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Articolo “Iscrizioni, sigle e segni non alfabetici dai nuovi scavi nella Vigna Marini di Cerveteri (2012-2016)” (coautore con Fabio Colivicchi e Cristiana Zaccagnino), in Mediterranea 14, 2017, pp. 39-61.

tra Es Iscrizioni, sigle e segni non alfabetici dai nuovi scavi nella Vigna Marini di Cerveteri (2012-2016) tto Enrico Benelli, Fabio Colivicchi, Cristiana Zaccagnino Abstract Excavations conducted at Caere by Queen’s University, in the area known in archaeological literature as Vigna Marini, have revealed a long sequence of phases of occupation and a wealth of finds, including inscriptions, monograms and non-alphabetic marks, which are presented in this article. The archaeological contexts of provenance were often contaminated by later material, compromising their chronological value. However, there were also some well-preserved ancient levels: among them, a small semi-subterranean room that was deliberately filled up in the early 5th century BC. Architectural design and associated finds point to a ritual usage of this structure. Other than two personal names, the body of epigraphic material consists mostly of monograms and non-alphabetic marks, some of which have been previously encountered on Greek pottery, and interpreted as trademarks. Their occurrence on Etruscan pottery suggests that this hypothesis should be reconsidered. Keywords: Cerveteri, Vigna Marini, Etruscan inscriptions Il contesto archeologico L’area denominata nel XIX secolo Vigna Marini1, nota per il rinvenimento di terrecotte architettoniche prontamente avviate al mercato antiquario e disperse tra vari musei2, è stata oggetto di indagini scientifiche in tempi più recenti ad opera del C.N.R., con la prima edizione dell’Ipogeo di Clepsina e delle sue iscrizioni3, e poi dell’Università di Perugia, che ha proseguito l’esplorazione del monumento4. Le indagini sono riprese nel 2012 con gli scavi in concessione della Queen’s University nell’ambito di un progetto di ricerca sull’urbanizzazione in Etruria5. Lo scavo ha mes- so in luce una sequenza di fasi edilizie dalla tarda età del Ferro fino all’età romana imperiale. Lo scavo è stato preceduto da indagini non invasive, con una campagna di geo-magnetometria nella Vigna Marini e nei campi adiacenti fino all’area del santuario del Manganello6. Sono stati rilevati due sistemi di anomalie lineari, uno (A) visibile solo in una piccola area presso il margine del pianoro e allineato con i moderni limiti di proprietà, probabilmente moderno. L’altro (B) si estende su tutta l’area indagata e consiste di tracce tra loro parallele o ortogonali (Fig. 1). L’orientamento del sistema è 1 Sugli scavi ottocenteschi Nardi 2003, pp. 153-158; Colivicchi 2003, p. 14; Gaultier, Haumesser 2013, con bibliografia. 2 Sannibale et alii 2013, pp. 39 (Musei Vaticani), 44-45 (Berlin, Antikensammlung), 47 (Paris, Louvre), 50 (London, British Museum), 54-57 (Copenhagen, Ny Carlsberg Glyptothek; New York, Metropolitan Museum; Philadelphia, University of Pennsylvania), con bibliografia. 3 Cristofani 1986; Cristofani 1989; Cristofani, Gregori 1987. 4 Colivicchi 2003; Torelli, Fiorini 2008. 5 Colivicchi 2013; Colivicchi, Lanza, Scalici 2014; Colivicchi et alii 2016. 6 Le prospezioni sono state effettuate da Marco Di Lieto, Gregory De Martino e Enzo Rizzo delle ditte Di Lieto srl e Tomogea srl. Enrico Benelli, Fabio Colivicchi, Cristiana Zaccagnino tra Es 40 tto Fig. 1. Interpretazione della geo-magnetometria di Vigna Marini Vitalini e delle aree adiacenti. lo stesso del complesso dell’ipogeo e degli edifici scavati a Vigna Parrocchiale7. Una delle tracce più lunghe attraversa diagonalmente la Vigna Marini. Lo scavo ha mostrato che la traccia corrisponde ad un lungo muro fiancheggiato sul lato NE da una strada. Nella sua forma più recente la strada era basolata, anche se la pavimentazione è stata quasi completamente rimossa per reimpiego. L’intervento è datato all’età Giulio-Claudia dai materiali nello strato sabbioso su cui s’impostano i basoli. Al di sotto sono i resti di piani stradali in terra battuta, databili nella tarda età repubblicana, e infine la superficie accuratamente lisciata del banco roccioso. L’assenza di pavimentazioni più antiche potrebbe essere dovuta alla loro completa rimozione oppure al fatto che nelle fasi precedenti la sede stradale era tracciata direttamente sul banco affiorante. A NE della strada sono resti di strutture con fondazioni in blocchi squadrati di tufo, molto danneggiate dagli scavi ottocenteschi. L’area a SW della strada è divisa in due terrazze che regolarizzano il terreno in leggero pendio verso NW e sono occupate da edifici con fondazioni in blocchi di tufo. Sulla terrazza superiore si trova un piccolo ambiente semisotterraneo (E1) con scala di accesso. La struttura è costruita in blocchi, è completamente intonacata all’interno ed ha avuto diverse fasi edilizie. Il tetto, rinvenuto in stato di crollo, non appartiene al progetto originale. Anche la scala, originariamente una doppia rampa con parte centrale piana, è stata trasformata in una scalinata continua. La piccola stanza era stata quasi completamente colmata con un riempimento molto ricco di materiali. L’intervento è databile nella prima metà del II sec. d.C., L’esistenza di un orientamento costante nell’area è stata notata da Cristofani 1991, pp. 18-19, 53; M. Cristofani in Cristofani 1992, p. 57; Nijboer 1998, p. 149; Colivicchi 2003, pp. 37-39; Colivicchi 2014, p. 59. 7 8 9 Colonna 2007. Maras 2013. 41 offerta in quella che sembrerebbe una procedura ritualizzata di abbandono. L’operazione sembra databile tra la fine della repubblica e la prima età imperiale. Una seconda cisterna si trova nelle immediate adiacenze. L’accesso avviene attraverso una rampa di scale che sbocca in uno stretto e profondo ambiente sotterreaneo trasversale. A destra dell’ingresso si trova un lungo braccio orientato a SW, che termina in un’apertura circolare nel soffitto. Una grossa fogna di blocchi di tufo scarica dentro la cisterna attraverso questa apertura. A sinistra dell’ingresso, invece, si apre un tunnel che si dirige verso NE e termina in un pozzetto quadrangolare con pedarole. La cisterna è ancora in fase di scavo, ma il riempimento è ricchissimo di materiali della fine del I e prima metà del II sec. d.C. Entrambe le cisterne sono connesse alla ‘vasca’, che è fornita in un angolo di una sorta di giunto di pietra da cui si dipartono due tubi di terracotta formati da coppi affiancati, uno comunicante con il pozzo della prima cisterna e uno con un piccolo foro nel soffitto della seconda. Dall’angolo opposto della ‘vasca’ esce un altro condotto identico che si dirige verso l’angolo NW, seguendo la direzione del pendio, e raggiunge un ambiente con pavimentazione in grandi lastre di tufo grigio. Adiacente a questo pavimento si trova il pozzetto terminale del tunnel della cisterna 2. Una terza struttura in blocchi di tufo, probabilmente un’altra cisterna, è stata individuata a breve distanza. La struttura presenta profilo troncoconico e non ha tracce di rivestimento all’interno, ma è isolata da uno spesso strato di argilla pura che riempie l’intercapedine tra la parete interna e un secondo muro concentrico. I migliori confronti sono costituiti da strutture scavate a Veio10. Lo scavo non è stato completato, ma sotto il livello più superficiale e rimaneggiato da azioni recenti è comparsa una serie di strati contenenti abbondanti materiali archeologici della prima età imperiale. tto ma sono presenti anche alcuni pezzi più antichi, tra cui un’antefissa con Nereide su ketos, deposta con cura in un angolo accanto ad una grande pietra ovale nera, probabilmente serpentinite. Pietre nere del tutto simili sono state rinvenute in altri siti etruschi e Giovanni Colonna ha proposto di attribuirle al culto di Śuri8, divinità ctonia assimilabile ad Apollo e Veiove9. Nella terrazza inferiore sono state messe in luce strutture disposte intorno a quella che sembra una corte scoperta con al centro una vasca di cui rimane il fondo leggermente concavo, probabilmente parte di una sorta di impluvium, collegata ad un complesso apprestamento per la gestione e conservazione dell’acqua. Accanto ad un angolo della vasca si apre un pozzo circolare con pedarole che sbocca in una cisterna scavata nella roccia e intonacata. La conserva d’acqua è composta da un braccio a pianta quadrangolare e soffitto a ogiva che culmina in un’apertura quadrata delimitata da grossi blocchi, da cui si diparte un braccio più allungato con soffitto piano molto più basso. Il pavimento è in leggera pendenza verso l’angolo W del secondo braccio, dove si trova una vaschetta rettangolare con angoli arrotondati che corrisponde al fondo del pozzo, il quale serviva tanto a facilitare l’operazione di attingere acqua quanto a praticare la pulizia della conserva d’acqua. Il pozzo e parte della cisterna erano ostruiti da un accumulo di terra e pietre che sembra il risultato di un’azione unitaria. Nella vaschetta sul fondo del pozzo e lungo i lati adiacenti della cisterna è stato rinvenuto sotto i detriti un gruppo di vasi in buono stato di conservazione, un gancio di ferro e un grosso peso di terracotta. Almeno alcuni vasi erano disposti con cura, in piedi sul fondo della cisterna. Gli oggetti sono in gran parte funzionali all’uso della struttura - vasi per attingere e versare, oltre al gancio e al peso che dovevano servire a calare e sollevare i contenitori. Altri pezzi, in particolare due bicchieri a pareti sottili e due vasi decorati, potrebbero aver avuto anche funzione di strumento e/o oggetto di tra Es Iscrizioni, sigle e segni non alfabetici dai nuovi scavi nella Vigna Marini di Cerveteri (2012-2016) 10 Belelli Marchesini 2009, pp. 297-307; Latini 2015. Enrico Benelli, Fabio Colivicchi, Cristiana Zaccagnino tra Es 42 Gli scavi hanno interessato anche l’area del complesso dell’Ipogeo di Clepsina. In questo settore si sono conservati in misura maggiore contesti della tarda età del Ferro e Orientalizzante. In particolare si è proceduto allo scavo dei livelli pavimentali dell’edificio orientalizzante individuato negli scavi perugini ed è stato possibile correggere alcune ipotesi ricostruttive. Tracce di occupazione ancora più antica sono venute in luce a NE dell’edificio, dove si conservava parte di una pavimentazione in ciottoli sotto la quale era una tazza monoansata d’impasto del terzo quarto dell’VIII sec. a.C.11, mancante solo dell’ansa e probabilmente seppellita intenzionalmente. L’edificio orientalizzante fu distrutto da un incendio e i suoi resti furono coperti e in parte tagliati da edifici successivi con lo stesso orientamento, databili in età arcaica. La fase edilizia arcaica fu certamente importante, ma difficile da ricostruire per la distruzione di gran parte delle stratigrafie ad essa pertinenti. La struttura in migliore stato di conservazione appartenente al periodo precedente la costruzione dell’ipogeo è un sacello semisotterraneo a breve distanza dal cavedio del monumento medio-repubblicano (Fig. 2). Questa struttura costituisce anche uno dei principali contesti di provenienza dei materiali iscritti. Il piccolo ambiente è orientato NE-SO (1.77 x 1.54 m, profondo ca. 3.20 m), con scala di accesso sul lato SW. Strutture in parte simili, ma non identiche, sono venute alla luce sia alla Vigna Parrocchiale12 che a Sant’Antonio.13 La parte inferiore è scavata nel banco tufaceo, mentre quella superiore è costruita in blocchi squadrati di tufo. Sul lato SE si apre una piccola nicchia rettangolare scavata nella parete, mentre sul lato NW si apre una nicchia più grande che parte dal piano di calpestio con una sorta di piccola banchina costruita in blocchetti di tufo e tegole. Il lato NE presenta una nicchia simile a quella del lato NW, ma completamente 11 Il tipo è ben noto a Cerveteri sia in contesto funerario che abitativo (Cavagnaro Vanoni 1966, p. 119, tav. 43, t.164 Laghetto 1; p. 203, tav. 25, t.248 Laghetto 2; p. 217, tav. 43, t.323 Laghetto 2; Pohl 1972, p. 36, t.166 no. 1; p. 114, t.41, no. 2; p. 208, t.451 no. 1; Moscati 1993, p. 229 tipo 4, H 23.1-4). 12 Bellelli 2008; si veda anche Torelli 2017 per una diversa interpretazione. 13 Rampazzo 2011. tto Sul lato SW del cortile si trovano altri ambienti con fondazioni in blocchi, tra cui uno con una serie di pietre allungate e rozzamente sbozzate piantate verticalmente lungo il perimetro interno. L’interpretazione di questo singolare apprestamento è ancora del tutto ipotetica. Le pietre erano profondamente infisse e probabilmente non sporgevano sopra il livello pavimentale. Questo ambiente, che ha avuto diverse fasi, si sovrappone parzialmente ad una piccola cava profondamente tagliata nel banco tufaceo sottostante, che è stata obliterata con una grande colmata di terra e pietre. Il lato SE, che si trova sopra la cava, ha dovuto essere sostenuto da una profonda fondazione di blocchi di pietra. La procedura è del tutto analoga, anche se a scala ridotta, a quella adottata per la costruzione del tempio della Vigna Parrocchiale, che si sovrappone in parte ad una cava preesistente. Il riempimento della colmata è molto ricco di materiali arcaici, lo studio dei quali è in corso. In via preliminare l’operazione sembra databile tra il tardo VI e gli inizi del V sec. a.C. Altri segni di attività di cava sono visibili sulla superficie del banco roccioso nell’area adiacente. La maggioranza delle strutture messe in luce in quest’area si datano tra la media e la tarda età repubblicana, con una fase di particolare fervore costruttivo nel III sec. a.C., e sono rimaste in uso nella prima età imperiale, quando si verificano operazioni di entità più limitata, con rialzo dei piani pavimentali e piccoli interventi di rifacimento. I contesti archeologici delle fasi precedenti sono stati in buona parte obliterati, ma si conservano resti sia di piani pavimentali che di strutture databili tra la fine dell’età del Ferro e l’età arcaica. In particolare si è verificato che il lungo muro che attraversa l’area di scavo e costituisce l’elemento fondamentale di tutta la sistemazione urbanistica risale almeno fino all’età arcaica, anche se è stato più volte rialzato nelle fasi successive. Zaccagnino 2014. Trentacoste e Zaccagnino in Colivicchi et alii 2016. 16 Bellelli 2008, con bibliografia. Per l’importanza di questo periodo nella storia insediativa di Caere si vedano le 14 15 43 tto chiusa da blocchi di tufo. Il riempimento, costituito da terreno a matrice sabbiosa, conteneva frammenti di blocchi di tufo, numerosi frammenti ceramici, tra cui si segnala una lekanis frammentaria attica a figure nere,14 tegole, terrecotte architettoniche e ossa animali. Lo strato sembra essere stato deposto rapidamente e minimamente disturbato, visto il buono stato di conservazione delle ossa animali.15 L’operazione, che si può datare nei primi decenni del V sec. a.C., rientra in una fase di generale ristrutturazione di quest’area del pianoro che è particolarmente evidente alla Vigna Parrocchiale.16 In generale, lo scavo ha finora confermato la presenza in questo settore del pianoro urbano di un impianto urbanistico regolare la cui datazione risale almeno fino all’età arcaica, ma potrebbe essere stato definito nelle linee generali agli inizi del VII sec. a.C., dal momento che l’edificio orientalizzante scavato presso l’ipogeo di Clepsina presenta già lo stesso orientamento17. La cattiva conservazione delle strutture arcaiche limita la piena valutazione di questa fase, ma è certo che nell’area si trovavano edifici monumentali, testimoniati indirettamente dalle terrecotte architettoniche. Il piccolo sacello semisotterraneo, forse un predecessore dell’ipogeo di Clepsina, indica che almeno una parte dell’area aveva destinazione cultuale già prima della generale ristrutturazione dei primi decenni del V sec. a.C., diversamente dalla Vigna Parrocchiale dove il tempio sembra essere stato preceduto da strutture produttive18. Contesti del pieno V e IV sec. a.C. sono poco presenti, ma materiali residui tra cui terrecotte architettoniche confermano la continuità di occupazione e la presenza di edifici monumentali. Nel III sec. a.C. non si verifica solo la costruzione dell’ipogeo di Clepsina, ma una grande ristrutturazione di tutta l’area, che non altera il generale impianto urbanistico, ma lo rinnova in modo sostanziale. tra Es Iscrizioni, sigle e segni non alfabetici dai nuovi scavi nella Vigna Marini di Cerveteri (2012-2016) Fig. 2. Sezione NW-SE della nuvola di punti del sacello semisotterraneo. Il periodo tardo repubblicano e la prima età imperiale non vedono interventi di grande entità, diversamente dalla vicina Vigna Parrocchiale, ma l’area rimane intensamente occupata, come testimoniano gli abbondantissimi materiali. Una cesura sembra essersi verificata dopo l’inizio del II sec. d.C., quando ci sono segni evidenti di abbandono che si accompagnano al drammatico calo quantitativo dei materiali. Le iscrizioni dell’Ipogeo di Clepsina, databili agli inizi del III sec. d.C., testimoniano la continuazione della frequentazione dell’area, ma apparentemente in un panorama urbano molto diverso e più rarefatto. Tra i materiali rinvenuti nelle campagne 2012-2016 si segnalano alcune iscrizioni, sigle e segni alfabetici che qui si presentano per la prima volta. Gli strati di pertinenza non sempre possono essere considerati unità stratigrafiche affidabili. La maggioranza è stata rinvenuta in strati di formazione recente o comunque post-antica, risultanti da accumulo (UUSS 32, 33, 51, 227, 253, 507), attività agricola (UUSS 1, 18, 42) e scavi ottocenteschi e moderni (UUSS 23, 44, 61, 218). Non mancano però contesti antichi, sia della prima età considerazioni in Bellelli 2014, pp. 51-53. 17 Sull’impianto urbano generale di Caere si vedano le considerazioni in Ciuccarelli 2014, pp. 167-170. 18 Bellelli 2008, con bibliografia. Enrico Benelli, Fabio Colivicchi, Cristiana Zaccagnino Catalogo delle iscrizioni, sigle e segni non alfabetici Considerazioni generali Il materiale epigrafico viene presentato seguendo l’ordine dei contesti stratigrafici di rinvenimento. A parte le numerose sigle non alfabetiche, mono- e bi-letterali, si segnalano due sole iscrizioni complete, che restituiscono degli antroponimi (eni, seie: nn. 32, 51). Interessante anche la seconda testimonianza cerite di matrice di terracotta con iscrizione tracciata a crudo, una classe di iscrizioni particolarmente insolita (n. 43). Nel campo delle sigle, sono particolarmente importanti alcune nuove acquisizioni che mostrano come alcuni segni solitamente interpretati come trademarks legati al commercio delle ceramiche greche siano presenti anche su vasellame etrusco (nn. 6, 22, 36); la circostanza era già documentata da altri rinvenimenti, e indurrebbe a ripensare l’attribuzione linguistico-culturale quanto meno di alcuni fra questi marchi. Presenta qualche interesse anche un grande frammento di pietra calcarea con una coppia di sigle, che ricorda un manufatto analogo recentemente venuto alla luce nella vicina Tarquinia (n. 49). Indice epigrafico etrusco Iscrizioni, frustuli e sigle biletterali: ͡ac (o ͡ak) ca ẹni ve ṃ[ (o ṇ[) ma mi [? mi ×[ 22 4 32 6 42 20 35 40 pa seie ta fu[? ]er ]es · ×[ ?]v ]p̣a[ ]pu[ ]uc [? ]×χi[ 24 51 53 7 44 43 45 30 28 47 10 tto imperiale (UUSS 58, 74, 105) che della media e tarda repubblica (UUSS 133, 241, 248, 590), in genere con numerosi materiali residui che testimoniano la frequente distruzione subita dai livelli di età arcaica. Si segnala per la cronologia alta e lo stato di conservazione l’US 97, il riempimento del sacello semisotterraneo scavato presso l’ipogeo. F.C., C.Z. tra Es 44 Numerali: III IIIII XI[ 15 23 8 Sigle monoletterali: a ?]a ̣ e ẹ (o ṿ) p̣ (o ḷ) u χ 9, 18, 39, 41, 46, 51. 14 30, 33. 3 34 56 5, 17, 19, 25, 37. Sigle non alfabetiche: Alberello: 21 Ancora o mezza ancora: 1 Asterisco a sei punte: 16, 38, 48. Asterisco a otto punte: 27 Clessidra: 55 Contrassegno a vela: 6, 36 Croce: 11, 12, 26, 31, 50, 52, 54, 57. Intreccio di linee: 13. Semipentacolo: 2 Altre iscrizioni Sigle latine: 49 Segno irriconoscibile: 29 US 1 1. C.12.1.4. (Fig. 3) Frammento di piede ad anello di piatto in bucchero grigio; sigla non alfabetica graffita sotto il fondo esterno, non completamente conservata. Il graffito a forma di ancora (o mezza ancora) è già noto sulla ceramica etrusca; per alcuni confronti si veda (senza pretesa di completezza): Mengarelli 1937, p. 413 e 433, n. 4 (Cerveteri, ciotolina di tra Es Iscrizioni, sigle e segni non alfabetici dai nuovi scavi nella Vigna Marini di Cerveteri (2012-2016) 45 tto Fig. 3. Disegni dei reperti 1-12. Enrico Benelli, Fabio Colivicchi, Cristiana Zaccagnino 2. C.12.1.8 (Fig. 3) Frammento di piede ad anello in bucchero grigio; sigla non alfabetica graffita (pseudo-pentacolo) sotto il fondo esterno. La sigla ha una forma particolare, con pochi confronti; una molto simile è nota, ad esempio, da Populonia, sotto il piede di una ciotola-coperchio in impasto (Minto 1943, p. 273). La più somigliante, tuttavia, è senza dubbio quella incisa sull’orlo di un’olla di impasto da Lattes (Belfiore 2014, pp. 300-301, n. 9, e p. 309, fig. 18); il confronto è importante poiché questo centro mostra strette relazioni in campo di cultura materiale con quanto noto a Cerveteri. 3. C.12.1.9 (Fig. 3) Frammento di piede ad anello in bucchero; frustulo di iscrizione (o, più probabilmente, viste le dimensioni del grafema, di sigla), graffita sotto il fondo esterno. ẹ (o ṿ) Sia la e che la v sono sigle relativamente comuni sulla ceramica etrusca (cfr. ThLE, I2, s.vv.); per altri esempi di e cfr. qui i nn. 30 e 33; per una possibile v cfr. il n. 45. 4. C.12.1.10 (Fig. 3) Frammento di parete in bucchero; sigla biletterale graffita sulla faccia esterna. Lo spazio dopo il secondo grafema fa immaginare che non vi fossero altri segni. ca La sigla ca, che la cronologia dell’oggetto impedisce di identificare con la forma pronominale di fase recente, è relativamente frequente (cfr. ThLE, I2, s.v.), e ben attestata a Cerveteri, come anche altrove; è possibile che si tratti dell’abbreviazione di un prenome, anche se è impossibile avere qualunque certezza in questo senso. 5. C.12.1.65 (Fig. 3) Frammento di orlo di anfora in ceramica depurata; sigla monoletterale graffita sullo spessore dell’orlo. χ tto bucchero); CIE 10267 (Gravisca, piede di bucchero); Jonhnston, Pandolfini 2000, p. 92 e tav. 33, n. 688 (Gravisca, base di olla in impasto); Barbieri 2002, p. 15 e fig. 13, 19 (Viterbo, ciotola di bucchero); REE 51, 35 (Vulci, ciotola di impasto); Minto 1943, p. 275 (Populonia, base di impasto). tra Es 46 La lettera χ isolata compare con grande frequenza sulle ceramiche etrusche, ed è di gran lunga la sigla più comune, assieme alla a. Non si può escludere che vada identificata, almeno in una parte dei casi, con il numerale 50. Per un elenco di attestazioni aggiornato al 2006 si veda ThLE, I2, s.v.; altre attestazioni in questo gruppo di materiali: nn. 17, 19, 25, 37. 6. C.12.1.84 (Fig. 3) Frammento di orlo di olla in impasto (internal slip ware); sull’interno del labbro, in posizione capovolta (come di consueto su questo tipo di supporti), è graffita una sigla non alfabetica accompagnata da una sigla biletterale. ve Per quanto riguarda la sigla non alfabetica si veda infra, n. 36. Come notato nella scheda relativa, esiste almeno un’altra occorrenza da Cerveteri (una coppetta di bucchero dalla stipe votiva c.d. “Orto Consalvi”: Mengarelli 1937, pp. 427 e 435, n. 103) con il contrassegno accompagnato dalla sigla ve (sigla di per sé molto comune, e forse identificabile con l’abbreviazione di un prenome: cfr. ThLE I2, s.v.). Lo stesso accade almeno in un altro caso (ma forse due) in connessione con un contrassegno molto simile, tipo Johnston 12E. La prima occorrenza, l’unica certa, si trova su un’anfora attica del pittore di Montauban (già nella collezione del principe di Canino, poi acquisita da Jean Auguste Dominique Ingres e infine pervenuta, con la collezione del pittore, al Musée Ingres di Montauban, inv. MI 87.4.28: Landes, Laurens 1988, pp. 35-36, n. 11). La seconda potrebbe trovarsi su un’anfora a figure nere al Louvre, inv. F251; ma la notizia, presente in Johnston 1979, p. 139, 12E, n. 14, manca in Johnston 2006, p. 128, 12E, n. 14. Quest’anfora non figura neppure del catalogo di Briquel 2016, la cui accuratezza farebbe pen- 47 6480-6660) e dal santuario di Pyrgi (Pyrgi 1970, passim; Pyrgi 1992, pp. 151-152). US 61 9. C.12.61.8 (Fig. 3) Frammento di piede ad anello in bucchero; sigla monoletterale graffita sotto il fondo esterno. a tto sare che, fra le due edizioni del repertorio di Johnston, l’errore fosse nella prima. La cronologia della coppetta di bucchero edita da Mengarelli potrebbe essere latamente accostabile a quella dell’anfora di Montauban (solitamente accreditata di una provenienza vulcente per la sua storia collezionistica); anche la cronologia dell’olla qui presentata sarebbe compatibile con l’idea che si abbia a che fare con documenti approssimativamente coevi, due dei quali provenienti da Cerveteri. La presenza su ceramiche etrusche di segni di tipo non banale impiegati anche come trademarks su ceramiche attiche, come si è già accennato, non è priva di confronti, e nel lotto di materiale presentato in questa sede se ne trova un ulteriore esempio (n. 22). tra Es Iscrizioni, sigle e segni non alfabetici dai nuovi scavi nella Vigna Marini di Cerveteri (2012-2016) La lettera a isolata compare con grande frequenza sulle ceramiche etrusche, ed è di gran lunga la sigla più comune, assieme alla χ. Per un elenco di attestazioni aggiornato al 2006 si veda ThLE, I2, s.v.; per altri esemplari in questo gruppo di iscrizioni cfr. nn. 14, 18, 39, 41, 46, 51. 7. C.12.1.163 (fig. 3) Frammento di coperchio in bucchero grigio, con sigla biletterale, o frustulo di iscrizione, graffito sull’esterno. 10. C.12.61.18 (fig. 3) Frammento di piede ad anello sagomato in bucchero grigio; frustulo di iscrizione graffita nell’interno della vasca. fu[? ]×χi[ Le condizioni della superficie non permettono di capire se il testo sia frammentario o meno; nel primo caso, va notato che una sigla fu non appare sinora attestata; nel secondo, si può pensare a un’integrazione con uno dei numerosi antroponimi che iniziano con la sillaba fu, oppure con il teonimo Fufluns. US 32 8. C.12.32.111 (Fig. 3) Frammento appartenente all’ala di un’antefissa del tipo a Potnia Theron (cfr. in particolare Andrén 1939-1940, tav. 21, 71 (V:4); cifra numerale frammentaria incisa a crudo sul retro. XI[ Probabilmente la cifra deve essere connessa con l’assemblaggio delle antefisse sul tetto per il quale erano state realizzate; nella documentazione etrusca esistono altri casi assimilabili, che vedono l’impiego sia di lettere che di numerali, incisi o dipinti, sulle parti non in vista di terrecotte architettoniche di vario genere. La documentazione più ampia proviene dal tempio di Portonaccio a Veio (CIE È impossibile proporre qualunque integrazione. US 18 11. C.12.18.6 (Fig. 3) Frammento di piede ad anello di forma aperta in ceramica a vernice nera; sigla non alfabetica, frammentaria, graffita sotto il fondo esterno. La sigla è verosimilmente riconoscibile come parte di un segno a croce; questo segno è il marchio non alfabetico di gran lunga più comune su ceramiche etrusche. Non si può escludere che, almeno in qualche caso, potesse essere inteso come rappresentante il numerale 10, anche se la sua frequenza è tale che non può essere interpretato univocamente in questo senso. Per alcuni confronti, limitandosi a Cerveteri e senza pretesa di completezza: Mengarelli 1937, pp. 409-411 e 433, n. 1 (23 esemplari); Pandolfini 1992, fig. 367, E 28.1 (patera di bucchero); Rendeli 1993, fig. 516, Kc 25.3 e fig. 517, Kc 28.2, Kc 30.5 (piedi di ciotole-coperchio in impasto); REE 65-68, 42-46, 56, 58, 67. Per altri esemplari in questo gruppo di iscrizioni cfr. nn. 12, 26, 31, 50, 52, 54, 57. Enrico Benelli, Fabio Colivicchi, Cristiana Zaccagnino 13. C.12.23.47 (fig. 4) Frammento di piede ad anello di ceramica depurata con tracce di vernice rossa; sigla non alfabetica, formata da un intreccio di linee, graffita sotto il fondo esterno. US 44 14. C.12.44.14 (fig. 4) Frammento di parete di coppetta in bucchero; la singola lettera (frammentaria) restante, graffita nell’interno della vasca, potrebbe essere una sigla monoletterale, anche se non si può escludere che rappresenti il termine di un’iscrizione. ?]ạ Cfr. qui scheda n. 9; si vedano anche i nn. 18, 39, 41, 46, 51. zione Gorga: serie di tre tacche ripetuta due volte, insieme a due croci e iscrizione tite, sotto il piede di ciotola a vernice rossa). 16. C.12.44.49 (Fig. 4) Piede ad anello di ciotola-coperchio in impasto; sigla non alfabetica (asterisco a sei punte) graffita sia sotto il fondo esterno che nell’interno della vasca. L’asterisco a sei punte, che potrebbe rappresentare la cifra numerale per 100, è uno dei graffiti più comuni su ceramiche etrusche di ogni tipo. Per alcuni confronti da Cerveteri, senza pretesa di completezza, si veda ad esempio: Mengarelli 1937, p. 430 (e 435), nn. 131-132 (quest’ultimo con numerale V); Rendeli 1993, fig. 509, Kb 12.5 (orlo di olla in impasto), fig. 516, Kc 25.3 (piede di ciotola-coperchio in impasto); REE 65-68, 47 e 68. Per altri esemplari in questo gruppo di iscrizioni cfr. nn. 38, 48. tto US 23 12. C.12.23.33 (Fig. 3) Piede ad anello di ciotola-coperchio in impasto; segno a croce graffito sotto il fondo esterno. Cfr. qui scheda n. 11; si vedano anche i nn. 26, 31, 50, 52, 54, 57. tra Es 48 17. C.12.44.52 (fig. 4) Frammento di orlo di olla in impasto (internal slip ware); sigla monoletterale graffita in posizione capovolta (come di consueto su questo tipo di supporti) sull’interno del labbro. 15. C.12.44.47 (Fig. 4) Frammento di orlo di olla in impasto; serie di tacche (cifra numerale?) solcate a crudo sull’interno del labbro. χ III US 218 18. C.13.218.25 (Fig. 4) Frammento di piattello in bucchero grigio; sigla monoletterale graffita sotto il fondo esterno. a Serie di tacche simili sono largamente diffuse sulla ceramica etrusca: per alcuni confronti (senza pretesa di completezza): Rendeli 1993, fig. 505, Ka 14.5 e fig. 506, Kb 1.7 (Cerveteri, orli di olle in impasto); REE 65-78, 70 (Cerveteri, orlo di olla in impasto); Chiaramonte Treré 1999, tav. 41,2 (Tarquinia, piede di ciotola-coperchio in impasto); CIE 11307, 11326, 11328 (Sovana, piedi di ciotole e piattelli in ceramica a vernice nera), 11321 (Sovana, piede di bucchero); REE 73, 56 (Ferento, piede di bucchero); REE 55, 10 (Cetamura, piede in ceramica a vernice nera); Sassatelli 1994, p. 49, n. 65 (Marzabotto, ciotola di argilla depurata); Paoli, Parrini 1988, p. 35, n. 57 (Spina, ciotola in ceramica a vernice nera); REE 70, 43 (Colle- Cfr. qui scheda n. 5; si vedano anche i nn. 19, 25, 37. Cfr. qui scheda n. 9; si vedano anche i nn. 14, 39, 41, 46, 51. 19. C.13.218.30 (Fig. 4) Frammento di piede a tromba in bucchero; sigla monoletterale graffita sull’orlo interno del piede. χ̣ Meno probabile un’interpretazione come numerale III. Cfr. qui scheda n. 5; si vedano anche i nn. 17, 25, 37. tra Es Iscrizioni, sigle e segni non alfabetici dai nuovi scavi nella Vigna Marini di Cerveteri (2012-2016) 49 tto Fig. 4. Disegni dei reperti 13-24. Enrico Benelli, Fabio Colivicchi, Cristiana Zaccagnino 20. C.13.218.31 (Fig. 4) Frammento di piede ad anello di forma chiusa in bucchero; sigla biletterale graffita sotto il fondo esterno. Si tratta di una sigla piuttosto rara (cfr. ThLE, I2, s.v.), e finora non attestata a Cerveteri; il supporto impedisce una sua identificazione con il lessema ma, che indica solitamente un segnacolo funerario. 21. C.13.218.33 (Fig. 4) Frammento di piede ad anello in bucchero grigio; sigla non alfabetica (“ramo secco”, o alberello a tre coppie di “rami”) graffita sotto il fondo esterno. I graffiti ad alberello, con numero di “rami” variabile fra i due e i cinque-sei (e oltre), sono molto diffusi sulla ceramica etrusca. Per qualche confronto del solo tipo a tre rami, senza pretesa di completezza, si veda: CIE 8765 (Pompei, ciotola di bucchero); REE 71, 58 (Avella, ciotola di bucchero, due contrapposti); Chianciano Terme 1986, p. 150 n. D15 (Chianciano Terme, piattello di bucchero); Sassatelli 1999, p. 37, n. 40 e p. 76, n. 92 (Marzabotto, kyathos miniaturistico e brocca in argilla depurata); REE 41, 25 (Spina, ciotola in ceramica attica a vernice nera: trademark?); REE 42, 43b (Spina, spalla di anfora: trademark?); Ferrara 1993-94, p. 354, n. 886 (Spina, ciotola in ceramica a vernice nera); Reggio Emilia 1990, tav. LXIX, n. 9 (Reggio Emilia, Casale di Rivalta, ciotola in ceramica depurata); De Caro 1986, tav. LX, 350 (Pompei, ciotola di bucchero). 22. C.13.218.34 (Fig. 4) Frammento di base piana, leggermente rilevata, in bucchero grigio; sigla biletterale graffita sotto il fondo esterno. ͡ac (o ͡ak) Le due lettere sono in legatura, con ductus destrorso. Anche in questo caso, come in quello già incontrato (cfr. nn. 6 e 36), il segno appare catalogato tra i marchi su ceramica attica (1B di Johnston 1979, pp. 88-89; Johnston 2006, p. 68), con una diffusione piuttosto ampia, che coinvolge non solo l’Etruria propria, ma anche Bologna, Taranto e la Sicilia. Un contrassegno apparentemente appartenente a questo gruppo, edito in Stephani 1869, II, pp. 195-196, n. 1527 (e tav. XIV), presenta la a con un’appendice inferiore che la rende estremamente simile al contrassegno documentato in questo gruppo di materiali ai nn. 6 e 36; vi è inoltre, sul medesimo vaso, un ulteriore graffito presumibilmente greco (YP): ma il documento sembra assente nel catalogo di Johnston. L’area di dispersione dei vasi attici marcati con questo contrassegno indurrebbe apparentemente a respingere qualunque legame con un vettore etrusco; tuttavia la stretta identità formale del graffito presentato in questa sede impedisce di pensare a una somiglianza casuale. D’altra parte, non va dimenticato neppure che il medesimo graffito è documentato almeno un’altra volta su un oggetto etrusco, e precisamente su un’olla di impasto da Lattes (Py et alii 2001, p. 980, n. 5168), centro i cui legami con Cerveteri nell’età arcaica sono tanto ben noti da costituire un confronto significativo. Sul problema della presenza di trademarks greci di forma non banale su ceramiche etrusche si veda anche quanto qui osservato a proposito dei nn. 6 e 36, e in generale Belfiore 2014, oltre a Maggiani 2013, per una proposta di attribuzione a mercanti etruschi di una serie di trademarks solitamente considerati greci. tto ma tra Es 50 23. C.13.218.144 (Fig. 4) Piede ad anello di forma aperta in impasto arancio con ingubbiatura crema; cifra numerale solcata a crudo sull’orlo del piede. IIIII Le serie di cinque tacche sono molto meno comuni rispetto a quelle di quattro, tre e due. Per confronto si veda, senza pretesa di completezza: REE 65-68, 57 (Cerveteri, orlo di olla in impasto); Sassatelli 1999, p. 88, n. 117 (Marzabotto, orlo di olla in impasto). tra Es Iscrizioni, sigle e segni non alfabetici dai nuovi scavi nella Vigna Marini di Cerveteri (2012-2016) 51 tto Fig. 5. Disegni dei reperti 25-37. Enrico Benelli, Fabio Colivicchi, Cristiana Zaccagnino 24. C.13.218.145 (Fig. 4) Piede ad anello di ciotola-coperchio in impasto; sigla biletterale graffita sotto il fondo esterno. pa 25. C.13.218.146 (fig. 5) Piede ad anello lacunoso di ciotola-coperchio in impasto; sigla monoletterale graffita entro il bordo del piede. χ Cfr. qui scheda n. 5; si vedano anche i nn. 17, 19, 37. 26. C.13.218.147 (Fig. 5) Piede ad anello di ciotola-coperchio in impasto; sigla non alfabetica (croce) graffita sotto il fondo esterno. Cfr. qui scheda n. 11; si vedano anche i nn. 12, 31, 50, 52, 54, 57. 27. C.13.218.148 (Fig. 5) Piede ad anello di ciotola-coperchio in impasto; sigla non alfabetica (asterisco a otto punte) graffita sotto il fondo esterno. Questo tipo di asterisco è molto più raro di quello a sei; alcuni confronti sembrano concentrati a S. Giovenale (CIE 10459 e 10485, calici di bucchero; REE 69, 16, piede di bucchero di forma chiusa, forse in funzione del numerale 100), che fanno pensare che forse potrebbe provenire da S. Giovenale anche un kantharos di bucchero di provenienza ignota, ma verosimilmente da Cerveteri o territorio (REE 55, 96) dove l’asterisco si accompagna all’iscrizione apas. Fra gli altri si vedano: REE 61,9 (Pontecagnano, ciotola miniaturistica a vernice nera); CIE 8654 (Capua, ciotola di bucchero); REE 55,31 (Cetamura, piattello a vernice nera); Sassatelli 1994, pp. 149-151, n. 242 (Marzabotto, ciotola di bucchero); Salerno 1990, fig. 357, 3 (Fratte, ciotola di bucchero); REE 48, 24 (Spina, ciotola acroma). 28. C.13.218.157 (Fig. 5) Frammento di orlo di olla in impasto (internal slip ware); frustulo di iscrizione graffita sull’interno del labbro, con andamento eccezionalmente non capovolto rispetto all’orientamento del vaso. ]pu[ tto La sigla è già attestata in numerose occorrenze (cfr. ThLE I2, s.v.); è impossibile sciogliere l’abbreviazione con certezza. tra Es 52 La parte di iscrizione conservata è troppo esigua per poter proporre un’integrazione plausibile. 29. C.13.218.165 (Fig. 5) Frammento di parete di ceramica depurata acroma, con segno non riconoscibile graffito sull’esterno. Dato il contesto stratigrafico e l’impossibilità di identificare tanto il supporto quanto il segno, è impossibile attribuire il frustulo a una fase cronologica precisa. 30. C.13.218.166+167 (fig. 5) Frammento di piede ad anello e di parte della vasca di forma aperta in ceramica depurata acroma. Sigla monoletterale dipinta sotto il piede, con ductus destrorso. e Sulla parete esterna si trova un frustulo di iscrizione graffita. ]p̣a[ La lettera e isolata è già largamente attestata come sigla su ceramiche etrusche (cfr. ThLE I2, s.v., per un elenco delle attestazioni aggiornato al 2006; v. qui anche i nn. 3 e 33); tuttavia, in queste attestazioni la lettera è sempre graffita, e mai dipinta come in questo caso. È sicuramente un fatto notevole la scelta del ductus destrorso; l’andamento della lettera, con vistoso codolo, trova comunque i migliori confronti sempre nell’ambito della scrittura etrusca. L’iscrizione graffita sull’esterno della vasca è troppo mutila per poter proporre una restituzione che abbia una qualche ragionevole certezza; il residuo del grafema a destra della a è molto verosimilmente una p; più difficile pensare ad altri segni. tra Es Iscrizioni, sigle e segni non alfabetici dai nuovi scavi nella Vigna Marini di Cerveteri (2012-2016) 53 US 507 35. C.15.507.44 (Fig. 5) Frammento di orlo di olla in impasto; due lettere supersiti graffite sull’interno del labbro, in posizione capovolta (come di consueto su questo tipo di supporti), da interpretare come sigla biletterale o come frustulo di iscrizione. 32. C.12.42.47 (Fig. 5) Piede ad anello in bucchero grigio; iscrizione graffita sotto il fondo esterno. mi [? ẹni La forma della n, priva di codolo, non è molto comune; tuttavia, l’orientamento delle traverse superstiti della e impedisce di leggere l’iscrizione in senso capovolto rispetto a quanto qui proposto (e quindi come testo destrorso, eventualmente latino). Poco probabile anche una lettura ṿni (per Uni), dato che simili sostituzioni sono note con certezza solo per una fase decisamente più tarda. Il lessema eni ha un confronto in un’iscrizione funeraria da Vetulonia (CIE 5215 = ET Vn 1.2), dove compare in funzione di gentilizio, suggerendo un’interpretazione come antroponimo, forse in qualche modo collegato al latino Ennius. US 33 33. C.13.33.84 (fig. 5) Frammento di parete di forma aperta in impasto; sigla monoletterale graffita sull’interno della vasca. e Cfr. qui schede nn. 3, 30. US 51 34. C.12.51.94 (Fig. 5) Frammento di parete e orlo di ciotola-coperchio in impasto (internal slip ware); sigla monoletterale graffita sull’esterno della vasca. p̣ (o ḷ) Tanto la p quanto la l sono lettere isolate relativamente frequenti su ceramica (cfr. ThLE, I2, s.v.). tto US 42 31. C.12.42.46 (Fig. 5) Frammento di piede a tromba in bucchero grigio; segno graffito sotto il fondo esterno, molto verosimilmente da integrare come una croce. Cfr. qui scheda n. 11; si vedano anche i nn. 12, 26, 50, 52, 54, 57. Lo spazio dopo il secondo grafema farebbe pensare a una sigla mi, già nota (cfr. ThLE I2, s.v.); tuttavia è anche possibile che si tratti dell’inizio di un’iscrizione di possesso. US 227 36. C.13 US 227 143 (inv. restauro) (Fig. 5) Coppetta in bucchero (miniature bowl tipo 3 Rasmussen); sigla non alfabetica graffita sotto la base. Il contrassegno è molto simile a uno già noto a Cerveteri (Mengarelli 1937, pp. 427 e 435, n. 103, su un fondo di coppetta in bucchero dalla stipe votiva c.d. “Orto Consalvi”), dove è accompagnato da una sigla ve; lo stesso abbinamento è attestato all’interno del gruppo di materiali presentato in questa sede (n. 6). Un segno analogo è documentato anche su una coppetta in ceramica a vernice nera da Adria, che ha però cronologia completamente diversa (Bonomi, Camerin, Tamassia 2000, tav. VI, 13). Il marchio ha inoltre una somiglianza generica con i numeri 12E e (soprattutto) 2E di Johnston (Johnston 1979, pp. 124, 138139; Johnston 2006, pp. 114, 128-129), presenti su un discreto numero di vasi attici rinvenuti in varie località dell’Etruria (e, il primo, anche della Campania), e per questo identificati ragionevolmente come due dei numerosi trademarks greci. Tuttavia, come è stato rilevato di recente (Belfiore 2014), esiste una certa permeabilità fra graffiti etruschi e trademarks su ceramiche greche, che va al di là dei segni di forma più banale (quali croci, alberelli, clessidre, ecc.), e che fa sospettare che le modalità di circolazione dei vasi attici (e della marcatura collegata con questa circolazione) potessero essere più complesse di quanto inizialmente immaginato. Tra l’altro, il marchio Johnston 12E è Enrico Benelli, Fabio Colivicchi, Cristiana Zaccagnino US 105 40. C.13.105.9 (Fig. 6) Frammento di orlo di olla in impasto; frustulo di iscrizione graffita sull’interno del labbro, in posizione capovolta (come di consueto su questo tipo di supporti). mi ×[ tto accompagnato anch’esso, almeno in un caso, dalla medesima sigla etrusca ve che ricorre due volte in connessione con il marchio presentato in questa sede (per una ulteriore discussione si rimanda alla scheda dell’iscrizione n. 6). D’altra parte, esistono altri casi di trademarks greci simili al presente che sono attestati anche su ceramiche etrusche: così il Johnston 6C (Johnston 1979, pp. 108-109; Johnston 2006, p. 95) appare su un graffito di Gravisca (Johnston, Pandolfini 2000, tav. 35, n. 721, su un frammento di parete di impasto) e uno di Lattes (Belfiore 2014, p. 299, n. 2 e fig. 7, su ciotola-coperchio di impasto), mentre l’11E (Johnston 1979, p. 136; Johnston 2006, pp. 125-126) è graffito anche sul fondo di due ciotole di bucchero, una da Populonia (Buonamici 1930, p. 394 b) e una da Ferento (REE 73,60). Altri casi simili sono dettagliatamente analizzati in Belfiore 2014, mentre un’ulteriore occorrenza si è già incontrata nel lotto di materiali presentato in questa sede (n. 22). tra Es 54 Si tratta molto verosimilmente del segmento iniziale di un’iscrizione di possesso; è impossibile identificare il grafema conservato in corrispondenza del margine sinistro del frammento. US 74 41. C.12.74.57 (Fig. 6) Frammento di tegola; sigla monoletterale graffita sulla faccia superiore. a Cfr. qui scheda n. 9; si vedano anche i nn. 14, 18, 39, 46, 51. US 253 37. C.13.253.4 (Fig. 5) Frammento di attacco di ansa di forma chiusa (anfora o brocca) in ceramica depurata acroma; sigla monoletterale graffita sull’attacco dell’ansa. US 133 42. C.13.133.220 (Fig. 6) Frammento di parete di anfora (greco-italica?), con frustulo di iscrizione (o sigla) graffita sull’esterno. χ ṃ[ (o ṇ[) Cfr. qui scheda n. 5; si vedano anche i nn. 17, 19, 25. L’andamento del graffito dei tratti è sinistrorso, e perciò l’iscrizione (o la sigla) è da considerare verosimilmente etrusca; se si trattasse di una m, si potrebbe anche pensare che si trattasse di un’iscrizione di possesso, ma di fatto è impossibile proporre qualunque integrazione. US 58 38. C.13.58.7 (Fig. 6) Piede ad anello di ciotola-coperchio in impasto; sigla non alfabetica (asterisco a sei punte) graffita sia sotto il fondo esterno che nell’interno della vasca. Cfr. qui scheda n. 16; si veda anche il n. 48. 39. C.13.58.8 (Fig. 6) Piede ad anello di ciotola-coperchio in impasto; sigla monoletterale graffita sotto il fondo esterno. a Cfr. qui scheda n. 9; si vedano anche i nn. 14, 18, 41, 46, 51. 43. 13.133.171 (Fig. 6) Frammento di matrice di figurina panneggiata, con frustulo di iscrizione tracciata a crudo sulla faccia esterna. ]es · ×[ L’unico confronto esistente nell’epigrafia etrusca per un’iscrizione tracciata a crudo sull’esterno di una matrice proviene anch’esso da Cerveteri (ET Cr 2.139: cfr. Colonna 2015). L’uso di scrivere tra Es Iscrizioni, sigle e segni non alfabetici dai nuovi scavi nella Vigna Marini di Cerveteri (2012-2016) 55 tto Fig. 6. Disegni dei reperti 38-48. Enrico Benelli, Fabio Colivicchi, Cristiana Zaccagnino tra Es 56 nomi a crudo sulle matrici, raro anche nell’epigrafia latina, sembra particolarmente concentrato soprattutto in ambito magno-greco (Nonnis 2016). Esiste anche un esemplare con iscrizione messapica, conservato al Museo del Louvre, che ha avuto una curiosa storia bibliografica: tutta la serie dei repertori e degli studi linguistici sul messapico, pur conoscendo perfettamente l’iscrizione, hanno sistematicamente ignorato l’oggetto (e quindi la sua identificazione come matrice, nonché la sua collocazione museale), mentre gli studi archeologici sull’oggetto non hanno mai fatto riferimento all’iscrizione. La storia si è finalmente conclusa in Briquel 2016, pp. 314-317, che ha riannodato i due fili. sono teoricamente possibili, e nessuna delle difficoltà prospettate per ciascuna di esse è completamente insormontabile. US 248 44. C.13.248.22 (Fig. 6) Frammento di piede ad anello in bucchero grigio, con frustulo di iscrizione graffita sotto il piede. 46. C.13.248.47 (Fig. 6) Frammento di orlo di olla in impasto; sigla monoletterale graffita sull’interno del labbro, con andamento eccezionalmente non capovolto rispetto all’orientamento del vaso. È molto difficile proporre un’integrazione; le possibilità sono sostanzialmente tre: (1) un plurale animato al nominativo/accusativo, (2) il lessema cver, oppure (3) il prenome Θucer. La seconda di queste opzioni incontra qualche difficoltà nella cronologia del pezzo (vista anche l’incertezza della restituzione di quella che potrebbe essere la più antica attestazione del termine, REE 74,159 da Castellina del Marangone), mentre la prima sarebbe esperibile soprattutto nel senso di un teonimo (o anche una designazione teonimica generica quale aiser/eiser) esprimente consacrazione, ricostruzione certamente possibile sul piano teorico, ma priva di confronti. La terza possibilità deve tenere in conto il fatto che il prenome non è attestato sinora a sud di Orvieto (e lo stesso vale per i gentilizi da esso derivati). Ad ogni buon conto, non va dimenticata una singola attestazione della sigla ver (CIE 11986, piattello a vernice nera da Roselle), forse da identificare con un’abbreviazione onomastica (mentre lo her di Buonamici 1946-47, p. 336, 8, è un bollo su ceramica a vernice nera da Castiglioncello, e il ser di CIE 886 è probabilmente una forma verbale). Tutte le integrazioni proposte ?]v tto ]er 45. C.13.248.37 (Fig. 6) Frammento di piede ad anello, probabilmente di forma chiusa, in ceramica depurata acroma; frustulo di iscrizione (o sigla) graffita sotto il piede. La sigla monoletterale v è attestata come graffito su ceramica (cfr. qui n. 3); esistono inoltre sigle pluriletterali che terminano in -v (tra le quali la più comune è av, forse leggibile almeno in qualche caso come abbreviazione di prenome); più difficile pensare a un lessema. a Cfr. qui scheda n. 9; si vedano anche i nn. 14, 18, 39, 41, 51. 47. C.13.248.48 (Fig. 6) Frammento di orlo di olla in impasto (internal slip ware); frustulo di iscrizione graffita sull’interno del labbro, in posizione capovolta (come di consueto su questo tipo di supporti). ]uc [? L’integrazione dell’iscrizione è problematica, perché la spaziatura delle lettere fa sì che sia possibile pensare a una sua prosecuzione oltre il margine sinistro del frammento; inoltre, il supporto rende verosimilmente impraticabili i confronti lessicali disponibili con lessemi desinenti in -uc, che vanno essenzialmente nel campo dei nomi di magistrature - anche se esiste un piattello in ceramica a vernice nera, da Volterra (REE 72,30), con graffito maru. È probabile che si debba escludere anche la presenza di una congiunzione enclitica, che presupporrebbe un’iscrizione di sviluppo insolito per l’orlo di un’olletta di impasto. Più praticabile, tra Es Iscrizioni, sigle e segni non alfabetici dai nuovi scavi nella Vigna Marini di Cerveteri (2012-2016) 57 tto Fig. 7. Disegni dei reperti 49-57. Enrico Benelli, Fabio Colivicchi, Cristiana Zaccagnino eventualmente, il confronto con alcune sigle triletterali, quali tuc, sotto il piede di uno skyphos attico a figure nere da Orvieto (CIE 10661), o luc, su piattello in ceramica a vernice nera da Roselle (CIE 11650). US 590 49. C.15.590 (Fig. 7) Spezzone di blocco in pietra calcarea, lisciato sulle superfici opposte e frammentario lungo tutto il perimetro. Su una delle superfici è incisa un’iscrizione, in caratteri molto verosimilmente latini (AI), accompagnata da un segno ad asterisco, forse da identificare con il numerale 100. L’uso della scrittura latina è compatibile con la cronologia del contesto stratigrafico di rinvenimento (età tardo-repubblicana). Il blocco ha una forte somiglianza morfologica e dimensionale con un frammento litico recentemente rinvenuto negli scavi sulla Civita di Tarquinia (Bagnasco Gianni 2015), con il quale condivide anche la presenza del segno ad asterisco. L’esemplare tarquiniese conserva apparentemente alcuni margini originari che hanno suggerito un’interpretazione come frammento di ceppo d’ancora, cosa purtroppo impossibile per quello da Cerveteri qui presentato, lacunoso lungo tutto il perimetro. Anche la cronologia sembrerebbe essere diversa, perché l’esemplare da Tarquinia era poggiato su una pavimentazione datata alla prima metà del VI secolo a.C., circostanza che ne ha suggerito una datazione ad età arcaica (anche se non è stata resa nota la data degli strati che coprivano il reperto, e che potrebbero fornire un cogente terminus ante quem). Il frammento cerite, al contrario, come già indicato, ha un terminus ante quem molto più basso (la formazione della US 590 in età tardo-repubblicana); l’uso della scrittura latina, tuttavia, indizia una datazione non molto più antica. US 241 50. C.13.241.8 (Fig. 7) Piede ad anello di ciotola-coperchio in impasto; croce graffita sotto il fondo esterno. Cfr. qui scheda n. 11; si vedano anche i nn. 12, 26, 31, 52, 54, 57. tto 48. C.13.248.53 (Fig. 6) Piede ad anello di ciotola-coperchio in impasto (internal slip ware); sigla non alfabetica (asterisco a sei punte) graffita sotto il fondo esterno. Cfr. qui scheda n. 16; si veda anche il n. 38. tra Es 58 US 97 51. C.12.97.13 (Fig. 7) Piede ad anello in bucchero, ricomposto da due frammenti. Sotto il fondo esterno è graffita un’iscrizione, accompagnata da una sigla monoletterale; la sovrapposizione dei tratti indica che l’iscrizione è stata tracciata successivamente alla sigla. a seie Per la sigla cfr. qui scheda n. 9; si vedano anche i nn. 14, 18, 39, 41, 46. Seie è un antroponimo già attestato come gentilizio a Orvieto e Bolsena (CIE 5144, 5176; femminile Seia CIE 5170); a queste occorrenze va aggiunto un isolato gamonimico chiusino (CIE 1191). Il gentilizio Sei documentato a Volterra (CIE 59 – corretto in REE 45,36 – e 79) potrebbe essere un gentilizio asuffissato (c.d. “Vornamengentile”) formato dalla medesima radice, che è probabilmente anche alla base del gentilizio Seina (ragionevolmente connesso anche con il toponimo Saena: M. Cristofani in Siena 1979-80, pp. 3-4), nonché del cognome Seire(ś) (cfr. ThLE I2, s. vv.), se analizzabile come *sei-ra-ie. Nessuna relazione può invece essere stabilita con il gentilizio chiusino Seiante, che è una tarda creazione iperarcaizzante ispirata al prenome Sente. L’antroponimo Seie è ora documentato anche da un’iscrizione da Castrum Novum, dove può essere interpretato sia come gentilizio che come nome individuale (https://cefr.revues.org/1692#tocto1n5). 52. C.12.97.14 (Fig. 7) Parte inferiore di piattello in bucchero grigio; croce graffita sull’interno della vasca. Cfr. qui scheda n. 11; si vedano anche i nn. 12, 26, 31, 50, 54, 57. 53. C.12.97.19 (Fig. 7) Frammento di ciotolina (miniature bowl) in bucchero, con sigla biletterale graffita nell’interno. ta 54. C.12.97.20 (Fig. 7) Frammento di piede ad anello in bucchero; croce graffita sotto il fondo esterno. Cfr. qui scheda n. 11; si vedano anche i nn. 12, 26, 31, 50, 52, 57. 55. C.12.97.32 (Fig. 7) Ciotola-coperchio in impasto parzialmente ricomponibile; sigla non alfabetica (segno a clessidra) graffita sotto il fondo esterno. I segni a clessidra, così come quelli ad essi imparentati della bipenne (di fatto una clessidra con una linea intersecante il punto di unione dei due triangoli) sono già attestati nella ricca congerie dei marchi non alfabetici su ceramiche etrusche; in area etrusco-padana e campana, vista l’identità formale di alcuni di essi con il “san a farfalla”, sono spesso trascritti come sigle monoletterali (ś). Per confronti, senza pretesa di completezza, si vedano: Mengarelli 1937, p. 427 e 435, n. 101 (piede di bucchero, Cerveteri; probabilmente da espungere invece ibid., p. 422 e 434, n. 64, anfora attica 59 ugualmente da Cerveteri, da identificare piuttosto come un trademark); Valenti 1995, p. 271, n. 18 (Radda in Chianti, Poggio La Croce, ciotola in bucchero); De Lucia Brolli 1993, p. 539 (Narce, coppetta di bucchero); Montagna Pasquinucci 1972, p. 322 e fig. 1, n. 131 (Volterra, coppetta a vernice nera); CIE 10545 (Orvieto, piede di ciotola di bucchero); Minto 1934, p. 428, nn. 8-9 (Populonia, due piedi in impasto, il secondo uguale a Minto 1943, p. 276 e a Buonamici 1931, p. 539 e); Sassatelli 1994, p. 33, n. 29 e p. 88, n. 118 (Marzabotto, ciotole di impasto e bucchero rispettivamente); Belfiore 2014, pp. 299-300, n. 1 e 7, figg. 5 e 14 (Lattes, ciotole-coperchio in impasto). tto La sigla ta, che la cronologia del pezzo impedisce di identificare con la forma pronominale di fase recente, è relativamente ben attestata (cfr. ThLE, I2, s.v.). tra Es Iscrizioni, sigle e segni non alfabetici dai nuovi scavi nella Vigna Marini di Cerveteri (2012-2016) 56. C.12.97.33 (Fig. 7) Piede ad anello di ciotola-coperchio in impasto; sigla monoletterale graffita sotto il fondo esterno. u La sigla u, teoricamente identificabile, almeno in qualche caso, con il numerale 5, è una delle più comuni nella documentazione etrusca (v. ThLE I2, s. v.). 57. C.12.97.34 (Fig. 7) Piede ad anello di ciotola-coperchio in impasto; croce graffita sotto il fondo esterno. Cfr. qui scheda n. 11; si vedano anche i nn. 12, 26, 31, 50, 52, 54. E.B. Enrico Benelli, Fabio Colivicchi, Cristiana Zaccagnino Abbreviazioni bibliografiche Bagnasco Gianni G. 2015, “Il ceppo d’ancora del ‘complesso monumentale’ di Tarquinia. Prima edizione”, in Aristonothos, 10, pp. 41-55. Barbieri G. 2002, “La necropoli etrusca di Poggio Giulivo presso Viterbo”, in Opuscula Romana, 27, pp. 7-77. Belelli Marchesini B. 2009, “La cisterna e la sua riscoperta. 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