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EMIGRANTI PER NECESSITÀ, VALDOSTANI PER AMORE

EMIGRANTI PER NECESSITÀ, VALDOSTANI PER AMORE. di Martina Bellinzona, dottoranda presso l’Università per Stranieri di Siena La Valle d’Aosta, la più piccola regione italiana, a causa della sua posizione di confine tra Italia, Francia e Svizzera e delle sue complesse vicende storiche, è dal 1948 una regione a statuto speciale. Caratterizzata da un forte e diffuso plurilinguismo, essa vede convivere come lingue ufficiali italiano e francese e, grazie alla Legge 482/99, sono tutelate come lingue minoritarie il franco-provenzale (qui parlato nella variante locale patois) e le parlate germaniche, utilizzate dalla popolazione di origine walser. Sebbene spesso si tenda a sottovalutarne l’importanza e gli studi a riguardo siano particolarmente scarsi, è indubbio che l’emigrazione abbia influenzato profondamente i tratti linguistici, culturali e identitari della Valle d’Aosta. La storia dell’emigrazione valdostana è caratterizzata da una gran varietà di flussi e percorsi, diversi a seconda del periodo storico, del profilo professionale, del luogo di partenza e del paese d’arrivo. Tra il XVI e il XIX secolo il panorama migratorio della Valle d’Aosta si presentava già estremamente variegato, in quanto la mobilità rappresentava una componente essenziale delle economie locali. Si può parlare di una vera e propria cultura della mobilità, che ha consentito forme radicate e redditizie di pluriattività. L’emigrazione è sempre stata una delle più ricche risorse della Valle d’Aosta e su tale articolata e radicata mobilità si sono innestati i più imponenti flussi del periodo post-unitario. L’aumento delle partenze in quegli anni può essere compreso alla luce di svariati fattori: dalla depressione agricola al declino delle risorse, dalle difficoltà di comunicazione all’adozione di un regime liberistico da parte dei primi governi italiani. Non si può sottovalutare, inoltre, la crisi scaturita dalla separazione dalla Savoia, che ha privato la Valle del suo ruolo di unione tra gli Stati sardi, relegandola ad una sorta di “periferia d’Italia”, soggetta ad indifferenza se non discriminazione da parte del neonato Stato italiano1. La regione, infine, è passata dall’avere uno status di riconosciuta e accettata differenziazione linguistica e culturale ad una costante battaglia contro l’uniformazione al resto della Penisola. La Grande Emigrazione ha interessato fortemente i villaggi di montagna, che si sono letteralmente svuotati, portando ad un profondo mutamento dei luoghi, della composizione della popolazione, oltre che ad una sua diminuzione in termini assoluti: è stato calcolato che tra il 1885 e il 1905 circa 22.000 individui abbiano lasciato la Valle d’Aosta per dirigersi nelle altre regioni italiane e soprattutto all’estero2. Sebbene un’emigrazione così massiccia sia un fenomeno caratteristico di tutta l’Italia rurale a partire dall’Unità, la Valle d’Aosta presenta caratteristiche del tutto peculiari: mentre nel resto del Paese l’emigrazione riguardava per lo più regioni sovrappopolate, la Valle non è mai stata contraddistinta da un eccesso di popolazione; inoltre, l’imponente flusso in uscita è stato fin da subito accompagnato da un altrettanto rilevante e crescente processo di immigrazione, inizialmente proveniente dal vicino Piemonte e, in misura minore, da altre regioni settentrionali, successivamente dal Meridione, in particolare dalla Calabria. Tale flusso in entrata è stato la conseguenza del processo di industrializzazione della regione, avviato a partire dagli anni Venti del XX secolo, ed è stato incoraggiato fortemente durante gli anni del fascismo, qui più che in altre zone, a causa di motivi politico-culturali. La politica linguistica fascista prevedeva, infatti, un’italianizzazione della Valle d’Aosta tramite l’eliminazione della lingua francese e la soppressione di ogni manifestazione di identità differente da quella della “patria romana”. A tal fine, oltre ad iniziative più esplicite quali, ad esempio, l’abolizione del francese nelle scuole o la STUART J. WOOLF, “Emigrati e immigrati in Val d’Aosta”, in STUART J. WOOLF, a cura di, Storia d’Italia. Le regioni dall’Unità a oggi, La Valle d’Aosta, Einaudi, Torino, 1995, pp. 621-643. 2 STUART J. WOOLF, “Emigrati e immigrati […]”, op. cit., 1995, p. 626. 1 1 traduzione dei toponimi in italiano, un ruolo rilevante lo ebbe proprio l’immigrazione-emigrazione, in quanto cambiando la composizione della popolazione si mirava a rendere il rapporto tra francofonia e italofonia più spostato verso quest’ultima. Mentre nelle ondate precedenti l’emigrazione aveva caratterizzato per lo più i villaggi ad alta quota, a partire dagli anni Venti iniziò ad interessare in misura maggiore la media montagna, sia perché nelle aree più elevate iniziò ad affacciarsi proprio allora la risorsa del turismo, sia a causa delle politiche fasciste, che portarono ad una discriminazione della manodopera valdostana nelle fabbriche e nel pubblico impiego rispetto ai lavoratori immigrati3. Come nelle migrazioni del passato, le mete erano principalmente costituite da paesi europei, Francia e Svizzera in primis, anche se non mancarono flussi diretti oltreoceano, in particolare verso Argentina, Canada, Stati Uniti e Brasile. In seguito alla Seconda guerra mondiale continuò l’afflusso di immigrati a causa dell’espansione dei lavori pubblici, ma si arrestò l’esodo transoceanico. L’innalzamento della qualità della vita in Valle e le maggiori opportunità di lavoro portarono ad una stabilizzazione anche dei flussi europei e ad una ripresa movimenti stagionali e temporanei4. Riferimenti normativi e associazionismo La Valle d’Aosta si è da sempre dimostrata molto attenta ai bisogni dei suoi emigrati e ha cercato, tramite vari tipi di interventi, di mantenere forte il legame tra Regione e valdostani nel mondo. Nel sistema regionale (più che in quello nazionale) appare centrale il ruolo delle associazioni, concepite come il momento più importante di solidarietà tra corregionali. Come sostenuto da Franzina5, i migranti del XIX e XX secolo avevano poca consapevolezza della propria nazionalità, del loro essere “italiani”: si sentivano legati, semmai, a piccole patrie locali o al contesto regionale (per sviluppare solo successivamente, in contesto migratorio, un senso di nostalgia, di amore per la patria italiana). Nel caso della Valle d’Aosta ciò appare ancora più vero e duraturo, in quanto il senso di appartenenza è stato alimentato e appoggiato dai poteri politici regionali. I fenomeni di emigrazione e immigrazione, infatti, sono stati utilizzati in maniera quasi paradossale per definire l’identità valdostana: gli immigrati, da un lato, vennero rapidamente considerati valdostani sia a livello legale, tramite l’assunzione della residenza, sia a livello culturale, entrando a far parte del “popolo valdostano”; gli emigrati, i loro figli e finanche i nipoti, dall’altro, continuarono ad essere considerati valdostani a prescindere dal grado di integrazione nel paese ospitante6. A detta di Stuart Woolf, dunque, in Valle d’Aosta alla realtà dei fenomeni migratori è stato conferito un significato prettamente politico7. Al fine di creare un “sistema” tra corregionali nel mondo e terra d’origine, la Regione ha operato innanzitutto tramite la promulgazione di leggi, rispondenti a bisogni diversi a seconda del periodo di riferimento. L’azione legislativa regionale ha seguito, pertanto, due direttive principali, andando prima incontro alla sfera personale e agli specifici bisogni del migrante, valorizzando poi il momento associativo vero e proprio, al fine di costruire con le comunità all’estero un solido rapporto culturale, sociale ed economico. I riferimenti normativi in questo senso sono la Legge Regionale 11 agosto ELIO RICCARAND - TULLIO OMEZZOLI, Sur l’émigration valdôtaine. Le donnés économiques et sociales (1700-1939). Une anthologie de la presse (1913-1939), Institut de la Résistance en Vallée d’Aoste, Aoste, 1975. 4 BERNARD JANIN, Le Vald’Aoste. Tradition et renouveau, Musumeci, Aosta, 1991. 5 Tale concetto è espresso in numerosi contributi dell’autore. Per una sintesi si faccia riferimento a EMILIO FRANZINA, Una patria espatriata: lealtà nazionale e caratteri regionali nell’immigrazione italiana all’estero, secoli XIX e XX, Sette Città, Viterbo, 2006. 6 PAOLA CORTI, Mobilità, emigrazione all’estero e migrazioni interne in Piemonte e Val d’Aosta, «Archivio storico dell’emigrazione italiana», II, n.1, 2006, pp. 7-18. 7 STUART J. WOOLF, “Emigrati e immigrati […]”, op. cit., 1995, p. 622. 3 2 1981 n.63, Provvidenze in favore dei lavoratori emigrati, e la n. 91 del 28 dicembre 1993, Provvedimenti a favore degli emigrati valdostani all'estero8. Nel primo caso si ha a che fare con interventi inerenti l’edilizia abitativa rivolti a «valdostani emigrati per lavoro che rientrino definitivamente nella Regione, nonché [ad] emigrati che continuano la loro attività all'estero e che siano proprietari di case nel territorio della Valle d'Aosta» (art.1). Al fine di «favorire l'acquisizione, la costruzione, la ricostruzione, l'ampliamento della casa da parte degli emigrati che rientrino definitivamente nella Regione» (art.2) e l’ampliamento dell’abitazione dei lavoratori emigrati che rientrino occasionalmente, era prevista la concessione di mutui agevolati, della durata massima di vent’anni (art.3). La LR n.91/1993, invece, presenta uno scopo più prettamente culturale, in quanto pensata al fine di «promuovere e di rafforzare l'identità valdostana, di salvaguardare il particolarismo etnico, linguistico e culturale della Valle d'Aosta nel paese ospitante e di mantenere vivi i legami con la comunità d'origine» (art.1). Per raggiungere tali obiettivi lo strumento più efficace e maggiormente utilizzato è stato proprio quello dell’associazionismo. La storia dell’associazionismo valdostano risale alla fine del XIX secolo, quando gli emigrati iniziarono a raggrupparsi in società, il cui scopo appariva principalmente quello di aiutare i corregionali colpiti da malattia o disoccupazione e facilitarne l’integrazione nella società d’arrivo. Mentre ciò non differisce da quanto sperimentato anche dalle società di emigrati di altre regioni, appare singolare il tentativo di federare tutte le associazioni, in modo da armonizzare le iniziative, condividere le esperienze ed entrare in comunicazione collettivamente con le autorità regionali. Sebbene le informazioni a tal riguardo non siano numerose, pare che i primi a proporre una simile idea siano stati i valdostani di New York – riuniti nella società di mutuo soccorso La Valdôtaine – i quali già nel 1916 presero contatto con i corregionali di Parigi9. Fino allo scoppio della Seconda guerra mondiale vennero portati avanti diversi tentativi per la creazione di una federazione di tutte le società valdostane all’estero, con numerosi contatti tra Parigi, Ginevra e New York, ma l’inizio delle ostilità portò ad una sospensione del progetto. Nel febbraio del 1948, l’abate Petigat, figura di riferimento degli emigrati valdostani e sulla cui attività si tornerà successivamente, propose un progetto di coordinamento tra le società valdostane parigine. Il 10 aprile nacque il Comitato di coordinamento, il cui scopo era quello di rendere più omogenee le relazioni tra società, pur mantenendo invariata l’autonomia di ogni associazione. Da questo momento in poi, fino alla sospensione del Comitato nel 1954, avranno luogo diverse manifestazioni, tra cui la prima Fête des émigrés, organizzata ad Aosta il 23 agosto 1953. Tale avvenimento appare di fondamentale importanza, in quanto rese manifesta per la prima volta alle autorità regionali la forza delle associazioni di emigrati e il loro profondo attaccamento alla terra d’origine. Finalmente, in seguito a dissensi, manifesti di denuncia e tentativi di dialogo fallimentari tra le varie forze in gioco, il 20 agosto 1960 nacque il Comité Fédéral d’Entente de l’Emigration Valdôtaine, a cui aderirono numerose associazioni. La Fête des émigrés sarà da quel momento organizzata in Valle d’Aosta, in collaborazione con il governo regionale, per diventare, a partire dal 1976, il Rencontre Valdôtaine. In seguito all’accordo tra le associazioni di Parigi, Grenoble e Lione sulla costituzione di un comitato federale delle società e dopo circa 45 anni di sforzi, il 20 giugno 1965 nacque infine il COFESEV, Comité Fédéral des Sociétés d’Emigrés Valdôtains. Tale creazione venne poi formalizzata con l’autorizzazione data da legge prefettizia del 23 gennaio 1969. Dalla data della creazione, il COFESEV ha visto il numero dei suoi membri subire diversi cambiamenti. Oggi ne fanno parte sette associazioni: Union Valdôtaine de Paris, Association des Levalloisiens d’Origine Valdôtaine, 8 I testi completi sono disponibili rispettivamente ai seguenti <www.consiglio.regione.vda.it/app/leggieregolamenti/dettaglio?pk_lr=982&versione=V> <www.consiglio.regione.vda.it/app/leggieregolamenti/dettaglio?pk_lr=2206&versione=V>. 9 Per approfondimenti <www.uvparis.org/index.php?option=com_content&view=article&id=93&Itemid=95>. link: e 3 Association Sportive de l’Union Valdôtaine de Paris, Association Valdôtaine de Savoie, Union Valdôtaine Dauphiné-Savoie, Union Valdôtaine de Lyon Union Valdôtaine de Lausanne. Attualmente il COFESEV è l’intermediario ufficiale tra le autorità della Valle d’Aosta e le associazioni di emigrati e ha il compito di federare tali società, armonizzarne le iniziative, stanziare e democratizzare aiuti monetari annuali volti a finanziare iniziative socio-culturali. Tra la riscoperta delle radici e uno sguardo verso il futuro: l’emigrazione oggi L’emigrazione valdostana oggi ha cambiato aspetto e, di conseguenza, anche il ruolo e i compiti delle associazioni sono mutati. A partire ora sono, per lo più, giovani qualificati o “talentuosi”, che decidono di trasferirsi per opportunità di lavoro o per cicli di studi. Tale mobilità regionale non sembra discostarsi molto dalle più generali dinamiche nazionali, essendo principalmente il prodotto della libera circolazione e la conseguenza della disoccupazione giovanile. Si tratta, tuttavia, di un fenomeno complesso e variegato, in cui nuove strategie di radicamento e nuovi meccanismi rappresentativi entrano in gioco10. Giulia Fassio11, ad esempio, sostiene che molto spesso chi parte veda la propria identità europea prevalere su quella nazionale, sebbene l’origine valdostana venga ancora considerata un valore, in quanto l’essere portatori di specificità culturali forti appare come una bussola utile a orientarsi nel mondo globale. Oltre alle partenze più recenti, appare importante considerare la condizione linguistica e i caratteri identitari delle vecchie generazioni di emigrati e dei loro discendenti, al fine di comprendere a pieno quale sia l’attuale condizione dell’emigrazione valdostana. In tale panorama risulta centrale, ancora una volta, il contributo delle associazioni all’estero. Rispetto al passato, appare oggi potenziato l’impegno volto a promuovere attività culturali, atte a valorizzare espressioni artistiche, letterarie e musicali della regione d’origine, prestando particolare attenzione agli aspetti economici e commerciali. Ciò che sembra rilevante, dunque, non è più tanto l’aspetto di mutuo soccorso quanto il mantenimento della memoria collettiva e storica, la promozione culturale e turistica, ricercate attraverso iniziative di vario genere, quali scambi o borse di studio, manifestazioni folkloristiche, presentazione di libri e attività di formazione. In tale ottica e con l’obiettivo di sensibilizzare le nuove generazioni si è mossa la stessa Regione, proponendo ad esempio la creazione di un motore di ricerca sul proprio sito web per ritrovare le origini dei valdostani all’estero, promuovendo la realizzazione di programmi televisivi sul tema12 e aiutando a finanziare la costruzione della Maison du Val d’Aoste a Parigi13.Quest’ultima viene considerata un’antenna valdostana sul mondo, una vetrina per le specificità e le bellezze della regione. Inaugurata nel gennaio 2010, la Maison fornisce per lo più servizi in termini di promozione turistica e culturale della Valle d’Aosta, tramite la realizzazione di numerose mostre ed eventi Due manifestazioni, in particolare, risultano di grande rilevanza nel contesto attuale dell’emigrazione valdostana: il Rencontre Valdôtaine e l’Arbre de Noël. Il Rencontre è il raduno estivo che si tiene ogni anno in un Comune della Valle d’Aosta, al quale partecipano centinaia di emigrati valdostani. Si trova riferimento ad esso nell’art.2 della LR n. 91/1993 Iniziative e manifestazioni organizzate in Valle d'Aosta a favore degli emigrati valdostani all'estero. L’Incontro è un’occasione per festeggiare gli emigrati valdostani e i loro discendenti, è un momento conviviale e simbolico molto intenso, in cui emigrati e residenti in Valle hanno l’opportunità di incontrarsi e celebrare l’appartenenza alla stessa comunità. In tale occasione si ha la possibilità di ascoltare musica popolare valdostana, assaggiare prodotti enogastronomici tipici e scoprire qualcosa sull’artigianato del luogo; vengono deposte corone in memoria degli emigrati o Appare interessante notare come vari comuni della Valle d’Aosta organizzino incontri con i giovani emigrati al fine di comprendere le motivazioni alla base della partenza e ciò che questa comporti in termini identitari e di rappresentazioni culturali. 11 GIULIA FASSIO, “L’emigrazione italiana dalla Valle d’Aosta tra storia e attualità”, in Fondazione Migrantes, Rapporto italiani nel mondo 2015, Tau editrice, Todi (Pg), 2015, pp. 99-106. 12 Si vedano, ad esempio, i programmi RaiVd’A curati da Didier Bourg. 13 Si veda: <www.maisonvda.com/www/index.php>. 10 4 inaugurate mostre sul tema, si condividono ricordi e si festeggia il ritorno a casa dei propri “fratelli e sorelle”. All’incontro segue una tavola rotonda tra il presidente del COFESEV, i rappresentanti delle associazioni di emigrati e il governo regionale, per discutere di questioni relative all’emigrazione valdostana e alla situazione politica ed economica della Valle. L’attività di rappresentanza, come detto, non si limita alla partecipazione al Rencontre: ogni anno viene organizzata, infatti, nelle città all’estero con la più alta presenza di emigrati valdostani una grande manifestazione, il cosiddetto Arbre de Noël, al quale prendono parte, oltre agli emigrati, le autorità regionali e i responsabili delle società degli emigrati valdostani. Anche in questo caso si tratta di un evento di grande importanza simbolica e sociale, che vede coinvolti tanto i più anziani, i quali rievocano le edizioni passate, quanto i più giovani emigrès, che riscoprono così le proprie radici. L’Arbre de Noël consiste in un grande spettacolo, che prevede musica, rappresentazioni teatrali, esibizioni dei giochi e degli sport tipici della Valle (lo tzan, il fiolet, il palet). È un momento molto emozionante, pensato per stimolare la partecipazione alla difesa dei valori, all’identità e alle specificità politiche e linguistiche valdostane. L’importanza di questo evento per l’emigrazione valdostana e per la diffusione all’estero di conoscenze sulla regione è tanto simbolica quanto pratica, in quanto viene trasmesso dalla stampa e dalla televisione regionale. Dal punto di vista politico ed economico, inoltre, serve a scambiarsi idee, progetti e informazioni sui problemi dei valdostani emigrati, a costruire relazioni durature che spesso si traducono in progetti concreti, di grande valenza per la vitalità della regione (soggiorni di vacanza, investimenti immobiliari, attività economiche di vario tipo). Fin dalla sua prima edizione, infatti, tale evento ha contribuito in modo significativo alla conoscenza della Valle d’Aosta, alla sua influenza e al suo sviluppo anche a livello internazionale. Il primo Arbre de Noël è stato realizzato nei primi anni Venti del secolo scorso su iniziativa dell’abate Petigat, per rinsaldare i legami con la terra d’origine e dare la possibilità ai valdostani all’estero di festeggiare il Natale insieme. Il volto dell’emigrazione valdostana: l’abate Auguste Petigat La ricostruzione e l’analisi fin qui proposta ha permesso di mettere in luce un aspetto non secondario dell’emigrazione valdostana, ossia il forte legame da sempre esistente tra emigrati e terra d’origine. Tale attaccamento alla cosiddetta petit patrie appare a nostro avviso comprensibile alla luce di due elementi: l’amore per il proprio paese, per le montagne, la storia, la cultura e i tratti caratteristici e peculiari della popolazione valdostana – un amore questo reso più intenso dalla lontananza e dalla nostalgia, tipiche di tutti i migranti – e, soprattutto, gli interessi economici. Al momento della partenza, infatti, molto spesso gli emigranti lasciavano beni immobili, terre e bestiame in Valle, in vista di un ipotetico ritorno, e ciò rendeva necessario il mantenimento di contatti, la volontà di non sentirsi esclusi dalle decisioni di tipo politico ed economico e la conseguente forte richiesta di informazioni dalla Valle. Se da un lato, dunque, tali bisogni si manifestarono nella nascita di associazioni a sostegno, ad esempio, delle scuole di villaggio valdostane14, dall’altro permettono di comprendere il successo dei giornali di emigrazione, tanto all’estero quanto all’interno della regione. In tale panorama si inserisce l’operato dell’abate Auguste Petigat (1885-1958), punto di riferimento politico e sociale per i valdostani in Francia (se non nel mondo) e vero e proprio uomo dell’emigrazione15. Sacerdote estremamente eclettico e dai molti interessi, Petigat fu teologo, poeta e romanziere16 ma, più di tutto, fu un influente giornalista e uomo al servizio della gente. La Pro Schola de Challand-Saint-Victor e quella di Champdepraz, ad esempio, finanziavano l’acquisto di libri e di materiale scolastico per gli studenti valdostani. 15 Per approfondimenti: RICCARDO NICOLINI, L’abbé Auguste Petigat. L’impegno giornalistico, l’opera sociale e politica a favore degli emigrati valdostani a Parigi, Le Château, Aosta, 2007. 16 Solo per fare qualche esempio, alcune delle sue opere più importanti sono il romanzo Le jeune vicarie d’Aoste (1934), il primo testo sistematico di critica letteraria sulla produzione valdostana La littérature française dans la Vallée d’Aoste (1913), la poesia Appel d’un valdotain prisonnier en Autriche (1917) e il trattato a sfondo filosofico-religioso L’agonie et la Résurrection de Jésus (1946). 14 5 Nato a Villeneuve nel 1885 in una famiglia di commercianti, Petigat emigrò a Parigi nel 1912. Il profondo amore per la Valle d’Aosta e l’importanza, la forza e il valore dato all’emigrazione furono il filo rosso dell’intera esistenza dell’abate: questo è il punto di riferimento dal quale partire per poter attribuire un senso a tutte le sue attività. Petigat non voleva che gli emigrati dimenticassero la propria terra, le sue bellezze, la sua gente: lottò per questo e perché tale amore fosse ricambiato. Egli apprezzava il coraggio e la volontà degli emigrati, vedeva nell’emigrazione una risorsa vitale e strategica per la Valle, per il suo sviluppo economico e turistico; per questo appariva necessario organizzarla, anche in senso mutualistico, e sostenerla in tutti i modi. Ad un anno dal suo arrivo a Parigi diede inizio alla sua attività giornalistica, fondando L’Écho de la Vallée d’Aoste, che rappresentò la voce degli emigrati, lo strumento tramite il quale mantenere i contatti con la realtà valdostana, con cui rafforzare il senso di appartenenza e tenersi aggiornati sui fatti di cronaca locale grazie all’opera dei numerosi corrispondenti dalla Valle. Lo scopo dell’Écho era prettamente morale: per Petigat era di fondamentale importanza curare gli interessi degli emigrati, educarli all’associazionismo, ad amare il proprio lavoro e alla previdenza sociale, fare in modo che conservassero il ricordo e l’affetto per il proprio paese. L’unione degli emigrati, l’idea di piccola patria e la difesa della lingua francese furono i temi che più di tutti contrassegnarono l’esperienza editoriale dell’abate, rappresentando il centro delle sue riflessioni. A causa di dissidi interni alla redazione, Petigat diede le dimissioni dall’Écho nel maggio 1920, fondando però pochi mesi dopo La Vallée d’Aoste. Oltre all’importante ruolo sociale, La Vallée d’Aoste ebbe il grande pregio di accogliere articoli di autori con idee molto differenti, dimostrando una grande apertura, ai tempi per niente scontata. Se da un lato ciò conferì un forte valore al giornale, dall’altro fu causa dei numerosi guai, anche a livello giudiziario, che coinvolsero Petigat e che ancora oggi lo rendono una figura ambigua e controversa. Una questione in particolare merita una breve riflessione, ossia la sua posizione durante il fascismo. Il tema del particolarismo valdostano e della questione linguistica furono sempre al centro dell’operato dell’abbé. Ciò lo mise in cattiva luce agli occhi delle autorità fasciste, impegnate nell’esaltazione dell’italianità, e lo costrinse a operare una scelta strategica: rinunciare alle rivendicazioni regionalistiche e linguistiche per salvaguardare ciò che per lui era più importante, ossia il giornale come strumento di emigrazione, il ponte ideale tra la Valle e la comunità parigina. Da ciò si evince un grande pregio di Petigat, cioè la sua capacità di anteporre le reali necessità alle sue convinzioni, anche a costo di generare perplessità e critiche. Svuotò così via via il giornale dei contenuti antifascisti e proclamò la sua fedeltà a Mussolini, mantenendo però la forma, la struttura e soprattutto la lingua originali: «paradossalmente, proclamando “Nous sommes italiens!” egli accontentava il regime e, al tempo stesso, scrivendolo in francese, sottolineava implicitamente, ma con forza, la peculiarità irrinunciabile del popolo valdostano»17. Proprio per questo fu sempre considerato un pericoloso sovversivo, guardato con diffidenza dalle autorità e sottoposto a vere e proprie intimidazioni. Nonostante la cautela, il giornale venne più volte sequestrato e infine cessò l’attività nel 1939 (per riprendere poi nel 1944). L’impegno di Petigat verso l’emigrazione valdostana non si ridusse alla sola attività giornalistica. Nel 1917, infatti, aprì nella sua abitazione a Parigi l’ufficio del Secrétariat valdôtain, associazione con lo scopo di aiutare concretamente i valdostani emigrati. Il Secrétariat si occupava di dare e ricevere informazioni su tutto quanto concernesse l’emigrazione, corrispondere con gli uffici italiani, reperire documenti civili, militari ed ecclesiastici utili alla regolarizzazione degli immigrati, aiutarli nella sistemazione lavorativa, dare assistenza linguistica e giudiziaria e finanche promuovere il turismo e la conoscenza della Valle in Francia, tramite pubblicità e materiale informativo sulla storia e cultura raccolto in una piccola biblioteca. È doveroso ricordare un altro importante progetto portato avanti da Petigat: le Colonies de vacances. Tale iniziativa era rivolta ai bambini, figli di valdostani, nati in Francia e che perciò non avevano mai conosciuto direttamente la Valle d’Aosta. Al fine di far scoprire loro le bellezze della Valle, a partire 17 RICCARDO NICOLINI, L’abbé Auguste Petigat […], op. cit., 2007, p.137. 6 dal 1934 organizzò delle vacanze estive, affittando treno e pullman che accompagnassero i bambini a casa dei parenti rimasti in patria. L’emigrazione fu per l’abate Petigat una ragione di vita: a posteriori si può affermare che la sua missione abbia avuto successo, come conferma ancora oggi il grande impegno delle associazioni, i raduni in Valle e il fatto che, a distanza di 97 anni dalla prima manifestazione da lui organizzata, i valdostani in Francia si ritrovino ancora ogni anno a festeggiare con l’Arbre de Noël. 7