RAFFAELLA PULEJO
GIUSEPPE PARINI, UN'IDEA DI ACCADEMIA
ESTRATTO
da
GIUSEPPE PARINI
FILOSOFO DELL'EDUCAZIONE
(1729-1799)
A cura di Alessandro Di Chiara
Giuseppe Parini
f
ilosofo dell’educazione
A cura di
Alessandro Di Chiara
Leo S. Olschki
2021
(1729-1799)
Giuseppe Parini
filosofo dell’educazione
(1729-1799)
A cura di
Alessandro Di Chiara
Leo S. Olschki
2021
Tutti i diritti riservati
Casa Editrice Leo S. Olschki
Viuzzo del Pozzetto, 8
50126 Firenze
www.olschki.it
ISBN 978 88 222 6793 1
Raffaella Pulejo
GIUSEPPE PARINI, UN’IDEA DI ACCADEMIA
La recente Edizione Nazionale delle opere di Giuseppe Parini
diretta da Giorgio Baroni, e in particolare uno degli ultimi volumi
pubblicati nel 2020 sugli Scritti didattici e di politica culturale curato da
Silvia Morgana e Paolo Bartesaghi, rendono oggi molto più agevole
avvicinarsi al pensiero dell’autore.1 Relativamente ai rapporti di Parini con Brera, la pubblicazione raccoglie l’edizione critica degli scritti
dal 1767, quando come consulente del Supremo Consiglio di Economia collaborò alla riforma della istruzione del Governo austriaco e al
piano dell’ Accademia, fino agli ultimi scritti degli anni ’90 quando Parini è nominato Sovrintendente delle Scuole di Brera. La lettura in sequenza cronologica dei testi restituisce una organicità ai manoscritti
più volte editi, interpolati, interpretati dopo la morte dell’autore. Negli scritti definiti di ‘politica culturale’ emerge più chiaramente una
ulteriore distinzione tra quelli legati al piano organizzativo dell’Accademia e alla centralità in essa della figura del Segretario; e quelli che,
pur essendo riferiti all’organizzazione didattica, danno ampio spazio
ai contenuti dell’insegnamento.
Il pensiero di Parini sulla politica culturale della Milano illuminista e del ruolo che in essa avrebbe dovuto occupare l’Accademia di
Brera è già tutto contenuto negli scritti tra 1767 e 1770, e non evolve
significativamente negli anni successivi, se non per quella amarezza
1 G. Parini, Prose. Scritti didattici e di politica culturale (1767-1798), a cura di S. Morgana, P. Bartesaghi, (Edizione Nazionale delle opere di Giuseppe Parini diretta da Giorgio Baroni), Pisa-Roma, Fabrizio Serra Editore, 2020. Si rimanda al volume per l’ampia
bibliografia, mentre nelle note che accompagnano questo scritto ci si limita ai testi di
riferimento.
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che si coglie nel tono della scrittura man mano che le teorie si scontrano con la realtà, o meglio con i tempi della storia. L’insieme di
questi scritti delinea tanto la novità del pensiero di Parini sul nascente
sistema delle arti in Italia, quanto lo scollamento di gran parte di quelle idee dal corso che gli avvenimenti presero già nei primi decenni
della loro realizzazione.
Un elemento di novità è l’adozione della denominazione del nuovo istituto. Non può non colpire il fatto che i termini ‘Belle Arti’ accostati alle ‘Belle Lettere’, ricorrano costantemente negli scritti di Parini,
e che l’Accademia di Brera venga definita di ‘Belle Arti’ già nel primo
documento del 1767 relativo alla proposta di un piano per la sua fondazione. Come è noto, il Settecento è il secolo della diffusione delle
accademie: nel 1720 ne esistevano 19 in tutta Europa, nel 1790 erano
più di 100.2 Vengono riformate quelle di più antica fondazione, ne
vengono istituite di nuove, come a Milano. In questo processo muta la
loro denominazione, e ovunque si seguono criteri comuni: si abbandona la diffusa intitolazione di ‘Accademia di San Luca’, che ha il sapore delle corporazioni medievali; si abbandona quella di ‘Accademia del
disegno’, principio unificatore di tutte le arti nel Rinascimento; e si abbandona anche la denominazione di ‘Accademia di Pittura Scultura e
Architettura’, pragmatico riferimento ai media espressivi. Esse vengono ora per lo più nominate sotto il principio unificante delle Beaux-Arts. Per esempio, questa è la denominazione che prende l’Accademia
di Vienna fondata originariamente nel 1692, riformata nel 1725 con il
nome di Akademie von der Mallerey, Bildahuer, Fortification, Perspektive
und Architektur Kunst, dotata ancora di nuovi statuti nel 1751 durante
il regno di Maria Teresa, per assumere infine nel 1772 con il cancelliere
Kaunitz l’attuale nome di Akademie der Bildenden Künste che integrò
tutti gli indirizzi di studio delle accademie attive a quel tempo nelle
arti, contemplando anche una cattedra di teoria dell’arte.3 Dal pun2 Cfr. N. Pevsner, Accademies of Art. Past and Present, Cambridge, Cambridge University Press, 1940, trad. it. Le accademie d’arte, a cura di L. Lovisetti Fuà, Torino, Einaudi, 1982, p. 158.
3 Cfr. N. Pevsner, op. cit., p. 124 e n. 59; p. 168 e sgg. e n. 30. L’impostazione ‘francese’ dell’Accademia di Vienna nel 1725 fu opera del pittore Jacob van Schuppen, il
quale era stato allievo di Nicolas de Largillière nell’Accademia di Parigi. Gli statuti da
lui redatti nel 1726 copiano quasi letteralmente quelli dell’Accademia francese del 1648
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GIUSEPPE PARINI, UN’IDEA DI ACCADEMIA
to di vista dell’organizzazione amministrativa statale, il progetto di
riforma dell’Accademia di Belle Arti di Brera, inaugurata nel 1776, si
muove nella scia di quello di Vienna: elevare le belle arti da una parte
e unificare le manifatture dall’altro sotto l’egida delle Belle Arti. La
precoce assunzione della denominazione è ascrivibile all’immediato
precedente viennese ed è verosimilmente introdotto dallo stesso Kaunitz, il quale a sua volta guardava al modello dell’Accadémie Royale de
Peinture et de Sculpture di Parigi, prototipo di tutte le accademie moderne, anticipando lo stesso istituto francese nella scelta del titolo di
Beaux-Arts.4 L’ Acadèmie francese, infatti, dopo la soppressione durante la Rivoluzione, negli anni dell’Impero aveva ripreso l’attività assumendo solo nel 1811 la nuova denominazione di École Nationale des Beaux-Arts, integrando al suo interno l’École Polytechnique d’Architecture.
Anche oltreoceano la teoria francese delle Beaux-Arts si identifica con
l’accademia che è il perno del sistema moderno delle arti. La prima accademia statunitense fondata nel 1672 a Filadelfia come scuola privata
d’arte, diventa già nel 1805 Academy of Fine Arts.5
Nel nome sta l’idea. Il concetto di Beaux-Arts prende forma compiuta nella seconda metà del XVIII secolo e riunisce sotto il concetto
del Bello tanto pittura e scultura quanto le arti connesse all’architettura e le manifatture ad essa collegate. Per efficacia della sintesi, cito
dall’introduzione di Paolo Bagni alla traduzione italiana del noto saggio di Paul Oskar Kristeller sulla nascita del moderno sistema delle arti:
La delimitazione del gruppo delle arti (principalmente pittura, scultura, architettura, poesia, musica) avviene sotto il segno del bello – belle arti,
appunto – ed è prodotta da un tipo di riflessione che privilegia il punto di
vista del fruitore piuttosto che quello del produttore: l’unità delle belle arti
è garantita innanzitutto al livello della fruizione, del ‘pubblico’, come è ben
mostrato, ad esempio, dalla importanza via via prevalente di un concetto
quale il gusto – che chiaramente propone una problematica relativa agli
effetti dell’opera, a reazioni e comportamenti di fronte all’opera fatta –,
rispetto a concetti ‘tecnici’ quale l’imitazione (lo sviluppo del concetto di
e, come quelli, furono diretti alla soppressione delle ghilde e alla centralizzazione statale
della formazione artistica. Sull’Accademia di Vienna, cfr. C. von Lützov, Geschichte der
K.K. Akademie der bildenden Künste, Wien, 1877 citato in N. Pevsner, op. cit.
4 Cfr. ivi, p. 168 e n. 30.
5 Ivi, p. 160.
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genio fornirà lo strumento correlativo a livello della produzione, adeguato
alla nozione di bell’arte: il genio si pone come produttore di bellezza al di
qua di ogni connotazione propriamente tecnico-operativa).6
Su questo sfondo si colloca l’opera di riforma culturale di Parini,
che sin dagli scritti del 1767 imposta sulla teoria delle Beaux-Arts il
piano di fondazione dell’Accademia. In uno dei primi documenti del
1767, Parini richiama in esordio l’importanza della figura del Segretario per il nuovo istituto come la figura che maggiormente contribuisce «all’ unità e alla perfezione del sistema» 7 e che sovrintende alle
diverse arti che l’Accademia comprende. Parini passa poi a definire le
diverse specie delle arti, dividendole in due classi
[…] la prima comprende quelle che per loro essenza danno luogo allo spirito di riflettere, di combinare, di ragionare, di scegliere, d’ assoggettare alla
umana disposizione ed a’ casi determinati le generali cagioni, onde ridurne
a placito e ad uso speciale degli uomini quegli effetti che la natura produce
universalmente per sè medesima. L’altra classe delle arti comprende quelle che non intendono indeffinitamente vari effetti, ma uno o pochi di già
deffiniti; e […] operano soltanto per via dell’osservanza di certe regole già
da gran tempo stabilite o per via di forze e di strumenti già prima applicati
ad esse, copiano e imitano esattamente i modelli già fatti e tutto ciò senza
veruna contenzione dello spirito, ma appena con un’attenzione voluta e sostenuta per abito. 8
Queste sono le arti meccaniche, di cui è pronta la difesa in quanto esse «sono […] le più immediatamente necessarie alla civile sussistenza
dell’uomo ovvero al mantenimento dell’altra classe di arti» e forniscono
«[…] quei primi meccanici elementi che loro servono di fondo e di sostegno».9
Le prime sono le arti degli artisti di genio; le altre sono quelle degli
uomini di minor talento, meno soggetti all’impeto delle passioni che
6 P. Bagni, Prefazione alla traduzione italiana del saggio di P.O. Kristeller, Il sistema
moderno delle arti, Firenze, Alinea Editore, 1980 [The Modern System of the Arts. A Study
in the History of Aesthetics, «Journal of the History of Ideas», Vol. 12, n. 4 (Oct. 1951),
pp. 496-527].
7 Cfr. G. Parini, Prose, cit., p. 284.
8 Ivi, pp. 285-286.
9 Ivi, p. 286.
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GIUSEPPE PARINI, UN’IDEA DI ACCADEMIA
hanno alimento nella fantasia, fondate sulla assiduità e la diligenza,
per di più facilmente reprimibili per la soggezione davanti alla religione e alle leggi.
Nell’edizione critica del 2020 viene riportato un passo della prima
stesura, successivamente cancellato, con l’unico riferimento a Francesco Bacone che appare in Parini. Il filosofo inglese viene richiamato a
sostegno della rivalutazione delle arti meccaniche operata dai filosofi
enciclopedisti francesi, in quanto queste «[…] non escludono, però, l’invenzione nel progresso del loro esercizio, e con essa la speranza d’insigni servigj all’umana società».10 La legittimazione del legame tra arti creative
e arti utili come impianto fondante delle moderne accademie d’arte
settecentesche, risente verosimilmente dalla conoscenza di Parini del
pensiero degli enciclopedisti, e in particolare di Diderot.11 Una relazione di pensiero che merita ulteriori riflessioni, non solo per il probabile debito di Parini verso lo scritto di Diderot sulle arti del 1751,
ma anche per il Traité sur le Beaux del 1752 che può essere una ulteriore fonte di quella definizione del Bello come armonia dei rapporti e
come effetto sullo spettatore che Parini ripropone spesso nei Principi.
Nel secondo documento del 1767, Avvertenze intorno al Segretario
di un’Accademia di Belle Arti, relativo all’organizzazione della nuova
Accademia di Milano, il ruolo del Segretario viene ulteriormente enfatizzato. Laddove il Direttore promuove abilità e merito, e si occupa più direttamente della didattica vegliando sugli aspetti tecnici, il
Segretario:
[…] è notoriamente provveduto di buon giudizio e di gusto universale relativamente al bello e alle arti, […] ornato di buoni studj, così intorno ai
fatti della natura come intorno a quelli degli uomini, per poter quando che
sia, anche dal suo canto sparger sopra i membri o sopra gli allievi dell’Accademia que’ lumi, senza dei quali gli artisti, anche eccellentemente forniti
di doti naturali, non arrivano giammai a colpire il costume, l’espressione,
l’evidenza, la grandezza, la sublimità.12
Cfr. S. Morgana, Introduzione a G. Parini, Prose, cit., p. xiii.
Cfr. E. Cannone, Lingua, stile e poetiche nel ciclo delle prose di Giuseppe Parini, tesi
di dottorato, tutor Giuseppe A. Camerino, a.a. 2009-2010, Università del Salento, cit. in
S. Morgana, op. cit., n. 1, p. xiii.
12 G. Parini, Prose, cit., p. 291.
10
11
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Nell’idea generale che sovrintende alle arti, belle e meccaniche,
sta il ruolo del Segretario, che quella unità di intenti incarna nella sua
persona e che il Parini pensava per se stesso. Teme forse il Parini che
gli artisti non siano sufficientemente preparati dal punto di vista filosofico? O che siano ognuno troppo affezionato alla propria arte e al
proprio mezzo espressivo per poter compiere opera di ‘unificazione’?
Pur avendo egli intrattenuto sinceri rapporti di amicizia con gli artisti –
Knoller, Franchi, Appiani – e pur essendo la figura che più d’ogni altra
nella storia dell’arte italiana, abbia avuto stretti rapporti professionali
con gli artisti nello stendere programmi iconografici,13 francamente
pare di sì. L’indirizzo culturale del nuovo sistema di formazione artistica è pensato da Parini come inseparabile dalla guida di un uomo di
educazione umanistica che possegga la cognizione e la sensibilità di un
concetto superiore ai singoli mezzi delle arti. Più avanti, dove Parini
definisce gli Elogi che il Segretario dovrà tenere pubblicamente, dice:
Questi elogj dovrebbero ricadere sulle Belle Arti in genere, di modo
nondimeno che niuna rimanesse inferiore all’altra nel concetto degli uditori, ma tutte egualmente venissero esaltate e portate nell’opinione a quel
grado di nobiltà che loro compete […]. 14
Al Segretario è affidato il ruolo super partes di unificare le Belle
Arti e mantenerne vivo il fine:
Il fine a cui tendono le Belle Arti si è il ritrovamento o la produzione
del bello […] Per ciò fare, bisogna in essi [artisti] risvegliare il gusto, unico
discernitore del bello. […] Com’è possibile che gli artisti divengano eccellenti quando non sappiano dove risieda né cosa sia quel bello che vanno
cercando? Ma come si può ammaestrarli sopra ciò? Come formare in essi
quel gusto che lo deve discernere? 15
Si pone qui il bivio nell’indirizzo della nuova accademia tra la
tradizione che da sempre vede sorgere dall’iniziativa degli artisti il
progetto educativo nello specifico del linguaggio artistico praticato;
13 F. Mazzocca, Parini arbitro del gusto e consulente degli artisti, in Parini e le Arti nella
Milano Neoclassica, Università degli studi di Milano, Milano 2000, pp. xxvi-xxxiii.
14 G. Parini, Prose, cit., p. 293.
15 Ivi, p. 295. Questo tema sarà ampiamente ribadito nei Principi.
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GIUSEPPE PARINI, UN’IDEA DI ACCADEMIA
ed un’altra via più filosofica che facendo del bello l’oggetto dell’arte,
ne rende nei fatti mobile lo statuto poiché esso si fonda su una sua
continua definizione non coincidente con un modello, una tecnica,
uno stile. Sfuggente è la definizione di metodo nelle parole di Parini:
Molte slegate notizie, molte piccole osservazioni, che la moltitudine
degli uomini trascura di fare sopra i sottili rapporti degli oggetti tra loro,
e di questi oggetti all’anima nostra, l’abitudine che si contrae a veder gli
eccellenti modelli e a paragonarli fra essi più per consuetudine che per determinata riflessione, le considerazioni fatte a poco a poco e senza quasi
avvedersene sopra le menome avvertenze ch’ebbero nell’operare i migliori
maestri, la conoscenza delle regole generali e comuni a tutte le Belle Arti, e
mille altre cose simili che non è possibile qui esporre, sono quelle che insensibilmente formano il gusto d’uno artista.16
Se il Bello è il fine dell’arte, il gusto è il campo del giudizio. Esso si
declina nella particolarità dei generi, nelle tecniche, nelle opere.
Formato che sia il gusto che va in cerca del bello ora nel vero, ora nell’inaspettato, ora nell’ordinato, ora nell’elegante, ora nel grande, ora nel sublime, è necessario di fecondare l’immaginazione del giovane artista e riscaldarla, acciocché non rimanga stupidamente a sentire il bello delle opere
altrui colle mani nella cintola, ma sia punto da generosa invidia, e non manchi nella sua mente materia onde scegliere quel bello, che deve poi esprimer
con l’arte.17
E solo di qui si passerà a «[…] fargli conoscere i tratti più luminosi delle vite degli eccellenti artisti, le opere più grandi dell’arte».18 Si passerà cioè
alla storia dell’arte. Il modello delle Vite vasariane, che pure è l’esempio ammirato e costantemente portato all’attenzione degli allievi nei
Principi, è superato da una diversa gerarchia di valori. Non il disegno,
la tecnica unificante delle arti liberali e meccaniche nel cinquecento;
non l’ut pictura poesis che è la ‘sintassi’ delle arti visive; 19 ma il Bello
messo in atto nella vita civile è il principio teorico unificante.
Ibid.
Ibid.
18 Ibid.
19 Parini non è ancora toccato dalle riflessioni di Lessing nel Laokoon (1766) sulla
specificità delle arti del tempo e dell’occhio.
16
17
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Il Neoclassicismo è il momento in cui il concetto del Bello recupera dall’Antico la sua radice morale. ‘Bello e buono’, ‘bello e utile’ non
abitano la trascendenza ma pervadono l’attività umana, saldano l’atto
artistico al progresso della civiltà, alla polis. È un principio di Bello
‘esteso’ che si incarna nella nascente Estetica, ancora distante dalla filosofia dell’arte che prenderà forma con Hegel e Croce, concernente
una dimensione più ampia della vita del soggetto e della società. In
questo senso ‘esteso’ il pensiero di Parini arriva ad includere anche la
caccia, la pesca, la pastorale, tra le arti della Accademia di Agricoltura
di cui egli redige il progetto.20 Sul piano dell’Estetica, quindi, si possono porre linguaggi e tecniche diverse per medium, per storia, per
gerarchia e destinazione. All’interno della elaborazione del concetto
neoclassico del Bello si smonta il sistema tradizionale delle arti liberali
e delle arti meccaniche. Nelle Belle Arti il gusto è la qualità di giudizio, e soprattutto la forma di sensibilità necessaria per discernere, sia
dal punto di vista del pubblico, e cioè della fruizione – per usare un
termine moderno, del ‘consumo’ –, sia da parte del produttore, l’artista. Ed è il nocciolo della didattica di Parini, pedagogista e filosofo.
Lo Schema di una trattazione sulle Belle Arti, edito ora nella prima
versione del 1769 e in una seconda di poco seguente e più articolata,
costituisce il piano preparatorio delle lezioni pariniane.21 Scorrendo
questo Schema, l’impianto dell’estetica delle lezioni risalta in maniera
netta. In esso la storia dell’arte è un tema complementare, mentre
centrale è la necessità di una definizione della natura, dei modi, degli
20 Le Costituzioni fondamentali della Reale Accademia d’Agricoltura in Milano (17711777), in G. Parini, Prose, cit., pp. 358-364.
21 G. Parini, Prose, cit., pp. 301-303. Dall’Introduzione al volume di S. Morgana: «Nel
breve abbozzo sulle Belle Arti (II.4.1), probabilmente una scaletta di appunti per le lezioni, si può riconoscere una riflessione maturata in due stesure consecutive dello schema,
entrambe inizianti con “Belle Arti”: la prima […] terminante con “Storia delle Belle
Arti”; la seconda, più ampia e articolata, […], dopo “Storia delle Belle Arti” introduce
la voce “Principj generali delle Belle Arti”, con una nuova serie di punti, da sviluppare
e discutere (a proposito dell’imitazione: “Perché?”); e, prima di interrompersi, contiene
l’indicazione delle varie classi di arti e dei mezzi e dei modi con cui le Belle Arti, “secondo la diversa natura di ciascuna presentano l’oggetto della loro composizione all’uomo”
(p. 303). Va notata nella seconda stesura la precisazione riguardante il “Fine delle Belle
Arti”: “Produzione del Bello o Bellezza”; e, a seguire, l’aggiunta nella scaletta di due
punti complementari: “in che consiste il Bello. In un oggetto semplice vario ed uno”».
Ivi, p. xv.
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GIUSEPPE PARINI, UN’IDEA DI ACCADEMIA
effetti e dei fini dell’arte. Le fonti delle lezioni, fra gli autori coevi, attingono in special modo da Du Bos e Batteaux.22 Da Charles Batteux,
che il Parini non cita mai esplicitamente, sono ripresi interi passaggi
parafrasati, benché con alcune differenze che lo studioso Maurizio
Campanelli ha messo in luce.23 Batteaux presenta una chiara divisione delle arti distinguendo le belle arti che hanno come fine il piacere,
dalle arti meccaniche che hanno come fine l’utile, ed elenca così le
belle arti: musica, poesia, pittura, scultura e danza.24 Aggiunge poi
un terzo gruppo nel quale vengono fusi il piacere e l’utilità e pone
l’eloquenza e l’architettura in questa categoria. Nella parte centrale
del suo trattato Batteux sostiene che il principio comune a tutte le arti
è l’imitazione della bella natura e conclude con una dissertazione sul
teatro visto come combinazione di tutte le altre arti. Parini modifica
questo schema e considera la relazione dell’utile e del diletttevole,
non solo per l’architettura e l’eloquenza, ma anche per poesia e scultura. Inoltre, se per Batteux la Bella natura è il fondamento dell’arte,
Parini reinterpreta il concetto nella direzione del sensismo e, forse
assimilando le idee di Diderot, sostiene che
[…] l’oggetto delle Belle Arti non è soltanto la imitazione, come hanno detto gli antichi, né soltanto la imitazione della Bella Natura, come dicono i
moderni: ma è la presentazione degli oggetti fisici, morali, o intellettuali,
22 J.-B. Du Bos, Réflexion critique sur la poesie et la peinture, 1719; Ch. Batteaux, Principes de littérature, 1755 che comprende Les Beaux Arts réduits à un même principe, e il Cours
des Belles Lettres.
23 Cfr. M. Campanelli, Rileggendo le “lezioni pariniane” di Belle Lettere (e alcune fonti
già note), «Studi di filologia italiana», LXI, 2003, pp. 75-109. Oltre agli autori già citati dal
Reina, (F. Reina, Vita di Giuseppe Parini, in Opere di Giuseppe Parini pubblicate e illustrate
da Francesco Reina, vol. I, Milano, Genio Tipografico, 1801-1804), Campanelli cita, tra gli
altri, anche Diderot e Condillac per l’impronta sensista, e Hogarth (The Analysis of Beauty, pubblicato nel 1751 e tradotto in italiano nel 1761). In particolare sui rapporti con
il pensiero di Batteaux si veda A. Musiari, Parini e le teorie estetiche francesi del Settecento,
in Giuseppe Parinis Il Giorno im Kontext der europäischen Auf klärung, a cura di A. Gipper,
G. Schlüter, Würzburg, Königshausen & Neuman, 2006, pp. 225-248. Sui rapporti di
Parini con i pensatori neoclassici cfr. F. Fedi, Parini e i teorici del Neoclassicismo, in L’amabil
rito. Società e cultura nella Milano di Parini, a cura di G. Barbarisi et al., Milano, Cisalpino,
2000, t. II, pp. 969-992.
24 Sono a tutt’oggi le discipline che costituiscono, all’interno del sistema statale
universitario italiano, il corpo separato dell’Alta Formazione Artistica, Musicale e coreutica (AFAM) con le accademie di Belle Arti, i conservatori di musica, l’Accademia
nazionale di Arte Drammatica, l’Accademia Nazionale di Danza.
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RAFFAELLA PULEJO
i quali, presentati o in realtà o per imitazione col mezzo degli organi della
vista e dell’udito, sono atti ad eccitare nella nostr’ anima delle gradevoli
sensazioni.25
Le lezioni di Parini, nella versione estesa già impostata nel 1769,
non videro mai la forma completa di un trattato. Le lezioni alla Palatina iniziarono nel 1770, nel 1773 furono spostate a Brera, nel 1776 con
l’apertura dell’accademia videro aggiungersi nel pubblico gli studenti
d’arte, ma è nel 1786 che la cattedra di Parini viene definitivamente
aggregata ai corsi dell’Accademia.26 In quella data infatti con la nuova
riforma dell’istruzione di Giuseppe II, le Scuole Palatine furono progressivamente smantellate e la cattedra di Parini fu declassata dalla
facoltà di Filosofia, all’Accademia, con un pubblico non adeguato di
studenti, benché Parini più volte (ancora nel 1791 e con tono irritato)
ribadiva che destinatari delle sue lezione avrebbero dovuto essere non
solo alunni, ma professori e amatori.27 Il cancelliere Kaunitz da Vienna, in realtà sa bene di cosa tratti l’insegnamento di Parini, pure non è
convinto di come possa utilmente integrarsi nei corsi dell’accademia,
cosicché la vera eccezione appare essere il mantenimento in vita della
cattedra.28 La prima denominazione della cattedra di Parini negli anni
della riforma teresiana, prende il nome di ‘Eloquenza e Belle Lettere’
proprio su suggerimento di Kaunitz, e nel 1786, nella corrispondenza
Kaunitz nomina la cattedra di Parini come di “Estetica e Belle Lettere”. In quell’anno compare, però, anche l’obbligo di pubblicazione
delle Lezioni come condizione al mantenimento in vita della cattedra, e ancora nella relazione del Commissario governativo Bovara sul
sistema dell’Istruzione in Lombardia, si ribadisce la necessità di pubblicazione del testo di Parini che in Italia avrebbe potuto essere come
quello di Batteux per la Francia.29
Lezioni di Belle Lettere, in G. Parini, Prose, cit., pp. 77-78.
I rapporti istituzionali con il governo e le vicende della cattedra di Parini sono
puntualmente ricostruite da A. Vicinelli, Il Parini e Brera. L’inventario e la pianta delle
sue stanze. La sua azione nella scuola e nella cultura milanese nel secondo Settecento, Milano,
Ceschina, 1963.
27 G. Parini, Prose, cit., pp. 370-374.
28 Cfr. E. Brambilla, Le riforme dell’educazione, Parini e le belle lettere, in L’amabil rito,
cit., pp. 145-146.
29 Cfr. A. Vicinelli, op. cit., Relazione Bovara, p. 112.
25
26
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GIUSEPPE PARINI, UN’IDEA DI ACCADEMIA
Batteux insegnava al Collège de France e benché la sua teoria fu
assorbita dalle arti visive, non dovette mai confrontarsi con l’invenzione di un metodo che provvedesse alla formazione dei pittori e degli
scultori sulle sue idee. Questo fu invece il destino di Parini, che per sé
aveva immaginato il ruolo di Segretario e di guida del nuovo istituto.
Kaunitz, invece, attraverso la scelta del Segretario Bianconi, promuoverà politicamente, una soluzione pragmatica, rivolta ai cantieri di
Milano, più che alla filosofia. Nella pratica didattica ultra ventennale
in Brera, la delusione di Parini è crescente. Forse una delle cause della
non pubblicazione di un Trattato sta nel progressivo scollamento tra
le intenzioni iniziali che nel piano didattico originario doveva occupare la sua posizione di Segretario, e lo stato di fatto delle cose.
La scelta di Parini come Segretario sarebbe risultata, peraltro,
una anomalia rispetto alla tradizione delle accademie che da sempre
avevano avuto come segretario un artista. André Felibien, segretario
dell’Académie di Parigi era di formazione architetto, e per citare i casi
italiani coevi e vicini a Milano, Giampietro Zanotti a Bologna era di
formazione pittore, come Pêcheux a Torino: pittori letterati, ma pur
sempre artisti di formazione. Come d’altra parte era un artista il futuro Segretario Giuseppe Bossi, che a Brera era stato allievo di Parini.
All’atto della sua costituzione formale, Brera non fa eccezione. Alla
nomina interinale di Albuzzi, succede come segretario, Carlo Bianconi.30 Ancora un’artista e un artista rivolto al rilancio dei programmi
di ornato nei cantieri della Milano Neoclassica. E sarà del Bianconi
anche l’insegnamento delle Mitologie o iconologia per gli artisti.
Non alle origini della storia dell’arte ma nella nascente estetica si
salda dunque la posizione di Parini, certamente in anticipo sui tempi
ma lungimirante riguardo all’indirizzo teorico delle accademie fino
al presente. Con la morte di Parini, la cattedra di Belle Lettere non
30 Considera Francesca Valli: «un artista, che è anche un erudito, ma soprattutto un
artista-architetto, progettista di interni [il quale] scrive nei suoi appunti per uno statuto: “che il
progettista di belle arti sia uno dell’arte e non un semplice letterato […] Questo principio appartiene specialmente alle belle arti che ricercano la cognizione, figlia dell’esercizio”». Cfr. F. Valli,
Storia dell’arte in Accademia, prima della riforma, in L’accademia oltre l’accademia. Atti del
Convegno Formazione, conservazione comunicazione dell’arte, a cura di G. Pozzi e G. Bindi
(Firenze, Accademia di Belle Arti, 14-16 marzo 2007), Centro stampa Giunta Regione
Toscana, 2009, p. 177. Ringrazio qui Francesca Valli per il proficuo e generoso scambio
di idee su questo tema.
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RAFFAELLA PULEJO
gli sopravvive. Quando una materia teorica riappare nei programmi
di Brera sarà l’Estetica con Ignazio Fumagalli (1838-1842), poi con
Pietro Martire Rusconi (1843-1855) e solo con Giuseppe Mongeri dal
1855 l’insegnamento muta in storia dell’arte. Si noti: quasi contemporaneamente alla prima cattedra universitaria di Storia dell’arte di
Rudolf Eitelberger istituita nell’Università di Vienna nel 1852.
Canonizzata nell’università, la storia dell’arte in accademia benché insegnata trasversalmente in tutti gli indirizzi, ci starà sempre un
poco stretta, deviando verso la critica a contatto con gli artisti, con la
fenomenologia a contatto col farsi delle opere, e più di recente dissolvendosi nelle Visual studies della iconosfera contemporanea. Si apre
qui un altro capitolo, ancora bisognoso di approfondimenti, sulla posizione della storia dell’arte nelle accademie ma è già con la figura
di Parini che se ne vede l’impianto estetico e atipico. E mi piace notare che attualmente, nonostante la storia dell’arte (contemporanea
in particolare) sia insegnata quasi in tutti gli anni di corso di tutti gli
indirizzi di studio dell’accademia, sono le discipline filosofiche quelle
più numerose con 6 discipline di estetica, 4 di filosofia e 5 materie di
taglio esplicitamente fenomenologico.31
Il nome di Belle Arti oggi è sicuramente anacronistico per l’accademia contemporanea, ma credo che esso mantenga quella aspirazione dell’arte a fare pensiero che Parini immagina come fondamento di
civiltà, e che clandestinamente abita ancora nelle nostre aule.
31 Cfr. R. Pulejo, Tre anacronismi. Storie dell’arte, accademie ed elogio del disordine, in
Visual Studies. L’avvento di nuovi paradigmi, Milano, Mimesis, 2019, pp. 13-25.
— 78 —
INDICE
Giovanni Iovane, Giuseppe Parini [1729-1789] filosofo dell’educazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag.
Federico Ferrari, Premessa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
V
»
VII
Alessandro Di Chiara, Giuseppe Parini filosofo e pedagogista dell’arte nel levar gli errori dal mondo morale . . . .
»
1
Arnaldo Bruni, «La Gazzetta di Milano» di Giuseppe Parini
alla prova del Novecento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
21
Francesca Fedi, Un professore di «garbo socratico»: ancora
su Parini a Brera. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
37
Chiara Nenci, Accademie, portici, barbe . . . . . . . . . . . . . . .
»
49
Raffaella Pulejo, Giuseppe Parini, un’idea di Accademia . .
»
67
Rossana Ruscio, Salubrità dell’aria: quando l’individuazione del tema diventa pensiero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
79
Paolo Bartesaghi, Giuseppe Parini: l’apoteosi degli eroi nei
soggetti per artisti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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87
»
107
ATTI
STUDI
Alberto Giorgio Cassani, Ut poësis architectura. Note
sull’arte del costruire nell’opera di Giuseppe Parini . . . . . .
— 199 —
INDICE
Riccardo Donati, Un legislatore artistico nella comunità degli uomini. Note sull’estetica e la pedagogia di Parini . . . . Pag. 133
Giuseppe Goisis, La gloria vince la morte, o è il sole dei morti?
Parini portavoce di Leopardi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
145
Elisabetta Longari, Un divertissement neoclassico . . . . . . .
»
163
Profilo degli autori . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
185
Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
»
191
ATTUALITÀ DEL NEOCLASSICO
UNA RICERCA VIDEO-CINEMATOGRAFICA
— 200 —
FINITO DI STAMPARE
PER CONTO DI LEO S. OLSCHKI EDITORE
PRESSO ABC TIPOGRAFIA • CALENZANO (FI)
NEL MESE DI NOVEMBRE 2021
L’Accademia di Belle Arti di Brera ha organizzato, il 15 aprile 2021, il Simposio Nazionale Giuseppe Parini filosofo dell’educazione per scandagliare negli aspetti
meno ricercati dell’identità neoclassica dell’abate di Bosisio che porta seco una
genuina e schietta vocazione filosofica e pedagogica. Questa ricerca pariniana
sulle cause e sui ragionamenti primi del sapere s’evidenzia non solo nelle Poesie
e in particolare Le Odi ma anche, e per certi versi soprattutto, nelle Prose che
raccolgono, tra l’altro, il Discorso sopra la poesia, il Dialogo sopra la nobiltà e le
paradigmatiche lezioni accademiche: “Dei principii generali e particolari delle
belle lettere applicati alle belle arti” [1772-1775]. Le lezioni sono state descritte
dall’allievo Francesco Reina con queste esemplari parole «Quindi i più ardui dettami della filosofia, i più fini sentimenti applicati alle Belle Arti e dimostrati da
lui vestivano le più evidenti formi. Condiva egli sovente i propri insegnamenti
col garbo socratico, dialogizzando, e mescolando la più leggiadra urbanità alla
precisione della domanda».
Da questa prospettiva scaturisce la necessità di soffermarsi a interpretare la pedagogia dell’arte pariniana come motivo ispiratore del pensiero estetico e morale,
politico e civile che caratterizza l’insegnamento del poeta-filosofo. La silloge, che
raccoglie una significativa sezione Studi, vuole anche essere una sorta di riflessione su un possibile incontro tra il linguaggio pariniano e l’esperienza artistica
attuale, come propongono alcuni professori e allievi dell’Accademia che hanno
realizzato una video-mostra con opere di artisti di diversi periodi e formazione.
ISBN 978 88 222 6793 1