Belle Arti, s.l. s.d. [ma Napoli 1875], p. 10. 2 Nonostante il recente tentativo di PAOLO PORTOGHESI (Antonio Cipolla, architetto del Risorgimento, Roma, 2012), allo stato manca ancora un approfondito studio complessivo sull’opera di Antonio Cipolla. Si veda intanto: G. MIANO, Cipolla, Antonio, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, 1981, ad vocem; IDEM, Figure e voci per la città capitale, in Roma capitale. 18701911. Architettura e urbanistica. Uso e trasformazione della città storica, Catalogo della Mostra, Venezia, 1984, pp. 31-32; F. DI MARCO, Antonio Cipolla, architetto napoletano attivo a Bologna dal 1853 al 1872, «Il Carrobbio», XVIII, 1992, pp. 104-112. IL REALE ISTITUTO DI BELLE ARTI DI NAPOLI di bellezza e di eleganza»3, e definito dalla storiografia come «uno degli esempi più felici di tutta la produzione napoletana del secolo XIX»4. L’ex complesso di San Giovanniello è stato analizzato, sia in riferimento alle trasformazioni urbane e alla riconversione del monastero in accademia, sia in rapporto alle successive, intricate fasi costruttive5. Eppure, nonostante tali importanti studi, permangono significative zone d’ombra nella conoscenza della più rilevante opera del Maestro napoletano. Non si conoscono – se non intuitivamente per letture incrociate di documenti epistolari e di disegni di completamento ad opera degli allievi di Alvino – i progetti definitivi elaborati dall’allora Professore di Architettura. Né tanto meno si sono conservati i numerosi disegni autografi preparatori elaborati da Alvino per l’Accademia napoletana che permetterebbero una lettura complessiva della successione delle diverse fasi progettuali. Per tali motivi, il rinvenimento di un progetto per l’Istituto di Belle Arti di Napoli presso l’Archivio Centrale di Stato di Roma6 – diverso da quello effettivamente costruito – assume una importanza considerevole. Realizzato a china nera, rossa e blu su carta lucida spessa, il disegno raffigura la facciata principale disposta su due registri, più un terzo per le due ali sporgenti, e sormontata da una torre – comprendente un orologio e tre campane – in asse con il corpo centrale aggettante. Il primo registro è trattato come basamento a bugnato gentile scandito da paraste e aperture ad arco per tutta la sua estensione. La parte centrale inferiore, occupata dall’ingresso dell’edificio, è incorniciata da due figure leonine su basamento. Il secondo registro è invece organizzato, nella parte mediana, con ordine Corinzio binato e apertura ad arco in asse all’ingresso, e per il resto ritmato da aeree aperture ad arco più larghe rispetto a quelle del 255 registro inferiore. I due ordini sono intervallati da una fascia decorata con tondi che seguono la scansione delle aperture. Impostati su tre campate e inquadrati da paraste binate, i due corpi all’estremità sono coronati da un terzo ordine e da una copertura a tetto spiovente su tre finestre architravate con tondi. Il primo ordine della torre, impaginato con paraste, racchiude l’orologio, mentre in asse sul secondo ordine emerge la trifora con le campane. Al disegno del prospetto sono allegate tre planimetrie. Le tavole – senza alcuna scritta, ma tutte firmate in calce da Alvino7 – mostrano non pochi problemi di datazione e di interpretazione critica. Al fine di inquadrare opportunamente tale progetto, risulta dunque fondamentale rileggere la documentazione archivistica disponibile, soltanto in parte già nota, e talune fonti a stampa finora poco vagliate. 1. “L’edificio sepolto uscirà alla luce, farà parlare di sé ed acquisterà la sua vera importanza”: un problema di datazione Interrotti gli studi a causa delle vicende politiche, all’alba dell’unità nazionale gli allievi dell’Istituto di Belle Arti chiedono insistentemente di ricominciare a poter usufruire delle sale, sebbene insufficienti8, messe a disposizione negli ultimi piani del Museo Nazionale. Comunicata dalla direzione di quest’ultimo l’indisponibilità delle sale, il 4 luglio 1861 il Segretario generale del dicastero della Istruzione Pubblica scrive al Ministro competente, chiedendo l’acquisto di alcune fabbriche – iniziate l’anno prima per uso delle Camere Legislative – situate sulla piazza del Mercatello9. Nel settembre il Ministro della Istruzione Pubblica comunica al Direttore della divisione napoletana del Ministero che si potrebbe adibire 3 G. DAMIANI ALMEYDA, Storia dell’arte moderna italiana, a cura di M. Damiani, Palermo, 2005, p. 41. Il testo di Damiani fu scritto nel 1882 su richiesta di Josef Durm, quale contributo relativo all’architettura italiana contemporanea indicato come “Quarta Divisione”, per la redazione di un “Handbuch der Architektur”. Il piano editoriale fu variato con l’esclusione dell’arte contemporanea, per cui l’opera rimase inedita fino al 2005. 4 G. BRUNO, R. DE FUSCO, Errico Alvino architetto e urbanista napoletano dell’800, Napoli, 1962, p. 102. Opinione condivisa, tra gli altri, da G. ALISIO, Lamont Young. Utopia e realtà nell’urbanistica napoletana dell’Ottocento, Roma 1978, p. 116; M.L. SCALVINI, La scuola di architettura dell’Accademia napoletana e i suoi responsabili, in L’architettura nelle accademie riformate. Insegnamento, dibattito culturale, interventi pubblici, Atti del Convegno (novembre 1989), a cura di G.Ricci, Milano 1992, p. 224. 5 Oltre al noto volume di C. LORENZETTI, L’Accademia di Belle Arti di Napoli 1752-1952, Firenze, 1953, pp. 322-324, da ultimo, cfr. G. PUGLIANO, Errico Alvino e il restauro dei monumenti, Napoli, 2004, pp. 107-209. 6 Il progetto è stato rinvenuto nel fondo Ministero Pubblica Istruzione, Piante e tipi di edifici 1891-1895. Il fondo è formato da quattro buste attribuite all’Amministrazione delle Antichità e Belle Arti, che ha curato il versamento. Tuttavia, i materiali presenti non permettono l’identificazione dell’ufficio produttore mancando qualsiasi riferimento intrinseco ed estrinseco. Ma, poiché la maggior parte dei disegni presenti è relativa a sedi universitarie e a edifici monumentali, è stato ipotizzato che le carte del fondo siano state prodotte da un organismo esercitante competenze sull’intero apparato amministrativo del dicastero. In particolare, «tale organismo non può che identificarsi se non col Gabinetto o col Segretariato generale. Tenuto conto delle rispettive competenze, la paternità delle carte è da assegnare al Segretariato». Cfr. Roma, ACS, MPI, Piante e tipi di edifici 1891-1895, Inventario dattiloscritto 16/101, a cura di Matteo Musacchio, Roma s.d. 7 Roma, ACS, MPI, Piante e tipi di edifici 1891-1895, f. 14 Napoli. Progetto di Istituto di Belle Arti. 8 Cfr. Relazione sulle origini e riforme diverse del R. Istituto di Belle Arti di Napoli, Napoli, 1872, p. 14. 9 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 4 luglio 1861, inviata dal segretario generale Imbriani, al Ministro della Istruzione Pubblica (Torino). 256 MASSIMILIANO SAVORRA una parte del monastero delle domenicane in via Costantinopoli, già in corso di demolizione da parte del municipio napoletano per ottemperare a “causa di pubblica utilità”10. Come è noto, la zona era coinvolta in un processo di trasformazione urbanistica, con l’apertura di nuove strade e l’edificazione di nuovi edifici11. Pertanto, era vista con estremo interesse una eventuale metamorfosi del monastero in sede scolastica. Approvata dai Professori dell’Istituto di Belle Arti tale possibilità, si chiariscono con l’amministrazione municipale le parti da adibire a sede dell’accademia sulla base di una proposta elaborata da Enea Saponieri. Fin da subito appaiono evidenti le difficoltà dovute alla situazione in cui si trovava il complesso monastico, “oppresso” su tutti i lati da fabbriche addossate, che il municipio doveva demolire per l’apertura di tre nuove strade. Lasciando da parte le lunghe e difficoltose vicende riguardanti tanto l’iter di acquisizione, quanto la definitiva trasformazione dell’intero complesso avvenuta in maniera graduale e in massima parte alla morte di Alvino12, è utile soffermarsi piuttosto sulla questione della facciata non ancora del tutto chiarita. Il 20 luglio 1868, il direttore dell’Istituto, Cesare Dalbono, scrive: «Il Ministro della Istruzione Pubblica potrà finalmente compiere un’opera delle più importanti per ampiezza, magnificenza ed utilità e potrà farlo nel termine di pochi aiuti straordinari da esso conceduti. I lavori fatti fin oggi nell’interno del Monastero di San Giovanniello, lavori interni che potranno sempre essere proseguiti ed ultimati coi fondi ordinari dell’Istituto, non avranno giammai il loro compimento, o per dir meglio, il loro svolgimento, senza la riforma del prospetto principale, dalla qual riforma dipendono l’aggiustamento de numerosi locali interni di quel lato, la determinazione ed apertura degl’ingressi principale e secondari, l’apertura delle Scuole popolari di figura ed ornato, ma più di tutto dipenderà da ciò che il Ministero ritragga il giusto tributo di riconoscenza, quando quest’ultimo lavoro abbia mostrato al pubblico tutto ciò che è stato compiuto anche nell’interno dell’edificio»13. In questa occasione, Dalbono invia i disegni dello stato di fatto della facciata del monastero e della «riforma da farsi» elaborata da Alvino»14. Non è nota la portata di tale “riforma”, ma sta di fatto che nemmeno pochi mesi dopo, Alvino propone la soluzione – poi attuata – di isolare il complesso con lo spostamento delle tracce viarie circostanti il monastero. In tal senso, ipotizzato in un primo momento sulla via Santa Maria di Costantinopoli, il prospetto principale – a seguito delle continue variazioni dell’impianto distributivo e funzionale, e delle costanti riforme degli assetti planimetrici – trova dunque collocazione sulla cosiddetta strada “postica” di nuova apertura. Da una lettera del 3 novembre 1868, sappiamo che già dall’agosto 1864 il monastero in via di trasformazione iniziava ad essere pian piano utilizzato; facendo riferimento alla corrispondenza intercorsa con il ministero nel luglio di quattro anni prima, Dalbono scrive: «il ministro mi mostrava il pericolo se non la impossibilità di occupare S. Giovanniello prima che fossero aperte le nuove strade. Oggi saremmo ancora fuori e forse il Monastero sarebbe andato in altre mani. I quattro anni sono serviti a riformare l’interno, ed oggi con le nuove strade l’edificio sepolto uscirà alla luce, farà parlare di sé ed acquisterà la sua vera importanza»15. Gli entusiasmi di Dalbono sono giustificati dal fatto che a questa data sembrano essere già chiare nelle mente dell’artefice della trasformazione le linee da seguire circa l’aspetto finale da ottenere, come dimostra peraltro la lettera inviata alla fine dell’anno da Alvino al suo allievo Pisanti16. Nella seduta del 15 giugno 1869 il Direttore ricorda al Consiglio dei Professori dell’accademia lo stato dei lavori raggiunti e le difficoltà di provvedere a un rinnovato statuto poiché «le angustie di quella parte dell’edificio nella quale ci siamo, vorrei dire, accampati, qualunque novità avrebbe 10 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 31 dicembre 1863, inviata dal direttore capo della divisione napoletana del ministero al Ministro della Istruzione Pubblica (Torino). 11 Esiste un’ampia bibliografia sul tema. Si veda comunque G. ALISIO, Lamont Young. Utopia e realtà nell’urbanistica napoletana dell’Ottocento, Roma, 1978, 1993; A. BUCCARO, Il luogo in cui sorse, in Il Teatro Bellini 1864-1988, Napoli, 1989, pp. 24-32; G. BELLI, L’Accademia di Belle Arti di Napoli, in Architettare l’Unità. Architetture e istituzioni nelle città della nuova Italia …, cit., pp. 159-166. 12 Si vedano la documentazione in Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, bb. 139-153. Si rimanda inoltre al già citato studio della PUGLIANO (Errico Alvino e il restauro …, cit.) 13 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 20 luglio 1868, inviata da Cesare Dalbono, al Ministro della Istruzione Pubblica. 14 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 20 luglio 1868, inviata da Cesare Dalbono, al Ministro della Istruzione Pubblica. 15 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata 3 novembre 1868, inviata da Cesare Dalbono, al Ministro della Istruzione Pubblica, con allegato stralcio planimetrico. Si veda anche Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: decreto, datato Firenze 8 marzo 1870, del Ministro della Pubblica Istruzione. 16 Cfr. Lettera, datata Napoli 31 dicembre 1868, trascritta nel Carteggio Alvino-Pisanti (1863-1872), in P. CRACHI, Pisanti e Castrucci architetti a Napoli, Napoli, 1996, p. 119. IL REALE ISTITUTO DI BELLE ARTI DI NAPOLI turbato quel poco ordine che ci è stato possibile di mantenere, mentre il martello dell’operaio, sia del Municipio, sia dell’Istituto, imponeva spesso che fossero usciti gli alunni per assicurare un muro o per abbatterne un altro»17. Nella stessa occasione Dalbono ribadisce che «da molti anni il pubblico non ha veduto sulla strada di Costantinopoli che un muro di antico monastero non mai compiuto; ed era strano ed è ancora, che la deformità di quel prospetto annunzi un edificio il quale deve essere il tempio delle belle arti. Dal loto opposto non ha veduto il pubblico per molti anni se non gli avanzi di una scompigliata demolizione fatta in tempi diversi. Non passeranno oltre a pochi mesi, che uscirà alla luce un edificio il quale compiuto, sarà uno dei più belle della nostra città»18. Passano invece quattro anni. La riforma del regolamento didattico e l’insegnamento accanto a Mancinelli, Morelli e Angelini, da un lato, i lavori alle facciate del duomo napoletano e della cattedrale amalfitana, dall’altro, impegnano Alvino attivamente19. Dalla lettera dell’8 gennaio 1873, inviata da Dalbono al ministero, è possibile dedurre che a quella data l’Istituto aveva ancora un ingresso provvisorio, e che i lavori in corso seguiti da Alvino procedevano esclusivamente nelle parti interne: anzi, le opere di sistemazione erano vincolate a non compromettere gli esterni, poiché «dovendo in breve rimanere senza appoggio per le demolizioni avrebbero potuto mettere a rischio l’edificio»20. Le scuole vengono per questo sistemate nei tre lati disponibili, affinché il quarto lato, quello sulla strada “postica”, possa restare libero per collocarvi le sale d’esposizione e l’ingresso principale. Nella lettera su citata Dalbono fa riferimento a progetti di Alvino, presentati ai colleghi professori per l’approvazione del piano di distribuzione dei locali. Tali progetti, presumibilmente anche quello 257 per la facciata, hanno una battuta d’arresto per alcune complicazioni burocratiche, non ultima quella dell’affidamento ufficiale dell’incarico21. Allegato alla domanda presentata da Alvino per poter ultimare i lavori22, il verbale del 4 aprile 1873 – firmato anche da Raffaele Spasiano, Giuseppe Mancinelli, Domenico Morelli, Achille Carrillo, Gabriele Smargiassi, Tito Angelini, Cesare Dalbono – registra l’esistenza di una copia di un progetto presso il Ministero e descrive minuziosamente il progetto Alvino. Tale descrizione, precisa e assai dettagliata, tuttavia, non corrisponde al progetto da noi rinvenuto, ma ad uno più vicino a quello poi realizzato. In altre parole, è possibile dunque dedurre che vi sia stata l’elaborazione di un ulteriore progetto diverso da quello qui esaminato; un progetto, di cui non conosciamo ancora l’aspetto. Anche se i lavori proseguivano da anni secondo il piano di riordinamento proposto da Alvino, lasciando in sospeso la parte interessata all’erezione della facciata, è chiaro che la questione del prospetto principale, a questo punto, non poteva essere disgiunta dalla trasformazione in atto dei locali interni: con la richiesta dei nuovi spazi necessari ai professori e la collocazione delle scuole principali stabilita di comune accordo nel marzo 1873, mutava in qualche modo la disposizione della facciata. Va inoltre ricordato che furono fatte al contempo precise osservazioni – approvate da Alvino e dal consiglio dei professori23 – da parte del cavalier Spasiano, ingegnere capo del Genio Civile, circa la “riforma” dell’ingresso principale «non corrispondente alla grandezza ed importanza dell’Edificio» e che «precludeva pure l’accesso alle carrozze»24. Modificato da Alvino, il progetto – presentato da un atlante di dieci tavole in tela lucida, un prospetto di stima e una relazione – fu inviato al 17 Discorso pronunziato dal direttore del R. Istituto di Belle Arti in Napoli al consiglio dei professori nella tornata del 15 giugno 1869, Napoli, 1869, p. 11. 18 Ivi, pp. 11-12. 19 Sulle rinnovate facciate delle due chiese campane vasti sono i rimandi bibliografici. Per il duomo di Napoli si veda comunque M.L. SCALVINI, La facciata neogotica per il Duomo di Napoli nell’itinerario eclettico di Errico Alvino, in Il Neogotico nel XIX e XX secolo, Atti del Convegno, a cura di R. Bossaglia, Milano, 1989, pp. 383-397. Mentre per il caso amalfitano restano un punto di riferimento gli studi di GIUSEPPE FIENGO (Il duomo di Amalfi. Restauro ottocentesco della facciata, Amalfi, 1991; IDEM, La divinazione della facciata medievale del duomo di Amalfi, in La parabola del restauro stilistico nella rilettura di sette casi emblematici, a cura di G. Fiengo, A. Bellini, S. Della Torre, Milano, 1994, pp. 245-311). 20 Cfr. Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata 8 gennaio 1873, inviata da Cesare Dalbono, al Ministro della Istruzione Pubblica. 21 È bene ricordare che con decreto luogotenenziale, ben prima di individuare il monastero di San Giovanniello, il progetto di “compimento” dell’Istituto era stato affidato a Michele Ruggiero. Su Ruggiero, cfr. Alcuni monumenti sepolcrali fatti in Napoli da Michele Ruggiero, Napoli, 1851; C.N. SASSO, Storia de’ monumenti di Napoli e degli architetti che li edificavano dal 1801 al 1851, 2 voll., Napoli, 1858, II, pp. 186; C. MARTINEZ, Michele Ruggiero, «Bollettino del Collegio degli Ingegneri ed Architetti in Napoli», 18, 1900, pp. 41-44; A. FILANGIERI DI CANDIDA, Commemorazione di Michele Ruggiero letta all’Accademia Pontaniana nella tornata del 16 giugno 1901, Napoli, 1901; In memoria di Michele Ruggiero, Napoli, 1922. 22 Cfr. Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: domanda, f.ta da Alvino, allegata al verbale del 4 aprile 1873, f.to da Raffaele Spasiano, Giuseppe Mancinelli, Domenico Morelli, Achille Carrillo, Gabriele Smargiassi, Errico Alvino, Tito Angelini, Cesare Dalbono. 23 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli aprile 1873, inviata da Cesare Dalbono al Ministro della Istruzione Pubblica. 24 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 15 aprile 1873, inviata da Raffaele Spasiano del Corpo Reale del Genio Civile al Ministro della Istruzione Pubblica. 258 MASSIMILIANO SAVORRA ministero della Istruzione Pubblica il 19 maggio e da qui al ministero dei Lavori Pubblici il 21 giugno 187325. Tale progetto – è bene ribadirlo, noto soltanto grazie alla corrispondenza esistente – viene approvato dal Consiglio superiore dei Lavori Pubblici il 19 luglio26 e rispedito con alcune osservazioni al direttore dell’accademia napoletana che lo riceve il 14 settembre27. Leggermente ritoccato da Alvino, il progetto viene allora rimandato al ministero il 3 ottobre 187328, per essere definitivamente approvato dal Consiglio superiore dei Lavori Pubblici. Dunque, al 1873 esisterebbero versioni diverse del progetto, delle quali non conosciamo ancora linee essenziali e caratteristiche formali, ma che possiamo supporre essere quelle più vicine alla soluzione finale messa poi in opera dagli allievi di Alvino29. Per deduzione dunque, la datazione delle tavole rinvenute all’Archivio Centrale di Stato andrebbe fatta risalire a prima del 1873. E in particolar modo – ci sembra di poter sostenere – sarebbe da circoscrivere proprio intorno al 1868, quando l’entusiasmo di Dalbono era al massimo. Una conferma di tale ipotesi potrebbe venire dallo stralcio planimetrico inedito allegato alla già citata lettera del 3 novembre 1868, inviata da Dalbono al ministro della Istruzione Pubblica. Oltre a desumersi la portata delle trattative in corso tra municipalità e Istituto di Belle Arti circa le convenzioni sui fabbricati e i terreni circostanti l’impianto quadrilatero30, nella missiva e nel grafico è possibile dedurre sia le porzioni del complesso vendute dall’Istituto al comune, sia la zona prospiciente la nuova strada interessata all’erezione della facciata dell’edificio, ceduta dal municipio a favore dell’Istituto. A quella data, come è evidente dalla planimetria, è già definita in linea di massima secondo le intenzioni di Alvino la forma dell’impianto generale, «più euritmico e capace intorno all’ampio porticato che ne forma il più bello aspetto»31. Inoltre, risulta chiaro lo spazio ricavato dall’acquisizione di una porzione triangolare di terreno situata sul lato occidentale, dove sarebbe dovuta sorgere la facciata principale. Una stralcio planimetrico che corrisponde a un progetto definito negli aspetti generali e che coinciderebbe con le tre piante conservate in Archivio Centrale di Stato. 2. «Non è grande artista chi non bevve alle fonti della storia e delle lettere»: una questione di stile o di linguaggio? Nel ritrarre la personalità del maestro, Ferdinando de Rosenheim ricordava: «Convinto che le arti sono sorelle e dannosi l’un l’altra la mano, e non è grande artista chi non bevve alle fonti della storia e delle lettere, veniva inculcandocene di buon’ora il gusto, con l’opportuno ripeterci i più bei luoghi dello Alighieri, che sapeva pressoché tutto a mente, e degli altri italiani poeti»32. Non meraviglia pertanto che Alvino, professore di chiara fama e affermato professionista, utilizzi citazioni colte nel progetto per la facciata dell’Istituto di Belle Arti desunte da edifici medievali e rinascimentali. D’altro canto, l’interesse per questi ultimi verso la metà dell’Ottocento, come notava Paul Letarouilly, era dettato da considerazioni pratiche: erano infatti «costruiti per le necessità di un’epoca più simile a quella attuale, e la loro adozione è pertanto più agevole e diretta»33. I richiami ai modelli di facciata della rinascenza non risultano programmatici, ma le evidenti citazioni li rendono espliciti. Nel progetto per l’accademia napoletana, in prima istanza, il riferimento più evidente è all’idea di palazzo 25 Cfr. Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 20 maggio 1873, inviata da Raffaele Spasiano del Corpo Reale del Genio Civile al Ministro della Istruzione Pubblica. Si veda anche la lettera, datata Roma 21 giugno 1873, inviata dal Ministro della Istruzione Pubblica al Ministro dei Lavori Pubblici. 26 Cfr. Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Roma agosto 1873, inviata dal Ministero dei Lavori Pubblici al Ministero dell’Istruzione Pubblica. 27 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 14 settembre 1873, inviata Cesare Dalbono al ministro dell’Istruzione Pubblica. 28 Cfr. Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata Napoli 3 ottobre 1873, inviata Cesare Dalbono al ministro dell’Istruzione Pubblica. 29 Cfr. G. PISANTI, Ricordi autobiografici, Napoli, 1896, pp.16-17. Per le successive variazioni e scelte formali attuate, si rimanda inoltre a P. CRACHI, Pisanti e Castrucci architetti a Napoli, Napoli, 1996, pp. 63-64, e al già citato lavoro della PUGLIANO (Errico Alvino e il restauro …, cit.). 30 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata 3 novembre 1868, inviata da Cesare Dalbono, al Ministro della Istruzione Pubblica, con allegato stralcio planimetrico. 31 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 1860-1896, b. 139: lettera, datata 22 marzo 1873, inviata da Enrico Alvino al Ministro della Istruzione Pubblica. 32 F. De ROSENHEIM, Poche parole in morte dell’architetto comm.re Errico Alvino lette al collegio degli architetti ed ingegneri di Napoli, Napoli, 1876, p. 5. 33 La citazione è in L. PATETTA, L’architettura dell’eclettismo. Fonti, teorie, modelli 1750-1900, Milano, 1975, 1991, p. 315. IL REALE ISTITUTO DI BELLE ARTI DI NAPOLI toscano, sia per il bugnato sbozzato, sia per la torre campanaria sovrastante l’edificio34. Così come sono chiari i rimandi al palazzo Gravina, napoletano ma di matrice toscana: in particolare nel disegno delle finestre del terzo ordine poste nelle due ali sporgenti. Palazzi rinascimentali toscani che conservano memorie di architetture più remote costituiscono d’altra parte il filtro per cogliere i molteplici rimandi stilistici; non a caso, nell’articolo pubblicato nel 1844 dal titolo “Il palazzo Gravina al secolo XIX”, il giovane Alvino sosteneva che «il palazzo Gravina, a dire de’ migliori architetti di tutta Italia e fuori, è il solo tra nostri edifizi che senta della maestà romana, dell’antica magnificenza, sì nelle parti che nel tutto, nelle costruzioni, nelle finestre, nei pilastri, nelle cornici e via discorrendo, serbando bene il tipo delle fabbriche del secolo XV»35. A proposito della facciata, asseriva: «Io non istarò a dire perché il prospetto di quel Palagio sia bellissimo! Chi ha buona vista potrà vederlo di per sé, senza esser d’uopo per questo di ricorrere a Vitruvio e Palladio, le cui ombre sentendosi sì malamente nominare gridano vendetta. Dirò solo come in cima di tutte le bellezze di quell’edifizio sia il sodo bugnato del pian terreno, che tanto gagliardemente regge il piano nobile»36. Scritto in occasione delle polemiche sorte in seguito al restauro di Nicola d’Apuzzo, l’articolo di Alvino risulta testimonianza significativa di una «vocazione di gusto per quelle che saranno le persistenti scelte neo-rinascimentali»37. E per confermare l’idea di un’influenza toscana, in un clima generale di attrazione esercitato dalla 259 Capitale del Rinascimento38, va ricordato inoltre che, proprio quando si avviavano le fasi di trasformazione del complesso di San Giovanniello, Alvino – ricevuto l’invito di presentare un disegno per la facciata di Santa Maria del Fiore39 – aveva trasferito il suo studio a Firenze, conducendovi i suoi migliori allievi, tra cui Guglielmo Raimondi e Francesco Lomonaco40. Tuttavia, talune peculiarità formali del prospetto sembrano corrispondere – con le dovute cautele – ad elementi di architetture di matrice veneta, nello specifico veneziani. Ad esempio, le rispondenze con gli edifici di piazza San Marco sono davvero molteplici: il rapporto fra le ampiezze delle aeree aperture al secondo ordine e le coperture con tetti a falde delle scamozziane Procuratie nuove, la torre campanaria con l’orologio inserito in un quadrato perfetto, il bugnato di sansoviniana memoria. Non solo: la relazione tra magnificenza e utilità, tra dignità formale degli edifici pubblici e loro destinazione d’uso, caratteristica delle costruzioni cinquecentesche della Serenissima, emerge con chiarezza nel disegno complessivo alviniano. Certo, le fonti – in un continuo gioco di rimandi – potrebbero essere ricercate anche nei palazzi vicentini del Palladio o veronesi del Sanmicheli. Oltre all’amore tributato da Alvino a quelle città simbolo dell’unità nazionale, è nota l’ammirazione dell’Architetto, fin dagli anni del pensionato, verso «i classici monumenti di moderna architettura», che a Firenze e a Venezia «più che in qualunque altro luogo si ammirano, prodotti dai famosi Palladio, Sansovino, Sangallo»41. Del resto, si potrebbe altresì considerare – accanto all’influenza di taluni modelli stranieri42 – l’ipotesi di una derivazione da suggestioni romane di alcuni elementi presenti nel prospetto dell’accademia. Il tema dell’imitazione dall’architettura di Roma antica non era affatto 34 Una tale tipologia riscontrerà discreta fortuna presso gli allievi di Alvino; si noti ad esempio il progetto presentato da Alfonso Guerra al concorso per il palazzo di Belle Arti in Roma (1877). Cfr. C. GUERRA, Opere e progetti di Alfonso Guerra. Architetto e ingegnere napoletano, s.l. s.d. [ma Napoli, 1924], tav. III. Su Guerra si veda M. SAVORRA, Guerra Alfonso, in Dizionario Biografico degli Italiani, Roma, 2003, pp. 600-603, ad vocem. 35 E. ALVINO, Il palazzo Gravina al secolo XIX, in Piacevole raccolta di opuscoli d’arti belle scelti da autori antichi e moderni e ripubblicati a cura di Niccolò Laurenti e Francesco Gasperoni, vol. I, Roma, 1844, p. 319. 36 Ivi, p. 320. 37 V. LIPRANDO, Un’opera poco nota dell’architetto Errico Alvino, in Scritti in onore di Roberto Pane, Napoli, 1969-1971, p. 484. 38 Sull’influenza esercitata dall’ambiente fiorentino sugli artisti dell’accademia napoletana si veda, da ultimo, C. SISI, Firenze e le suggestioni della storia, in Domenico Morelli e il suo tempo, Catalogo della Mostra, Napoli, 2005, pp. 233-237. 39 Cfr. C. CRESTI, M. COZZI, G. CARAPELLI, Il Duomo di Firenze 1822-1887. L’avventura della facciata, Firenze, 1987. Si veda inoltre Due granduchi, tre re e una facciata, Catalogo della Mostra, a cura dell’Opera di Santa Maria del Fiore di Firenze, Firenze, 1987. 40 40. F. DE FUSCO, La Scuola napoletana nei concorsi per la facciata di Santa Maria del Fiore, Napoli, 1930, p. 43 41 Camuccini, direttore del pensionato napoletano, si fa interprete delle volontà dei borsisti Alvino e Salomone di visitare Firenze e Venezia dopo il soggiorno romano. Cfr. Archivio di Stato di Napoli, Ministero della Pubblica Istruzione, f. 499; documento cit. in F. MANGONE, Il pensionato napoletano di architettura, 1813-1875, in Civiltà dell’Ottocento. Architettura e Urbanistica, Catalogo della Mostra, a cura di G. Alisio, Napoli, 1997, p. 40. 42 Nella facciata dell’Accademia di Belle Arti possono leggersi appropriate analogie stilistiche anche con il prospetto della Pinacoteca di Monaco (Leo von Klenze, 1822-36). Cfr. A. VON BUTTLAR, Leo von Klenze. Leben, Werk, Vision, Monaco di Baviera, 1999, pp. 247-265. 260 MASSIMILIANO SAVORRA estraneo all’opera del Maestro43: a proposito del palazzo Benucci di Castellammare, ad esempio, Nicola Montella scriveva: «in generale possiamo dire che le colonne Ioniche del portone sono quelle dell’Anfiteatro Flavio; i pilastri del primo piano non han capitello con volute, ma una gola diritta con giuste proporzioni. Il corintio ne sembra ancora dell’Anfiteatro Flavio, come il cornicione è sui modi di quello che corona lo stesso monumento, diligentemente studiato ed ingentilito secondo il fare del cinquecento»44. Sempre Montella – in riferimento alla facciata della chiesa di Santa Maria di Piedigrotta realizzata da Alvino – ricordava che «gli architetti dei nostri giorni pongono tutto il loro studio a fare le opere di loro disegno il più che sia possibile nel puro stile romano antico»45. Il medesimo legame con l’anfiteatro Flavio è – se vogliamo – riscontrabile anche nella facciata dell’accademia napoletana, soprattutto se si considera la soluzione formale – adottata dagli allievi di Alvino, ma secondo il progetto generale del maestro – di trattare i prospetti in tufo giallo a faccia vista. A tal proposito, è stato recentemente sottolineato da Fabio Mangone, quanto il culto della “sincerità” materica si sia diffuso a Napoli intorno agli anni Ottanta grazie alla crescente attenzione verso le tradizionali tecniche artigianali e alla circolazione degli scritti di John Ruskin; culto che sarebbe alla base della scelta di Raimondi di adottare la tecnica musiva per le raffigurazioni previste da Alvino nella facciata del duomo amalfitano, «pur tributando il massimo rispetto all’impostazione stilistica studiata nei dettagli dal maestro scomparso»46. Sarebbe, dunque, lecito ipotizzare anche per il trattamento della facciata dell’accademia napoletana una forzatura del pensiero alviniano, esercitata da allievi (Della Corte, Pisanti, Veneri, Catalano) smaniosi di mettere in opera postume, le riflessioni del maestro47. Non risulta, infatti, dal disegno qui esaminato e dalle numerose carte d’archivio relative alla costruzione della fabbrica la presenza nelle intenzioni di Alvino dell’idea di un “vero materico”. Tuttavia, la questione sulla paternità della scelta del trattamento della facciata è ben lungi dall’essere liquidata. È indubitabile che esiste una molteplicità di elementi da considerare. In primo luogo, va ricordato che – al pari delle contemporanee ricerche dei pittori sul “vero” – verità della struttura e verità del materiale risultano essere temi affrontati anche dalla cultura architettonica, di cui Alvino è maggiore esponente48. Basti ricordare la dissertazione scritta da Giuseppe Damiani Almeyda per il celebre “Handbuch der Architektur” su “veristi” e “realisti” in architettura: per avere «in architettura il vero […] lo studio dell’antico dev’essere tenuto come principale guida e fondamento dell’arte nuova, la quale deve da quello, come per ragion logica, risultare»49; è nello scritto del 1882, che l’autore del Politeama di Palermo aveva definito la sede dell’accademia napoletana «un capolavoro di bellezza e di eleganza», tanto che «niun lavoro moderno di architettura può reggervi al paragone»50. Inoltre, come è noto, tra anni Sessanta e Settanta – nel periodo definito del “trionfo del vero”51 – sull’esempio dei contributi di una diffusa erudizione filologica, «la cura per l’esatta e dettagliata restituzione visiva dei fatti storici – quale garanzia di verità –diventa un imperativo costante»52. Cosicché, si potrebbe affermare che tanto in Pittura quanto in Architettura, a Napoli si profila la via della fedeltà al vero oggettivo che viene calcata attraverso esperienze dal comune denominatore. Non vanno allora sottovalutati sia i continui confronti, come su ricordato, nelle ripetute sedute ufficiali con i professori artisti dell’istituto (Giuseppe Mancinelli, Domenico Morelli, Achille Carrillo, Gabriele Smargiassi, Tito Angelini), sia gli incontri assidui di Alvino avvenuti nelle fasi progettuali con gli amici e 43 Si veda anche quanto Alvino asserì nella relazione iniziale affidatagli al “Primo Congresso degli Architetti e Ingegneri Italiani” svoltosi a Milano nel 1872. Cfr. G. BRUNO, R. DE FUSCO, Errico Alvino architetto e urbanista napoletano dell’800, Napoli, 1962, pp. 81-83. 44 N. MONTELLA, in C.N. SASSO, Storia de’ monumenti di Napoli e degli architetti che li edificavano dal 1801 al 1851, 2 voll., Napoli, 1858, II, p. 332. 45 MONTELLA, in C.N. SASSO, Storia de’ monumenti di Napoli …, cit., p. 334. 46 F. MANGONE, Morelli, l’Architettura e le Arti applicate, in Domenico Morelli e il suo tempo, Catalogo della Mostra, Napoli, 2005, p. 246. 47 Va ricordato che nelle facciate della chiesa di San Gennaro ad Antignano e del duomo di Cerignola, Pisanti lascia a vista il materiale utilizzato per il rivestimento. 48 Per di più, se fosse dimostrata l’attribuzione ad Alvino della chiesa del Cenacolo al corso Vittorio Emanuele, sarebbe un’ulteriore conferma delle idee del Maestro sul tema del rivestimento in tufo a vista. Cfr. R. LATTUADA, Antico e nuovo. Le fauci della mantide sull’Ottocento, «Napoli Nobilissima», V s., I, III-IV, 2000, pp. 133-137. 49 G. DAMIANI ALMEYDA, Storia dell’arte moderna italiana, a cura di M. Damiani, Palermo, 2005, p. 17 (vedi supra nota 3). 50 Ivi, p. 41. 51 Cfr. P. STIVANI, Il trionfo del vero nell’Italia postunitaria (1862-1873), in Il secondo Ottocento italiano. Le poetiche del Vero, Catalogo della Mostra, a cura di R. Barilli, Milano, 1988, pp. 74-84. 52 S. BORDINI, La storia, la verità, il vero, in L’Ottocento 1815-1880, Roma, 2002, p. 75. IL REALE ISTITUTO DI BELLE ARTI DI NAPOLI colleghi dell’accademia, tanto a Napoli quanto a Firenze53. Come non ricordare allora le parole di Domenico Morelli: «lo studio del vero nella esecuzione ha guidato gli intelletti colti a comprendere più altamente e penetrare più addentro nel concepire e rappresentare con verità l’idea da essi immaginati»54. Ricercare l’effetto del vero, illusionistico o materico, nel luogo par excellence dove si formano gli artisti si sarebbe espresso pertanto nell’esecuzione di una facciata che avrebbe palesato – finanche nella proposizione materica – l’amore e la conoscenza dell’antico e della storia. Forse solo così si spiega l’insistenza da parte del direttore dell’istituto a non intonacare l’edificio che «in molte parti ha l’aspetto di rovine»; come ricordava Cesare Dalbono: «sarebbe forse come ad imbiancare il Colosseo»55. 261 1 2 53 Oltre alla vicinanza di Morelli e degli altri pittori napoletani, va ricordata la frequentazione del Caffè Michelangelo nel lungo soggiorno fiorentino. Si veda Lettera, datata Firenze 27 luglio 1864, trascritta nel Carteggio Alvino-Pisanti (1863-1872), in P. CRACHI, Pisanti e Castrucci architetti a Napoli, Napoli, 1996, p. 117. 54 D. MORELLI, Filippo Palizzi e la scuola napoletana di pittura dopo il 1840, in D. Morelli, E. Dalbono, La scuola napoletana di pittura nel secolo Decimonono ed altri scritti d’Arte, a cura di B. Croce, Bari, 1915, p. 40. 55 Roma, ACS, MPI, AABBAA, Istituti di Belle Arti, 18601896, b. 139: lettera, datata 26 novembre 1873, inviata da Cesare Dalbono, al Ministro della Istruzione Pubblica. 4 3 262 MASSIMILIANO SAVORRA 5 6 7 8 Le immagini provenienti dall’Archivio Centrale dello Stato di Roma (Roma, ACS) vengono tutte edite per concessione alla pubblicazione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali della Repubblica Italiana, n. 1308/2015. 1 Errico Alvino, Progetto per la facciata del R. Istituto di Belle Arti di Napoli, 1868 ca. (Roma, ACS, MPI, Piante e tipi di edifici 1891-1895) 2 Errico Alvino, Pianta del piano terra del R. Istituto di Belle Arti di Napoli, 1868 ca. (Roma, ACS, MPI, Piante e tipi di edifici 1891-1895) 3 Errico Alvino, Pianta del primo piano del R. Istituto di Belle Arti di Napoli, 1868 ca. (Roma, ACS, MPI, Piante e tipi di edifici 1891-1895) 4 Errico Alvino, Pianta del secondo piano del R. Istituto di Belle Arti di Napoli, 1868 ca. (Roma, ACS, MPI, Piante e tipi di edifici 1891-1895) 5 Chiesa e monastero di San Giovanni Battista delle Monache su via Santa Maria di Costantinopoli, 1869 ca. (Roma, ACS, MPI, AABBAA, 1860-1896, b. 72) 6 Edificio destinato a sede del R. Istituto di Belle Arti e Pinacoteca Nazionale in Napoli. Stato attuale rilevato in maggio 1888. Veduta su via Costantinopoli angolo via Traversa Sapienza, oggi via Conte di Ruvo (Roma, ACS, MPI, AABBAA, 1860-1896, b. 75) 7 Edificio destinato a sede del R. Istituto di Belle Arti e Pinacoteca Nazionale in Napoli. Stato attuale rilevato in maggio 1888. Veduta su via Bellini (Roma, ACS, MPI, AABBAA, 1860-1896, b. 75) 8 Facciata dell’Accademia di Belle Arti di Napoli. Veduta su via Bellini (foto attuale) Per chi ha fatto della Storia e della Storia dell’Architettura il centro principale della propria vita - come è accaduto nel caso di Francesco Quinterio, nostro Socio fondatore oltre che Studioso, stimatissimo Professore di “Storia dell’Architettura” e Amico caro - non è difficile comprendere quanto possa essere ancora oggi dirompente mettere in agenda l’importanza della Storia in una Società che punta, invece, non solo a monetizzare ogni intervento e ogni azione, ma che in ambito culturale si mostra soprattutto propensa allo “Story telling” e alla sola divulgazione (una divulgazione che diviene deleteria quando non accompagnata da una ricerca seria e che si mostra, invece, virtuosa quando finalizzata al progresso culturale della Società). Riteniamo importante, insieme a chi ha voluto partecipare a questo volume in memoria di Quinterio, indirizzarsi piuttosto verso una visione della Storia, se non come magistra vitae (anche se vorremmo), almeno come ‘lettura’ della Società, come consapevolezza degli eventi, come ricerca delle radici e della “lunga durata” dei fenomeni, come difficile approccio di conoscenza e di apertura consapevole verso il futuro. Gli studi miscellanei che si propongono in questa raccolta, dunque, svolti dall’Età medievale a quella contemporanea, costituiscono non solo una messe di informazioni scientifiche di estrema rilevanza per gli àmbiti trattati, ma anche un preciso orientamento sociale, oltre che metodologico; una visione ancora utile che può permettere di ‘fare quadrato’ rispetto al sempre paventato «silenzio della Storia» e alla depauperazione dei contenuti scientifici e disciplinari di essa. Il “Bollettino SSF” ribadisce inoltre, dopo molti anni, la sua natura di classicistica ‘bottega rinascimentale’, di aperta ed eclettica ‘officina’ (il che era nello spirito che ne ha presieduto la fondazione); una ‘bottega’ nella quale Storia, Critica, Pensiero, Arte, Interpretazione grafica e Disegno, Architettura si arricchiscono reciprocamente e indissolubilmente si intersecano. Anche, e forse soprattutto, nell’epoca informatica ... For those who have made history and the history of architecture the main center of their lives - as happened in the case of Francesco Quinterio, our founding member as well as scholar, highly respected professor of “History of Architecture” and dear friend - it is not difficult to understand how it can still be disruptive to put on the agenda the importance of history in a society that aims, instead, not only to monetize every intervention and every action, but that in the cultural sphere shows itself above all inclined to “story telling” and to the disclosure only (a disclosure that becomes harmful when it is not accompanied by serious research and that instead is shown to be virtuous when aimed at the cultural progress of the Society). We consider it important, together with those who wanted to participate in this volume in memory of Quinterio, to focus rather on a vision of History, if not only as magistra vitae (but we wish), at least as a ‘reading’ of the Society, as awareness of events, as the search for roots and “long duration” of phenomena, as a difficult approach to knowledge and openness to the future. The miscellaneous studies that are proposed in this collection, therefore, carried out from the Medieval to the Contemporary Age, constitute not only a mass of extremely relevant scientific information for the covered areas, but also a precise social orientation, as well as methodology; a still useful vision that can allow us to ‘square’ with respect to the always feared “silence of history” and to the impoverishment of its scientific and disciplinary contents. The “SSF Bulletin” also reaffirms, after many years, its nature as a classicistic ‘Renaissance Bottega’, of open and eclectic ‘workshop’ (which was in the spirit that presided over its foundation); a ‘Bottega’ in which History, Criticism, Thought Art and Architecture are mutually enriched and inextricably intersected. Also, and perhaps above all, in the computer age ... ISBN 978-88-98019-61-8 € 70,00 9 788898 019618 Progetto e cura scientifica di