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MASSIMO MARRA QUALCHE PAROLA SULL' ALCHIMIA TANTO PER COMINCIARE

2007, Alchimia

"Qualche parola sull'alchimia, tanto per cominciare", capitolo introduttivo a AA.VV. - "Alchimia", a cura di Massimo Marra e Andrea de Pascalis, Mimesis, Milano 2017, PRE-PRINT VERSION, pp. 9-32

ALCHIMIA a cura di Massimo Marra e Andrea De Pascalis MIMESIS © 2007 – MIMESIS EDIZIONI Redazione: Via Mario Pichi 3 – 20143 Milano Telefono e fax: +39 02 89403935 E–mail: [email protected] Catalogo e sito Internet: www.mimesisedizioni.it Progetto grafico: Daniela Dalla Vigna Tutti i diritti riservati Poiché siete nutriti del frumento della Luce, risorgerete al libero spazio, restate in attesa, spiando un segno. Quando udrai l’appello della guardia che dà il cambio, gioisci di colui che apre i battenti. Perché, allora, il mattino è prossimo. Sohravardi, da L’arcangelo purpureo, a cura di H. Corbin, trad. it di Piero Favini, ed. Coliseum, Milano 1990. INDICE Massimo Marra Qualche parola sull’alchimia, per cominciare p. 9 Paolo Aldo Rossi I greci e il fondere (ché?): physikà kaì mystikà p. 33 Paolo Mottana Immaginazione alchemica e pedagogia p. 53 Eric Humbertclaude Su due aspetti dell’opera in versi di Federico Gualdi p. 63 Andrea De Pascalis L’Aureum seculum redivivum di Hinricus Madathanus p. 117 Massimo Marra Di alcuni componimenti di materia alchemica in rima volgare dai fondi manoscritti della Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli p. 187 Il Discorso sopra il Lapis Philosophorum del signore Giovan Thomaso Cavazza p. 233 Autori p. 253 Massimo Marra QUALCHE PAROLA SULL’ALCHIMIA, PER COMINCIARE Diffidate di chi viene a mettere ordine. Diderot Interrogarsi Presentare al pubblico una raccolta di materiali di studio sull’alchimia occidentale, è, per sua stessa natura, un’operazione che può dar adito a più di una confusione. Materia nomade, erratica, dai contorni identitari incerti, è ancora oggi difficile dare una definizione dell’alchimia all’interno della storia culturale dell’occidente, definirne un territorio, una lingua. Anelito alla conoscenza di materie sottili, di collegamenti invisibili ed eterni, di connessioni intangibili e tenaci, l’alchimia presuppone uno sguardo che attraversa il denso, oltrepassandolo per scorgere la stratificazione complessa degli aspetti invisibili del creato. Una capacità di rimanere sospesi tra cielo e terra che è simile a quella delle suffumigazioni degli incensi sacri, che ricorda e riecheggia le levitazioni dei santi, le guarigioni ed i miracoli trasmutatori di pani e di pesci, di vino. Una attitudine di delicata devozione al creato per oltrepassarne con orante attenzione gli aspetti grossolani ed attingere la potenza pura della scaturigine inesausta, il luogo e la qualità del caos in cui la forma seminale divina imprime la sua qualità generativa. Un terreno complesso, gravido di implicazioni di vario tipo, come si intuisce facilmente, che diviene vieppiù impervio se, di là di un atteggiamento di tipo eminentemente storico-archeologico, si considera l’alchimia come materia viva, scienza ancora oggetto di studio e pratica (a vari livelli e con varie declinazioni e coloriture) di decine di migliaia di persone sparse in tutto il mondo occidentale. Basta una breve navigazione on-line per accorgersi della vitalità dell’interesse sull’alchimia. Terreno ibrido tra tecnica manipolatoria della materia e tensione soteriologica ad una rigenerazione microcosmica e macrocosmica, l’alchimia sfugge, anche nella modernità, ad ogni tentativo di classificazione. Un altrove assoluto, una scienza degli imponderabili1 in cui 1 Come, ad. es., è definita da Zolla (cfr. Le meraviglie della natura, introduzione all’alchimia, Bompiani 1975, pp. 90 e sgg.). Q UALCHE PAROLA SULL’ ALCHIMIA , PER COMINCIARE Le immagini ornamentali di forni ed apparecchi distillatori a lato del testo, e prive di didascalia, sono tutte tratte da La description des nouveaux Forneaux Philosophiques ou Art Distillatoire, Par le moyen duquel sont tirez les Esprits, Huiles, Fleures & autres Medicaments [...] mis en lumiere en faveur des Amateurs de la Verité par Jean Rodolphe Glauber et traduit en nostre langue par le Sieur du Teil, Paris 1659. 2 Mircea Eliade, Arti del metallo e alchimia, Boringhieri, Torino 1987, pp. 152-154. 10 è assai complesso riconoscere radici e nozioni note, rassicuranti. Anche l’attenzione che negli ultimi centocinquanta anni la storia della scienza e la filosofia hanno tributato all’idea ermetica della scienza delle trasmutazioni, non è approdata a conquiste stabili e definitive. Eppure, è ormai assai chiara la valenza che l’alchimia assume laddove la si analizzi in relazione allo sviluppo della cultura occidentale moderna: ...assumendo la responsabilità di cambiare la Natura, l’uomo si è sostituito al Tempo: ciò che avrebbe richiesto millenni o eoni per “maturare” nelle profondità della Terra, il metallurgo e, soprattutto, l’alchimista, ritengono di poterlo ottenere in poche settimane... Il vas mirabile dell’alchimista, le sue fornaci, le sue storte svolgono un ruolo ancora più ambizioso: questi apparecchi sono la sede di un ritorno al Caos primordiale, di una ripetizione della cosmogonia; le sostanze vi muoiono e vi risuscitano per essere infine trasformate in oro... La figura mitica del Fabbro Eroe civilizzatore africano non ha ancora perso il significato religioso del lavoro metallurgico: il Fabbro Celeste, come abbiamo visto, completa la creazione, organizza il mondo, fonda la cultura e guida gli esseri umani verso la conoscenza dei misteri...L’alchimista occidentale raggiunge l’ultima tappa dell’antichissimo programma, avviato dall’homo faber fin dal giorno in cui si accinse a trasformare una Natura che egli considerava, secondo prospettive diverse, come sacra o suscettibile di essere ierofanizzata. Il concetto della trasmutazione alchemica è il coronamento favoloso della fede nella possibilità di cambiare la Natura attraverso il lavoro umano (lavoro che comporta sempre, non dimentichiamolo, un significato liturgico2. Seppure una tale riflessione non getti alcuna luce sulle origini, sul successo e la longevità di una tale dottrina, tuttavia, riteniamo essa chiarisca un carattere precipuo che inserisce in modo funzionale l’alchimia nella formazione e nello sviluppo della cultura occidentale. Il donum dei della Pietra filosofale o dell’ elixir, è, in ultima analisi, pur sempre correlato – anche se in modo dichiaratamente non necessitante – all’azione dell’operare, ad una techne che definisce la natura profondamente ibrida ed imprecisata della dottrina di cui stiamo parlando. Tale connotazione anfibia, che sconfina nei territori contemporanei della scienza e della rigenerazione mistica, definisce nel contempo, da sempre, uno spazio di autonomia e di specificità sia dalla sfera dello scien- 11 tifico che da quella del religioso. Se già dalle prime investigazioni degli storici della scienza ottocenteschi è risultato chiaro lo iato che intercorreva tra il paradigma scientifico positivista e la tensione soteriologica e salvifica sottesa alla dottrina alchemica, non altrettanto chiaro è stato, all’inizio, il confine che la stessa techne alchemica stabiliva nei confronti della religione. Nel suo delinearsi come tecnica iniziatica, in qualche modo, infatti, l’alchimia segna il limite e la forza di una dottrina cosmologica e cosmogonica tradizionale, che, dal paganesimo delle proprie origini, ha saputo adattarsi senza gravi traumi a strutture metafisiche assai differenti, passando dallo gnosticismo, al cristianesimo, all’Islam per tornare nuovamente al cristianesimo. In questo carattere plastico – e nel sospetto di voler avocare a sé una valenza salvifica sottraendola alla dottrina religiosa propriamente detta – doveva risiedere buona parte della diffidenza e dell’atteggiamento ambiguo che la dottrina cristiana ha riservato all’alchimia nel corso dei secoli. E, a ben guardare, anche l’esito del complesso corso della quaestio de alchimia che, tra il Medioevo ed il Rinascimento, ha animato il dibattito filosofico, sembra portare ad un riconoscimento di questo limite identitario3. Definendo la dottrina alchemica come ars practica tributaria della fisica, se ne sanciva ufficialmente la collocazione gerarchica, se ne esorcizzava il carattere anfibio ed ibrido, se ne occultava la tensione soteriologica, necessariamente correlata alla metafisica cristiana. L’ars practica si rivelava tributaria di una metafisica che, sola, poteva legittimarne l’esistenza, e da cui, in nessun caso, si poteva prescindere. La riflessione “tradizionalista” di René Guénon sul limite dell’ermetismo come dottrina a sfondo eminentemente cosmologico è tutt’altro che peregrina4. In una cultura tradizionale una dottrina cosmologica si ricollega necessariamente ad un quadro metafisico di riferimento – qualunque esso sia – senza del quale l’idea stessa di una dottrina cosmologica perde completamente di senso. E, d’altro canto, non vi sono ostacoli a che una medesima scienza cosmologica possa adattarsi in modo creativo a quadri culturali e metafisici anche assai differenti, costruendosi una fortuna ed una longevità che attraversano i millenni. È un percorso comune a tutte le scienze tradizionali, dalla magia all’astrologia, una realtà con cui lo storico è abituato a confrontarsi. M ASSIMO M ARRA 3 Si trattava di delimitare l’identità epistemologica dell’alchimia, sospesa tra il concetto di scientia, dal definito carattere teoretico, e quello di ars practica, ars mechanica da ricollocare nel quadro delle arti tributarie della fisica. È quest’ultimo il parere prevalente che ritroviamo negli scrittori più tardi, fino al Rinascimento ed oltre. Sulla quaestio de alchimia in generale vedi W. R. Newmann, Technology and alchemical debate in the late Middle Ages, in Isis, vol 80, 1989, pp. 423-445 e ancora lo studio introduttivo a W. R. Newmann, The Summa Perfectionis of Pseudo Geber. A Critical edition, translation and study New York 1991 ed. Brill. Il tema è sinteticamente ripreso anche in Crisciani – Pereira, L’Arte del Sole e della Luna, ed. C..I..S.A.M., Spoleto 1996, pp. 38 e sgg.. 4 Cf. Qualche considerazione sull’ermetismo, in René Guénon, Considerazioni sulla via iniziatica, Bocca, Milano 1949, pp.338 e sgg.. Q UALCHE PAROLA SULL’ ALCHIMIA , PER COMINCIARE 12 Con tali non semplici premesse, si comprende bene come possa essere risultato difficile l’incontro della cultura moderna e contemporanea con l’antica ed oscura scienza di Ermete. Tuttavia, se dovessimo operare una esemplificazione, potremmo identificare, lungo tutta la seconda metà del XIX secolo e per tutto il XX, tre approcci fondamentali, che in un reciproco e funzionale rapporto di interscambio hanno dominato nei tentativi ermeneutici di stampo storico e filosofico. Proviamo a passarli brevemente in rassegna. Figli di un inconfessabile mago: esprit positif e storia della scienza L’illuminismo è l’angoscia mitica radicalizzata. La pura immanenza positivistica, che è il suo ultimo prodotto, non è che un tabù per così dire universale. Non ha da esserci più nulla fuori, poiché la semplice idea di un fuori è la fonte genuina dell’angoscia. T. W. Adorno – M. Horkheimer, Dialettica dell’Illuminismo, trad. it di R. Solmi, Einaudi, Torino 1997, p. 23. 5 Ci siamo già brevemente occupati dell’alchimia a cavallo tra XIX e XX secolo, nella duplice lettura degli storici della scienza positivisti e del vasto e variegato movimento occultista, nelle pagine introduttive alla recente riedizione di Giovanni Carbonelli, Sulle fonti storiche dell’alchimia e della chimica in Italia, (La Finestra, Trento 2004). A quanto scritto in quella sede ed alle relative note bibliografiche rimandiamo il lettore desideroso di ulteriori approfondimenti. Potremmo definire un primo tipo di approccio come storico-archeologico, ossia una ricerca intorno ad una materia morta, ad una scienza arcaica e desueta, ad un relitto del passato da proporre ed analizzare filologicamente in un’ottica esclusivamente storico-documentale. Si tratta, con ogni evidenza, di un atteggiamento fortemente influenzato dal pregiudizio culturale positivista. La dimensione “storica” risulta portatrice dell’unica validazione possibile del carattere di uno studio che, per sua stessa natura, può risultare sospetto di simpatie irrazionalistiche ed oscurantiste. Lo storico si interessa alla radice irrazionale solo per rintracciare il percorso di un cammino faticoso e luminoso della cultura verso l’auspicato ed inevitabile affrancamento dalle oscure radici del mito. Ciò che si cerca, in un’ottica fermamente evoluzionista, sono i germi dei moderni lumi positivistici che, fatalmente, devono pur rinvenirsi nel mare magnum delle oscure superstizioni. È l’attitudine inaugurata dalla grande stagione degli studiosi del positivismo ottocentesco (i Kopp, gli Chevreul, i Berthelot, fino ai nostri Carbonelli, Mieli etc.)5. L’alchimia è il balbettio prescientifico e superstizioso che precede la chimica, la 13 M ASSIMO M ARRA sua quasi inconfessabilmente oscura matrice, entro cui già nascono e si sviluppano i germi di una scienza razionale e positiva. In questa specifica ottica essa ritrova una sua utilità, riassume un ruolo che ne legittima lo studio da parte dell’uomo di scienza moderno ed illuminato, l’indagine critica secondo un modello fedele ad un’ottica fermamente razionalista ed evoluzionista. Vediamo come ce ne rende conto Marcelin Berthelot, chimico insigne, scienziato famoso ed autorevole uomo politico, pioniere della storia delle scienze. I corsivi nel testo sono nostri: ...All’inizio della civiltà, ogni conoscenza ostenta una forma religiosa e mistica. Ogni azione era attribuita agli dei, identificati con gli astri, con i grandi fenomeni celesti e terrestri, con tutte le forze naturali. Nessuno, allora, avrebbe osato un’operazione politica, militare, medica, industriale, senza ricorrere alla formula sacra, destinata a propiziare la buona volontà delle potenze misteriose che governano l’universo. Le operazioni meditate e razionali non vennero che in seguito e sempre in ambiti strettamente subordinati. Ciò nonostante coloro che erano impegnati nelle opere non tardarono a percepire che i loro scopi si realizzavano soprattutto attraverso il lavoro efficace della ragione e dell’attività umana. La ragione introdusse a sua volta, per così dire surrettiziamente, le sue precise regole nell’esecuzione di ricette pratiche, in attesa del giorno in cui sarebbe arrivata a dominare tutto. Da ciò un periodo nuovo, semirazionalista e semi-mistico, che ha preceduto la nascita della scienza pura. Allora fiorirono le scienze intermedie, se così possiamo dire: l’astrologia, l’alchimia, la vecchia medicina delle virtù delle pietre e dei talismani, scienze che oggi ci appaiono chimeriche e ciarlatanesche. La loro apparizione ha costituito comunque un progresso immenso in una determinata fase, ed ha fatto epoca nella storia dello spirito umano. Queste scienze sono state una transizione necessaria tra l’antico stato degli spiriti, in balia della magia e delle pratiche teurgiche, e lo spirito attuale, assolutamente positivo...6. Il programma di demitizzazione delle radici positive della scienza è esplicito, ed è preoccupazione costante, impronta non episodica. L’obiettivo, nel dimostrare la sua primogenitura nel campo dello spirito umano, è nientedimeno che affrancare il dominio della morale, dell’etica e dello spirituale dall’oscurità di una origine mitica e religiosa incompatibile con l’esprit positif: 6 Marcelin Berthelot, Les origines de l’alchimie, Paris, Steinheil 1895, pp. VI – VII. Q UALCHE PAROLA SULL’ ALCHIMIA , PER COMINCIARE 14 Il misticismo reclama di nuovo il monopolio della morale, in nome dei principi religiosi. Questa pretesa riposa su affermazioni erronee: la storia dello sviluppo della razza umana e delle civilizzazioni prova, in effetti, che le origini ed i progressi della morale sono stati tratti da tutt’altre fonti. Le religioni si sono appropriate della morale, non l’hanno creata, e ne hanno anzi troppo soventemente ostacolato l’evoluzione ed il progresso. In realtà, in questo dominio, così come in quello della metafisica, esse non hanno fatto altro che improntare alle conoscenze della loro epoca delle nozioni e delle ipotesi che hanno poi eretto in sistemi assoluti, dogmi definitivi. Io desidero mostrare che le regole direttrici della vita umana non sono improntate oggi, e non lo sono mai state, in realtà, a delle rivelazioni divine: siano queste di religioni antiche o moderne, d’Oriente o d’Occidente.... Anzitutto qualche osservazione al riguardo di una espressione che ha dato luogo a singolari malintesi, ossia la parola mistero. Questa parola è esclusa oggi dal linguaggio e dai metodi scientifici, come anche la parola miracolo, che ne è in fondo sinonimo per chiunque cerchi nel mistero i principi della sua conoscenza e le regole per la sua vita. Nelle memorie dei fisici e dei chimici, non si incontrerà né l’una, né l’altra parola. Se il mistero ed il miracolo sono così rifiutati ed espulsi dalle nostre trattazioni, ciò non è solo in virtù di pure deduzioni logiche; è perché ovunque ci sia stato dato di approfondire i fenomeni abbiamo constatato che questi erano costantemente prodotti in virtù di una relazione determinata tra cause ed effetti. È precisamente questa constatazione a posteriori che ha costituito il metodo scientifico... Il metodo scientifico è stato riconosciuto, attraverso l’esperienza delle età passate, così come attraverso l’esperienza dell’età presente, come il solo efficace per pervenire alla conoscenza: non vi sono due fonti della verità, l’una rivelata, sorta dalle profondità dell’inconoscibile, l’altra tratta dall’osservazione e dalla sperimentazione interna ed esterna. Ecco ciò che significa questa esclusione del mistero...7. 7 Marcelin Berthelot, Science et morale, Paris, CalmannLevy 1896, pgg 1- 7. Anche in questo caso il corsivo è nostro. È questa un’ottica in cui si riconosce immediatamente una preoccupazione di storicizzare l’esprit positif, di sospingerne il più indietro possibile la presenza e le origini. Eternarne la presenza, seppure in una straziante condizione di sudditanza alla preponderante forza dell’ignoranza rappresentata dalla magia e dal mito, significava approfondirne con adeguate radici la presenza attuale, redimerne la sospetta giovinezza, riscoprirne l’antica e nobile genealogia. 15 M ASSIMO M ARRA Di fuori da questa nobile preoccupazione, è evidente che lo studio dell’alchimia sarebbe opera di spiriti oziosi, dal momento che l’evidenza mostra chiaramente quanto futili siano i suoi assiomi ed inaffidabili e patologici i suoi adepti: ...La chimica, la più positiva delle scienze, quella di cui padroneggiamo più direttamente l’oggetto, inizia con immaginazioni stravaganti sull’arte di fare l’oro e di trasmutare i metalli; i suoi primi adepti sono degli allucinati, dei folli e dei ciarlatani, e questo stato di cose dura fino al XVIII secolo, in cui la vera dottrina rimpiazza l’antica alchimia...8 Il sospetto di futilità, ma anche la pericolosità che lo studio di siffatte esecrande chimere può generare, il pesante sospetto di criminalità scientifica e devianza psichica che esse ispirano, a qualche decennio di distanza da Berthelot, è ribadito dall’italiano Aldo Mieli (18791950). Questi, nel criticare l’opera del suo connazionale Carbonelli, non manca di osservare che quest’ultimo non ha ordinato a dovere la materia, includendo nel suo excursus sui testi alchemici delle biblioteche italiane anche i testi più recenti (quelli, ad es., del XVI e XVII secolo) colpevoli di presentare in misura maggiore un carattere mistico e magico che inquina e nasconde gli originari fondamenti positivi più chiaramente percepibili nei testi più antichi: ...lo scienziato e lo storico sentono un certo disagio nel vedere la descrizione dei manoscritti interrotta più volte; nel non trovare indicati in modo sistematico, ma sparsi nel discorso continuato, l’epoca e le caratteristiche dei vari manoscritti, spesso anche nel non poterle trovare affatto, per quanto uno scartabelli tutto il volume per trovarle; nel passare all’improvviso da scritti recenti (del XVI – XVIII secolo) a scritti antichi, che sotto tutti i punti di vista, hanno valore diversissimo e non possono essere considerati in blocco, perché, se i più antichi rappresentano la formazione di una nuova scienza, gli ultimi sono una degenerazione di idee primitive, e se offrono un soggetto interessante per lo studio delle deviazioni della psiche umana o per quello della criminalità scientifica, diciamo così, non possono pretendere in alcun modo ad essere considerati come opere di scienza…9. Si riconosce in questa voglia di riscoprire – o piuttosto, reinventare – le radici ancestrali del proprio modello culturale, un processo alternativo alle insufficienze ed alle inadeguatezze della pura e semplice 8 Berthelot, Les origines...cit., p. IX., il corsivo è nostro. 9 Mieli, recensione al citato “Sulle fonti storiche della chimica e dell’alchimia in Italia” in Archivio di Storia della Scienza 6, 1925, p. 251. Corsivo nostro. Q UALCHE PAROLA SULL’ ALCHIMIA , PER COMINCIARE 16 rimozione. È, in effetti, un procedimento di riassorbimento e recupero simile a quello operato, su di un piano diverso ma nel medesimo contesto culturale, dall’antropologia nei confronti del mondo magico primitivo, secondo la lettura di Levi-Strauss riproposta tra gli altri, in Italia, dal De Martino10. Nell’interrogarsi sul senso profondo delle proprie ricerche, sia sul piano culturale generale che su quello individuale ed emotivo, nel porsi la fatidica domanda del cosa ci faccio qui?, Levi-Strauss annota: Se l’Occidente ha prodotto degli etnografi è perché un cocente rimorso doveva tormentarlo, obbligandolo a confrontare la sua immagine a quella di società differenti, nella speranza di vedervi riflesse le stesse tare o di averne un aiuto per spiegarsi come le proprie si fossero sviluppate... L’etnografo non può disinteressarsi della sua civiltà né sconfessarne gli errori, in quanto la sua stessa esistenza è comprensibile solo se considerata come un tentativo di riscatto: egli è il simbolo dell’espiazione...11. 10 Nelle pagine introduttive a La terra del Rimorso: contributo ad una storia religiosa del sud, Il Saggiatore, Firenze 1976 . 11 Claude Levi-Strauss, Tristi tropici¸ Il Saggiatore, Milano 1978, pag. 377. In realtà, l’annotazione di Levi-Strauss, ben lungi dall’applicarsi alla sola etnologia, si può applicare agevolmente a parte consistente delle scienze umanistiche moderne la cui genesi e sviluppo, non a caso, avviene nel comune quadro dell’affermazione della cultura positivista a cavallo tra il XIX ed il XX secolo. Si tratta di una tensione volta alla risoluzione del difficile rapporto tra il razionalismo positivista della nuova cultura borghese, ed il problema costituito da un’alterità che costituisce, nel contempo, come si è detto, inquietante esotismo e memoria imbarazzante, residuo di maldestra rimozione. L’atteggiamento ideologico dello storico della scienza di formazione positivista, è, nell’essenza, simile a quello che Levi-Strauss attribuisce all’etnografo. Un’ansia di andare alla radice delle proprie tare, il cocente rimorso verso il rimosso, verso una memoria irrecuperabile che è presentita come causa di un’incompiutezza, come radice di una sofferenza, di un’inadeguatezza. Non è forse questo senso di insufficienza che si legge, ad esempio, in un certo Berthelot dal tono misuratamente ma scopertamente nostalgico? Il mondo è oggi senza mistero: la concezione razionale pretende tutto spiegare e tutto comprendere; essa si sforza di dare a tutte le cose una spiegazione positiva e logica, estende il suo determinismo fatale fino al mondo 17 M ASSIMO M ARRA morale. Non so se le deduzioni imperative della ragione scientifica realizzeranno un giorno questa prescienza divina, che ha sollevato in altri tempi tante discussioni e che non si è mai riusciti a conciliare con il sentimento non meno imperativo della libertà umana. In tutti i casi l’universo materiale intero è rivendicato dalla scienza, e nessuno osa più resistere di fronte a questa rivendicazione. La nozione del miracolo e del sovrannaturale è svanita come un vago miraggio, un pregiudizio superato…12 L’attitudine di esecrazione contro la devianza ed il crimine d’irrazionalità che abbiamo visto emergere in autori come Berthelot e Mieli, pur essendo funzionale all’esorcismo illuminista dell’eversione ideologica del mito, ovviamente, presentava tutti i caratteri ed i limiti di un linciaggio a furor di popolo. Essa tralasciava e procrastinava indefinitamente il pur necessario lavoro di risoluzione graduale e metabolizzazione di quanto il contenuto eminentemente simbolico dell’alchimia lasciava pur presagire, al di là della semplicistica riprovazione di un linguaggio folle e di una scienza delirante, anche all’occhio dello storico e del filosofo. Nell’analizzare la grande stagione positivista della storia dell’alchimia, molti autori contemporanei hanno l’abitudine di presentare, sulla scorta dei recenti studi di matrice psicoanalitica e dell’ampia saggistica – di qualità assai spesso ineguale – che è attualmente disponibile sul simbolismo ermetico, questa tendenza ermeneutica come ormai praticamente estinta. Sarebbe invece salutare considerarla semplicemente attenuata, parzialmente mutata. L’accettazione di alcune interpretazioni junghiane da parte di una porzione consistente della letteratura storico-scientifica specializzata, in fondo, non fa che travestire della recente “rispettabilità” psicoanalitica (su cui ci intratterremo brevemente più oltre) la più vetusta rispettabilità storica, tentando un recupero ermeneutico che dissolva il sospetto irrazionalistico latente, l’inaccettabile alterità di un’entità ambigua ed oscura. Senza, d’altra parte, riconoscerne l’irrisolta irriducibilità, la sfuggente natura ambigua e sovversiva. La psicoanalisi, pur essendo in larga parte metodologicamente non validabile in un’ottica scientifica positivista, ma obbedendo invece fedelmente all’assunto metodologico dell’astrazione sistemica riduzionista tipica del pensiero illuminista, ed avendo come proprio orizzonte l’area 12 Marcelin Berthelot, Les origines de l’alchimie, Paris, Steinheil 1895, pp. V – VI. Q UALCHE PAROLA SULL’ ALCHIMIA , PER COMINCIARE 13 A partire, naturalmente, dalla definizione che di sistema rinveniamo in Adorno ed Horkheimer, i quali citando diversi passi di Kant, annotano: «L’illuminismo è, per dirla con Kant, “l’uscita dell’uomo da uno stato di minorità di cui egli stesso è colpevole. Minorità è l’incapacità di valersi del proprio intelletto senza la guida di un altro”. L”intelletto senza la guida di un altro” è l’intelletto guidato dalla ragione. Ciò significa semplicemente che esso, in virtù della propria coerenza, collega in un sistema le singole conoscenze. “La ragione... non ha propriamente per oggetto che l’intelletto e l’impiego di esso in vista di uno scopo”. Essa pone “una certa unità collettiva a scopo delle operazioni dell’intelletto, e questa unità è il sistema. Le sue norme sono direttive per la costruzione gerarchica dei concetti. .... l’elemento “sistematico” della conoscenza è “la connessione di essa secondo un principio. Pensare, nel senso dell’illuminismo, significa produrre un ordine scientifico unitario e dedurre la conoscenza dei fatti da principi, che questi vengano intesi come assiomi posti arbitrariamente, come idee innate o come astrazioni supreme...». (T. W. Adorno – M. Horkheimer, Dialettica dell’Illuminismo, trad. it di R. Solmi, Einaudi, Torino 1997, p. 87) 18 oscura della psiche, è stata accettata di buon grado tra le discipline “rispettabili” di cui il buon borghese razionalista può usare senza soverchie preoccupazioni. Si tratta pur sempre, in fin dei conti, di un sistema, e, dunque, di una rassicurante organizzazione cui ricondurre la folla altrimenti caotica e ribelle dei demoni e degli elementali, degli antichi e terribili signori occulti delle qualità, dei sogni chimerici degli antichi maghi e alchimisti di ogni tempo e latitudine. Percependo l’inadeguatezza e l’insufficienza della gabbia ermeneutica dello storico, la psicanalisi gli offre, pietosa e sollecita, il conforto di una sistematizzazione adeguata entro cui inscrivere con conforto e sicurezza la propria attività di decrittazione e demitizzazione. Conviene qui, brevissimamente, rifarsi a quanto la scuola di Francoforte ci ha svelato in merito al ruolo del sistema nell’ambito della demitizzazione di matrice illuminista13, per quanto una tale digressione ci porti apparentemente lontani dall’oggetto principe della nostra trattazione. Tuttavia, per comprendere le radici dell’alleanza dell’ermeneutica psicoanalitica con il positivismo, è necessario ricorrere ad un allargamento di prospettiva: …La liberazione del mondo dalla magia è la liquidazione dell’animismo. Senofane deride gli dèi molteplici, che somigliano ai loro creatori, gli uomini, con tutte le loro accidentalità e i loro difetti, e la logica più recente denuncia le parole foggiate del linguaggio come monete false, che conviene sostituire con fiches neutrali. Il mondo diventa il caos e la sintesi salvezza. [...] Lungo l’itinerario verso la nuova scienza gli uomini rinunciano al significato. Essi sostituiscono il concetto con la formula, la causa con la regola e la probabilità. La causa è stata l’ultimo concetto filosofico con cui la critica scientifica ha fatto in conti, perché era la sola delle vecchie idee che essa si trovasse ancora di fronte, l’ultima secolarizzazione del principio creatore... Le cosmologie presocratiche fissano il momento del trapasso. L’umido, l’indistinto, l’aria, il fuoco che appaiono in esse come materia prima della natura, sono residui appena razionalizzati della concezione mitica. Come le immagini della generazione dalla terra e dal fiume, giunte ai greci dal Nilo, diventarono qui principi ilozoistici, elementi, così l’inesauribile ambiguità dei demoni mitici si spiritualizzò nella forma pura delle essenze ontologiche. Da ultimo, con le idee di Platone, anche le divinità patriarcali dell’Olimpo sono investite dal logos filosofico. Ma nell’eredità platonica ed aristotelica della metafisica l’illuminismo riconobbe le antiche forze e perseguitò 19 M ASSIMO M ARRA come superstizione la pretesa di verità degli universali. Nell’autorità dei concetti generali esso crede ancora di scorgere la paura dei demoni, con le immagini e riproduzioni dei quali, nel rituale magico, gli uomini cercavano di influenzare la natura. D’ora in poi la materia deve essere dominata al di fuori di ogni illusione di forze ad essa superiori o in essa immanenti, di qualità occulte. Ciò che non si piega al criterio del calcolo e dell’utilità è, agli occhi dell’illuminismo, sospetto. E quando l’illuminismo può svilupparsi indisturbato da ogni oppressione esterna, non c’è più freno. ... L’illuminismo è totalitario. Alla base del mito esso ha sempre visto l’antropomorfismo, la proiezione del soggettivo nella natura. Il soprannaturale, spiriti e demoni, sarebbero immagini riflesse degli uomini che si lasciano spaventare dalla natura. Le varie figure mitiche sono tutte riducibili, secondo l’illuminismo, allo stesso denominatore, e cioè al soggetto. ... L’illuminismo riconosce a priori, come essere ed accadere, solo ciò che si lascia ridurre a unità: il suo ideale è il sistema, da cui deduce tutto e ogni cosa... Anche se le varie scuole potevano interpretare diversamente gli assiomi, la struttura della scienza unitaria era sempre la stessa. Il postulato baconiano dell’una scientia universalis è – nonostante il pluralismo dei campi d’indagine – altrettanto ostile a ciò che non si può collegare che la mathesis universalis leibniziana al salto. La molteplicità delle figure è ridotta alla posizione e all’ordinamento, la storia al fatto, le cose a materia... L’equiparazione di sapore mitologico delle idee ai numeri negli ultimi scritti di Platone, esprime l’anelito di ogni demitizzazione: il numero diviene il canone dell’illuminismo. ...La società borghese è dominata dall’equivalente: essa rende compatibile l’eterogeneo riducendolo a grandezze astratte. Tutto ciò che non si risolve in numeri, e in definitiva nell’uno, diventa, per l’illuminismo, apparenza; e il positivismo moderno lo confina nella letteratura. Unità, rimane la parola d’ordine, da Parmenide a Russell. Si continua a esigere la distruzione degli dèi e delle qualità...14 Se l’illuminismo si serve del sistema come ricetta per risolvere l’aporia costituita dall’angoscia per il molteplice e l’ignoto, allora, di fronte all’altrove assoluto rappresentato dall’alchimia, qualunque sistema, qualunque astrazione riduzionista che abbia un sostrato anche solo vagamente dialettico, è ben accetto. E la psicanalisi, col suo portato di modernità, con il suo sospingere la potenza numinosa della scepsi sistemica e del pensiero dialettico fin nelle pieghe più recondite dell’essere, offre garanzie particolarmente gradite. 14 Adorno – Horkheimer, Dialettica cit.¸ pag. 13. Q UALCHE PAROLA SULL’ ALCHIMIA , PER COMINCIARE 20 L’essenziale è non condividere mai, neanche per un momento, il punto di vista originario della magia, della religione e del mito, non macchiarsi mai del peccato di comprensione empatica, profonda, intensa. Non vivere mai nel regno degli spiriti. Evocare gli antichi demoni è pratica sospetta, pericolosa, poiché può aprire abissi da tempo faticosamente esorcizzati, parzialmente dimenticati, forse, ma mai definitivamente esplorati e conquistati. Costringendo un complesso groviglio di valenze irrazionali in un’interpretazione riduzionista quale quella psicologica, la materia caotica ridiviene ordinabile, permutabile in analogie rassicuranti con l’accettato, il noto, si trasforma in un’entità finalmente manipolabile e culturalmente presentabile. L’esigenza di integrazione di un totalmente altro ci appare con l’aria trista del recupero in extremis di una proteiforme ed inaccettabile difformità, una incendiaria volontà di illuminare un territorio oscuro, violentarne ad ogni costo la sospetta alterità. È, in fondo, una presa di posizione compiutamente illuminista, volta non tanto a comprendere la profondità di una narrazione ancestrale gravida di significati, quanto ad esorcizzarne l’imbarazzante e non rimuovibile memoria. Evolvere nel fuoco: alchimia ed ermetismo nell’occultismo fin de siècle ...Condensare una forza su di una materia preparata, ecco tutto il segreto. Solve, Coagula. Solve : cioè disciogli, apri, tritura, spezza la materia, distruggi la resistenza che essa potrebbe opporre alle forze esterne. Coagula: cioè riunisci, riassembla, poi condensa sulla materia preparata le forze di cui sei riuscito ad impadronirti. E’ qui tutta la chiave dell’opera. Ciò è semplice da comprendere, ma quanto difficile da realizzare!... (Albert Poisson, L’iniziazione alchemica, ed. Miriamica, Bari 1991, p.62) Vi è poi un approccio iniziatico e mistico moderno, mediato dal romanticismo e sfociato poi nella cultura del decadentismo e del simbolismo, che si esprime nell’occultismo ottocentesco fin de siècle e nella rivalutazione delle scienze ermetiche a vie esoteriche vive e praticate. E’ questo, senz’altro, un versante particolarmente fecondo, che pone l’alchimia al centro di una serie di suggestioni culturali e ne fa, col suo simbolismo, elemento fondante di una vasta e variegata produzione artistica e letteraria. Una posizione influente, questa, che si prolungherà nella cultura surrealista e che continua ad esprimersi, riattualizzata, ulteriormente pervertita e mutata, nelle tematiche del New-Age, anche nella cultura più recente. Si tratta indubbiamente del terreno più fecondo, quello attraverso cui l’alchimia arriverà a fecondare con il proprio simbolismo, opportunamente mescolato all’insieme sincretistico della renaissance occultista, i terreni dell’arte e della letteratura moderni. Il fenomeno di rivalutazione delle scienze ermetiche, la cui rilettura ed attualizzazione da parte dell’occultismo ottocentesco è stata più volte letta come una risposta surrogativa alla fame di sacro della finalmente trionfante borghesia positivista, si muove nel quadro di una ribellione apparente allo scientismo della cultura moderna, ereditando tuttavia nelle sue radici concettuali gran parte delle suggestioni di cui il positivismo e l’evoluzionismo scientista hanno permeato la cultura ottocentesca. Senza mettere in discussione il portato culturale fondamentale del rapporto col sacro di questa borghesia (soggettivismo, culto dell’io, irrigidimento identitario, insofferenza per i dettami e la disciplina religiosa tradizio- 21 M ASSIMO M ARRA nale) l’occultismo sembra il compimento di quella religiosità borghese, incentrata su di un concetto personalistico di rapporto col divino, le cui tracce nella cultura moderna si manifestano a partire dalla riforma luterana. Una religiosità del ripiegamento in sé stessi, compiutamente soggettiva, rispettosa dei vividi barbagli che i lumi ed il progresso tecnologico proiettano sul mondo, e libera dalle irrazionali e mortificanti pretese normative della ormai oppressiva fede tradizionale. L’integrazione mistica non è che una tappa evolutiva più o meno necessaria che riporta il soggetto ad una comunione cosmica che ha un sapore tanto più improbabile quanto più soggettivo e soggettivistico è l’orizzonte del percorso iniziatico proposto, quanto più artificiali sono i sincretismi e gli aggiustamenti proposti. Una concezione ilozoista dell’universo ed un vago panteismo offrono la possibilità di costruire un orizzonte sincretistico elastico, personalizzabile, in cui mescolare con relativa disinvoltura suggestioni buddiste, ermetiche, cabalistiche. L’occhio irrimediabilmente moderno, irrimediabilmente borghese e scientista dell’occultista si volge all’indagine di antichi testi, riformula nuovi rituali ad imitazione di quelli ormai smarriti, si riavvicina al magico ridisegnandone una mappa e trasformandone a proprio uso e consumo presupposti culturali e pratiche operative. La magia e l’alchimia sono tecniche, e pertanto scienze positive che, circondate nell’antichità dall’alone superstizioso del mito, possono oggi essere svelate nella loro nuda essenzialità scientifica, nella loro evidenza di saperi razionali, solidamente correlabili ad un’ottica compiutamente evoluzionista15. Finalmente la magia, il mito, possono essere liberati da sé stessi, dall’oscurità avvolgente dell’occulto, per assurgere al sospirato rango di scienza. Vediamo cosa ce ne dice François Jollivet-Castellot, Segretario generale dell’Association Alchimique de France e délégué Spécial du Suprême Conseil dell’Ordine Martinista: ... Grazie ai numerosi lavori di questi ultimi anni, opere inedite degli esoteristi contemporanei o messe in luce e seri commentari di opere degli ermetisti dell’antichità, del medioevo e degli inizi di questo secolo ... i fenomeni del sedicente meraviglioso, della Magia, sono stati studiati, e riconosciuti assolutamente esatti, in quanto fatti, da tutti gli sperimentatori: possiamo affermare, 15 Abbiamo, recentemente, già sottolineato l’evidenza dei riverberi positivisti rinvenibili nell’occultismo fin de siècle, in M. Marra, I diversi colori del cielo: appunti sull’unità trascendente delle religioni in Atrium – centro studi metafisici e tradizionali anno VII numero I (2005). Q UALCHE PAROLA SULL’ ALCHIMIA , PER COMINCIARE 22 senza per questo spingerci troppo oltre, che la scienza attuale arriva, nelle sue conclusioni generali, alla Sintesi dell’Ermetismo...16. Più oltre, in una nota, il neo-alchimista e volgarizzatore dell’Hyperchimie (l’organo dell’ Association) non manca di specificare: La Magia, la Filosofia Ermetica sono razionali, positive, poiché esse proclamano la costanza delle leggi naturali, solo, esse insegnano che il campo d’azione di queste leggi è infinito, e la gran parte di esso resta ancora sconosciuto all’uomo. Da ciò proviene l’apparenza meravigliosa, soprannaturale, l’aspetto miracoloso di fenomeni che, in realtà, sono assai semplici»17. Il rinato ermetismo, ereditava dalla Naturphilosophie romantica la sua nuova razionalistica e luminosa Dea, la Natura, e le attribuiva, secondo un’ottica positivista ed evoluzionista, le sue leggi ineludibili, le sue nuove regole. Alla nuova dea-guida si attribuiva un richiamo incessante al naturale da opporre alla fumosità della metafisica e delle sue imperscrutabili essenze ed operazioni. L’alchimia poteva divenire, quindi, il salutare tonico per le menti ancora preda dei deliri di angeli e demoni. La scienza delle trasmutazioni è la scienza della legge di natura, e, per chi si occupa di studiarla secondo l’insegnamento ermetico – che si arriva ad impartire in vere e proprie organizzazioni para-accademiche, con corsi regolari, diplomi ed esami finali – si rivela positiva, razionale. Con il suo carattere sperimentale, essa può anzi contribuire a spazzar via ogni residuale pretesa teologica: 16 François Jollivet-Castellot, Hermétisme et spiritualisme: ce qu’est l’hermétisme, in La Plume 1899, p. 19 17 Idem. 18 Papus, La filosofia occulta e la magia, Dioscuri, Genova 1989, p. 12. 19 Acutamente, Guénon noterà che «... l’idea di evoluzione costituisce per i teosofisti una vera ossessione» (Il teosofismo, storia di una pseudeo-religione, 2 voll. Arktos, Torino 1987¸vol II, p. 276.). ...Rompendo con la base sperimentale che possedevano gli ermetisti e gli alchimisti, i teologi annegano lo spirito umano sotto i diluvi di una metafisica tanto profonda che pretenziosa, che non si ritrova più oggigiorno in tutta la sua grandezza che al Seminario, dove ella allontana i cervelli dei futuri preti dall’osservazione reale delle leggi di Natura18. L’evoluzionismo, che permea ormai la biologia come la sociologia, è la base di uno spiritualismo impregnato di positivismo che trova le sue prime formulazioni in quel rapporto tra evoluzione universale ed individuale che permea l’ideologia teosofica19. L’ermetismo è la scienza che si nasconde dietro tutte le religioni e tutte le vie iniziatiche, ne costituisce l’es- 23 M ASSIMO M ARRA senza, la scaturigine e l’ultimo compimento. Nell’ermetismo si attua la fede nell’unità trascendente delle religioni, la reductio ad unum delle metafisiche tradizionali che già permeava la produzione illuminista e massonica degli inizi del XIX secolo. La vera teocrazia viene dall’Ermetismo, poiché è quest’ultimo che possiede gli arcani della religione unica ed universale, che esso rivela attraverso la sua filosofia e la sua scienza che abbracciano l’intera Natura, e dunque il Cosmo, specchio e corpo di dio, il quale eternamente si incarna nell’universo. L’Ermetismo è la radice e il bocciolo di tutte le religioni che si sono succedute attraverso i tempi, e che, traducendo il sentimento religioso dell’umanità, derivano tutte da una base unica, e si deformano a seconda degli ambienti e delle epoche e non rappresentano che un fascio luminoso emanato dalla grande sorgente di luce. Questa grande sorgente di luce è captata dall’Ermetismo ed è da essa che hanno attinto tutti gli illuminati che sono stati iniziati ai misteri degli adepti della Conoscenza, ovvero della religione positiva che unisce la scienza e la fede...20. Facendo eco a quanto già aveva sottolineato Madame Blavatsky nel primo volume della sua Isis Unveiled, Jollivet-Castellot vede nell’ermetismo l’antichissima realizzazione della recentissima aspirazione ad una religione positiva, dall’orizzonte individuale, personalistico, che tante sensibilità, sulla scorta, ad esempio, delle idee di un Renan, sembravano in quegli anni voler formulare. Jean-Marie Guyau riassume bene questa tensione diffusa in apertura del suo L’irréligion de l’avenir (1887). Noi crediamo fermamente che ciascuna religione debba tendere, come a proprio ideale, verso l’affrancamento dell’individuo, verso la redenzione del suo pensiero, più preziosa di quella della sua vita, verso la soppressione di qualsiasi fede dogmatica, sotto qualunque forma essa si dissimuli. Invece di accettare dogmi già stabiliti, noi stessi dobbiamo essere gli artefici delle nostre credenze. La fede cieca e tradizionale è spesso un guanciale ben più comodo dell’indolenza che non il dubbio. Per molti aspetti questa fede è come un nido del pensiero, ove ci si rifugia al sicuro, ove si caccia la testa sotto un’ala protettrice, in una oscurità dolce e tiepida; è anzi un nido già preparato, come quelli che si vendono per gli uccelli domestici, fatti dalle mani dell’uomo e già posti in una 20 F. Jollivet-Castellot, Natura corpus dei: la religion de la Science et la science de la Religion, Paris, Éditions du Chariot, 1933) p. 26. Q UALCHE PAROLA SULL’ ALCHIMIA , PER COMINCIARE 24 gabbia. Noi crediamo invece che in avvenire l’uomo prenderà sempre più in orrore i rifugi già costruiti e le gabbie ben serrate. Se qualcuno di noi prova il bisogno di un nido ove posare le proprie speranze, lo costruirà egli stesso, fuscello su fuscello, nella libertà e nell’aria, lasciandolo quando sia stanco, per rifarlo ad ogni primavera, ad ogni rinnovellarsi del suo pensiero...21 21 Cito dall’ed. italiana, Giovanni Maria Guyau, La fede dell’avvenire – pagine scelte a cura di A. Banfi¸ Paravia, Torino 1924, pp. 1-2. Il sincretismo magico coglie perfettamente il segno di questa tensione ad una religiosità personalistica, immanente, orientata ad un vago ed indefinito sentimento di libertà dell’uomo, di affrancamento dai dogmi e di contemporanea insofferenza per i limiti della condizione umana. L’aspirazione a questa idea indefinita di libertà individuale ed assoluta trova soddisfazione nella nuova disciplina magica, nell’esoterismo, strumento parascientifico perfetto per la composizione e ricomposizione di un orizzonte religioso libero dai dogmi tradizionali, che sembra voler ricollocare l’esperienza umana all’interno di un’ottica di evoluzione cosmica. Se tale prospettiva, nell’essenza, non è meno dogmatica di quella delle religioni tradizionali, essa è tuttavia senz’altro più compatibile con lo spirito dei tempi, con le sue nuove coordinate culturali. Il nuovo ed esotico supermarket dell’Oriente religioso e dell’occulto, favorisce il percorso verso la formazione di religiosità a misura d’individuo. La varietà di sette ed organizzazioni dal tono più o meno iniziatico offre agli individui nuove seduzioni identitarie, nuove condizioni di appartenenza da opporre allo smarrimento della modernità laicista e desacralizzata. È l’esoterismo dei grandi maghi parigini (i Levi, i Papus, gli Stanislas de Guaita, i Jollivet-Castellot) e della grande stagione della Società Teosofica di Madame Blavatsky. Abbandonando la servile ed ipocrita umiltà delle religioni tradizionali, armato della nuova scienza dell’anima, della rinnovata coscienza delle leggi sottili dell’evoluzione universale, l’uomo poteva avventurarsi alla conquista definitiva del fuoco divino, vendicare l’insopportabile affronto della condanna subita da Prometeo, riconquistare l’accesso al paradiso perduto sfidando la collera degli angeli. La pia ed umile alchimia tradizionale, che presentiva la Pietra dei Filosofi come dono di Dio, che spiava nello stillare degli alambicchi le presenza benevola e misteriosa di un Dio onnipotente, che affidava alla preghiera 25 M ASSIMO M ARRA il ruolo primario e fondamentale nelle operazione del lab-oratorium, era già lontana dall’hyperchimie degli alchimisti moderni propagandata da Jollivet-Castellot. L’attitudine prometeica dell’occultismo fin de siècle è elemento fondante che ritroveremo poi in larga parte dello spiritualismo alternativo dei decenni a venire. La scienza è per chi la conquista, scriveva alla fine del XIX del secolo l’occultista italiano Giuliano Kremmerz22. Parlando dei poteri magici che la pratica dell’ermetismo può assicurare, l’occultista napoletano, al secolo Ciro Formisano (1861-1930), asseriva: La conquista dei poteri non è che il diritto ad ottenerli per legge. Un atleta che si allena tutto il giorno a sollevare pesanti ferri ha un diritto che precede tutti quelli degli uomini infingardi. Un chimico che lavora intelligentemente all’esame dei corpi della natura ha un diritto di prevalenza su tutti coloro che nella loro vita non si sono mai domandati di cosa è composta l’aria. Non riuscite con mille sforzi a raddrizzare un ferro, ed un fabbro esperto con una energia inferiore alla vostra si farà obbedire dal ferro. Questo è il diritto al potere. Una conquista nella legge, non fuori dalla legge universale23. Il fuoco, il crogiolo e gli archetipi: alchimia ed ermeneutica psicoanalitica …Tutto ciò che è ignoto e vacuo viene riempito da proiezioni psicologiche; è come se nell’oscurità si rispecchiasse il retroscena psichico dell’osservatore. Quanto egli vede e crede di riconoscere nella materia è costituito soltanto, in un primo tempo, dai dati del proprio inconscio che egli vi proietta; egli scopre cioè nella materia qualità e significati possibili che apparentemente le appartengono, ma la cui natura psichica è completamente inconscia a chi osserva... (C. G. Jung, Psicologia e Alchimia, traduzione italiana di Roberto Bazlen, Boringhieri, Torino 1989, p. 240) Si è poi andato affermando, come abbiamo già accennato, un approccio psicoanalitico, che, a partire dall’opera di Silberer24 prima e di quella notissima di Jung e 22 Cf. Giuliano Kremmerz, La sapienza dei magi, Melita, Milano 1987, p. 20 e sgg. 23 Idem, p. 4. 24 Herbert Silberer, Probleme der Mystik und ihrer Symbolik (Vienna 1914). Vedi la recente traduzione italiana, Problemi della mistica e del suo significato simbolico (Viviarum, Milano 1999). Q UALCHE PAROLA SULL’ ALCHIMIA , PER COMINCIARE 25 Espressa chiaramente, ad esempio, da un Evola, (cf. gli articoli raccolti in Julius Evola, L’infezione psicanalista, Quaderni della fondazione Julius Evola, s.d.). 26 dei suoi allievi poi, ha accreditato l’omologia tra i processi profondi di individuazione della psiche e le strutture simboliche dell’alchimia. Abbiamo già brevemente sottolineato in che modo sia possibile sospettare che l’ermeneutica del sacro proposta dalla psicoanalisi possa inscriversi in una operazione di ridefinizione culturale del portato di memorie collettive imbarazzanti per l’orizzonte culturale ed epistemologico dominante del positivismo. La definizione della dinamica simbolica dell’alchimia – ma, più in generale, del religioso – limitatamente ad una dinamica eminentemente psichica, infatti, è chiaramente figlia dell’esigenza di limitare ed imbrigliare l’altro, la riottosa sfera del sacro e dell’irrazionale. L’obiezione tradizionalista25 che vuole la teoria junghiana responsabile di una riduzione alla sfera psichica, e quindi condizionata, di una fenomenologia che si definisce tradizionalmente ed eminentemente di natura metafisica, è, da un certo punto di vista, fondata. A tale obiezione Jung rispose, notoriamente, che le sue teorie si rivolgevano unicamente alla dimensione psichica dell’esperienza religiosa e parareligiosa, e che non pretendevano di surrogare aspetti metafisici e teologici. In realtà si è osservato più volte che la surrogazione è surrettizia, occulta. La dimensione psichica viene già percepita, nella cultura post-freudiana, come la rassicurante definizione di un territorio più o meno bizzarro, in cui è però possibile tracciare rapporti funzionali di causa-effetto, percorsi interpretativi su cui si possono costruire griglie ermeneutiche interamente astratte e riduzioniste, ma fondamentalmente rassicuranti e dal senso noto. Definire una sorta di indipendenza, di isolamento dello psichico nell’ambito della fenomenologia del sacro, e costruire su tale porzione un sistema di ermeneutica simbolica, significa costituirne il regno, erigerne il confine, reificarne l’identità, e dunque depotenziarne automaticamente la componente sovrasensibile. Significa, nel contempo, vanificarne e spegnerne lo slancio verticalizzante, l’anelito metafisico, la poeticità e poieticità del linguaggio. Così, l’assalto della psicoanalisi al sacro è sostanzialmente l’assalto dell’epistemologia illuminista al territorio impervio e per definizione irriducibile della materia nella sua infinita gradazione di densità e trasparenza, l’accerchiamento e l’aggressione della folla dei demoni antichi annidatisi fin dal primo giorno dell’umanità tra universo interiore 27 M ASSIMO M ARRA ed esteriore, visibile ed invisibile. È il tentativo di illuminare gli spiriti multiformi e riottosi che si nascondono nelle profondità oscure dell’immaginario, nei recessi dell’interiorità, attraverso un’astrazione unificante che ne renda finalmente ragione, che ne giustifichi ed organizzi la conoscenza. Non a caso Bachelard definisce la psicanalisi arte risolutrice di enigmi. Riteniamo che la citazione posta in esergo al presente paragrafo, illumini sufficientemente la natura profondamente illuminista dell’operazione ermeneutica proposta, la sua estrema docilità epistemologica. Nel saturare di proiezioni psicologiche individuali il reame invisibile delle qualità dominio dell’alchimia, la psicologia junghiana in qualche modo si sostituisce all’alchimia, attua un mero meccanismo di sostituzione mitica, in cui qualità e demoni sono soppiantati dalle nuove potenze sortite dall’astrazione sistemica. Risulta evidente quanto, in questa operazione, rimanda direttamente alla citazione dei padri della scuola di Francoforte che abbiamo riportato in precedenza. Tutto è ridotto, in ultima analisi, al soggetto, alla sua proiezione psichica, al comune denominatore unificante dell’uomo. Quanto però il modello ermeneutico psicanalitico, di fronte alla complessità del linguaggio sacro, fallisca il suo scopo principale è ben intuito dalle sensibilità più pronte della filosofia contemporanea. Il riduzionismo e l’astrazione psicoanalitica, il recinto inafferrabile ed indefinito dello psichico, rimangono inefficaci, inascoltabili, poiché il sacro, per sua stessa natura, si identifica con un’attitudine verticalizzante assoluta, la stessa, ad esempio che proprio Bachelard identifica nella radice del linguaggio poetico. Scrivendo a proposito dell’Empedocle di Hölderlin egli annota: La psicologia del dramma svanisce di fronte ad una poetica dell’inno. Le spiegazioni psicologiche sono una perdita di tempo. La morte di Empedocle sull’Etna dipende unicamente da una poetica del fuoco. Esistono immagini assolute, cioè immagini alleggerite dal loro sovraccarico passionale e che non sublimano più nulla. La distillazione poetica è riuscita, compiuta: si è raggiunta la purezza poetica. La quintessenza poetica è stata ripulita di tutte le scorie sensibili. È proprio questa costituzione del linguaggio a Q UALCHE PAROLA SULL’ ALCHIMIA , PER COMINCIARE 28 livello alto, nella propria specifica altezza, ciò che lo psicanalista no pensa nemmeno di prendere in considerazione. Tutte le immagini, secondo lui, rimangono impregnate di materiale psichico mal elaborato, cioè di materiale che rifiuta l’elaborazione. Per lo psicanalista si tratta sempre di una resistenza a un movimento, di una profondità al di sotto di una superficie. Egli scruta in profondità e sa farlo bene, vede chiaramente nel sottosuolo dell’essere. Rischia però di smarrire il senso dell’altezza, la sensibilità agli impulsi di una verticalità psichica. comincia allora la rivelazione della realtà psicologica nascosta: «Mostri troppo, dunque nascondi». Questo è il giudizio espresso dallo psicanalista contro il suo paziente26. 26 G. Bachelard, Poetica del fuoco, Red, Como 1990, pag. 44 e sgg.. È il Bachelard maturo che propone la risonanza, la sperimentazione intensa del carico simbolico dell’immagine. Si tratta, come si può facilmente intuire, di obiezioni che, lungi dall’essere specifiche in rapporto al linguaggio poetico, sono di ben altra portata ed includono dubbi di carattere metodologico profondi. Di una tale critica è necessario fare tesoro anzitutto laddove il dominio dello psichico si confronta con i domini del sacro e si fa protagonista di una verticalizzazione verso l’assoluto che è, probabilmente, l’elemento originario di ogni linguaggio simbolico e poetico. Ed è questo, fuor di ogni dubbio, proprio il caso dell’alchimia. Bachelard intuisce che la sfera poietica e poetica dell’arte, l’inno¸ realizza una verticalizzazione sacrale dell’agire e della parola. L’arte, nonostante tutto, trascende, ovvero realizza proprio ciò che costituisce il più grosso peccato agli occhi dell’ermeneuta. Ciò che trascende si manifesta programmaticamente come mistero e come incomprensibile agli strumenti ordinari, ed è di per sé sospetto di sovversione, di una indesiderata ed irriducibile peculiarità. Ed è un trascendimento non riconducibile all’astratto, ad una riduzione unificazionista, ma piuttosto da porre in relazione con quella infinita esplosione di qualità che ancora era la realtà degli antichi uomini di chiesa e filosofi, per quanto già imbevuti delle essenze aristoteliche e delle intelligenze platoniche. Un’esplosione di qualità che spaccia la singolarità totalizzante, l’omologazione sintetica. Ma il moderno ermeneuta illuminista – metro e bilancia alla mano – è 29 M ASSIMO M ARRA stato educato ad esser vigile contro questi attentati portati innanzi dai residui del mondo delle qualità. È essenziale, dunque, che vi sia una reductio ad unum che ammortizzi la moltitudine delle differenze creative e vitali, delle singolarità misteriose. E’ necessario che il molteplice materiale, ricco e pregno di barocche risonanze e colori, divenga astrazione categorizzata, unificante, griglia ermeneutica che disperda le ridondanze misteriose ed incomprensibili per costringersi entro un recinto noto di strumenti dialettici chiari e sintetici. Il molteplice deve cedere all’operazione riduzionista, e di tutto si deve dare una descrizione linguisticamente compatibile agli orizzonti epistemologici dominanti. Senza per questo sminuire minimamente la mole e la competenza dei fondamentali e documentatissimi lavori junghiani, né tantomeno la forza del loro impatto sulla cultura contemporanea, tuttavia bisogna riconoscere che ridurre il linguaggio del sacro all’interpretazione della sola dimensione psichica, significa, nei fatti, poterlo finalmente scambiare con il familiare balbettio dialettico, ricacciarne l’incoercibile mistero nella sfera di un ignoto conoscibile, o perlomeno definibile. Il recinto difeso della psiche coincide in pratica con l’identificazione rassicurante di un sistema assunto convenzionalmente. Il sacro ridotto ad entità psichica è finalmente oggetto di scambio in un sistema a monetazione nota. Un’incognita matematica all’interno di un’equazione che ha un senso definito. La natura surrettizia di questo espediente riduzionistico dell’illuminismo è chiarita, alla filosofia contemporanea, ancora una volta da Adorno ed Horkheimer: Non in ciò che gli hanno sempre rimproverato i suoi nemici romantici – metodo analitico, riduzione agli elementi, riflessione dissolvente – è la sua falsità, ma in ciò che per esso il processo è deciso in anticipo. Quando, nell’operare matematico, l’ignoto diventa l’incognita di un’equazione, è già bollato come arcinoto prima ancora che ne venga determinato il valore. La natura è, prima e dopo la teoria dei quanti ciò che bisogna concepire in termini matematici.... Il procedimento matematico è assurto, per così dire, a rituale del pensiero.... Nella riduzione del pensiero ad apparato matematico è implicita la consacrazione del mondo a misura di se medesimo. Ciò che appare un trionfo della razionalità soggettiva, la sottomissione di tutto ciò che è al formalismo logico, è pagato con la docile sottomissione della ragione a ciò che è dato senz’altro...27 27 T. W. Adorno – M. Horkheimer, Dialettica dell’Illuminismo, trad. it di R. Solmi, Einaudi, Torino 1997, pp. 32-33. Q UALCHE PAROLA SULL’ ALCHIMIA , PER COMINCIARE 30 Se anche una tale intenzione non è assoluta negli scritti di Jung, pur essendo, tuttavia, facilmente identificabile, negli epigoni essa mostra tutta la sua forza dirompente. Si attua così l’intento culturale di trasfondere le complesse valenze del simbolo metafisico nell’attività indefessa di decodificazione e semplificazione funzionale della complessità che la scuola di Francoforte ci ha insegnato a riconoscere nel paradigma culturale dell’illuminismo. Da queste tre tendenze ermeneutiche che abbiamo provato brevemente a tratteggiare, dunque, deriva un’eredità difficile, sicuramente in parte viziata, da cui necessariamente guardarsi, se si desidera arrivare a sfiorare l’essenza autentica di un linguaggio complesso. L’automatismo dell’intenzione critica, la incoercibile tentazione dell’ermeneutica ha come presunzione l’egoarchia intellettuale di una cultura soddisfatta della propria misura, un conforto che la crisi contemporanea non può più fornire a nessuno. Lo sguardo compiaciutamente filologico e distaccato della storiografia positivista, nelle sue varie coloriture e nei suoi travestimenti successivi, non ha più ragione di esistere. Il dramma collettivo vissuto nello spaesamento occidentale, nella perdita di memoria, è una motivazione plausibile e condivisibile per superare l’imbarazzo di un contatto con le profondità del divino aperto, creativo, privo di difese e di misure profilattiche. Sorge allora imperiosamente l’esigenza di isolare i linguaggi nella loro autonomia, senza violarne l’identità, avvicinarsi, in una parola, alle cose senza tradirne l’essenza, per quanto inafferrabile ed inquietante tale essenza possa essere. Di fronte alla dialettica modernità/tradizione, da cui sorge la babele delle differenti griglie ermeneutiche, appare necessario ritrovare la verginità di uno sguardo più umile e rispettoso, la cui prima preoccupazione deve essere abbandonare l’immatura tentazione critica, o almeno sospenderla, rieducarsi all’ascolto, trasformare, per quanto possibile, la visione in contemplazione. Soprattutto, reimparare a condividere, ad immergersi, a deporre l’insostenibile rigidità identitaria che la patologia tardo-illuminista ha cristallizzato nelle coscienze, 31 M ASSIMO M ARRA riabituarsi al silenzio. Il fragore delle tentazioni ermeneutiche innalza barriere ulteriori, sottili falsificazioni mutagene che ammutoliscono la foresta di simboli in cui si conserva l’antica essenza dell’uomo. Bisogna zittire questo assordante cicaleccio, restituire al silenzio l’eroismo ascetico delle antiche vie del sacro, rifamiliarizzare con procedimenti interiori antichi e perduti. Altrimenti, ogni studio ulteriore – che abbia esso una coloritura più o meno filologica, più o meno ermeneutica – è destinato solo ad ingrossare con nuova carta ed inchiostro l’inutile e già vasta collezione di uno specialismo idiota e balbettante. Le scienze sacre portano nella modernità il loro carico irrisolto di interrogativi e problematicità, ma anche l’impareggiabile occasione di un riflessione e rifondazione del pensare, del pensarsi, un’occasione di ridefinizione del rapporto tra l’uomo ed il sacro, tra la superficie delle cose e delle vite e quella profondità ignorata dalla modernità e quindi assai spesso patologica, teratogena. Un mondo malato, inquieto, è il prezzo del trionfo incontrastato dei lumi, o almeno di questi lumi. L’illuminismo, nel senso più ampio di pensiero in continuo progresso, ha perseguito da sempre l’obiettivo di togliere agli uomini la paura e di renderli padroni. Ma la terra interamente illuminata splende all’insegna di trionfale sventura.28 Della coscienza di questa sventura bisogna farsi, ad ogni livello, responsabili ogni volta che la nostra intelligenza si imbatte nella materia ribollente ed indocile del sacro. Ciò che è sospeso tra cielo e terra, quel che si trova tra il mondo dei corpi densi e quello intangibile degli dei e dei morti, quello che il grande Henri Corbin definiva lo spazio dell’immaginale, cerca viaggiatori meno attrezzati, più nudi, umilmente disposti alla contaminazione, alla condivisione, alla sperimentazione intensa, alla risonanza bachelardiana. Se il simbolismo ermetico ha tracimato la debole barriera del positivismo per impregnare di sé filosofia, arte e poesia contemporanee, se la sua carica di eversione epistemologica e filosofica è oggi giunta a porre alla contemporaneità l’evidenza dell’ineludibilità di interrogativi e risposte non più procrastinabili, se la sua sopravvivenza nelle mille forme di creatività rituale e religiosa dello spiritualismo contemporaneo di matrice 28 Idem, pag. 11) Q UALCHE PAROLA SULL’ ALCHIMIA , PER COMINCIARE 32 iniziatica ed occultistica si riproduce incessantemente, allora, per prima cosa, bisognerà reimparare a porsi innanzi ad una materia viva, insofferente a griglie ermeneutiche estranee, ribelle alle mutilazioni di ogni riduzionismo. Materia calda e palpitante, tenue ma tenace, ostica ma oscuramente ospitale, cui rivolgere un’attenzione rispettosa e deferente, cui porgersi riattivando, anzitutto, la capacità di accoglienza per memorie sopite. E’ forse questo il senso che si può attribuire agli studi contenuti in questo primo quaderno di Airesis, se di un senso si è alla ricerca. La riflessione epistemologica sulla scienza degli imponderabili, la ricerca storica e l’edizione critica di inediti e classici della letteratura alchemica, la presentazione di esperienze pedagogiche che dell’immaginazione alchemica fanno strumento privilegiato di riferimento, sono tracce di un interrogarsi che, necessariamente, parte da uno spaesamento volontario, una sospensione del giudizio. La coscienza che poco si è compreso, che molto, moltissimo c’è da conoscere, e che, per prima cosa, bisognerà purificare il proprio sguardo, liberarne potenzialità, memorie. Un processo che, nella via alla comprensione del sacro, è forse analogo a ciò che preconizzava Simone Weil quando parlava di “Possedere in sé dell’energia libera suscettibile di accogliere il vero rapporto tra le cose”29. Un rapporto, del resto, che le arcaiche cosmogonie ermetiche non cessano di additare. 29 Simone Weil, Quaderni, vol. II, a cura di Giancarlo Gaeta, Adelphi, Milano 1997, pag. 78.