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Le esequie napoletane di Filippo IV e i disegni di Micco Spadaro per l’apparato di Santa Chiara

L’ època del barroc i els Bonifàs, Barcelona: Universitat de Barcelona, 2007, pp. 93-106

07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 91 Le esequie napoletane di Filippo IV e i disegni di Micco Spadaro per l’apparato di Santa Chiara IDA MAURO Nel 1670, all’apertura del testamento dell’impresario teatrale napoletano, Gregorio delle Chiavi1, vengono ritrovati nell’inventario del suo magazzino, pieno zeppo di ogni sorta di attrezzatura scenografica «un’affacciata di telare, con tele, che servì nella castellana del Re Nostro Signore Philipo Quarto. Item la Castellana di mezzo la chiesa che servì per detta funzione»2. Era quello che restava di uno dei più grandi apparati montati a Napoli nel Seicento, comprato dal delle Chiavi subito dopo la cerimonia, tenutasi in Santa Chiara il 18 febbraio 16663. E precisamente, stipati chissà come nel magazzino dell’impresario, avevamo le parti principali (ornamento della facciata e catafalco) del monumento funebre per il re Filippo IV, commissionato dal viceré Cardinal Pascual de Aragón a Francesco Antonio Picchiatti, Luca Giordano e Domenico Gargiulo, detto Micco Spadaro. I funerali in Santa Chiara furono il momento culminante di una lunga serie di manifestazioni di duolo organizzate da arciconfraternite, comunità religiose, e rappresentanze politiche4 a partire dall’arrivo a Napoli della nuova della morte del re. * Studio realizzato con il supporto del Departament d’Universitats, Recerca i Societat de la Informació della Generalitat de Catalunya e del Fondo Sociale Europeo. 1. Su Gregorio delle Chiavi e suo figlio Gennaro, protagonisti dell’attività teatrale napoletana a metà Seicento, vd. U. PROTA GIURLEO, I teatri di Napoli nel secolo XVII, a cura di E. Bellucci, G. Mancini, Napoli, Il Quartiere, 2002, 3 v., III p. 236-237. 2. Idem, III p. 239. Archivio di Stato di Napoli (A. S. N.), Notai del Seicento, Geronimo de Roma, sc. 1214, prot. 11, f. 165. 3. Idem, I pp. 220-221. A. S. N., Notai del Seicento, Francesco Antonio Montagna, sch. 1133, prot. 14, f. 460-462. 4. Vd. i funerali organizzati dalla confraternita dell’Immacolata Concezione presso il collegio dei Gesuiti (Argomento dei funerali celebrati alla Maestà Cattolica di Filippo IV dalla Congregatione dell’Immacolata Concettione, Napoli, Luc’Antonio di Fusco, 1666), dal Monte dei Poveri (A. RUBINO, Notitia di quanto è occorso in Napoli dall’anno 1648 fino al tutto 1669, Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria, Ms. XXIII D 16, f. 408-424), dai Deputati delle piazze della città (tenutosi nella cappella di San Gennaro del Duomo; Memorie di quello che si è fatto in Napoli per la morte del Rè Filippo quarto, Biblioteca Nazionale di Napoli, Ms XV E 2, f. 6r), dalla chiesa dell’Annunziata (Notitia ..., Ms. XXIII D 16, f. 393-408) e, ovviamente, dalla nazione spagnola, nella chiesa di San Giacomo (Notitia..., Ms. XXIII D 16, f. 424-428). 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 92 Testimonia l’eccezionalità di queste celebrazioni un manoscritto mutilo conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli, Memorie di quello che si è fatto in Napoli per la morte del Rè Filippo Quarto, che ci offre una versione monografica e approfondita delle informazioni tramandateci dai cronisti dell’epoca5. La notizia della morte del re verrà pubblicata a Napoli il 20 ottobre, sebbene già da qualche giorno ne girasse la voce per le strade di Napoli e, come non tralasciano di rilevare i Giornali di Fuidoro, fosse già iniziata la speculazione sui tessuti neri per il lutto6. Dopo la parentesi festosa della cavalcata per l’acclamazione del nuovo re Carlo II, infatti, «tutta la città in questa occasione era piena di lutti, et l’aria medesima spirava lutto»7, e l’invito a prestare ossequio al monarca defunto, contenuto anche nella lettera spedita dalla regina-reggente Marianna d’Austria, trovò risposta in tutte le città del Regno8. La quantità di simili dimostrazioni di lealismo e la loro diffusione a tutti gli strati della società napoletana, per quanto atto obbligatorio di sudditi, non va interpretata come dimostrazione della ritrovata fedeltà dopo la rivolta del 16479, rivolta che anzi era nata proprio al grido di «Viva il Re, muoia il malgover5. Per il manoscritto vd. la nota precedente. Tra i cronisti, oltre al già citato Rubino, bisogna aggiungere i Giornali di Fuidoro (I. FUIDORO, Giornali di Napoli dal 1660 al 1680. Volume secondo (1666-1671), a cura di A. Padula, Napoli, Società napoletana di Storia Patria, 1938), e Bulifon (A. BULIFON, Giornali di Napoli dal 1547 al 1706, Napoli, Società Napoletana di Storia Patria, 1932, p. 185). Rubino, che dedicherà una buona parte del terzo volume dei suoi manoscritti alla minuziosa descrizione delle esequie più importanti, è probabilmente la fonte più completa e omogenea per lo studio di questi avvenimenti. 6. I. FUIDORO, I Giornali di Napoli dal 1600 al 1680. Volume primo: 1660-65, ed. a cura di F.Schiltzer e V. Omodeo, Napoli, Società napoletana di storia Patria, 1934 , pp. 295-296. «E perché questa matina 14 [di ottobre] si sono visti motivi di provisioni luttuose, destramente portate in castello, et oggi alcuni ministri togati inferiori si mandano prevedendo li lutti per via di altre persone senza comparerci et essendosi penetrato che può essere, si è murmurato con certo timore di parlare e cautela che sia passata a miglior vita la maestà del re Filippo IV [...] Don Sebastiano Hierro, marchese di Castelforte, Presidente della Regia Camera di spada e cappa, ha comprato diecemila ducati di lutti e l’ha portati in Castello per farci la mercanzia (come ch’è di origine ebreo e portoghese) e perciò sono alzati di prezzo a carlini trentadue la canna; nondimeno altri ministri superiori hanno fatto la loro provista col dominio et auttorità che tengono et il baronaggio e nobiltà aspettano che si pubblica la nova del cardinale viceré per fare uscire il banno a causa che li venditori e l’ebrei de la Giudeca tengono nascosti li lutti e vendono con gran condizione come broccato, dovendosi fare la dimostrazione, come si notarà.» 7. Memorie..., f. 3v. 8. Si veda ad esempio il pagamento che documenta il funerale celebrato il 30 marzo 1666 in un centro minore come Castellammare di Stabia. Archivio Storico del Banco di Napoli, Banco dei poveri, Giornale di cassa, mat. 414, 1 aprile 1666 «A Don Andrea Vaccaro d’Oratio ducati diece e per lui al molto reverendo signor maestro Antonino de Mari, disse a compimento di ducati 249, tarì 2.21, atteso li altri ducati 239 tarì 2.21 li ha spesi a servizio della castellana fatta alli 30 del passato mese di marzo 1666 nella città di Castell’a mare di Stabia, nel modo seguente: ducati 110 per l’affitto della macchina, aparatura, apportatura de’ lutti, a fattura di legge, et ogni altra cosa che ha stat’opera di maestri d’ascia, altri ducati 30 per cento lumi di cera, altri ducati ventidue per la musica, altri ducati sei e mezzo per la carrozza di detti musici, altri ducati 25 per l’orazione funerale fatta da detto Padre M. Antonino de Mari [...]». 9. Questo era il sutil significado che Minguez afferma di cogliere nel catafalco napoletano di Filippo IV (V. MINGUEZ, «Exequias de Felipe IV en Nápoles: la exaltación dinastica a través de un programa astrológico», in Ars Longa, II (1991), p. 61; poi ripreso da I. ENCISO ALONSO-MUÑUMER, «La fiesta en la “Italia Spagnola”», in Teatro y Fiesta del Siglo de Oro en tierras europeas de los Austrias, Madrid, SEACEX, 2003, p. 46). Lo studioso inoltre interpreta i numerosi trofei che decorano il cata- 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 93 no». Erano stato piuttosto manifesto di riconciliazione con la corte di Madrid le feste organizzate dal Conte d’Oñate per la resa di Barcellona nel 165210, in cui si approfittò per inaugurare un nuovo salone del Palazzo Reale decorato con i ritratti dei viceré, la figura istituzionale che era stato il principale bersaglio della rivoluzione. Sempre l’Oñate celebrò con una processione di ringraziamento, il 6 aprile di ogni anno del suo mandato, l’anniversario della vittoria de Juan José de Austria sui rivoltosi. La fedeltà alla corona era stata poi ribadita con le sontuose celebrazioni della nascita di Filippo Prospero nel 1658, durante la reggenza del Conte del Castrillo, e di Carlo II nel 1662, indette dal Conte di Peñaranda11. Per quanto riguarda le dimostrazioni che seguirono la morte di Filippo IV, invece, ci troviamo davanti alla manifestazione di un profonda riverenza alla figura del re lontano. Basti il confronto con le esequie tenutesi in un altro fulcro di rivolte antispagnole durante la guerra dei 30 anni, come Barcellona, dove un tono di particolare freddezza sembra avvolgere le celebrazioni, per le quali ci si attenne al ripetere fedelmente quanto eseguito nel 1643 per i funerali di Luigi XIII (il quale, nel corso dei moti, aveva assunto il titolo di conte di Barcellona12). In realtà tra la città, che riempie il catafalco con i suoi scudi (quasi più numerosi di quelli reali), e la figura di Filippo IV si erano avuti più momenti di tensione fin dalla prima visita del re nel 1626, per il formale giuramento davanti alle Corts Catalanes, cui seguì un secondo viaggio nel 1632, conclusosi in un totale fracasso13. A Napoli invece abbiamo dimostrazioni direi quasi spontanee, o comunque di una certa schiettezza; quali ad esempio il rarissimo volantino in dodicesimi conservato nella collezione Portier-Moix della Biblioteca de Catalunya di Barcellona14, contenente due canzoni scritte in omaggio al re defunto da un tale Rincolfo Codimo (evidente pseudonimo di non facile identificazione) e da un «altro Autofalco (coerenti attributi per la pira di un re-eroe) come riferimento al trionfo di Juan José de Austria sugli insorti e le truppe del duca di Guisa. 10 Notitia..., Ms. XXIII D 14, f. 72-77. 11. Per la descrizione di queste feste vd. A. CIRINO, Feste celebrate in Napoli per la nascita del serenissimo Prencipe di Spagna, Napoli, Carlo Faggioli, 1659 e Notitia..., Ms. XXIII D 16, f. 10-41; 50-57. 12. Cfr. A. DURAN I SAMPERE; J. SANABRE, a cura di, Llibre de les solemnitats de Barcelona. II (1564-1719), Barcelona 1947, p. 282-329; è significativo che non sia stata realizzata nemmeno alcuna relazione a stampa della funzione, tenutasi nella cattedrale di Barcellona il 9 ottobre 1665. Per i funerali di Luigi XIII vd. ivi p. 242-276 e le due relazioni che invece vennero mandate alle stampe per l’occasione: J. PUIG, Sermo que predica...en les Reals Exequies que la molt Illust. y Nobilissima Ciutat de Barcelona celebrà a 20 de Iuny de 1643. A la grata y bona memoria de Lluys XIII lo Iust, Rey de França, y de Navarra, Comte de Barcelona...Amb una breu relacio, de lo succeit en elles, Barcellona, Jaume Matevat, 1643; B. CERES, Oracion funebre en la insigne ciudad de Barcelona, al Ildefonso de Maria, al Elias de la Iglesia, al Moysen de Cataluña, y al Finees de la Real, y Magestuosa casa de Borbon, Luys 13. Christianissimo Rey de Francias y de Navarra, Principe de Cataluña, y Conde de Barcelona en la Illust. y sumptuosa Capilla de la Diputacion..., Barcellona, en casa Iayme Matevad, 1643. 13. Il clima teso affettò, ovviamente, anche le feste organizzate in occasione della visita reale, vd. M. A. PÉREZ SAMPER, «Les festes reials a la Catalunya del Barroc», in A. ROSSICH, A. RAFANELL, a cura di, El barroc català, Barcelona, Quaderns Crema, 1989, p. 345-377. 14. Napoli dolente per la morte del Cattolico Re Filippo Quarto di Rincolfo Codimo. Con il Pausillipo Funebre d’altro Autore, Napoli, Paci, [1665]. 93 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 94 re» anonimo; testi non relazionabili con nessuna delle esequie celebrate a Napoli e di probabile diffusione “popolare” (considerato il linguaggio e la metrica). Tutto ciò trova riscontro nella coincidenza che, come vedremo, uno dei cronisti figurativi della rivoluzione di Masaniello15, il pittore Domenico Gargiulo, sarà uno degli artefici principali del catafalco reale. Per quanto poi concerne l’aspetto ufficiale del lutto, nella corte vicereale scattò immediatamente quel meccanismo di rituali per la realizzazione delle esequie “di stato”16, alle quali bisognava provvedere con celerità, ma senza trascurare il dovuto fasto, cercando di tener testa a quelle che a poco a poco si stavano celebrando nei principali centri della penisola, e non solo nelle capitali dell’Italia spagnola17. L’eco dell’impatto che ebbe questa impresa effimera sui napoletani si ritrova nell’abbondanza di fonti che tramandarono l’evento18 accanto alla tradizionale relazione a stampa del funerale (parte integrante del rituale celebrativo) alla redazione della quale fu designato uno degli esponenti del pensiero politico napoletano, il consigliere Marcello Marciano, prestato dall’attività giuridica all’elaborazione di epigrammi per le iscrizioni del monumento19. 15. Per le relazioni dello Spadaro con la rivolta del 1647 vd. C. R. MARSHALL, «“Cause di Stravaganze”: Order and Anarchy in Domenico Gargiulo’s Revolt of Masaniello», in The Art Bullettin, LXXX (1998), p. 478-497. Va comunque esclusa, come fa notare Marshall, ogni ipotesi di un’eventuale simpatia del Gargiulo verso i rivoltosi del ‘47. 16. Su questa prassi vd. M. A. ALLO MANERO, Exequias de la Casa de Austria en España, Italia y Hispanoamerica, Zaragoza, Universidad de Zaragoza, 1993, p. 40 e s. 17. Questo senso di ansia per la “concorrenza” si legge ad esempio nella relazione dei funerali organizzati a Roma da Pietro Antonio de Aragón, fratello del viceré di Napoli, cfr. A. PÉREZ DE RUA, Funeral hecho en Roma en la yglesia de Santiago de los espanoles a 18. de diciembre de 1665, Roma, Giacomo Dragondelli, 1666, p. 14 «Este grande aparato [...] se reduxo a perfecion en menos de dos meses; que segun la opinion comun en muchos mas no se podia acabar; pero el deseo de la brevedad, que en su Excelencia reconocieron los que executaban sus ordenes, parece que infundio celeridad en las manos: y verdaderamente el Señor D. Pedro odiaba la tardanza en rendir este ultimo obsequio a su Rey, para que no faltasse este ilustre exemplo de generosidad, que siente disgusto en la dilacion de lo que ofrece, mereciendo esta prontitud particulares alabanzas[...]». 18. Oltre alle fonti già citate bisogna aggiungere la testimonianza di Domenico Antonio Parrino, che 25 anni più tardi, nel suo Teatro eroico, dedicherà largo spazio nella sua narrazione del breve mandato del vicerè Cardinal de Aragón al racconto delle esequie reali (D. A. PARRINO, Teatro eroico, e politico de’ governi de’ vicere del regno di Napoli, Napoli, Domenico Antonio Parrino & Michele Luigi Muzio, 1694, 3 v., III, p. 160-175). La relazione dei funerali di Parrino è contenuta anche in un manoscritto del Settecento conservato nella Biblioteca Nazionale di Napoli, compilazione di notizie di storia napoletana da differenti testi (Biblioteca Nazionale di Napoli (B. N. N.), Ms XV G 29, Historia di Napoli, ff. n.n.). Il testo è stato pubblicato in R. DE MAIO, Pittura e Controriforma a Napoli, Bari, Laterza, 1983, p. 257-59, dove però non viene colta la corrispondenza con Parrino. Non va tralasciato, infine, il rilievo dato all’avvenimento dal Giannone, ben un secolo più tardi, all’interno della sua storia civile del Regno (G. GIANNONE, Istoria Civile del Regno di Napoli, Napoli, Gravier, 1770, 6 v., V, p. 351-354). 19. M. MARCIANO, Pompe funebri dell’Universo nella morte di Filippo IV, il grande monarca delle Spagne, Napoli, Egidio Longo, 1666. (p. 5 «il consigliere Don Marcello Marciano avocato fiscale del Real Patrimonio, a cui dell’inventione, e componimenti si comise la cura: impresa poco conforme al suo poco talento, se non l’avesse renduto superiore la prontezza dell’affetto, e la sicura speranza di essere compatito nella sua debolezza, riconoscendosi ciò che operava per parto più adottivo dell’ossequio, che naturale della professione»). 94 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 95 Figura 1. Pesche, Frontespizio di «Pompe funebri dell’Universo». [figura 1] La scelta di Marciano non fu affatto casuale: era autore di diversi testi a carattere giuridico, ma soprattutto di un dotto pamphlet politico, De Baliatu Regni Napoletani, relativo proprio alla successione di Filippo IV, in cui si rifiutava la pretesa della Santa Sede di reggere il Regno di Napoli durante la minore età di Carlo II20. Tornando alle esequie, per prima cosa andava scelto il luogo: dato che il Duomo era territorio impraticabile per il governo vicereale, a causa dei continui screzi tra il cardinal vescovo e il cardinal viceré (il Cardinal Filomarino e i suoi criati furono gli unici a Napoli a non osservare il lutto21), meglio optare per la monumentale chiesa del real monastero di Santa Chiara, stabilmente controllato dagli spagnoli, e non a caso in continua combutta col Filomarino22. Qui andava montato l’apparato (affidato alla soprintendenza di Don Fabrizio Caracciolo, Duca di Girifalco23), che si volle unificare sotto uno stesso discorso celebrativo di tematica astronomica, tralasciando un primo progetto più “classico” (relazionato alla biografia di Filippo IV) di cui ci informa un testo pubblicato nel dicem20. Il De Baliatu è stampato in appendice a T. GINESIO GRIMALDI, Istoria delle leggi e magistrati del Regno di Napoli, Napoli, Stamperia Orsiniana, 1774, XI, p. 259-334. Per un analisi di questo testo, cfr. G. GALASSO, Napoli spagnola dopo Masaniello, Firenze, Sansoni, 1982, p. 104-106 21. Cfr. Memorie..., f. 4r. 22. Vd. G. D’ANDREA, «Il monastero femminile di Santa Chiara di Napoli alla metà del secolo XVII», in Studi e ricerche francescane, IX (1980), p. 170-171. 23. A sua volta controllato, per l’aspetto economico, dal Presidente della regia Camera della Sommaria Giovan Domenico Astuto «Ministro vigilantissimo dell’erario» (Pompe funebri..., p. 4-5). 95 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 96 bre 1665 dal Duca di Diano, Don Carlo Calà’24. Una prima idea di discorso astronomico potrebbe essere nata da una serie di componimenti poetici in latino, In morte Catholica Maiestatis Philippi Quarti Hispaniarum Regis Domini Nostri Planetarium Obsequium, allegati al pesame inviato al viceré dal loro autore, Don Vit’Angelo Carlucci, cappellano regio di Altamura, il 18 novembre 166525. Il tema era dei più adatti per la glorificazione del Rey Planeta26, anche se a Napoli era già apparso qualcosa di simile per la festa di San Giovanni del 1629 (festa tradizionalmente dedicata ai viceré), illustrata dalla relazione di Francesco Orilia Lo Zodiaco, overo l’idea di perfettione di prencipi27. Qui però le virtù del governante erano relazionate ai 12 segni dello Zodiaco, secondo un testo di fine Trecento (il De Civitate Christi di Giovanni Genesio Quaia), mentre nel nostro caso lo speculum della monarchia è una volta celeste descritta quasi scientificamente, così come sarebbe potuta uscire dalle dissertazioni dell’accademia napoletana degli Investiganti28. Questo programma astrologico presentava dunque prima il mondo elementare, nell’atrio, poi il mondo celeste, con i pianeti rappresentati nella facciata e i 60 medaglioni delle costellazioni (relazionati a 60 antenati della casa d’Austria) nella navata, ed infine, nel catafalco eretto al centro della chiesa, il mondo terreno su cui Filippo IV aveva governato29. Tutte le parti dell’Universo intero («L’Universo creato, con Greca Ethimologia chiamato Cattolico»30) inneggiavano al re attraverso le iscrizioni e ne rispecchiavano le virtù e la nobiltà, attraverso le allegorie. Passando alla «moltitudine degl’artefici, che stavano con la mano all’opra»31, da una lettura attenta delle fonti capiamo che l’atrio e la facciata furono lavoro esclusivo dei pittori, essendo ricoperte da grosse tele dipinte, mentre opera propriamente di architettura fu il catafalco di cui 24. C. CALÀ, Elogii, inscrittioni, et imprese del presidente d. Carlo Cala duca di Diano nelli funerali del re nostro signore Filippo quarto il grande di gloriosa memoria, Napoli, Novello De Bonis, 1665. Non sono ancora riuscita a verificare se fu indetto una sorta di concorso per la scelta del programma del catafalco, e perché, soprattutto, questo testo fu dato alle stampe prima della cerimonia, quasi come se il duca di Diano volesse promuovere il suo programma, o prendersi una rivincita in seguito all’esclusione. 25. A. S. N., Segreteria dei Viceré. Viglietti originali, f. 299. 26. Sulle allegorie astrologiche cfr. F. J. PIZARRO GÓMEZ, «Astrologia, emblematica y Arte Efimero», in Goya, n. 187-188 (1987), p. 47-52. Sull’impiego dell’attributo di Rey Sol e Rey Planeta per le esequie di Filippo IV cfr. Exequias de la Casa de Austria ..., p. 571-573. 27. Cfr. J. A. MARINO, «The Zodiac in the Streets: Inscribing “Buon Governo” in Baroque Naples», in Embodiments of power. Building baroque cities in Austria and Europe, University of Minnesota, 18-20 settembre 2003, con molte informazioni interessanti sul valore istituzionale della festa di San Giovanni. 28. Sulla fiorente attività dell’Accademia degli Investiganti in quegli anni vd. M. H. FISCH, «L’accademia degli Investiganti», in De Homine, n. 27-28 (1968), p. 24-41. 29. Per un’illustrazione dell’iconografia dell’apparato (con l’elenco delle 60 “costellazioni austriache”) rimando allo studio di Victor Minguez (Exequias de Felipe IV..., p. 55-60). 30. Pompe funebri..., p. 6. 31. Notitia..., Ms. XXIII D 16, f. 428. 96 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 97 «devesi la lode dell’Inventione al Regio Ingegniere Francesco Antonio Picchiatti, à cui di tutta l’opera fu commessa la cura, e della di lui diligentissima applicatione si riconobbe, e la vaghezza degli ornamenti, e l’Unità del tutto nella dispositione.»32 La costruzione, di 33 metri d’altezza, era una sorta di torre ottagonale, catalogata dalla Berendsen sotto la tipologia di catafalco-pira di importazione spagnola; ed è strutturata fin dalla base, costituita da un ammasso di rocce-montagna su cui poggiano figure fluviali (lontano ricordo della fontana dei fiumi di Bernini33), secondo « the typical neapolitan distaste for compositional vacuum»34. [figura 2] Per le pitture invece: «fù scelta la mano di Luca Giordano, che Protheo della nostra Età, sà trasformarla nelle più celebrate dell’Antichità, dando vita con i colori alle Tele, e con i proprij attegiamenti all’affetti. Solamente il desiderio della gloria li fù sprone ad abbracciare opera sì vasta, e bastantemente la conseguì dall’applauso comune, che riconobbe i Raggi del suo illustre Pennello, quando credevasi occultato nel chiaro oscuro di quelle Tele, che nei marmi, che rappresentavano, parevano meritare l’Eternità nella duratione.»35 Quest’elogio è la prima considerazione ad essere diffusa a stampa delle straordinarie qualità di Luca Giordano36, il più illustre esponente di una nuova generazione di artisti, le cui opere erano già da una decina d’anni entrate a far parte delle più importanti collezioni spagnole37. La partecipazione del Giordano alle esequie di Filippo IV, non inclusa nella Vita del pittore scritta dal De Dominici, ma attestata dalla maggioranza delle fonti in esame, è sempre stata trascurata dagli studi sull’autore. Non ancora documentata dalla presenza di eventuali studi preparatori, la notizia è appena citata nella monografia del 1992, mentre scompare nel 32. Pompe funebri..., p. 145. Sulla figura, ancora poco studiata, dell’architetto regio Francesco Antonio Picchiatti e di suo padre Bartolomeo vd. F. MARÍAS, «Bartolomeo y Francesco Antonio Picchiatti: arquitectos de los virreyes españoles de Nápoles», in Künstlerischer Austausch zwischen Spanien und Neapel in der Zeit der Vizekönige, a cura di B. Borngässer, Göttingen, Kinzel, 1997, p. 6785. Sulla sua attività di collezionista ed esperto di antichità vd. invece I. M. IASIELLO, Il collezionismo di antichità nella Napoli dei Viceré, Napoli, Liguori, 2004, p. 188-196. 33. Come già osservato in M. FAGIOLO, «Athanor barocco: l’effimero come labor-oratorium e il segno della Scogliera», in Studi sul barocco romano. Scritti in onore di Maurizio Fagiolo dell’Arco, Skira, Milano, 2004, p. 189-190. 34. O. BEREDSEN, The Italian Sixteenth and Seventeenth Century Catafalques, New York, New York University, 1961, p. 140-141. Per l’evoluzione del catafalco-pira spagnolo (torriforme), composto da vari corpi architettonici sovrapposti, vd. Exequias de la Casa de Austria ..., p. 85-90. 35. Pompe funebri..., p. 7-8. La notizia della partecipazione di Giordano è anche nelle relazioni di Parrino (Teatro eroico, p. 168) e Rubino («delineato dal famoso pennello di Luca Giordano, di cui fu ancora tutto il disegno dell’altre pitture», Notitia..., Ms. XXIII D 16, f. 429). 36. Precede il Marciano solo la testimonianza della bravura del Giordano come imitatore della scuola veneziana del Cinquecento in una lettera inviata il 26 gennaio 1664 dall’artista-mercante Giacomo di Castro al collezionista messinese don Antonio Ruffo (V. RUFFO, La Galleria Ruffo in Messina nel secolo XVII, Roma 1916, p. 134). 37. Nell’inventario dei quadri posseduti dal valido del re, Don Luis Mendez de Haro, Marchese del Carpio, stilato nel 1661, abbiamo tre quadri del Giordano (Luca Giordano, Napoli, Electa, 2001, p. 479). 97 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 98 Figura 2. F. Pesche, Catafalco di Filippo IV (architetto Francesco Antonio Picchiatti). regesto delle opere annesso al catalogo dell’ultima mostra dedicata all’artista38. Era suo compito coordinare le decorazioni pittoriche, eseguite anche da artisti maggiori di lui in anni e esperienza. Tra questi figurava Domenico Gargiulo, detto Micco Spadaro, sul quale si pensava avere ben poche notizie posteriori al 1656, anno della pestilenza che dimezzò la popolazione napoletana (da cui trovò scampo rinchiudendosi nella Certosa di San Martino insieme alla corte vicereale). Afferma invece Marciano, parafrasato poi da Parrino, a conclusione della descrizione della facciata: «Questa fu la disposizione della Facciata dipinta à meraviglia da Domenico Spataro, chiamato dal Giordano à parte dell’honore; che se non sarà stata pienamente spiegata dell’infelicità della mia Penna, l’haverà bastantemente supplito il torchio, con l’impressione della presente figura.»39 38. Cfr. O. FERRARI, a cura di, «Regesto», in O. FERRARI, G. SCAVIZZI, Luca Giordano. L’opera completa, Napoli, Electa, 1992, 2 v., I, p. 240 e R. RUOTOLO, «Regesto documentario della vita e delle opere», in Luca Giordano, p. 479-491. 39. Pompe funebri..., p. 18. Parafrasato da Parrino: «La facciata del tempio, che doveva rappresentare il Mondo Celeste. Quivi fu innalzata una machina di cento palmi di altezza, e sessantacinque di larghezza, la quale fu coperta di tele dipinte da Domenico Spataro, che con Luca Giordano participò dell’onore di impiegare il pennello in servigio del proprio principe.» (Teatro eroico, p. 169). 98 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 99 La preziosa testimonianza di Marciano è perfettamente coerente con l’altro dato a noi noto sull’ultima attività del pittore: l’intromissione in una commissione affidata al Giordano per i quadri di santi tra i finestroni della navata di Santa Maria Regina Coeli [1664]40. Potremmo dunque ipotizzare che negli anni ’60 i due artisti collaborassero stabilmente, ossia che Giordano chiamasse lo Spadaro a prendere parte ai suoi numerosi lavori come artista indipendente, e non mero aiutante (ad esempio firma a chiare lettere le tele di Santa Maria Regina Coeli), così come sarebbe stato lasciato libero di disegnare le decorazioni della parte che gli spettava dell’apparato. Nell’incisione del Pesche che illustra la facciata dipinta di Santa Chiara41 (la presente figura a cui si riferiva Marciano) vediamo il prospetto della chiesa gotica trasformato in quello di una chiesa moderna, molto vicina a fabbriche fanzaghiane contemporanee come Santa Teresa a Chiaia, di cui si riprende il coronamento, oltre che le figure di santi in nicchie e gli obelischi usati come elementi decorativi. [figura 3] Dominava la facciata effimera un Atlante che reggeva il mondo, implicito riferimento a Filippo IV (e più in generale ai re di Spagna), come ben interpretava Rubino: «Poi per finimento della facciata, ergevasi sopra il secondo ordine che stava ancora vagamente ornato di puttini et altri lugubri freggi, una base, che sosteneva atlante, incurvato sotto il pondo del Celeste Globo, quale per mostrare che vacillava il mondo alla caduta del Gran Filippo, vero Atlante della Fede Cattolica, faceva leggere in un cartellone che haveva di sotto, per mezzo d’un Iscrittione, quanto fusse stata grande la di lui perdita.»42 A Napoli la raffigurazione del monarca come Atlante si prestava anche a una lettura allegorica dell’istituto del viceregno, come mostra l’incisione antiporta del terzo volume del Teatro eroico e politico delli signori Viceré di Parrino, rappresentante la dodicesima fatica di Ercole, in cui un Atlante-re passa il mondo sulle spalle di un Ercole-viceré perchè lo sostituisca temporaneamente43. 40. «Aveva il celebre Luca Giordano ivi dipinto i quadri della Cappella dedicata a S. Agostino ed a lui medesimo allogarono quelle nobili Monache tutti i quadri, che andavano tra finestroni; avendo [Giordano] allo Spadaro tutto il rispetto, non volle a patto veruno che di tutti foss’egli escluso; laonde convenne a quelle Dame farne lavorare a Domenico quella parte di essi, che si vedono a nostri giorni.» B. DE DOMINICI, Vite de’ Pittori, Scultori et Architetti Napoletani, Napoli, stamperia del Ricciardi, 1743, 3 v., III p. 195. Per le tele eseguite da Micco Spadaro per Santa Maria Regina Coeli (due monumentali e quasi neo-veneti papi San Sergio e San Felice) vd. B. DAPRÀ, a cura di, Micco Spadaro. Napoli ai tempi Masaniello, Napoli, Electa, 2002, 2002, p. 170; G. SESTIERI; B. DAPRÀ, Domenico Gargiulo detto micco Spadaro. Paesaggista e “cronista” napoletano, Milano-Roma, Jandi Sapi 1994, p. 326-327, con bibliografia relativa. Sul monastero benedettino di Santa Maria Regina Coeli vd. F. DE ROSSI; O. SARTORIUS, Santa Maria Regina Coeli. Il monastero e la chiesa nella storia e nell’arte, Napoli, Editoriale Scientifica,1987. 41. Una delle molte illustrazioni inserite nella relazione delle esequie (3 per l’apparato e 60 per ogni costellazione della navata). Sulla sfuggente figura del Pesche, attivo a Napoli nella seconda metà del secolo, vd. G. DE NITTO, «L’arte tipografica napoletana del Seicento», in R. PANE, Seicento napoletano. Arte, costume, ambiente, Milano, Edizioni di Comunità, 1984, p. 472-492; A. OMODEO, Grafica napoletana del ‘600. Fabbricatori di immagini. Saggio sugli, incisori, illustratori, stampatori e librai nella Napoli del Seicento, Napoli, Regina,1981, p. 56. 42. Pompe funebri..., p. 430. 43. Sulla raffigurazione di Filippo IV come Atlante (e l’utilizzo della scena della dodicesima fatica per i familiari del re) vd. F. MORENO CUADRO, «Vision emblematica del gobernante Virtuoso», in Goya, n. 187-188 (1985), p. 18-20. 99 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 100 Figura 3. F. Pesche, Facciata effimera della chiesa di Santa Chiara. Di questa figura fu certamente studio preparatorio uno splendido disegno a penna del Gargiulo, eseguito col suo consueto tratto veloce, molto espressivo (chiara derivazione dell’attività grafica del Ribera), conservato nel Gabinetto Disegni e Stampe del Museo Nazionale di Capodimonte44. [figura 4] Il disegno, più volte esposto in mostre45 per essere particolarmente emblematico di quella «efficace incisività pur con la sobrietà dei mezzi impiegati»46 che caratterizza lo stile del Gargiulo disegnatore, è stato sempre interpretato come Studio di figura virile, da relazionarsi con la frequentazione dell’«Accademia del nudo» del Vaccaro di cui ci parla De Dominici47. Spesso è stato anche annoverato tra le prove di un suo 44. Museo di Capodimonte, Gabinetto Disegni e Stampe, inv. 984. Il disegno faceva parte della collezione Firmian (vd. R. MUZII, a cura di, La raccolta di stampe di Carlo Firmian nel Museo di Capodimonte, Trento, Temi, 1984) ed è normalmente esposto nella sezione del museo dedicata alle arti grafiche. 45. Vd. i cataloghi delle seguenti mostre: W. VITZTHUM, a cura di, Disegni napoletani del Sei e Settecento, Napoli, L’Arte tipografica, 1966, n. 16; R. CAUSA; W. VITZTHUM, a cura di, Disegni napoletani del Seicento e del Settecento, Roma, istituto grafico tiberino, 1969, n. 16; W. VITZTHUM, a cura di, Desene napolitane secolele XVII-XVIII, Bucarest, Muzeul de Arta al Republicii Socialiste Romania, 1969, n. 16; Collections del Musées de Naples. Dessins napolitains, XVII-XVIII siècles, Paris, Ecole nationale superieur des Beaux-Arts, 1983, n. 25; R. MUZII, a cura di, Il disegno barocco a Napoli, Gaeta, Centro Storico Culturale «Gaeta», 1985, n. 21; R. MUZII, in Micco Spadaro... 2002, p. 215. Su questo disegno vd. anche R. MUZII; N. SPINOSA, I grandi disegni italiani nella collezione del Museo di Capodimonte a Napoli, Milano, Silvana Editoriale, 1987, n. 61; SESTIERI, in Domenico Gargiulo... 1994, p. 380. 46. G. SESTIERI, Domenico Gargiulo disegnatore, in Micco Spadaro... 2002, p. 60. 47. «Imperciocchè continuando egli a disegnare nell’Accademia del nudo, che in Casa del Vaccaro si esponeva per la perfetta intelligenza de’ muscoli, ed esattezza de’ regolati contorni, divenne un eccellente disegnatore del corpo umano, e formò opere in grande con maestria dipinte, e con intelligenza disegnate.», Vite de’ Pittori..., III p. 194. 100 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 101 Figura 4. Domenico Gargiulo, Studio preparatorio per l’Atlante della facciata. Gabinetto Disegni e Stampe, Museo de Nazionale di Capodimonte, Napoli. viaggio studio a Roma48, data la somiglianza con l’Ercole che sostiene il globo terrestre dipinto da Annibale Carracci nel Camerino Farnese. In realtà il disegno potrebbe piuttosto ispirarsi alla composizione di Francesco Albani, Ercole-Atlante che sostiene il globo tra Mercurio e Apollo, per un’incisione di Francesco Villamena49, questa sì strettamente influenzata dal medesimo soggetto del Carracci. A questo disegno di Capodimonte andrebbe associato un altro studio della collezione Dúrcal del Metropolitan50, su cui possiamo vedere una diversa interpretazione del re-Atlante: l’immagine di un gigante inginocchiato che regge un globo su cui svetta un cavaliere, probabilmente il piccolo erede al trono Carlo II. Infatti la figura di Atlante va anche interpretata come un diretto riferimento alla regina Maria Ana d’Austria, e alla lunga reggenza che si prospettava dopo la morte del re. Sull’altra faccia dello stesso foglio [figura 5] vediamo, poi, disegni di un dio fluviale, palme, stemmi e una testa di caprone. La personificazione del fiume e gli stemmi sono relazionabili al primo ordine del catafalco, dove ogni regione del regno di Filippo IV era rappresentata da una personificazione, un fiume, una montagna e il suo stemma (uno di quelli del disegno in questione è probabilmente del 48. Cfr. Il disegno barocco... 1985, n. 21. 49. Vd. S. PROSPERI VALENTI RODINÒ, in L’Idea del Bello. Viaggio nella Roma di Giovan Pietro Bellori, Roma, De Luca, 2000, p. 255-256, con bibliografia relativa. 50. J. BEAN, 17th Century Italian Drawings in the Metropolitan Museum of Art, New York, The Metropolitan Museum of Art, 1979, p. 158, n. 202; SESTIERI, in Domenico Gargiulo... 1994, p. 398. Daprà (in ivi, p. 258-259) ritiene il disegno studio preparatorio per il Cicno si trasforma in uccello, ma abbiamo differenti studi di divinità fluviali del Gargiulo (cfr. quello conservato nel Museo del Louvre e un altro in collezione privata napoletana, ivi, p. 384) ma solo questo presenta dati che lo avvicinano alle figure dell’apparato. 101 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 102 Figura 5. Domenico Gargiulo, Studio preparatorio per altre decorazioni dell’apparato di Santa Chiara. Metropolitan Museum of Art, New York. Regno di Sardegna). Mentre la testa di caprone alle spalle del dio fluviale richiama quella della costellazione del Capricorno della serie di emblemi che adornavano la navata51. [figura 6] Inoltre un altro disegno, proveniente dalla stessa collezione statunitense52, con una figura femminile col capo chino, è avvicinabile alle personificazioni delle regioni piangenti del primo ordine. Questo dimostra che lo Spadaro non lavorò solo alla facciata della chiesa, progettando anche le decorazioni scultoree dell’interno. Considerato che dei circa 80 disegni noti del Gargiulo solo pochissimi possono essere messi in relazione con le sue opere pittoriche e che ancora meno sono quelli dedicati a complesse scene corali o a paesaggi53, sarebbe da chiedersi se buona parte di queste velocissime opere grafiche a penna non sia da relazionarsi ad un altro genere di produzione, lontana dalle sue «storie rappresentate con figure picciole»54, quale appunto quella per apparati effimeri. D’altronde la vicinanza alla corte vicereale del pittore55 e la sua nota facilità nella produzione di immagini fantasiose lo rendeva un candidato ideale a questo genere di incarichi. Potrebbero sostenere questa azzardata ipotesi l’analisi di disegni come l’Allegoria con donna cavalcante un dragone56, in collezione privata milanese, dove il riferimento è chiarissimo ai carri allegorici napoletani e soprattutto alle Tarascas, dragoni cavalcati prevalentemente da figure femmini51. Cfr. l’incisione dell’emblema in Pompe funebri..., p. 82. 52. 17th Century Italian..., p. 158, n. 203. Il disegno non è riportato nel catalogo dei disegni stilato da Sestieri nella già citata monografia del 1994, anche se presenta tutti i caratteri dello Spadaro disegnatore: il tratto a penna molto spesso, il tratteggio continuo, la velocità di espressione. 53. Micco Spadaro... 2002, p. 55. 54. Vite de’ Pittori..., III, p. 194. 55. Nonché alle più alte cariche amministrative, vd. «“Cause di Stravaganze”...», p. 484 e s. 56. Domenico Gargiulo... 1994, p 375. 102 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 103 Figura 6. F. Pesche, Emblema del Capricornio (dalla serie di 60 costellazioni nella navata di Santa Chiara). li che si portavano in processione a Madrid e in altri centri spagnoli durante la festa del Corpus Domini57. Queste ipotesi (che dovranno essere verificate nel corso di future ricerche) si raffrontano con l’assenza di studi approfonditi sull’esecuzione di apparati per feste a Napoli58 prima dell’avvento degli architetti-scenografi Filippo e Cristoforo Schor, giunti al seguito del marchese del Carpio nel 1683 (anno scelto, non a caso, come data di inizio per l’unica mostra dedicata all’effimero napoletano59). Studi che, date le scarse testimonianze grafiche, dovrebbero contare quasi unicamente sulle fonti scritte, ma che metterebbero in luce l’immensa produzione artistica generata da questi momenti di «comunicazione collettiva», in cui si codificava l’ordine della complessa struttura sociale napoletana60. Tornando al punto di inizio, sarebbe davvero interessante sapere se e in che modo 57. B. J. GARCÍA GARCÍA, «Fiesta sacramental y religiosa», in Teatro y Fiesta del Siglo de Oro en tierras europeas de los Austrias, Madrid, Seacex, 2003, p. 193, n. 89-90; J. PORTÚS PÉREZ, La antigua procesion del Corpus Christi en Madrid, Madrid, Comunidad de Madrid, 1993, p. 109-153. 58. Il principale apporto allo studio dell’effimero barocco napoletano è ancora la carrellata di scenografie redatta nel 1968 da Franco Mancini (F. MANCINI, Feste ed apparati civili e religiosi in Napoli dal viceregno alla capitale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1968), dedicata soprattutto alle realizzazioni Sette- Ottocentesche; vd. anche F. MANCINI, «L’immaginario di regime. Apparati e scenografie alla corte dei viceré», in Civiltà del Seicento a Napoli, Napoli, Electa, 2 v., II p. 27-35. 59. Capolavori in festa. Effimero barocco a Largo di Palazzo (1683-1759), Napoli, Electa, 1998. 60. Il valore della festa come «regolatore fondamentale della comunicazione sociale dell’area» è stato studiato da Michele Rak, in M. RAK, «Il sistema delle feste nella Napoli barocca», in G. CANTONE, a cura di, Barocco napoletano, Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1992, p. 299-327. Lo stesso autore ha svolto una profonda analisi tipologica della festa napoletana del Seicento (M. RAK, «A dismisura d’uomo. Feste e spettacolo del barocco napoletano», in M. FAGIOLO, a cura di, Gian Lorenzo Bernini e le arti visive, Roma, Istituto della Enciclopedia italiana, 1987, p. 259-312). 103 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 104 Figura 7. F. Pesche, Monumento equestre effimero a Filippo IV. qualche parte dell’apparato riuscì ad essere riciclata dal delle Chiavi per nuove e più allegre funzioni teatrali. Se ciò avvenne fu grazie alla minore presenza di elementi funerei che caratterizzava l’apparato, in confronto, ad esempio, con l’analoga macchina realizzata a Firenze (su disegno di Ferdinando Tacca), dove scheletri, teschi e fregi funesti riempiono l’intera decorazione61. La funzione funeraria è qui figurativamente espressa dalla solennità dell’impianto decorativo e dai teli neri che tappezzavano interamente la chiesa62, oltre che dalle lacrime della sirena Partenope presso il monumento equestre fittizio montato nell’atrio63. [figura 7]. 61. G. B. BORGHERINI, Esequie di Filippo IV, cattolico re di Spagna, celebrate in Firenze dal serenissimo Ferdinando II, Granduca di Toscana, in Firenze, Stamperia di Sua Altezza Serenissima, 1665. Piena di scheletri che si alternano nella ricca decorazione è anche la facciata su piazza Navona della chiesa di San Giacomo degli Spagnoli per i funerali romani di Filippo IV (incisa da Nicolas Pinson in Funeral hecho en Roma..., p. 46-47). Per l’abbondanza di decorazioni macabre si veda anche il catafalco leccese, riprodotto a stampa in L. PAPPACODA, Pompe funebri celebrate all’augusto monarca Filippo IV, in Lecce, Pietro Micheli, 1666. 62. Notitia..., Ms. XXIII D 16, f. 431 «Passatosi poscia dentro la chiesa, si osservarono le mura coverte dal tetto sino a terra di funesto lutto, senza che vi penetrasse uno spiracolo di luce, con il soffitto ancora tutto intessuto d’oscurissime tele». Pompe funebri.., p. 19 «Fu quella ricoverta intieramente di panni neri, anche nel tetto, & con accese innumerabili faci, che occupavano il vastissimo giro della medesima su’l risalto de i corridori, che sopra le cappelle si distendevano.» 63. Sirena che sembra ispirarsi a quella scolpita da Cosimo Fanzago nel basamento della guglia di San Gennaro [1660]. 104 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 105 Nessun trionfo della morte bensì la glorificazione di un monarca che, alla stregua degli eroi dell’antichità, entra a far parte del firmamento come una in più delle costellazioni. Tutto è trasfigurato in una magniloquente allegoria astronomica, proprio in un contesto in cui, 20 anni prima, il termine astronomico «rivoluzione» era passato definitivamente al campo della politica, nelle descrizioni dei moti del 164764. 64. A. MUSI, La rivolta di Masaniello nella scena politica barocca, Napoli, Guida, 2002, p. 252 «Solo negli anni Quaranta del Seicento il termine entrava prepotentemente nella pubblicistica politica sulle rivoluzioni europee: basti citare l’opera del Giraffi su Napoli, tradotta in inglese da Howell, quella dell’Assarino sulla Catalogna, del Reina su Palermo.» (A. GIRAFFI, Le rivolutioni di Napoli, Venezia, Baba, 1647; J. HOWELL, An Exact History of the Late Revolution in Naples, Londra, Lowndes, 1650-52, 2 v.; L. ASSARINO, Delle rivolutioni di Catalogna, Genova, G. M. Farroni, 1644, 4 v.; P. REINA, Delle riuolutioni della citta di Palermo auuenute l’anno 1647, Verona, Francesco de’ Rossi, 1648. E ancora G. B. BIRAGO AVOGADRO, Historia delle Rivoluzioni del Regno di Portogallo, Genova, Stefano Gamoneto, 1646). 105 07.qxd 20/12/2006 15:35 PÆgina 106