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1 FORMA E SIMBOLISMO NELL'ARTE SACRA Di Giuseppe Dalfino Sono le pietre che “parlano” e che insegnano al dotto e all’idiota attraverso un linguaggio universale come quello delle parabole affinché attraverso i simboli possano elevarsi alla comprensione del Divino. 2 Introduzione L’arte sacra come intesa all’inizio del suo concepimento oggi non esiste più. E’ infatti più corretto parlare di arte religiosa che non sacra. La differenza è tanto sottile quanto ampia. L’arte religiosa così come espressa e concepita oggi, è certamente legata alla rappresentazione di immagini sacre ma è ormai priva del suo contenuto simbologico che era invece alla base della cultura cristiana dei primi secoli fino a tutto il medioevo. Le stesse chiese sono ormai meri contenitori la cui costruzione è affidata ad architetti la cui formazione professionale non è certo quella di un Maestro d’Opera o dell’Architetto medievale che lavoravano seguendo un’arte del costruire. Quella concezione dell’arte non era per tutti ed era di natura non sentimentale o psicologica, ma ontologica e cosmologica, non il risultato del “pensiero” dell’artista, ma piuttosto come decodificazione attraverso forme e immagini di una realtà che oltrepassava i limiti dell’individualità umana per divenire quindi un’arte sopra-umana. 3 Per quanto le rappresentazioni del sacro varino a seconda del tipo di religione, tali invece posseggono una costante in comune, ovvero quella di esprimere le relazioni tra l’individuo e il mondo divino, nonché “il bisogno” di ogni individuo di cercare una comunione con i suoi simili come mezzo per raggiungere l’Essenza divina. Le religioni stesse si sono poi evolute, modificando le forme architettoniche dei luoghi atti a celebrarne i riti in funzione dei riti stessi, mantenendo una specie di continuità nell’arte di edificare ed elaborando, ognuna per se, un particolare modello architettonico difficilmente riscontrabile in altre religioni. Da ciò ne consegue che l’architettura sacra si è connotata di simbolismi teologici dipendenti dalle diverse impostazioni rituali. Volendo soffermarsi solo sulla religione cristiana, l’arte sacra, nelle sue varie espressioni, a cominciare dall’architettura, fu posta a servizio del rito liturgico e della celebrazione eucaristica, trasponendo il significato spirituale dei riti della chiesa in forme comprensibili e concrete. E’ edificante in proposito il quesito che pone lo scrittore Christian Jacq in merito alle cattedrali, in un discorso adattabile a qualunque forma di architettura di culto: Si conoscono molti particolari sulla storia delle chiese, sulle forme architettoniche, sullo stile delle sculture. Scuole interpretative avversarie si azzuffano pere scoprire quale sia stata la bottega di provincia che aveva il predominio in una determinata epoca […]Tutto ciò contribuisce a ricostruire un Medioevo a nostra immagine, contaminato di politica e di economia[…]la ricostruzione trascura le questioni fondamentali e cioè: che cosa desideravano trasmettere gli uomini che hanno creato la civiltà delle cattedrali e perché?1. Scopriamolo. L’origine delle arti è presentata inequivocabilmente in funzione del culto nel capitolo 36 del libro dell’Esodo, il secondo libro della Torah ebraica e della Bibbia cristiana, ed è forse il fondamento della concezione giudeo-cristiana dell’arte. Scendendo dal monte, sul quale aveva ricevuto da Dio le Tavole della Legge, e l'ordine relativo alla costruzione del Santuario e dei suoi arredi, Mosè chiamò gli artisti che il Signore aveva dotati di saggezza e d’intelligenza perché fossero in grado di eseguire i lavori della costruzione del santuario”, questi vennero istruiti perché facessero “ogni cosa secondo ciò che il Signore aveva ordinato”2.;a questo segue l'episodio del vitello d'oro e il conseguente allontanamento del popolo dall'idea di Dio. Quanto accadde impedì a Mosè di mettere in pratica quell'ordine, il quale nonostante tutto intercesse presso Dio, ed ottenne il perdono del popolo, quindi scolpì nuove tavole per ricondurre Israele sulla retta via che conduceva a Dio. Allora Mosé chiese al popolo un “contributo volontario” di quanto doveva servire materialmente al culto, e chiamò il primo degli artisti, Bezaleel, affermando che Yahweh stesso “l’ha 1 2 JACQ CHRISTIAN, Il segreto…. op.cit. p. 10 (Esodo 36,1) 4 riempito dello Spirito di Dio perché egli abbia saggezza, intelligenza e scienza in ogni genere di lavoro, per concepire progetti e realizzarli in oro, argento, rame, per intagliare le pietre da incastonare, per scolpire il legno e compiere ogni sorta di lavoro ingegnoso”3. Il “volontario contributo” da parte del popolo è segno di penitenza per il peccato d’idolatria, mentre la conseguente bellezza del santuario è segno dell’alleanza offerta da un Dio “misericordioso..., ricco di grazia..., che...perdona la colpa, la trasgressione e il peccato”4. La costruzione del Santuario pertanto rappresenta la manifestazione concreta del sentimento, e dell'aspirazione verso l'ideale di Dio che a quel punto può dimorare in mezzo al Suo popolo. Il Simbolismo Dal Tabernacolo e da Mosè si passa gradualmente verso i primi anni dell’era cristiana. Da Cristo vivente in poi una casa privata, la “Domus ecclesiae” (Casa dell’adunanza o della riunione), era il luogo in cui gli apostoli seguivano le Sue parole e dove Maria continuò a tener vivo il culto dopo la morte del figlio 5. Attraverso i secoli la ecclesia si è evoluta in un luogo architettonicamente “pensato”, dove ogni spazio assunse una specifica funzione finalizzato alla liturgia e dove, almeno fino a tutto il medioevo, specifiche forme come la croce greca o latina, avevano valenza simbolica. Ma il simbolismo non era solo nelle forme esterne, infatti nelle chiese con pianta longitudinale, l’asse che collega l’ingresso all’abside dove era contenuto l’altare, rappresentava “il viaggio verso Dio”, dove Dio stesso “viveva”. Il carattere essenziale dell’arte sacra prese ad essere quindi simbolico, atto a tradurre per mezzo di immagini la corrispondenza che collegava i diversi ordini della realtà, ed esprimere attraverso il visibile l’invisibile e ivi condurre l’uomo. La parola simbolo traduce il sostantivo latino sacramentum il quale, a sua volta, è usato in riferimento al termine greco mysterion “µ υστηριον ” che significa dottrina, cerimonia, pratica segreta. Attraverso un simbolo ancor oggi si fa riferimento ad una realtà complessa e articolata che da esso non viene rivelata e svelata completamente ma soltanto rappresentata e resa visibile alla mente e alla nostra capacità di percezione. Il concetto di simbolismo legato all’architettura dagli inizi dell’era cristiana si sviluppa nel medioevo, ovvero quell’evo che sta “nel mezzo” tra la fine dell’impero romano e il rinascimento. Sebbene tale definizione sembri quasi relegarlo alla funzione di “epoca di transizione”, (se paragonato al cosiddetto “Rinascimento”), o alla visione negativa che ne diedero gli umanisti di 3 (Esodo 35,31-33) (Esodo 34, 6-7) 5 Cfr Dura Europos, Siria. 4 5 “secoli bui”6, il medioevo fu invece crogiuolo di grande spiritualità dove l'arte aveva il compito di insegnare, di comunicare attraverso i simboli e le allegorie. L'uomo medievale era interessato al significato che illuminava le forme, e di conseguenza creò le forme stesse, pertanto il simbolismo divenne linguaggio universale, in qualità di mezzo che consentisse all'uomo di comunicare con le sfere superiori dell'esistenza. Oltre che della spiritualità il medioevo fu anche il secolo della pragmaticità, si diffuse infatti il pensiero filosofico di Roberto Grossatesta (1168-1253), secondo il quale l’anima dell’universo è ordinata dalla divina geometria Infatti, tutte le cause degli effetti naturali sono dati da linee, angoli e figure. Diversamente sarebbe impossibile conoscere il loro «perché».7 Questi concetti hanno come base lo studio del numero aureo ed avranno più largo sviluppo alle soglie del Rinascimento. De Divina Proportione Il “Rapporto Aureo” o numero aureo o costante di Fidia o proporzione divina è il rapporto esistente fra due segmenti di cui il più grande è medio proporzionale fra il più piccolo e la loro somma. Quindi la sezione aurea sarebbe il rapporto perfetto di proporzionalità per gli oggetti naturali e per lo stesso corpo umano, pertanto era frequente che tale rapporto fosse rispettato in architettura. La definizione del rapporto aureo viene fissata attorno al VI secolo a.C., ad opera della scuola pitagorica nell'Italia meridionale, dove secondo Giamblico, fu scoperto da Ippaso di Metaponto, che associò ad esso il concetto di incommensurabilità 8. La divina proporzione pertanto era proprio il rapporto aureo senza il quale “…moltissime cose de admiratione dignissime in philosophia, nè in alcun altra scientia mai a luce poterono pervenire”. Secondo questo principio Pacioli fu indotto a porre la costruzione geometrica del dodecaedro in rapporto con la Divinità, così esprimendosi: "Poichè Dio portò in essere la virtù celestiale, la quinta essenza, e attraverso di essa creò i quattro solidi ... la terra, l'aria, l'acqua e il fuoco ... così la nostra sacra proporzione diede forma al cielo stesso assegnando al dodecaedro ... il solido costruito con dodici pentagoni, che non può essere costruito senza la nostra sacra proporzione", e quindi se visto nell’ottica della Divina Proporzione e del Numero d’Oro, ogni edificio diventa quindi un corpo vivo. Il concetto secondo cui Cinque è il Numero dell’Uomo, nato dalla stella a cinque punte è alla base del rapporto aureo che viene ricondotta allo studio del pentagono regolare, un poligono a 5 lati nel cui numero i pitagorici scorsero l'unione del principio maschile e femminile (rispettivamente nella somma del 2 col 3). Alla fine dell’evo medio nel 1497 Luca Pacioli pubblicò il De Divina Proportione l’opera che sconvolse il mondo contemporaneo e determinò le future applicazioni in architettura sacra. I 6 7 Un valore “oscuro” che purtroppo, sporadicamente è conservato ancor oggi Dal "De lineis, angulis et figuris seu de fractionibus et reflexionibus radiorum " in R. Grossatesta, Metafisica della luce - Opuscoli filosofici e scientifici, a cura di P. Rossi, p. 129. 8 Giamblico, Silloge delle dottrine pitagoriche ca. 300 d.C 6 contemporanei con cui il Pacioli venne in contatto erano numerosi artisti del tempo, da cui molto apprese, tra cui Leonardo Da Vinci, che illustrò la sua opera, Leon Battista Alberti e Piero della Francesca. Il trattato nacque dalla volontà dell’Autore di diffondere la conoscenza delle proprietà del numero aureo e delle nuove esperienze algebriche e geometriche dell’epoca, attraverso un pensiero formulato sulla base degli studi sull’argomento, ed in particolare sulle lezioni di Piero della Francesca. Il numero aureo a sua volta identificabile con la cifra 1,61803, corrisponde ad una proporzione chiamata "divina" o "sezione aurea" che è presente in natura ma che è stata utilizzata anche dall'uomo per dare una dimensione gradevole ed armoniosa alle cose che ha creato. Le “forme” simboliche Come anticipato intorno al 200 d.C. le prime congregazioni cristiane si riunivano nella Domus Ecclesiae, una struttura annessa alla casa privata dove si celebravano i riti legati alla nascente liturgia. Lo spazio fruibile di queste prime strutture era costituito da un ingresso seguito da un Atrium dal quale poi si accedeva alla Domus. L’esempio più antico ed importante di Domus Ecclesiae risalente al 232 d. C., venne alla luce a Dura Europos, in Siria. Durante l’epoca delle persecuzioni essendo impossibilitati nel professare apertamente la loro fede, i cristiani si riunivano nelle aree cimiteriali sotterranee dette catacombe, dove dipingevano i loro simboli sulle pareti tra cui ricorrente era la figura del pesce. La parola in Greco antico per "pesce" era "ιχθυσ", le cui lettere poste verticalmente formano l’acrostico: ι = Iesùs χ = Christòs θ = Theòu υ = Uiòs σ = Sotèr ovvero Gesù Cristo Figlio di Dio il Salvatore. Per questo motivo la figura del pesce divenne il simbolo diffuso di Cristo, emblema e compendio della fede cristiana, un ricordo visibile per i cristiani poiché riconduceva all’idea della realtà spirituale qual’era appunto il Cristo Salvatore. Dopo la pace della Chiesa, con l’editto di Costantino, nel 313 d.C., che riconosceva al Cristianesimo una posizione ufficiale nell’Impero, cominciarono a definirsi nuovi spazi architettonici con funzioni precise, differenziate e inedite. Sul processo evolutivo verso forme definite fecero pressione due forze distinte e talora contrastanti: il sacerdote committente, custode della liturgia e l’architetto, custode dell’arte e creatore. Il primo pose le esigenze imprescindibili del culto, senza le quali l’edificio sarebbe stato svuotato della funzione cui era destinato; il secondo rivendicava i diritti del gusto, dell’armonia, delle forme, 7 della vitalità del manufatto, in mancanza dei quali, l’opera restava arida e non accogliente. Tra queste due forze si inserì poi una terza, meno vistosa, ma dura e fortemente presente: la materia. Partendo dalle forme delle basiliche del foro romano i cristiani crearono la nuova ecclesia, intesa come struttura stavolta, un edificio capace di contenere gli spazi adeguati alle funzioni liturgiche, che divenne l’espressione della propria architettura cultuale. Questa si sviluppava in senso longitudinale ed era composta da un atrio chiamato quadriportico, da un’aula centrale, costituita da una, tre o cinque navate, e da un’abside semicircolare. I diversi spazi in cui era suddivisa, servivano ad esprimere la struttura gerarchica e la diversità dei compiti all’interno della comunità dei credenti. La zona dell’abside era riservata al clero ufficiante, quella centrale, ai fedeli e quella in prossimità dell’ingresso ai catecumeni, ovvero coloro che si preparavano a ricevere il battesimo. Il valore simbolico della Basilica Dall’ingresso nella basilica doveva percepirsi una prospettiva, il cammino del credente verso la fede, la cui meta era rappresentata dall'abside e dal santuario. Il santuario è il luogo dov'è posto l'altare sul quale, nel rito cristiano, si celebra il mistero dell’Eucaristia, vertice di tutta la Liturgia, nel quale il pane e il vino divengono Corpo e Sangue di Cristo. L’altare rappresenta la tomba nella quale si manifestò la Resurrezione del Corpo di Cristo. Per i cristiani, esso simboleggiava il luogo della visione, in cui la luce di Dio giunge agli uomini per illuminarli, e la luce giungeva realmente dalle finestre, monofore o bifore, aperte nelle conche absidali che erano sempre rivolte verso est dove sorge il sole equinoziale. Così l’effetto luce era garantito e la navata si illuminava in una atmosfera quasi irreale stabilendo un rapporto fra l’ordine cosmico e l’ordine terrestre ovvero tra il divino e l’umano. L’officiante stesso era rivolto, sia con il viso che col palmo delle mani levate, verso il sorgere del Sole e quindi di spalle ai fedeli che seguivano il rito, usanza poi decaduta in favore di una supposta maggior comunicazione tra officiante e fedeli che ha indotto a modificare la posizione del sacerdote da oriente verso occidente. L’orientamento costituiva pertanto la prima e più importante fase del processo di edificazione di una basilica come di una chiesa di dimensioni meno importanti. Nella parola stessa è contenuta la sua posizione, e pertanto quando si parla di orientamento si dia per scontato che si debba indicare l’oriente, per cui è errato dire che una chiesa è orientata ad ovest. Seguivano altre due operazioni fondamentali che consistevano nel tracciamento del cerchio e infine degli assi cardinali che rappresentano il numero della Terra, il Quattro, così come il Cinque è il Numero dell’Uomo, nato dalla stella a cinque punte; Dieci è il Numero della compiutezza, della comunità che ritrova l’Unità 9. Le tre operazioni rappresentavano il simbolismo fondamentale del tempio con i suoi tre elementi: il cerchio, il quadrato e la croce. 9 JACQ CHRISTIAN, Il segreto…op.cit p.57 8 A partire dalla seconda metà del IV secolo 10 le chiese furono poi dotate di transetto, ovvero di un braccio trasversale alla navata, che conferiva simbolicamente alla pianta la forma di una croce, latina o greca. La croce non solo rievocava la passione del Signore, ma rappresentava il segno di colui che sarebbe apparso alla fine dei tempi in veste di giudice, simbolo perciò di speranza e di gloria, di redenzione e di esaltazione. Le cupole, elevate verso il cielo, simboleggiavano invece la volta celeste, segno della perfezione divina. Corona celeste imposta sulla casa di Dio. Il Battesimo Ulteriore funzione simbolica aveva il rito battesimale. Uno dei dogmi basilari per il pensiero cristiano è riferito nella Lettera di San Paolo ai Romani (6, 3-4), da cui si evince che il battesimo come rituale, oltre a comportare la cancellazione del peccato, porti insita l’idea di sepoltura e morte, intendendo per morte, quella del vecchio Adamo e una imitazione simbolica della morte di Cristo. Già dai primi decenni del III secolo si svolgeva in un ambiente distinto dalla sala di culto e comprendeva tre fasi distinte: • l’esorcismo e la rinuncia a Satana • il battesimo, • l’unzione con il crisma. Dall’ingresso, i battezzanti, si recavano nel catechumenion, dove ricevevano l’istruzione e venivano preparati spiritualmente a ricevere l’acqua lustrale. Si recavano poi nel battistero per il rito. I catecumeni durante l’esorcismo pronunziavano la rinuncia a Satana rivolti ad occidente, sede del peccato e della morte, e la professione di fede volti ad oriente. Successivamente, venivano unti con l’olio ed entravano nella vasca per la triplice immersione. Questo rituale ricordava i tre giorni trascorsi dalla morte di Gesù sul Golgota, alla resurrezione. Dopo il battesimo, in altro ambiente, consignatorium, i battezzati, venivano unti con oli sulla fronte e sugli organi dei sensi. Ricevuta la benedizione potevano passare nella chiesa per ricevere l’eucaristia. La forma del battistero era spesso circolare, a simmetria accentrata per permettere visibilità totale ed uniforme verso il punto centrale ove era collocata la vasca battesimale 11 che invece assumeva la forma geometrica dell’ottagono, dove il numero otto, simbolico per i cristiani, rappresentava le otto persone che si salvarono nell’arca, e le otto Beatitudini. Ma soprattutto evocava l’ottavo giorno, cioè il 10 Probabilmente la prima chiesa a croce latina della cristianità, fu quella di San Nazario, a Milano, fatta edificare da Sant’Ambrogio nel IV secolo. 11 Tra le diverse forme utilizzate per i battisteri, è particolarmente significativa quella ad otto lati, approvata da S. Ambrogio, che simboleggia l’alba dell’ottavo giorno dall’ingresso a Gerusalemme quando Cristo risorse e ai popoli venne concessa la vera salvezza. 9 giorno della risurrezione, della nuova creazione operata da Dio nel Cristo. Lo schema ottagonale diviene quindi simbolo di risurrezione e rigenerazione, l’elemento che lega il mausoleo dal punto di vista tipologico al battistero come luogo simbolico di risurrezione. Le arti figurative I cristiani d’ogni epoca accolgono l’invito rivolto da Cristo ai primi apostoli, “Venite e vedrete”, e sia nell’arte che nell’architettura essi “vedono”, seppur in immagine, la dimora e il volto di Chi li ha chiamati. L’immagine era pertanto il metodo più immediato per comunicare con una fascia di popolazione non colta che costituiva la maggioranza tra tardo antico e medioevo. Nella tarda antichità c’era infatti una netta distinzione tra letterati e illitterati, dove i primi erano quelli che conoscevano il latino e i secondi gli analfabeti, gli idioti ovvero quelli che si accontentavano di conoscere la sola lingua madre12. Era dunque compito dei dotti “tradurre” il Verbo in un linguaggio a tutti comprensibile, ed ecco come l'architettura religiosa, le sculture dei capitelli e gli affreschi avevano il compito di istruire i credenti. Si tratta di un linguaggio simbolico che anima dall’interno la materia lavorata da artigiani sapienti […].13. Dai primi anni del cristianesimo fino al medioevo, gli affreschi rappresentarono l’occasione per il fedele di “edificarsi” grazie alle scene sacre, intese come messaggi o valori immutabili, così le figure dei santi, la qualità didattica dei programmi iconografici, la descrizione classica dei racconti biblici e la loro importanza educativa rappresentarono i segni caratteristici attraverso cui la trasfigurazione spirituale dei fedeli si concludeva. Le scene principali erano dipinte nell’abside o sulle cupole perché gli artisti sapevano che i colori venivano più facilmente catturati dalla luce quando dipinti su una parete curva. Tra i temi rappresentati spicca quello della Deesis, forse il più attestato in assoluto nella decorazione delle calotte absidali14, dove il momento culminante del Giudizio Universale espresso dal Cristo Pantokrator è accresciuto non solo dall’epifania della Trinità, ma anche nel significato salvifico suggerito dalla presenza della Madonna e di San Giovanni che di solito affiancano la figura di Cristo15. Egli è ritratto nella posizione ieratica, solitamente con due angeli, uno per lato, insieme alle figure della Vergine, e S.Giovanni. 12 13 GUREVIC ARON JA., Contadini e santi. Problemi della cultura popolare nel medioevo, Torino p.3 JACQ CHRISTIAN, Il segreto della cattedrale 1980 Milano p.9 14 Ad esempio, nell’area tarantina, si ricorda la Deesis di S. Nicola a Mottola dell’XI secolo, a S. Lorenzo di Fasano del XII. Crescono di numero nel XIII secolo come a S. Giovanni e S. Vito dei Normanni, quella del Redentore a Taranto. Con maggiore libertà iconografica nel secolo successivo: S. Margherita a Mottola, S. Leonardo, S. Marina Nuova, S. Simone in Famosa a Massafra, in diverse chiese a Matera e nella chiesa del Padreterno a Castellaneta, CAPRARA CRESCENZI SCALZO 1990, p.12. La Deesis è molto frequente anche nel Brindisino, come a S. Vito dei Normanni e a Ceglie, mentre nel Leccese sarebbe rara, MEDEA 1939, pp. 39-41; FONSECA 1979, pp. 39-40. 15 Sul significato e l'origine della Deesis, FALLA CASTELFRANCHI 1991, pp. 53-5, con bibliografia precedente; In generale, per la nascita, lo sviluppo e le varianti simboliche e iconografiche, specie in area orientale: VELMONS, KORAĆ, ŠUPUT 1999, pp. 57-60; per le iconografie nel registro inferiore al di sotto della Diesis, pp. 60-2; sui programmi iconografici complessi, pp. 64-7. 10 Lo Spirito Santo scende all'interno di un cerchio sull’aureola del Cristo, chiudendo l'apice ideale della composizione. Questa iconografia rivela i concetti della divinità: Cristo, l’onnipotente che opera i suoi miracoli autorevolmente; Cristo, verità che insegna; Cristo, il legislatore. Un altro tema abbastanza frequente è quello dell’annunciazione dell’Arcangelo Gabriele di prossima maternità alla futura madre di Gesù, così descritta nel Vangelo secondo Luca: In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: "Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te […]Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; "16. Rappresenta il mistero della nascita, l’incarnazione di Cristo e, pertanto, il punto della salvezza dell'umanità, è una delle scene più rare attestate dai vangeli ortodossi in cui la Vergine compare. Nell'arte occidentale l'immagine della Vergine appare frequentemente nel ricevere l’Arcangelo Gabriele che diviene il personaggio principale della scena (dal momento che ne occupa la gran parte con le sue ali spiegate), e che dal XII secolo Gabriele è rappresentato in ginocchio davanti a Maria, seguendo l'uso feudale dei cavalieri che si inginocchiavano davanti alle grandi signore. La precisa allusione architettonica, presente in tutte le rappresentazioni dell’annunciazione, ben si presta a rappresentare la dimora di Maria nell’Annunciazione, ricalcando fedelmente il racconto evangelico che ne fa espresso riferimento nel passo in cui si legge Entrando da lei, disse […], riferito all’Arcangelo. Non è infrequente trovare nella scena la figura di Dio spesso raffigurato in scala ridotta rispetto alle ripartizioni architettoniche, come nel caso dell’Annunciazione di Pietro Lorenzetti, affresco del 1344 conservato nella Pinacoteca di Siena, e con un fascio di luce che fuoriesce dalla bocca, presente fin dal 1295 nel mosaico di Jacopo Torriti a S. Maria Maggiore in Roma17. La Dormitio Verginis, costituisce la fine del ciclo rappresentato perché tratta della morte di Maria e della sua successiva assunzione al cielo che avviene in anima e corpo perché Era conveniente che colei che nel parto aveva conservato integra la sua verginità conservasse integro da corruzione il suo corpo dopo la morte […]18. Pietro e Paolo e i discepoli di Gesù la circondano nell’iconografia tradizionale. Con la rappresentazione del ciclo Mariano la figura della Madonna, Maria (Maryam) madre di Gesù, assume un significato denso di contenuti, dove per ciclo Mariano si intende la raffigurazione di scene tratte dalla vita terrena della Vergine in cui compaiono temi ricorrenti quali l’Annunciazione, la 16 17 Lc 1, 26-38 SARI A., Iconografia dell’Annunciazione, in “Bibl. Francescana sarda”, 8, 1999, pp. 111-193; MARINONE CARDINALE M. s. v. Annunciazione, Dizionario Patristico e di antichità Cristiane, Casale di Monferrato 1983, I, pp. 216-18. 18 San Giovanni Damasceno 11 Visitazione, la Natività, l’Adorazione dei Magi, la Fuga in Egitto, le Nozze di Cana, la Pietà, la Dormitio, la Glorificazione. Conosciuta dalla chiesa ortodossa come Theotokos, Ella è la madre di Dio e la sede della sacra conoscenza. "Sede" indica la dimora e quindi trasmette immediatamente il senso della famiglia. È la conoscenza in se. È come dire che colui che è vicino alla Vergine è "partecipe della conoscenza", partecipe della stessa “conoscenza” di Maria. Ma "Sede" indica anche l'azione del costruire, gettare le fondamenta. L’importanza simbolica della figura di Maria è tale da occupare una posizione d’onore fra le donne nel Corano: È l'unica donna espressamente nominata nel libro; dichiarata un “Ayat Allah” o segno del dio ad umanità (23.50) la prescelta (3.42); purificata ed eletta tra tutte le donne del mondo (3.42); “…e sua madre era una veridica” (5.75); un avverarsi della profezia (66.12); un contenitore per lo spirito Divino respirato in lei (66.12); ha concepito il suo bambino grazie alla parola di Dio (3.45); e soprattutto esaltata tra tutte le donne del Mondo/Universo (3.42). Il significato dei colori I colori occupavano un posto fondamentale in ogni monumento dell'antichità. Attraverso i colori i cristiani esprimevano i loro simboli, seguendo una tradizione da sempre conosciuta sia in Oriente come in Occidente, attribuendo un valore particolare ad alcuni di questi. I requisiti dei colori da usare dovevano essere tali da sottolineare la valenza simbolica, ed avere luminosità ed intensità. Trattando poi di temi religiosi vi era la tendenza verso la ricerca della luce alla quale era dato valore simbolico in quanto “emanazione di Dio”, ed estetico in quanto risaltava i colori stessi. A proposito della luce leggiamo un passo tratto dal capitolo sulla Genesi della Bibbia La terra era informe e vuota, le tenebre coprivano la faccia dell'abisso e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. 3 Dio disse: «Sia luce!» E luce fu 19. Se ne deduce quindi che la luce è emanazione diretta di Dio, e costituisce pertanto il punto di partenza delle attribuzioni simboliche date ai colori. A questa prima scelta fa seguito l’Apocalisse di Giovanni20 dove sono descritti i Cavalieri dell'Apocalisse caratterizzati ognuno da un colore. Essi appaiono dopo l'apertura di quattro dei sette sigilli da parte dell'Agnello, Gesù Cristo, che a loro volta indicano i sette misteri del giudizio di Dio ed è Cristo stesso ad aprirli e quindi a svelarli. Il primo appare Quando l'Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, vidi e udii il primo dei quattro esseri viventi che gridava come con voce di tuono: «Vieni». Ed ecco mi apparve un cavallo bianco e colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona e poi egli uscì vittorioso per vincere ancora.21 Ecco che si delinea con forte impatto il significato attribuito al colore bianco, che determina 19 Gen. 1: 2 Apocalisse 6, 1-8 21 Apocalisse 6, 1-2 20 12 forza e purezza e che molto probabilmente rappresenta la vincita sull’Anticristo che verrà nel Giorno del Giudizio. E’ la volta del colore di più forte impatto tra tutti, Quando l'Agnello aprì il secondo sigillo, udii il secondo essere vivente che gridava: «Vieni». Allora uscì un altro cavallo, rosso fuoco. A colui che lo cavalcava fu dato potere di togliere la pace dalla terra perché si sgozzassero a vicenda e gli fu consegnata una grande spada22. Il simbolismo dato al colore rosso è tutt’altro che celato. Quando l'Agnello aprì il terzo sigillo, udii il terzo essere vivente che gridava: «Vieni». Ed ecco, mi apparve un cavallo nero e colui che lo cavalcava aveva una bilancia in mano. E udii gridare una voce in mezzo ai quattro esseri viventi: «Una misura di grano per un danaro e tre misure d'orzo per un danaro! Olio e vino non siano sprecati 23. Il cavaliere nero diviene simbolo di carestia e viene associato alle misure degli alimenti più preziosi quali l’orzo e il vino per cui si raccomanda che non vengano sprecati! Quando l'Agnello aprì il quarto sigillo, udii la voce del quarto essere vivente che diceva: «Vieni». Ed ecco, mi apparve un cavallo verdastro. Colui che lo cavalcava si chiamava Morte e gli veniva dietro l'Inferno. Fu dato loro potere sopra la quarta parte della terra per sterminare con la spada, con la fame, con la peste e con le fiere della terra 24. Quest’ultimo cavaliere sembra essere una combinazione dei cavalieri precedenti. Il giallo, attribuito di solito ai traditori e agli ebrei 25, mischiato col verde diviene qui identificativo della morte e del demonio. Segnati dal colore nero erano i sigilli dell’Ordine Monastico-Cavalleresco dei Cavalieri Teutonici, sorto in Terrasanta all'epoca della terza crociata ad opera di alcuni tedeschi (di Brema e Lubecca) al fine di assistere i pellegrini provenienti dalla Germania. Non esiste un cavaliere blu, ma possiamo dedurre che in quanto colore del cielo, esso divenne subito il colore associato alle divinità che rappresentano il cielo stesso, alla nobiltà, poiché prezioso e costoso era il materiale da cui era ricavato, e di conseguenza divenne il colore del maphorion della Madonna nelle rappresentazioni pittoriche, in uso dal XII-XIII secolo. Questi i significati base dei colori, le cui origini nascono come abbiamo visto, nel I secolo con Giovanni l’Evangelista che li codifica nell’Apocalisse, e che poi avranno una maggiore diffusione nel Medioevo. Durante i circa 10 secoli dei quali si compone l’evo medio, i gusti sono stati soggetti ai cambiamenti, ma ciò che ha reso stabile l’idea dei colori è la considerazione secondo cui il colore raccolga e condensi la dimensione emozionale ed immaginativa di un’esperienza. Si può dunque riassumere che le opere d’arte sacra, siano il segno di una devozione intensamente vissuta da intere popolazioni attraverso molti secoli, e l'arte presentata ai fedeli aveva il fine ultimo di edificarli spiritualmente e portare loro conforto. 22 Apocalisse 6, 3-4 Apocalisse 6, 5-6 24 Apocalisse 6, 7-8 25 giallo è infatti il colore del mantello di Giuda nella scena del bacio di Giotto ad Assisi 23 13