CENTRO DIPARTIMENTALE DI STUDI
SU DESCARTES “ETTORE LOJACONO”
UNIVERSITÀ DEL SALENTO
DIPARTIMENTO DI STUDI UMANISTICI
Titolo
Anni 14-15 - Numeri 14-15
Dicembre 2021-2022
EGO SUM
ISSN 2036-5020
DIREZIONE:
Vincent Carraud
Maria Cristina Fornari
Francesco Fronterotta
(Coordinatore)
Fabio Sulpizio
Saggi di:
COMITATO DEI GARANTI:
Jean-Robert Armogathe
Giulia Belgioioso
Carlo Borghero
• Francesco Fronterotta
• Gaetano Lettieri
• Francesco Marrone
• Siegrid Agostini
• Massimo Luigi Bianchi
CONSIGLIO SCIENTIFICO:
Igor Agostini
Enrico Berti †
Giuliano Campioni
Jean-François Courtine
Costantino Esposito
Dan Garber
Hiroaki Yamada
Jean-Luc Marion
Steven Nadler
Pasquale Porro
Christoph Rapp
Tad M. Schmaltz
REDAZIONE:
Siegrid Agostini
Chiara Catalano
Raffaele Putignano
(collaboratore per
questo numero)
• Fabio A. Sulpizio
• Frédéric De Buzon
• Claudio Majolino
• Mario De Caro
• Walter Leszl
• Ivan Lepri
• Francesco Caruso
• Alice Ragni
• Alberto De Vita
Essay Review:
• Luca Tenneriello
Anni XIV-XV, n. 14-15 - dicembre 2021-2022
Alvearium è una rivista internazionale di storia della filosofia nata nel 2008, esce annualmente e pubblica i propri contenuti in full open access. Dal 2012 tutti gli articoli inviati alla redazione sono sistematicamente sottoposti al Double Peer
Review.
Dal nr. 10 (2017), Alvearium è stata classificata dall’ANVUR in fascia A, ai fini dell’Abilitazione scientifica nazionale,
per i Settori Concorsuali 11/C1(Filosofia teoretica), 11/C2 (Logica, storia e filosofia della scienza) e 11/C5 (Storia della
filosofia).
Per i numeri 12 (2019) e 13 (2020) i referees sono stati:
Michele Abbate
Giulia Belgioioso
Carlotta Capuccino
Cosimo Caputo
Stefano Di Bella
Franco Ferrari
Roberto Granieri
Simone Guidi
Moira de Iaco
Massimiliano Lenzi
Francesco Marrone
Franco A. Meschini
Pierre-Marie Morel
Roberto Palaia
Jean-François Pradeau
Francesco Toto
Alvearium è distribuita gratuitamente sul sito www.cartesius.net.
Per tutelare gli autori e la rivista, il testo è distribuito in formato pdf non modificabile.
Eventuali contributi o richieste di informazioni potranno essere inviati a:
[email protected]
2
Anni XIV-XV, n. 14-15 - dicembre 2021-2022
INDICE
EDITORIALE ..................................................................................................................pag.
5
SAGGI
Gaetano Lettieri
EGO SUM QUI ERO. L’estaticità di Dio e dell’io
in Clemente d’Alessandria e Agostino ......................................................................pag.
7
Francesco Marrone
Se cognoscere per essentiam suam. Duns Scoto e l’autoconoscenza angelica
(Ord., II, dist. 3, pars 2, q. 1)..........................................................................................pag. 53
Francesco Fronterotta
«Ego sum qui sum». Il Dio di Mosè e il demiurgo di Platone:
breve nota a margine dell’interpretazione ficiniana del Timeo ............................pag. 73
Siegrid Agostini
‘Hoc est corpus meum’. Dopo Descartes - Cristologia e teologia
nel XVII secolo. Un caso di studio .............................................................................pag. 81
Massimo Luigi Bianchi
Metamorfosi della diade soggetto/oggetto tra Kant e l’autopoiesi ......................pag. 95
Fabio A. Sulpizio
La main sur l’âme. Alle origini del sé in
Antoine-Louis-Claude Destutt de Tracy ...................................................................pag. 117
Frédéric De Buzon
Doute et existence dans la lecture natorpienne de Descartes ...............................pag. 133
Claudio Majolino
Refutazioni egologiche e questionari heideggeriani. Brentano e le aporie
dell’ ‘io sono’ tra filosofia trascendentale e metafisica ...........................................pag. 145
Mario De Caro
Davidson, Putnam e il libero arbitrio .......................................................................pag. 183
VARIA
Walter Leszl
Platone antidemocratico ovvero della necessità
della filosofia per la politica .........................................................................................pag. 193
3
Anni XIV-XV, n. 14-15 - dicembre 2021-2022
Ivan Lepri
Democritus after Democritus: the Legacy of Ancient Atomism
between 4th and 2nd century BC ....................................................................................pag. 297
Francesco Caruso
Niccolò Leonico Tomeo lettore di Plutarco:
due marginalia notevoli al testo delle Platonicae Quaestiones ............................pag. 327
Alice Ragni
Johannes Clauberg at Moers. New Material for Reconstructing
the Doctrine of the Intelligible ...................................................................................pag. 345
Alberto De Vita
Descartes, la scienza, le maschere. Epistemologia e metafisica
nel pensiero cartesiano .................................................................................................pag. 363
ESSAY REVIEW
Luca Tenneriello
Gli usi filosofici della Bibbia nella prima età moderna e il ruolo culturale
della King James Bible. Alcune considerazioni a partire dal volume
The Philosophers and the Bible (Brill 2022) ...............................................................pag. 387
4
Anni XIV-XV, n. 14-15 - dicembre 2021-2022
Francesco Caruso
Niccolò Leonico Tomeo lettore di Plutarco: due marginalia
notevoli al testo delle Platonicae Quaestiones1
Abstract: Il presente contributo si propone di fornire alcuni esempi dell’attività emendativa che l’umanista padovano
Niccolò Leonico Tomeo (1456-1531) dedicò ai Moralia di Plutarco. L’indagine sarà circoscritta alle sole correzioni
da lui proposte, nei marginalia del proprio esemplare aldino, al testo greco delle Platonicae Quaestiones. Di queste
lezioni si fornisce un elenco completo, tratto dalla lettura autoptica del postillato di Tomeo. Vengono poi discusse
due congetture notevoli: la lezione ποίησις in Plat. Quaest. 2 e la lezione εἰκόνες in Plat. Quaest. 8. Entrambi i casi
rivelano la consapevolezza filosofica degli interventi congetturali di Tomeo e possono essere di aiuto per comprendere
meglio l’argomentazione di Plutarco, anche qualora l’editore moderno valuti infine di non accogliere a testo le
correzioni dell’umanista.
Abstract: This paper aims to provide some examples of the ecdotic activity devoted by the Paduan Humanist Niccolò Leonico
Tomeo to Plutarch’s Moralia. The inquiry will be limited to the corrections he proposed to the Greek text of the Platonicae
Quaestiones in the marginalia of his own copy of the Aldine edition. A complete list of his conjectures, drawn from an autoptic
reading of Tomeo’s marginalia, will be provided. Then, two notable emendations are discussed: the lectio ποίησις in Plat.
Quaest. 2 and the lectio εἰκόνες in Plat. Quaest. 8. Both cases reveal Tomeo’s philosophical consciousness and can be of some
help to better understand Plutarch’s argument, even if the modern editor chooses not to accept the textual emendations.
Parole chiave: Tomeo / Plutarco / marginalia / poiesis / eikones
Keywords: Tomaeus / Plutarch / marginalia / poiesis / eikones
Desidero ringraziare S. Martinelli Tempesta per la gentilezza con cui ha risposto alle mie domande e per avermi chiarito diversi
dubbi; un ringraziamento devo anche a M. Riccardo per i consigli preziosi e per aver letto queste pagine, ripulendole da refusi e abbagli
di vario tipo. Resta inteso che la responsabilità delle tesi qui sostenute, come di eventuali imprecisioni, è interamente mia.
I manoscritti citati nel presente contributo (con la segnalazione dei ff. contenenti le Platonicae Quaestiones) sono i seguenti: J =
Milano, Biblioteca Ambrosiana, C 195 inf., ff. 277v-286v (XIII sec.); α = Milano, Biblioteca Ambrosiana, C 126 inf., ff. 192r-195v
(a. 1294-5); A = Paris, Bibliothèque Nationale de France, gr. 1671, ff. 101r-103r (a. 1296); X = Venezia, Biblioteca Nazionale
Marciana, gr. Z. 250 (= 580), ff. 335r-341r (XIV sec. per la sezione contenente le Plat. Quaest.); E = Paris, Bibliothèque Nationale
de France, gr. 1672, ff. 604v-610r (post a. 1302); n = Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, Vat. gr. 1676, ff. 1r-6r (XIV sec.);
Bon. = Bologna, Biblioteca Universitaria, C 3635, ff. 241r-250r (XIV sec.); B = Paris, Bibliothèque Nationale de France, gr. 1675,
ff. 501v-509v (XV sec.); ε = Madrid, Biblioteca Nacional de España, 04690, ff. 244v-254v (XV sec.); g = Vaticano, Biblioteca
Apostolica Vaticana, Pal. gr. 170, ff. 175v-184v (XV sec.); Voss. = Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Voss. Misc. 16, ff. 2r-10v
(XV sec.); Escor. = El Escorial, Real Biblioteca, T. II. 05 (Revilla 144), ff. 193r-200r (XVI sec.).
Le edizioni più recenti delle Plat. Quaest. sono due: una curata da C. Hubert e pubblicata nel 1959 per i tipi della Teubner (vol.
VI.1); l’altra curata da Harold Cherniss e pubblicata nel 1976 per i tipi della Loeb Classical Library (vol. XIII.1). Sul valore di
Harold Cherniss, Plutarch’s Moralia, XIII.1, Cambridge – London, Harvard University Press, 1976 si sono positivamente espressi
Anthony Arthur Long, From Crib to editio maior - Harold Cherniss: Plutarch’s Moralia XIII, Parts I and II (Loeb Classical Library), 2
voll., Cambridge, Mass., and London (Review), «CR» n.s. 30 (1980), pp. 14-16, Henry J. Barthelmess, Recent Work on the Moralia,
in F. Brenk / I. Gallo (eds.), Miscellanea Plutarchea. Atti del I convegno di studi su Plutarco, Ferrara, Giornale Filologico Ferrarese, 1986,
pp. 61-81, Jean Irigoin, Histoire du texte des “Œuvres Morales” de Plutarque, in J. Irigoin (éd.), Plutarque. “Œuvres Morales” I.1, Paris
1987, pp. ccxxvii-cccii: ccci e, da ultimo, Stefano Martinelli Tempesta, Pubblicare Plutarco. L’eredità di Daniel Wyttenbach e
l’ecdotica plutarchea moderna, in G. Zanetto, S. Martinelli Tempesta (a cura di), Plutarco: Lingua e testo. Atti dell’XI Convegno plutarcheo
della International Plutarch Society – Sezione Italiana (Milano, 18-20 giugno 2009), Milano, Quaderni di Acme, 2010, pp. 5-68: 5254. Sui limiti che, in generale, inficiano invece l’edizione teubneriana dei Moralia, cfr. ancora S. Martinelli Tempesta, Pubblicare
Plutarco, cit., pp. 45-50.
1
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Anni XIV-XV, n. 14-15 - dicembre 2021-2022
FRANCESCO CARUSO
Lo studio dei postillati cinquecenteschi dei Moralia di Plutarco rappresenta uno degli ambiti più
fecondi per la scholarship plutarchea degli ultimi decenni2. Infatti, la pubblicazione nel 1509 dell’editio
princeps, stampata a Venezia per i tipi di Aldo Manuzio, non costituì, per gli stessi studiosi che ne curarono
il testo greco, un punto di arrivo3; al contrario, la permanenza nell’edizione a stampa di errori e imprecisioni
(che perlopiù derivavano dai codici su cui gli editori si erano basati4) stimolò un intenso lavoro critico ed
emendativo che, nei decenni successivi, fu volto al miglioramento di un testo per molti versi ritenuto
ancora insoddisfacente. Di questa attività ecdotica rimangono significative testimonianze nei marginalia
Diversi studi sono stati condotti nel corso della seconda metà del ’900 sulle vicende umanistiche del testo plutarcheo. Cfr. Robert
Aulotte, Amyot et Plutarque: la tradition des «moralia» au XVIe siècle, Genève, Droz, 1965; Marcel Cuvigny, Giannotti, Turnèbe,
Amyot: résultats d’une enquête sur quelques éditions annotées des Moralia de Plutarque, «RHT» 3 (1973), pp. 57-77; Luigi Ferreri,
Lezioni di Marc-Antoine Muret e di Niccolò Leonico Tomeo alle Vitae di Plutarco, «Miscellanea Bibliothecae Apostolicae Vaticanae»
13 (2006), pp. 167-194; Mario Manfredini, Su alcune Aldine di Plutarco, «ASNS» III 14, 1 (1984), pp. 1-12; Id. Un postillato di
Niccolò Leonico Tomeo perduto e ritrovato, «SMU» II (2004), pp. 347-352; S. Martinelli Tempesta, Studi sulla tradizione testuale del
De tranquillitate animi di Plutarco, Firenze, Olschki, 2006; Id., Pubblicare Plutarco, cit.; Marc Antoine Muret e i Moralia di Plutarco,
in L. Bernard-Pradelle, Ch. de Buzon, J.-E. Girot, R. Mouren (eds.), Marc Antoine Muret, un humaniste française en Italie, Geneve,
Droz, 2020, pp. 337-387; Anna Pontani, Postille a Niccolò Leonico Tomeo e Giovanni Ettore Maria Lascaris, «BBGG» 54 (2000), pp.
337-368; Fabio Vendruscolo, Manoscritti greci copiati dall’umanista e filosofo Nicolò Leonico Tomeo, in M. Serena Funghi (a cura di),
ΟΔΟΙ ΔΙΖΗΣΙΟΣ. Le vie della ricerca. Studi in onore di Francesco Adorno, Firenze, Olschki, 1996, pp. 543-555.
3
L’opera editoriale si giovò principalmente delle cure di Demetrio Dukas, coadiuvato da una cerchia di studiosi che, a vario titolo,
contribuirono alla costituzione del testo, lasciando traccia del lavoro preparatorio nei codici che collazionarono. Il ruolo di editore
svolto da Dukas è segnalato da lui stesso nella nota introduttiva all’editio aldina (cfr. Demetrios Doukas - Aldo Manuzio (eds.),
Plutarchi Opuscula LXXXXII. Index Moralium omnium, et eorum quae in ipsis tractantur, habetur hoc quaternione, Venetiis, in aedibus
Aldi et Andreae Asulani soceri, 1509; la nota è edita, assieme alla lettera dedicatoria di Aldo Manuzio e all’epigramma di Girolamo
Aleandro che l’accompagna, da Legrand, BH, I, 90-93, n°33 e recentemente da L. Ferreri, L’Italia degli Umanisti. Marco Musuro,
«Europa Humanistica» 17, Turnhout 2014, pp. 356-363). Quanto al coinvolgimento di altri umanisti della “cerchia aldina” nella
preparazione del testo, cfr. S. Martinelli Tempesta, Marc Antoine Muret e i Moralia, cit., pp. 339-341 e bibliografia ivi citata.
4
In linea generale, è stato dimostrato che il lavoro preparatorio fu svolto utilizzando singoli manoscritti di riferimento per i diversi
segmenti del corpus dei Moralia (cfr. Maximilian Treu, Zur Geschichte der Überlieferung von Plutarchs Moralia. III, «Programm des
König. Friedrichs-Gymnasiums zu Breslau» 157 (1884), pp. 1-42: 29; J. Irigoin, Histoire du texte des “Œuvres Morales”, cit., p. ccxci;
F. Vendruscolo, La Consolatio ad Apollonium fra Mistrà (?) e Padova: apografi quattrocenteschi del Bruxellensis 18967 (b), «BollClass»
s. 3 XVII (1996), pp. 3-35; più recentemente, cfr. S. Martinelli Tempesta, La tradizione manoscritta dei Moralia di Plutarco: riflessioni
per una messa a punto, in G. Pace / P. Volpe Cacciatore (a cura di), Gli scritti di Plutarco: tradizione, traduzione, ricezione, commento.
Atti del IX convegno internazionale della International Plutarch Society (Ravello, 29 settembre - 1 ottobre 2011), Napoli, M. D’Auria,
2013, pp. 273-288: 284-287). In particolare, sembra ormai chiaro che, per l’intera seconda sezione delle tre in cui si divide il corpus,
comprendente 25 opuscoli, il testo dell’aldina si basò su un unico modello manoscritto, rappresentato dal codice ambrosiano C
195 inf. (J), corretto da Dukas mediante collazione con (almeno) un altro ‘codice di controllo’, da individuare con ogni probabilità
nell’ambrosiano C 126 inf. (α), appartenente al ramo planudeo (cfr. Clarence George Lowe, The Manuscript-Tradition of PseudoPlutarch’s Vitae decem oratorum, Urbana, University of Illinois, 1924, p. 47; B. Einarson, Ph. De Lacy, The Manuscript Tradition of
Plutarch’s Moralia 548 A – 612 B, «CPh», 46 (1951), pp. 93-110, p. 103; Id., The Manuscript Tradition of Plutarch’s Moralia 523 C – 547
F, «CPh», 53 (1958), pp. 217-233, p. 218; F. Vendruscolo, La Consolatio ad Apollonium, cit., pp. 29-30). Nella nota editoriale
citata supra (n. 3), Demetrio Dukas afferma infatti di aver «corretto» il testo (ὠρθογραφήσαμεν τουτοσὶ τοὺς τύπους) sulla
base di non meglio specificati «testimoni» (ἐπὶ τοῖς ἀντιγράφοις οἷς ἐνετύχομεν): il codice J reca testimonianza di questo lavoro
preparatorio nelle annotazioni apposte sui marginalia dai suoi stessi curatori (Dukas, Musuro e anche Niccolò Leonico Tomeo: cfr.
S. Martinelli Tempesta, Per un repertorio dei copisti greci in Ambrosiana, in F. Gallo (ed.), Miscellanea Grecolatina, I, Milano-Roma,
Ambrosiana Bulzoni, 2013, pp. 101-153: 140), attestanti la collazione con altri codici; che l’esemplare di controllo sia stato α è ipotesi
resa plausibile da una nota autografa di Leonico Tomeo, che ne attesta la lettura integrale (probabilmente in vista dell’edizione del
1509; su questo, cfr. F. Vendruscolo, La Consolatio ad Apollonium, cit., pp. 31-32). L’identificazione di J come antigrafo dell’aldina
fu del resto compiuta già da M. Treu, Zur Geschichte der Überlieferung, cit., pp. 15-30; su questo codice cfr. inoltre Emidio Martini,
Domenico Bassi, Catalogus codicum Graecorum Bibliothecae Ambrosianae, I-II, Mediolani, Mediolani U. Hoepli, 1906, II, 981-982; F.
Vendruscolo, La Consolatio ad Apollonium, cit., pp. 29-32; M. Manfredini, L’aldina dei Moralia e la giuntina delle Vitae di Plutarco:
la tradizione di Galba e Otho fra manoscritti e libri a stampa, «BollClass» s. 3 XXIV (2003), pp. 14-27: 22; S. Martinelli Tempesta,
Studi sulla tradizione testuale, cit., pp. 54-58; Eleonora Gamba, Un nuovo manoscritto copiato da Niccolò Leonico Tomeo (Par. gr.
1833): appunti per la ricostruzione della sua biblioteca, «Eikasmos» 25 (2014), pp. 329-359: 343. Sui rapporti tra α e gli altri manoscritti
‘planudei’, invece, cfr. M. Manfredini, Il Plutarco di Planude, «SCO» 42 (1994), pp. 123-125.
2
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Anni XIV-XV, n. 14-15 - dicembre 2021-2022
Niccolò Leonico Tomeo lettore di Plutarco: due marginalia notevoli al testo delle Platonicae Quaestiones
di vari esemplari aldini, posseduti o semplicemente postillati da umanisti quali Giano Lascaris, Niccolò
Leonico Tomeo, Scipione Carteromaco, Marco Musuro e altri.5
Oltre a fornire un saggio del modo in cui i filologi umanisti lavoravano sui testi antichi, l’importanza
che tale fenomeno emendativo ha assunto per la storia moderna del testo dei Moralia è notevole: molte delle
congetture nate nel periodo successivo al 1509 sono poi confluite nel testo dell’edizione di Henri Estienne
del 1572; le variae lectiones sono state presto riunite in raccolte6 e, soprattutto grazie al tramite dell’edizione
settecentesca di Wyttenbach, hanno potuto sopravvivere fino alle edizioni otto-novecentesche, che le
hanno, a seconda dei casi, conservate a testo o relegate negli apparati critici7.
Il presente contributo si propone di concentrarsi su un piccolo tassello di questo più ampio quadro.
Si prenderanno infatti in considerazione alcune congetture autografe di Niccolò Leonico Tomeo, uno
degli umanisti coinvolti nella preparazione della princeps dei Moralia e nella vicenda editoriale che ne
seguì. Negli anni successivi al 1509, infatti, egli arricchì i marginalia del proprio esemplare aldino con
emendazioni e notabilia che ancora necessitano, in larga parte, di essere adeguatamente studiati8. L’indagine
sarà qui circoscritta alle sole correzioni da lui proposte al testo delle Platonicae Quaestiones9: di esse si fornirà
innanzi tutto un elenco, tratto dalla lettura autoptica del postillato da lui posseduto10; si discuteranno poi,
in particolare, due congetture di notevole interesse sia per la storia del testo delle Plat. Quaest., sia per la
delineazione del profilo culturale dello stesso Tomeo (1456-1531).
I.
Niccolò Leonico Tomeo fu allievo a Padova di Demetrio Calcondila e poi docente, a Padova e a
Venezia, di filosofia platonica e aristotelica in seguito11; fece parte del “gruppo aldino” che apprestò l’editio
Al riguardo cfr. S. Martinelli Tempesta, Studi sulla tradizione testuale, cit., pp. 169-221, che ha condotto nel dettaglio un’indagine
sistematica (limitatamente al testo del De tranquillitate animi) sui marginalia delle edizioni cinquecentesche dei Moralia.
6
Sulla formazione di queste raccolte cfr. da ultimo S. Martinelli Tempesta, Marc Antoine Muret e i Moralia, cit., pp. 347-357.
7
Come è stato ormai chiarito (cfr. S. Martinelli Tempesta, Un postillato di Niccolò Leonico Tomeo, cit., p. 349; Id., Studi sulla tradizione
testuale, cit., pp. 169-172), gli editori ottocenteschi e novecenteschi hanno potuto trarre le lezioni umanistiche o direttamente dagli
esemplari posseduti da Donato Giannotti e da Fulvio Orsini, o per il tramite dell’edizione dei Moralia curata da Daniel Wyttenbach,
«una sorta di summa di tutti gli sforzi critici ed ecdotici compiuti sino alla seconda metà del Settecento a partire dall’editio princeps del
1509» (S. Martinelli Tempesta, Pubblicare Plutarco, cit., p. 8); Wyttenbach infatti fece ampio uso, per la redazione dei suoi apparati
critici, delle raccolte di varianti umanistiche al testo plutarcheo (cfr. Andrea Rescigno (a cura di), Plutarco. L’eclissi degli oracoli,
Napoli, M. D’Auria, 1995, p. 75; S. Martinelli Tempesta, Studi sulla tradizione testuale, cit., p. 170).
8
È noto che lo studio dei postillati cinquecenteschi permette di fare chiarezza sulla effettiva paternità di alcune congetture presenti
negli apparati critici delle edizioni moderne, spesso non molto precisi (cfr. le osservazioni di S. Martinelli Tempesta, La tradizione
manoscritta dei Moralia, cit., p. 288).
9
Mor. 38, 999c-1011e.
10
Su questo, cfr. infra.
11
Per le notizie biografiche su Leonico Tomeo, cfr. Daniela De Bellis, La vita e l’ambiente di Niccolò Leonico Tomeo, «Quaderni per la
storia dell’Università di Padova» XIII (1980), pp. 37-75; Deno John Geanakoplos, The Career of the Little-known Renaissance Greek
Scholar Nicholas Leonicus Tomaeus and the Ascendancy of Greco-Byzantine Aristotelianism at Padua University (1497), «Byzantina» 13, 1
(1985), pp. 355-372; Emilio Russo, Leonico Tomeo, Niccolò, in DBI LXIV (2005), pp. 617-621; Stefania Fortuna, Niccolò Leonico
Tomeo e Galeno: manoscritti, edizioni e traduzioni, in V. Boudon-Milllot, A. Garzya, J. Jouanna, A. Roselli (eds.), Storia della tradizione
e edizione dei medici greci, Napoli, M. D’Auria, 2010, pp. 323-336, pp. 323-325; E. Gamba, Un nuovo manoscritto copiato da Niccolò
Leonico Tomeo, cit., pp. 329-331; Ciro Giacomelli, Libri e biblioteche greche a Padova, in N. Zorzi, C. Giacomelli (eds.), Tra Oriente e
5
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Anni XIV-XV, n. 14-15 - dicembre 2021-2022
FRANCESCO CARUSO
princeps dei Moralia, partecipando attivamente alla constitutio del testo del 150912. Come sappiamo dalla sua
‘biblioteca’13, inoltre, Tomeo fu un assiduo lettore di Platone, Aristotele, Plutarco e Galeno14, e fu autore
egli stesso di numerosi lavori di traduzione e commento15. Tutto ciò lo rende una figura degna del massimo
interesse nel contesto dell’umanesimo greco padovano16, e: le sue congetture al testo plutarcheo sono
meritevoli di essere lette e vagliate con particolare attenzione17.
Come si vedrà, l’indagine diretta sul postillato di Tomeo consente di assegnare all’umanista padovano la
paternità di emendazioni che sono state finora attribuite ad altri umanisti (o a figure addirittura successive).
Le informazioni fornite dagli editori novecenteschi dei Moralia, infatti, non sempre risultano affidabili,
principalmente perché riferiscono notizie non di prima mano18: nel caso specifico delle Plat. Quaest., per
esempio, C. Hubert non segnala, nella prefazione all’edizione teubneriana da lui curata, da dove abbia
tratto le variae lectiones che inserisce in apparato e che, in taluni casi, accoglie nel testo (attribuendole, di
volta in volta, a Donato Giannotti, Leonico Tomeo, Donato Polo o Pier Vettori)19. Più preciso è, invece, H.
Cherniss, che si cura di avvisare, nella Preface della sua edizione20, di aver tratto le congetture umanistiche
direttamente da un esemplare aldino, conservato presso la biblioteca dell’Institute for Advanced Study di
Princeton (d’ora in avanti: Aldprinc)21.
L’esemplare consultato da Cherniss fornisce alcune indicazioni interessanti, già ampiamente
ricostruite in studi recenti, ma che conviene qui richiamare22. Sappiamo che esso appartenne a Donato
Giannotti23, figura fondamentale nel processo di raccolta e organizzazione delle varianti umanistiche al
Occidente. Dotti bizantini e studenti greci nel Rinascimento padovano, Padova, Padova University Press, 2022, pp. 25-42: 31.
12
Il codice J reca infatti traccia del lavoro preparatorio di Tomeo (cfr. S. Martinelli Tempesta, Per un repertorio dei copisti greci, cit.,
p. 140; E. Gamba, Un nuovo manoscritto copiato da Niccolò Leonico Tomeo, cit., p. 343); sulla stretta connessione tra l’attività filologica
di Leonico Tomeo sui testi greci (soprattutto Platone, Aristotele, Teofrasto, Galeno e appunto Plutarco) e l’attività editoriale di Aldo
Manuzio e della sua cerchia, cfr. F. Vendruscolo, Manoscritti greci copiati, cit., pp. 549-553.
13
Cfr. F. Vendruscolo, Manoscritti greci copiati, cit.; A. Pontani, Postille a Niccolò Leonico Tomeo, cit.; E. Gamba, Un nuovo
manoscritto copiato da Niccolò Leonico Tomeo, cit.
14
Cfr. S. Fortuna, Niccolò Leonico Tomeo e Galeno, cit.
15
Cfr. D. De Bellis, Niccolò Leonico Tomeo interprete di Aristotele naturalista, «Physis» 17 (1975), pp. 71-93; Id., ‘Autokineton’ e
‘Entelechia’. Niccolò Leonico Tomeo: l’anima nei dialoghi intitolati al Bembo, «Annali dell’Istituto di filosofia della facoltà di lettere e
filosofia dell’Università di Firenze» 1 (1979), pp. 47-78. Degne di nota in particolare la traduzione commentata dei Parva naturalia
aristotelici (N. L. Thomaeus, Parua Naturalia omnia in latinum conuersa et antiquorum more explicata, Venetiis, B. Vitalis, 1523) e la
traduzione del commento di Proclo al Timeo di Platone (N. L. Thomaeus, Opuscula nuper in lucem aedita, Venetiis, B. Vitalis, 1525).
Per un elenco più dettagliato, cfr. S. Fortuna, Niccolò Leonico Tomeo e Galeno, cit., pp. 323-324.
16
Cfr. le recenti osservazioni svolte in C. Giacomelli, Libri e biblioteche greche a Padova, cit., p. 31.
17
Fin qui, sul versante dei Moralia gli studiosi hanno approfondito le correzioni di Tomeo alla Consolatio ad Apollonium (cfr. F.
Vendruscolo, La Consolatio ad Apollonium, cit.) e al De tranquillitate animi (S. Martinelli Tempesta, Studi sulla tradizione testuale,
cit., spec. pp. 169-192); per quanto riguarda le sue emendazioni alle Vitae, cfr. L. Ferreri, Lezioni di Marc-Antoine Muret, cit., pp. 188191.
18
Come si è già sopra notato (cfr. nota 7), in molti casi gli editori hanno tratto le variae lectiones dall’edizione wyttenbachiana e non
da un esame autoptico dei marginalia delle copie aldine (cfr. quanto notato da A. Rescigno (a cura di), Plutarco. L’eclissi degli oracoli,
cit., p. 75 e da S. Martinelli Tempesta, Studi sulla tradizione testuale, cit., pp. 170-171).
19
Cfr. C. Hubert, Plutarchi Moralia VI.I, Leipzig, Teubner, 1959, p. xxi, dove le abbreviazioni degli umanisti citati nel volume sono
elencate sotto la generica voce “Editiones”.
20
H. Cherniss, Plutarch’s Moralia, cit., p. ix.
21
Consultabile anche online al sito <https://archive.org/details/PlutarchOpuscula1509> (ultima consultazione: 25/01/2023).
22
In particolare, cfr. S. Martinelli Tempesta, Un postillato di Niccolò Leonico Tomeo, cit.; Marc Antoine Muret e i Moralia, cit., pp.
347-357.
23
Di ciò si ha certezza perché, nella pagina in cui compare il titolo e appena sotto la marca tipografica aldina (l’àncora col delfino),
si legge la seguente frase, annotata a mano: Donati Jannoctii: Ex Bibliotheca Jo. Huralti Borstallerii: Jannoctii dono.
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Anni XIV-XV, n. 14-15 - dicembre 2021-2022
Niccolò Leonico Tomeo lettore di Plutarco: due marginalia notevoli al testo delle Platonicae Quaestiones
testo plutarcheo24; inoltre, due note (rispettivamente alle pp. 627 e 1050), vergate in tempi diversi ma da
una medesima mano25, segnalano che la paternità delle correzioni al testo aldino presenti nei marginalia
di questo esemplare va attribuita a Niccolò Leonico Tomeo e a Donato Polo26. In particolare, le due note
specificano che alcune di queste lezioni erano state frutto di collazione con un codice «quem Nicolaus
Leonicus […] diligentissime castigarat» (p. 1050), altre invece con un codice appartenuto a Donato
Polo: le prime erano state contrassegnate quindi dalla lettera «L», mentre le seconde dalla lettera «Δ»;
tuttavia, dal momento che «quasi tutte» («fere omnes»)27 le emendazioni contenute nel codice di Polo
erano in realtà già presenti nell’esemplare precedentemente emendato da Tomeo, le due annotazioni
avvertono che la lettera Δ non era stata aggiunta a quelle emendazioni che, pur se contenute nel codice
di Polo, fossero presenti già nel codice di Tomeo28. La situazione sembra insomma essere la seguente: la
raccolta ‘giannottiana’ di varianti presenti nei margini di Aldprinc deriva (almeno per una parte)29 dalla
collazione di un codice posseduto da Tomeo e di uno posseduto da Polo; nei casi (molti) in cui le lezioni
di Polo coincidessero con quelle di Tomeo, la scelta di Giannotti era stata quella di non apporre la lettera
identificativa Δ accanto alla lezione corrispondente, ma di lasciare come unica indicazione la lettera L, cioè
l’attribuzione a Tomeo30.
Le due note sono presenti anche, pur se con alcune lievi differenze, in altri esemplari31, il cui confronto
con le note presenti in Aldprinc ha contribuito, contestualmente ad altri elementi, a chiarire i rapporti
stemmatici tra le raccolte: ne è emerso che Aldprinc costituisce l’archetipo delle raccolte giannottiane
presenti sugli altri esemplari aldini e basileesi (Aldd e Basd), che dunque non devono essere tenuti in
considerazione ai fini della valutazione di questo gruppo di varianti umanistiche32.
Aldprinc ha costituito dunque, per gli editori novecenteschi (tra cui lo stesso Cherniss), la testimonianza
principale per ricostruire le congetture di Tomeo e di Polo al testo plutarcheo. La situazione è cambiata
quando, nei primi anni duemila, S. Martinelli Tempesta ha rinvenuto, presso la Biblioteca Ambrosiana,
l’esemplare aldino da lui identificato con il codice ‘castigato’ da Tomeo di cui parla l’annotazione di Aldprinc
Donato Giannotti possedette tre copie dei Moralia plutarchei: un esemplare dell’aldina attualmente conservato presso la biblioteca
dell’Università di Leyden (= Aldd); uno dell’edizione di Basilea conservato presso la Bibliothèque National di Parigi (= Basd); e
appunto l’esemplare aldino di Princeton (= Aldprinc). Tutti e tre gli esemplari giannottiani riportano raccolte di varianti nei marginalia;
sui rapporti tra le raccolte giannottiane, cfr. S. Martinelli Tempesta, Studi sulla tradizione testuale, cit., pp. 181-182; Marc Antoine
Muret e i Moralia, cit., pp. 347-357 (soprattutto lo stemma proposto a p. 384).
25
S. Martinelli Tempesta, Marc Antoine Muret e i Moralia, cit., p. 348; lo studioso riconosce «certamente» la mano in quella di
Giannotti, che è, a suo parere, la stessa ad aver scritto le varianti nei margini del volume.
26
Su quest’ultimo, cfr. Elisabetta Guerrieri, Donato Poli “secretarius Pasquilli”, professore e letterato fiorentino a Roma, «RR – Roma
nel Rinascimento» (2011), pp. 323-355.
27
Così la nota in Aldprinc p. 1050; «omnes», invece, nella nota di p. 627.
28
Le due note giannottiane contenute in Aldprinc sono trascritte e tradotte in S. Martinelli Tempesta, Marc Antoine Muret e i
Moralia, cit., pp. 349-351.
29
È stato notato che la raccolta di Giannotti contiene in realtà molto più materiale di quanto prospettato dalle due annotazioni di p.
627 e p. 1050: cfr. su questo M. Cuvigny, Giannotti, Turnèbe, Amyot, cit., pp. 59-61 e S. Martinelli Tempesta, Marc Antoine Muret
e i Moralia, cit., p. 351.
30
Si vedrà che Giannotti non sempre risulta coerente con quanto affermato: egli spesso appone, accanto a una congettura, sia la
lettera L sia la lettera Δ.
31
Cfr. M. Manfredini, Su alcune Aldine di Plutarco, cit.; S. Martinelli Tempesta, Marc Antoine Muret e i Moralia, cit.
32
S. Martinelli Tempesta, Marc Antoine Muret e i Moralia, cit., p. 384.
24
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Anni XIV-XV, n. 14-15 - dicembre 2021-2022
FRANCESCO CARUSO
(p. 1050)33: si tratta dell’esemplare che fu personalmente posseduto da Leonico Tomeo34 (coll. S. R. 67;
d’ora in avanti: Aldleon), e su cui si formò il primo nucleo di varianti, poi ampliatosi fino a includere
ulteriori gruppi di emendazioni, che sarebbero confluiti all’interno della raccolta giannottiana di Aldprinc.
Ne consegue che, per l’attribuzione delle congetture a Tomeo, non è più necessario affidarsi (come dovette
fare ancora Cherniss) alla sola indicazione contenuta in Aldprinc, ma è possibile riconoscere direttamente in
Aldleon, per via paleografica, quali interventi siano attribuibili alla mano dell’umanista padovano35.
II.
Si elencano dunque, qui di seguito, gli interventi attribuibili alla mano di Tomeo nei margini della
sua copia aldina (Aldleon = S. R. 67), relativi al testo delle Plat. Quaest. (pp. 606-617)36; accanto agli
interventi di Tomeo, si segnalano anche le lezioni stampate in aldina (Ald.), che egli correggeva, e quelle
attestate nei codici medievali (con codd. si intendono tutti i codici tranne J, su cui il testo aldino si basava,
e g, che deriva dallo stesso antigrafo di J)37. È bene premettere che, per quel che concerne le Plat. Quaest.,
i manoscritti appartenenti al ramo planudeo sono gravati da una considerevole lacuna che coinvolge le
prime due Quaestiones e parte della terza (essi riportano il testo soltanto a partire dalle parole τοῦ νοητοῦ
μόνον di PQ 3, 1002d)38; perciò, per le sezioni relative al testo aldino delle Plat. Quaest. 1 e 2, il testo
fornito dal codice J, su cui si basa l’aldina, non poté essere collazionato, da Tomeo o da altri, con quello di
α (codice planudeo)39. In ogni caso, tolti J e α, non si hanno evidenze di attività di collazione compiute
da Tomeo su altri codici dei Moralia; la natura delle congetture, tuttavia, come emerge dall’elenco qui di
seguito, può far supporre che egli abbia avuto modo di consultare uno o più esemplari di controllo (cfr.
infra).
PQ 1
1000a1: γενναῖον Ald. | γεννῶν Leon. | γεννᾶν codd.
S. Martinelli Tempesta, Un postillato di Niccolò Leonico Tomeo, cit., pp. 350-351.
Ivi, p. 350: l’appartenenza leonicena di questo esemplare aldino è esplicitamente testimoniata dall’ex libris (Λεωνίκου βιβλ. καὶ
τῶν φίλων) e da alcuni segni (ghirlande, maniculae) distintivi della mano dell’Anonymus 5 Harlfinger, già identificata con quella di
Leonico Tomeo da F. Vendruscolo, Manoscritti greci copiati, cit.
35
Viceversa, per le congetture di Donato Polo, poiché il suo esemplare è ancora perduto (cfr. S. Martinelli Tempesta, Un postillato
di Niccolò Leonico Tomeo, cit., p. 349, n. 4), si dovrà rimandare all’indicazione contenuta in Aldprinc.
36
Ho potuto consultare l’esemplare ambrosiano tramite riproduzione digitale.
37
Cfr. nota 4; per l’elenco dei codici che trasmettono le Plat. Quaest., cfr. l’elenco fornito supra. Per un quadro analitico dei loro
rapporti, cfr. H. Cherniss, Plutarch’s Moralia, XIII.1, cit., pp. 6-17.
38
Cfr. C. Hubert, Plutarchi Moralia, cit., p. xii; H. Cherniss, Plutarch’s Moralia, cit., p. 6. Si tratta dei mss. α A β Voss. Bon. Escor.,
che fanno cominciare la raccolta dalle parole τοῦ νοητοῦ μόνον (1002d), e il ms. γ, che invece tralascia l’intera PQ 3, facendo
cominciare la raccolta direttamente dall’incipit della PQ 4. Nei codici gravati dalla lacuna, e anche in Eac, è inoltre presente la
seguente superscriptio: πλατωνικὰ ζητήματα ὧν οὐχ εὑρέθη ἡ ἀρχή, che segnala la consapevolezza della caduta di una parte del
testo; sull’intera questione, cfr. M. Treu, Zur Geschichte der Überlieferung, cit., p. IX; Hans Wegehaupt, Beiträge zur Textgeschichte der
Moralia Plutarchs, «Philologus» 64, 1-4 (1905), pp. 391-413: 396; Max Pohlenz, Plutarchi Moralia, I, Leipzig, Teubner, 1974, p. X, n.
3; H. Cherniss, Plutarch’s Moralia, cit., p. 6. Contengono invece l’intera opera i mss. X J g Epc B ε n.
39
Cfr. supra, nota 4.
33
34
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Anni XIV-XV, n. 14-15 - dicembre 2021-2022
Niccolò Leonico Tomeo lettore di Plutarco: due marginalia notevoli al testo delle Platonicae Quaestiones
1000b2: ψήφων Ald. | ψῆφον Leon. codd.
1000c8: λέγειν Ald. | ἐλέγχειν Leon. codd.
PQ 2
1000f1: χωρίου Ald. n| χορίου Leon. | χορείου X E B
1001a6: γέννησις Ald. | ποίησις Leon. | γένεσις E B ε n Xpc | γένησις Xac
1001a7: γέγονεν Ald. codd. | πεποίηται Leon.
1001a8: γένεσις Ald. codd. | ποίησις Leon.
1001a8: ἀνδρίαν τε Ald. | ἀνδριάντος Leon. codd.
1001b4: ἐφ’ ἑαυτοῦ Ald. | ἀφ’ ἑαυτοῦ Leon. codd.
1001b6: κακεῖ Ald. | κακεῖνα Leon. | κακεῖνο codd.
PQ 3
1001c2: γοῦν παντός Ald. | γοῦν <τοῦ> παντός Leon. | γοῦν τοῦ παντός codd.
1001c10: κριτηρίῳ Ald. | κριτήριον Leon. codd.
1001d2: εἰκασίαν δὲ τῆς Ald. | εἰκασίαν δὲ τοῖς Leon. codd.
1001e5: ὑποτιθεμένων Ald. | ὑποτιθέμενον Leon. codd.
1001e5: ἕν Ald. codd. | ἔτι Leon.
1001e5: ἡ νόησις Ald. codd. | τὴν νόησιν Leon.
1001e8: μαθητῶν Ald. codd. | μαθημάτων Leon.
1001e10: ἐπ’ ἀστρολόγοις Ald. | ἐπ’ ἀστρολογίαν Leon. codd.
1002a2: σώματος Ald. | σώματα Leon. codd.
1002b1: εἰς μακρότητα Ald. | εἰς μικρότητα Leon. | διὰ μικρότητα codd.
1002c7: ἔκαστος Ald. codd. | ἐκάστου Leon.
1002d4: καί Ald. | ἢ καί X J g ε n. | αἱ Leon. E B
1002d5: περιέχων Ald. | περιέχονται Leon. codd.
PQ 4
1003a2: ἄνους ψυχὴ τὸ ἄμορφον σωμα Ald. | ἄνους ψυχὴ <καὶ> τὸ ἄμορφον σωμα Leon. codd.
PQ 5
1003e7: ἐπεί Ald. codd. | ἔτι Leon. | ἐστι Escor.
1003e8: τὸ μέν ἐστι κοίλον κυρτόν Ald. codd. | τὸ μέν ἐστι κοίλον <τὸ ἐντὸς> κυρτόν Leon.
1003f4: ὡς Ald. | εἰς Leon. codd.
1004a5: εὐθύγραμμον Ald. | εὐθύγραμμοι Leon. codd.
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Anni XIV-XV, n. 14-15 - dicembre 2021-2022
FRANCESCO CARUSO
PQ 7
1005a3: πλήρους Ald. | πλήρεις Leon. codd.
1003a4: παριθμίων Ald. | παρισθμίων Leon. codd.
1005c3: τό Ald. | τῷ Leon. codd.
1006a1: ἢ ἄνεμον Ald. codd. | ἢ νήνεμον Leon.
1006b11: πληγή Ald. | πληγῆ Leon. | πληγείς codd.
PQ 8
1006e1: χρόνῳ Ald. codd. | χρόνου Leon. Jac g | χρόνου (ῳ suprascriptum) X
1007a8: τῶν χρόνων Ald. | τὸν χρόνον Leon. codd.
1007d1: εἰκότως Ald. codd. | εἰκόνες Leon.
PQ 9
1008c1: ἔχειν Ald. codd. | ἠχεῖν Leon.
1009a5: τό Ald. codd. | τῷ Leon. X E
PQ 10
1011a11: τόν om. Ald. | τόν Leon. codd.
1011b3: ἱμάτα Ald. | ἱμάντα Leon. codd.
L’elenco qui stilato (salvo errori di lettura) conta 40 interventi di Leonico Tomeo, che possono essere
così ripartiti:
1) in 21 casi vi è accordo tra l’emendazione proposta da Tomeo e la lezione attestata da almeno un
codice (ma più spesso da tutti) che non sia J o g;
2) in 12 casi le correzioni di Tomeo intervengono contro l’accordo tra il testo aldino e quello dei
codici;
3) in 7 casi le correzioni di Tomeo intervengono contro il testo aldino e contro quello attestato dai
codici, che sono però in disaccordo tra loro.
A questo elenco possono essere aggiunti almeno due casi in cui Tomeo non corregge il testo aldino pur
essendo attestata, nel resto della tradizione, una lezione chiaramente migliore40:
PQ 3
1001c3: ἄνισα τμήματα Ald. Leon. | εἰς ἄνισα τμήματα codd.
Le ragioni di ciò possono essere più d’una. Tomeo potrebbe 1) aver preferito mantenere comunque la lezione dell’aldina; 2) non
aver notato nei codici la lezione migliore; 3) non aver avuto a disposizione i codici con la lezione migliore.
40
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Niccolò Leonico Tomeo lettore di Plutarco: due marginalia notevoli al testo delle Platonicae Quaestiones
1002d5: ὑπὸ τοῦ κόσμου Ald. Leon. | ὑπὸ τὸν κόσμον codd.
I punti 2) e 3) rivelano che, in 19 casi su 40, Tomeo propone una lezione non attestata dalla tradizione
manoscritta e, dunque, possibile frutto di emendatio ope ingenii: tra queste, di singolare importanza sono le
congetture ποίησις e εἰκόνες (su cui si tornerà nei prossimi paragrafi). Il punto 1), a sua volta, rivela che,
in un numero simile di casi (21), l’emendazione proposta risulta invece effettivamente attestata in almeno
un codice dei Moralia, il che rende plausibile che Tomeo, nella sua opera di correzione del testo dell’aldina,
ricorresse con una certa frequenza anche alla collazione di esemplari manoscritti41: tra i casi che rientrano
nel punto 1), ciò è particolarmente evidente quando la correzione non può essere spiegata come un mero
fenomeno poligenetico42.
Nelle pagine seguenti ci si soffermerà sui due casi più notevoli, all’interno dei gruppi 2) e 3), di
emendationes ope ingenii, particolarmente emblematici della qualità dell’impegno critico-ecdotico esercitato
da Tomeo sul testo di Plutarco.
III.
Il primo caso si colloca all’interno di una controversa sezione della seconda Platonica Quaestio
(1001a6-8). Plutarco è qui impegnato nell’esegesi di un celebre passaggio del Timeo, dove al dio-demiurgo
vengono attribuiti i due appellativi di «padre» e «artefice» del cosmo (Ti. 28c3-5)43. Assumendo che i
due termini alludano a due diverse modalità di esercizio dell’azione causale del dio, Plutarco propone, tra
le varie soluzioni possibili, che la distinzione tra padre e artefice rifletta una distinzione tra due diverse
tipologie di processi: quelli che, da un lato, costituiscono un semplice «venire a essere» (γένεσις) e quelli
che, dall’altro, si realizzano come un «venire a essere per generazione biologica» (γέννησις). Il testo
fornito dall’aldina, tuttavia, ereditando un errore presente in J (f. 278v), appare così corrotto:
41
Tuttavia, come si è sopra ricordato, soltanto sui mss. α e J è stato possibile appurare con certezza un lavoro critico diretto da parte
di Tomeo (su questo, cfr. F. Vendruscolo, Manoscritti greci copiati, cit., p. 546, n. 13; 1996b, p. 32; S. Martinelli Tempesta, Marc
Antoine Muret e i Moralia, cit.), probabilmente connesso alla preparazione stessa del testo dell’aldina.
42
E. g. PQ 1, 1000c8: il testo dell’aldina offre la lezione λέγειν, corretta da Tomeo in ἐλέγχειν, che è attestata in tutti gli altri
codici.
43
Su questo testo, cfr. Franco Ferrari, Dio: padre e artefice. La teologia di Plutarco in Plat. Quaest. 2, in I. Gallo (ed.), Plutarco e la
religione. Atti del VI Convegno plutarcheo, Napoli, M. D’Auria, 1996, pp. 395-409; Id., Poietes kai pater: esegesi medioplatoniche di Tim.
28c3, in G. De Gregorio, S. Medaglia (eds.), Tradizione, ecdotica, esegesi. Miscellanea di studi, Napoli, Arte Tipografica, 2006, pp. 4358; George R. Boys-Stones, Ὁ Πλατωνικὸς θεὸς ὡς πατέρας τοῦ κόσμου, «Φιλοσοφια» 49, 2 (2020), pp. 75-87 (orig. ingl.
Plato’s God as Father of the Cosmos, disponibile al link https://www.academia.edu/44993271/Plato_s_God_as_Father_of_the_Cosmos);
Id., Begotten and Made: Creation as Cosmogony in Middle Platonism, in R. Salles (ed.), Biology and Cosmology in Ancient Philosophy: from
Thales to Avicenna, Cambridge, Cambridge University Press, 2021, pp. 85-100; Francesco Caruso, Γένεσις, γέννησις, ποίησις.
‘Generazione’ e ‘produzione’ nell’esegesi plutarchea di Tim. 28c3-5, in E. Maffi (ed.), Paradigmi della demiurgia. Studi sul lessico della
demiurgia nel pensiero antico e tardoantico, Napoli, Bibliopolis, 2023 [forthcoming].
335
Anni XIV-XV, n. 14-15 - dicembre 2021-2022
FRANCESCO CARUSO
ἢ διαφέρει πατήρ τε ποιητοῦ καὶ γεννήσεως γέννησις;
oppure differisce il padre dall’artefice, e la generazione dalla generazione?
L’errore consiste in una dittografia del termine γέννησις, che comporta, di conseguenza, l’oscuramento
della lezione originale (γένεσις, attestata invece dal resto dalla tradizione). L’intervento congetturale
attestato nei marginalia delle copie aldine dei Moralia, dunque, mira innanzi tutto a sanare tale corruzione
e a restituire la lezione corretta. Per far ciò, vengono proposte tre emendazioni al testo aldino. Conviene
leggere l’intero passo ante correctionem (Ald. p. 607):
ἢ διαφέρει πατήρ τε ποιητοῦ καὶ γεννήσεως γέννησις; ὡς γὰρ τὸ γεγεννημένον καὶ γέγονεν, οὐ
μὴν ἀνάπαλιν, οὕτως ὁ γεννήσας καὶ πεποίηκεν· ἐμψύχου γὰρ γένεσις ἡ γέννησίς ἐστι.
Oppure differisce il padre dall’artefice, e la generazione dalla generazione? Infatti, come ciò che viene generato
viene anche a essere, ma di sicuro non il contrario, così colui che ha generato ha anche prodotto, giacché la
generazione è il venire a essere di un ente animato.
Le emendazioni, che già Cherniss leggeva in margine alla p. 607 di Aldprinc, sono le seguenti:
1001a6: ποίησις : γέννησις Ald.
1001a7: πεποίηται : γέγονεν Ald.
1001a8: ποίησις : γένεσις Ald.
Il testo, sanato secondo queste indicazioni, sarà dunque come segue:
ἢ διαφέρει πατήρ τε ποιητοῦ καὶ γεννήσεως ποίησις; ὡς γὰρ τὸ γεγεννημένον καὶ πεποίηται, οὐ
μὴν ἀνάπαλιν, οὕτως ὁ γεννήσας καὶ πεποίηκεν· ἐμψύχου γὰρ ποίησις ἡ γέννησίς ἐστι.
Oppure differisce il padre dall’artefice, e la produzione dalla generazione? Come infatti ciò che viene generato
viene anche prodotto, ma di sicuro non il contrario, così colui che ha generato ha anche prodotto, giacché la
generazione è la produzione di un ente animato.
Questo triplice intervento congetturale ha goduto di un grande successo tra gli editori e gli studiosi
delle Plat. Quaest., che lo hanno quasi unanimemente accolto44, facendo tuttavia qualche confusione in
Così già Henricus Stephanus, Plutarchi Chaeronensis quae extant opera, Cum latina interpretatione, Genevae, excudebat Henr.
Stephanus, 1572; in seguito, Daniel Albert Wyttenbach, Plutarchi Chaeronensis Moralia; id est, Opera, exceptis vitis, reliqua. Graeca
emendavit, notationem emendationum, et latinam Xylandri interpretationem castigatam subjunxit, animadversiones explicandis rebus ac verbis,
item indices copiosos adjecit Daniel Wyttenbach, Oxford, Oxonii, 1795-1830, Joannes Georgius Hutten, Plutarchi Chaeronensis quae
supersunt omnia, cum adonationibus variorum adiectaque lectionis diversitate opera J.C. Hutten, Tubingae, Impensis Joannis Georgii
Cottae, 1796-1805, 1801, Gregorius N. Bernardakis, Plutarchi Chaeronensis Moralia, vol. VI, Leipzig, in aedibus B. G. Teubneri,
1895; C. Hubert, Plutarchi Moralia, cit. Leggono il testo seguendo la correzione ποίησις Daniel Babut, Plutarco e lo Stoicismo,
Milano, Vita e Pensiero, 2003 (ed. or. Plutarque et le Stoicisme, Paris, Presses Universitaires de France, 1969), p. 541; Matthias
44
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Niccolò Leonico Tomeo lettore di Plutarco: due marginalia notevoli al testo delle Platonicae Quaestiones
merito alla sua paternità. Questo il quadro offerto dagli apparati critici delle principali edizioni:
Bernardakis (1895): ποίησις Iannotius: γέννησις aut γένεσις | πεποίηται] γέγονεν mei [scil. codd.] |
ποίησις Turnebus: γένεσις.
Hubert (1959): ποίησις X γέννησις J γένεσις E ε B n | πεποίηται Leon. γέγονεν | ποίησις Leon.
γένησις X γένεσις codd.
Cherniss (1976): γένεσις E B ε n; γένησις -X. (with ε superscript over η -X1); γέννησις J, g; ποίησις
-Leonicus | γέγονεν -mss; πεποίηται -Donato Polo | γένεσις -mss; ποίησις Leonicus.
Gli editori oscillano tra l’assegnazione delle congetture a Giannotti (Bernardakis), a Polo (Cherniss,
per la lectio πεποίηται), o a Tomeo. Innanzitutto, è da considerare come indicazione soltanto generica
l’attribuzione dell’emendazione a Giannotti45: come si è accennato, infatti, questi non fu autore di
congetture, ma soltanto collettore di quelle già presenti nelle copie aldine su cui lavorarono Tomeo e
Polo46. Quanto a questi ultimi due, l’apparato di Cherniss si basa sulle indicazioni presenti in Aldprinc (la
scoperta dell’esemplare leoniceno risale, come si è detto, a circa trent’anni dopo l’edizione Loeb), in cui i
tre interventi congetturali sono così presentati (cfr. Aldprinc, p. 607):
1) 1001a6: ποίησις viene segnato a mano nel margine interno del foglio, a correzione della lezione stampata
γέννησις, e non risulta contrassegnato da alcuna lettera identificativa47;
2) 1001a7: πεποίηται viene segnato a mano sul margine esterno, a correzione della lezione stampata γέγονεν,
ed è contrassegnato dalla sola lettera Δ;
3) 1001a8: ποίησις viene segnato a mano sul margine esterno, appena sotto πεποίηται, a correzione della
lezione stampata γένεσις, ed è contrassegnato sia dalla lettera L sia dalla lettera Δ, quest’ultima scritta con un
inchiostro visibilmente più chiaro rispetto a quello usato per vergare i tre interventi congetturali e la lettera L.
La testimonianza di Aldprinc non appare dunque decisiva, dal momento che da un lato non chiarisce
se il primo ποίησις fosse contrassegnato dalla lettera L, dall’altro indica il secondo con entrambe le
lettere identificative48. Ciò in qualche modo giustifica l’oscillazione degli editori, e dello stesso apparato di
Cherniss.
Vorwerk, Maker or Father? The Demiurge from Plutarch to Plotinus, in R. D. Mohr, B. M. Sattler (eds.), One Book. The Whole Universe.
Plato’s Timaeus Today, Las Vegas-Zürich-Athens, Parmenides Publishing, 2010, pp. 79-100: 80, n. 6 e 84, n. 22; Gabriella Bertolini,
Questioni platoniche. Introduzione, traduzione e note, in E. Lelli – G. Pisani (eds.), Plutarco. Tutti i Moralia, Milano, Bompiani, 2017,
pp. 1933-1957; G. R. Boys-Stones, Ὁ Πλατωνικὸς θεός cit.; Id. Begotten and Made cit. Tra gli editori, fa eccezione il solo H.
Cherniss, Plutarch’s Moralia, cit., che stampa γένεσις (cfr. infra).
45
G. N. Bernardakis, Plutarchi Chaeronensis Moralia, cit., p. 123.
46
Cfr. i risultati cui perviene S. Martinelli Tempesta, Pubblicare Plutarco, cit.; Id., Marc Antoine Muret e i Moralia, cit.
47
Come mi fa notare per litteras S. Martinelli Tempesta, la posizione della congettura è in realtà troppo vicina alla legatura per poter
essere sicuri che la lettera L fosse stata apposta o meno; la testimonianza di Aldprinc dunque non è, su questo punto, dirimente.
48
È questo uno dei casi in cui è possibile riconoscere una qualche indecisione di Giannotti nell’attribuzione delle congetture (cfr.
supra). Segue Cherniss F. Ferrari, Dio: padre e artefice, cit.; Id., Poietes kai pater, cit.
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Proprio la valutazione della testimonianza di Aldleon, oggi possibile, permette però di chiarire la
questione. Sulla base della valutazione paleografica dell’esemplare leoniceno, tutti e tre gli interventi
congetturali possono essere correttamente attribuiti: essi sono apposti in colonna sul margine esterno della
p. 607 e sono vergati da una medesima mano, che appare essere quella di Leonico Tomeo49.
Dunque, l’apparato critico relativo a Plat. Quaest. 2, 1001a6-8 andrà più adeguatamente riformulato
nel modo seguente:
γένεσις E B ε n Xpc; γένησις Xac; γέννησις J, g; ποίησις Leonicus | γέγονεν mss; πεποίηται Leonicus |
γένεσις mss; ποίησις Leonicus.
L’umanista padovano si trova insomma, in Ald. p. 607, di fronte al testo corrotto καὶ γεννήσεως
γέννησις, e opta per una sua correzione in καὶ γεννήσεως ποίησις, nonostante questa lezione non sia
attestata altrove nella tradizione manoscritta, che in modo concorde trasmette καὶ γεννήσεως γένεσις50,
e nonostante una siffatta correzione gli imponga di emendare anche la porzione di testo non corrotta
(γέγονεν in πεποίηται e il successivo γένεσις in ποίησις). Tomeo, dunque, non opera qui sulla base
del confronto con altri manoscritti, bensì puramente ope ingenii.
Ci si può chiedere quali siano le ragioni che hanno spinto Tomeo a emendare il testo in questa
direzione. Senza dubbio sembra predominante una motivazione di carattere stilistico: la congettura ποίησις
consente di restituire un’opposizione con γεννήσεως che risponde simmetricamente all’opposizione
tra πατήρ e ποιητοῦ. A fronte, infatti, della distinzione tra gli appellativi «padre» e «artefice», che è
l’oggetto della soluzione esegetica, risulta a prima vista più ovvio e funzionale richiamare una distinzione
tra un atto biologico (la «generazione») e uno artificiale (la «produzione»); in aggiunta a ciò, come già
notato da Cherniss51, preferire ποίησις a γένεσις permette una più agevole interpretazione ‘attiva’, e
non processuale, della γέννησις: la distinzione così formulata permette allora di realizzare una dicotomia,
tale per cui al dio, in quanto πατήρ, corrisponde l’atto di generare (la γέννησις), e, in quanto ποιητής,
l’atto di produrre (la ποίησις) – impossibile, invece, se si sceglie di restaurare la lezione γένεσις. La
bontà della congettura, peraltro, sembra ulteriormente confermata dalla successiva frase ὁ γεννήσας καὶ
πεποίηκεν, tramandata concordemente da tutti i manoscritti.
Ma può forse essere ipotizzata un’ulteriore ragione: nel suggerire la lezione ποίησις, Tomeo sembra
cogliere un punto fondamentale dell’esegesi plutarchea di Ti. 28c3-5. Sia che si scelga di restaurare
γένεσις, sia che si accolga la congettura leonicena, infatti, il ragionamento dispiegato da Plutarco nelle
righe seguenti si fonda sulla divisione dell’intero campo dei processi generativi in due tipologie: una
Ringrazio S. Martinelli Tempesta per avermi dato conferma di tale attribuzione. Ulteriori codici appartenuti ed emendati da Tomeo
sono emersi dopo l’identificazione di Vendruscolo della mano dell’Anonymus 5 Harlfinger (cfr. supra): cfr. Michele Bandini, Codici
greci di Niccolò Leonico Tomeo all’Escorial e a Cambridge, «SMU» 5 (2007), pp. 479-485 e E. Gamba, Un nuovo manoscritto copiato da
Niccolò Leonico Tomeo, cit.
50
Pace C. Hubert, Plutarchi Moralia, cit., p. 117.
51
H. Cherniss, Plutarch’s Moralia, cit., p. 31.
49
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Niccolò Leonico Tomeo lettore di Plutarco: due marginalia notevoli al testo delle Platonicae Quaestiones
«produttiva», nella quale l’agente del processo è un ποιητής che rimane «separato» dall’opera (ἔργον)
che produce; e una propriamente «riproduttiva», nella quale chi genera è un πατήρ in grado di mantenere
con ciò che ha generato un legame biologico (grazie alla trasmissione, in esso, di una «parte di sé»). Le due
tipologie di processi, tuttavia, non sono presentate come reciprocamente esclusive; al contrario, Plutarco
afferma chiaramente che «colui che ha generato ha anche prodotto» (ὁ γεννήσας καὶ πεποίηκεν).
Ciò vuol dire che ogni processo di «generazione biologica» (γέννησις) implica anche il realizzarsi di un
processo di natura demiurgico-produttiva, mentre non vale il contrario (οὐ μὴν ἀνάπαλιν); se è così, ne
consegue che ogni γένεσις non può che realizzarsi innanzi tutto come atto produttivo, ed eventualmente,
in alcuni casi (quelli degli enti animati) configurarsi ulteriormente come atto propriamente generativo. In
quest’ottica, si rende quindi plausibile una intercambiabilità delle nozioni di γένεσις e ποίησις, nella
misura in cui non esiste γένεσις che non sia almeno ποίησις, né, naturalmente, ποίησις che non sia
sempre γένεσις. Ciò consentirà a Plutarco di risolvere la Quaestio affermando che il dio è sia «padre» del
cosmo, giacché lo genera trasferendo in esso una parte di sé (la razionalità), sia «artefice», giacché questo
processo «riproduttivo» avviene comunque secondo uno schema di tipo demiurgico52.
D’altronde, la possibilità di intendere la ‘generazione’ nei termini, innanzi tutto, di una ‘produzione’
poteva risultare ovvia a Tomeo in virtù dell’impostazione stessa mediante cui Platone descrive e definisce la
«composizione» dell’anima cosmica nel Timeo53, testo che l’umanista conosceva bene, avendo pubblicato
nel 1525 una traduzione latina della sezione del commentario di Proclo a Ti. 35a-b54. Proprio all’interno del
mito cosmogonico del Timeo è infatti possibile riconoscere una prospettiva di questo tipo: la generazione
dell’universo è descritta nei termini di un’operazione demiurgica di ordinamento del disordinato55,
assimilabile a quella di un ποιητής che «realizza» (ἀπεργάζηται) un prodotto a partire da una materia
informe56. La generica «causa», evocata in Ti. 28c3,57 assume nel corso del racconto di Timeo i connotati
della «causa produttiva», essendo tale «produzione» (ποίησις) intesa come l’atto di ordinamento del
disordinato58 che consente la γένεσις del cosmo, cioè il processo che realizza (ἀπεργάζηται) il primo
passaggio dal non-essere all’essere59.
Si è cercato di chiarire il senso del ragionamento plutarcheo in F. Caruso, Γένεσις, γέννησις, ποίησις, cit.
Ti. 34b10-35b1, dove compaiono continuamente verbi dal significato ‘tecnico-produttivo’: ἐμηχανήσατο (34c1), συνεστήσατο,
συνέστησεν (35a1, a5), συνεκεράσατο (35a3, a7), μειγνύς (35b1), ποιησάμενος (b1).
54
N. L. Thomaeus, Opuscula nuper in lucem aedita, cit., pp. lxxv-cxxxx. La traduzione compare in un volume, intitolato Opuscula,
che comprende alcune traduzioni leonicene di Aristotele (De mot. an., De inc. an., Mech.), due dissertazioni (Quaestiones amatoriae e
Quaestiones naturales) e appunto una traduzione di Procl. In Ti. II, pp. 119, 29-292, 29 Diehl, preceduta dalla traduzione del relativo
passo di Ti. 35a1-36e5 (Platonis ex Timaeo De animorum generatione, cum explicatione et digressione Procli Lytii traductio).
55
Cfr. e. g. Ti. 47e4: τὰ διὰ νοῦ δεδημιουργημένα.
56
Le immagini artigianali sono molteplici: il demiurgo «assembla» (30b5; 33d2, 76e1), «modella» (74c6), «costruisce» (28c6).
Cfr. Luc Brisson, Le même et l’autre dans la structure ontologique du Timée de Platon, Sankt Augustin, Academia Verlag, 1994, pp.
35-50; Francesco Fronterotta, Μέθεξις. La teoria platonica delle idee e la partecipazione delle cose empiriche: dai dialoghi giovanili al
Parmenide, Pisa, Scuola Normale Superiore, 2001, pp. 388-389; Id. Platone. Timeo, Milano, Rizzoli, 2003, pp. 53-55; Franco Ferrari,
Federico M. Petrucci (a cura di), Platone. Timeo, Milano, Fondazione Lorenzo Valla, 2022, pp. xliii-xlvi.
57
Cfr. anche 28a4-5.
58
Cfr. Ti. 30a: οὕτω δὴ πᾶν ὅσον ἦν ὁρατὸν παραλαβὼν οὐχ ἡσυχίαν ἄγον ἀλλὰ κινούμενον πλημμελῶς καὶ
ἀτάκτως, εἰς τάξιν αὐτὸ ἤγαγεν ἐκ τῆς ἀταξίας («Così, avendo preso quanto era visibile, che non si trovava in quiete, ma in
un movimento senza ordine né regola, lo condusse dal disordine all’ordine»).
59
Cfr. su questo Rémi Brague, La cosmologie finale du Sophiste (265b4-e6), in P. Aubenque (ed.), Etudes sur le ‘Sophiste’ de Platon,
Napoli, Bibliopolis, 1991, pp. 269-288, p. 272. Peraltro, non soltanto il Timeo, tra i testi platonici, suggerisce la possibilità di una
52
53
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Ciò detto, alla congettura di Tomeo sembra comunque più opportuno, ai fini dell’edizione del testo,
preferire la lezione tràdita γένεσις60, attestata, come si è visto, dalla restante parte della tradizione
medievale. Il suggerimento dell’umanista padovano risulta però particolarmente utile ai fini di una migliore
comprensione del ragionamento plutarcheo; esso è prova, inoltre, della raffinata consapevolezza con cui
egli affrontava la lettura di un non facile brano filosofico.
IV.
Il secondo caso meritevole di attenzione riguarda il testo di Plat. Quaest. 8, 1007d1. Nel margine
di Aldleon p. 613, infatti, un intervento congetturale, attribuibile ancora alla mano di Tomeo, corregge
la lezione stampata nell’edizione aldina, εἰκότως, in εἰκόνες61. Come nel caso discusso nel paragrafo
precedente, la congettura leonicena non trova riscontro all’interno della tradizione manoscritta, che
trasmette unanimemente εἰκότως. L’umanista padovano sembra quindi intervenire, ancora una volta,
ope ingenii. Peraltro, mentre in PQ 2, 1001a6 (= Aldleon p. 607), come si è visto, la lezione aldina risulta
evidentemente corrotta (e avulsa dal resto della tradizione, che conserva la lezione corretta), nel caso in
questione, invece, l’intervento di Tomeo non sembra essere necessitato da alcuna stringente ragione di
natura grammaticale.
L’intervento dell’umanista si colloca all’interno di un ragionamento che Plutarco svolge sulla nozione
platonica del tempo. Plutarco ha appena mostrato che il movimento precosmico, in quanto intrinsecamente
privo di ordine e misura, non può essere considerato tempo, bensì soltanto una sorta di ‘materia’ di ciò
che, nello stadio cosmico, è il tempo. Tanto questa ‘materia’ quanto la materia stricto sensu, nel momento
della cosmogenesi, sono state costrette dal dio entro limiti razionali, al fine di realizzare, rispettivamente,
le orbite dei pianeti (περίοδοι) e le forme costitutive (σχήματα) dei corpi fisici:
sovrapposizione tra i termini (e le nozioni) di γένεσις e di ποίησις: questa tendenza sembra infatti emergere in modo esplicito
anche da altri passi del corpus, dirimenti per la definizione della nozione platonica di causa: Sph. 219b4-7 e 265b8-c9; Smp. 205b-c;
Phlb. 26e2-27a2.
60
Così opta giustamente H. Cherniss, Plutarch’s Moralia, cit., p. 31.
61
Anche in questo caso l’emendazione di Tomeo ha avuto un immediato e duraturo successo: è stampata a testo già in H. Stephanus,
Plutarchi Chaeronensis, cit. ed è stata recepita da tutti gli editori moderni (G. N. Bernardakis, Plutarchi Chaeronensis Moralia, cit.; C.
Hubert, Plutarchi Moralia, cit.; H. Cherniss, Plutarch’s Moralia, cit.).
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Niccolò Leonico Tomeo lettore di Plutarco: due marginalia notevoli al testo delle Platonicae Quaestiones
ἐφελκύσασα δὲ πρόνοια62 καὶ καταλαβοῦσα63 τὴν μὲν ὕλην σχήμασι τὴν δὲ κίνησιν περιόδοις, τὴν
μὲν κόσμον ἅμα τὴν δὲ χρόνον ἐποίησεν.
La volontà divina, quando ebbe trascinato e costretto la materia in figure e il movimento in cicli periodici, fece
insieme della prima il cosmo e del secondo il tempo.
È a questo punto che si legge il passo su cui si concentra l’attenzione di Tomeo. Il testo trasmesso dai
codici e stampato in aldina è il seguente:
εἰκότως δ ̓ εἰσὶν ἄμφω τοῦ θεοῦ, τῆς μὲν οὐσίας ὁ κόσμος τῆς δ ̓ ἀιδιότητος χρόνος
verosimilmente entrambi appartengono al dio: il cosmo alla sua essenza, il tempo alla sua eternità
Sul piano sintattico, l’affermazione plutarchea non pone problemi. Ma in che senso cosmo e tempo
«appartengono», rispettivamente, all’essenza e all’eternità del dio? Nonostante si sia cercato di restituire
un qualche senso alla frase64, rimane poco perspicuo, in un’ottica platonica, affermare la ‘pertinenza’ o
‘appartenenza’ di ciò che è generato, quali sono appunto il cosmo e il tempo, all’ambito di ciò che non lo
è. Ci si aspetterebbe esattamente l’opposto: che si sottolinei la cesura ontologica tra i due ambiti, peraltro
preparata dal discorso precedente: la materia di cui sono fatti cosmo e tempo non appartiene all’ambito del
divino, ma all’ambito dell’irrazionale; e dunque il dio «ha prodotto» (ἐποίησεν) cosmo e tempo fornendo
razionalità e ordine a entità preesistenti e da lui indipendenti.
C’è poi un’ulteriore difficoltà: perché il rapporto che lega il cosmo e il tempo alla divinità dovrebbe
essere affermato «verosimilmente»? Infatti, per quanto l’avverbio εἰκότως possa costituire un elegante
62
È ricostruzione congetturale proposta in H. Cherniss, Plutarch’s Moralia, cit., p. 88 rispetto al testo tràdito, che non offre un
significato soddisfacente. Il consensus dei mss. riporta, infatti, la lezione ἐπικλύσασα δ’ ἐν χρόᾳ (con le varianti δ’ ἐν χρόνω
[sic] in Jac e in g, e δ’ ἡ τάξις nell’Escor. T-11-5), chiaramente corrotta, sia nel senso sia nella sintassi. Gli editori hanno variamente
emendato, cercando di correggere la forma verbale e di restituire un soggetto alla frase: ἐπικλώσασα δὲ Μοῖρα Adolf Emperius,
Opuscula philologica et historica, Gottingae, Imp. Librariae Dieterichiana, 1847, p. 340; ἐπικλύσασα δ’ ἡ χορεία Otto Apelt,
Bemerkungen zu Plutarchs Moralia, «Philologus» 62, 1 (1903), pp. 276-291, p. 287; <ἣν ὁρίσασ’ ἡ ψυχή,> ἐγκλείσασα δ’ ἐν χώρᾳ
Pohlenz ap. C. Hubert, Plutarchi Moralia, cit., p. 132; ἐπινόησας δ’ [sc. ὁ θεὸς] ὧν χρεία R. G. Bury, Conjectures, «Proceedings
of the Cambridge Philological Society», New Series, 1 (1950-1951), pp. 30-31: 31; mantiene il passo tra cruces, invece, C. Hubert,
Plutarchi Moralia, cit., p. 132 (che pure in apparato si esprime in favore della congettura di Pohlenz). La proposta di Cherniss, pur
nella sua inevitabile incertezza, ha il pregio di intervenire con moderazione sul testo e di offrire un senso coerente: l’indicazione della
divinità mediante il termine πρόνοια è già in Ti. 30b (διὰ τὴν τοῦ θεοῦ... πρόνοιαν) ed è poi ampiamente attestata tra i platonici
(Plut. stesso in De fac. 926f, in un contesto simile e citando Ti. 53b; Alcin. Did. 167, 10; cfr. anche Placit. 884f); il testo proposto
da Cherniss è accolto anche da Matthias Baltes, Der Platonismus in der Antike. Bd. V: Die philosophische Lehre des Platonismus.
Platonische Physik (im antiken Verständnis) II, Stuttgart-Bad Cannstatt, Frommann, 1998, p. 110.
63
La maggioranza dei codd. (ma cfr. Escorial T-11-5: περιβαλοῦσα; n: καταβαλλοῦσα [sic]) riporta la lez. καταβαλοῦσα, ma X
presenta la correzione supralineare di β in λ e di λ in β, offrendo così la più probabile lezione καταλαβοῦσα, che è quella accolta
a testo da H. Cherniss, Plutarch’s Moralia, cit., p. 88 (ma cfr. già A. Emperius, Opuscula philologica et historica, cit., p. 340), il quale
opportunamente offre come loci similes Quaest. Conv. VIII 2, 719e (τῆς μὲν ὕλης ἀεὶ βιαζομένης εἰς τὸ ἀόριστον ἀναδῦναι καὶ
φευγούσης τὸ γεωμετρεῖσθαι, τοῦ δὲ λόγου καταλαμβάνοντος αὐτήν κτλ.) e Plat. Quaest. 2 1001b-c (πέρασιν οἰκείοις
καὶ σχήμασι δήσας καὶ ὁρίσας τὸ ἄπειρον). Preferisce invece mantenere καταβαλοῦσα C. Hubert, Plutarchi Moralia, cit.,
p. 132; accoglie il testo di Cherniss M. Baltes, Der Platonismus in der Antike, cit., p. 110 (cfr. anche p. 413). Altre congetture, meno
plausibili, sono state proposte dagli editori (μεταβαλοῦσα Pohlenz ap. C. Hubert, Plutarchi Moralia, cit., p. 132; καταλαβών R.
G. Bury, Conjectures, cit., p. 31).
64
Cfr. e. g. R. Brague, Du temps chez Platon et Aristote. Quatre études, Paris, Presses Universitaires de France, 1982, pp. 20-21.
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riferimento alla norma epistemologica della verosimiglianza, che caratterizza il Timeo in quanto indagine
fisica sul cosmo generato, esso sembra tuttavia mal collocato in questo contesto: nel Timeo, il vincolo della
verosimiglianza epistemica è reso necessario dallo statuto ontologico del divenire (cui cosmo e tempo
appartengono), ma la distinzione tra il piano divino dell’essere e quello cosmico del divenire non può essere
ulteriormente sottoposta alla cautela metodologica della verosimiglianza, dal momento che i presupposti
ermeneutici si collocano necessariamente al di fuori del «discorso verosimile», in quanto fondativi di esso65.
È assai improbabile che a Plutarco sfuggisse un punto così qualificante dell’epistemologia platonica.
La congettura di Tomeo sembra quindi risolvere queste difficoltà:
εἰκόνες δ ̓ εἰσὶν ἄμφω τοῦ θεοῦ, τῆς μὲν οὐσίας ὁ κόσμος τῆς δ ̓ ἀιδιότητος <ὁ> χρόνος ἐν κινήσει,
καθάπερ ἐν γενέσει θεὸς ὁ κόσμος.
Entrambi sono immagini del dio: il cosmo della sua essenza, il tempo della sua eternità - in movimento, come il
cosmo è dio in divenire.
La lezione εἰκόνες esprime nel modo più adeguato, da un punto di vista platonico, il rapporto causale
tra divinità e mondo generato, e sottolinea la cesura ontologica esistente tra i due ambiti. Essa trova,
inoltre, un appiglio diretto nel testo del Timeo, dove il termine εἰκών viene utilizzato sia in riferimento
al cosmo (Ti. 92c7), immagine del vivente intelligibile, sia in riferimento al tempo (Ti. 37d5), immagine
mobile dell’eternità (cfr. qui ἐν κινήσει)66.
Come spiegare, però, la genesi della lezione errata? Si può forse ipotizzare un errore nella copiatura:
l’originario εἰκόνες si sarebbe corrotto nell’errato εἰκότως per il fraintendimento, da parte del copista,
di un ‘troncamento per sospensione’67. Poiché εἰκόνες e εἰκότως differiscono soltanto nella parte finale
della parola, e poiché il segno abbreviativo usato per -ες è graficamente molto simile al segno abbreviativo
usato per -ως, è possibile che il copista abbia sciolto erroneamente il troncamento, così leggendo (e
trascrivendo) εἰκότως in luogo di εἰκόνες68.
Dunque, la congettura di Tomeo sembra in questo caso cogliere nel segno, e può essere accolta nel
testo: il cosmo e il tempo, generati «insieme» (ἅμα) a partire dalla materia e dal movimento disordinati,
sono considerati due prodotti della divinità (ἐποίησεν) nella misura in cui sono due «immagini» di
Su questo, cfr. recentemente F. Ferrari, F. M. Petrucci (a cura di), Platone. Timeo, cit., pp. xxxvi-xxxvii.
Una conferma della bontà della congettura di Tomeo viene inoltre dallo stesso Plutarco, che in De Is. 373b definisce il cosmo
εἰκόνα τοῦ νοητοῦ […] αἰσθητὸν ὄντα.
67
Con ‘troncamento per sospensione’ si fa riferimento alla pratica, assai diffusa nelle scritture minuscole, di abbreviare la parte finale
di alcune parole mediante uno specifico segno grafico (su questo, cfr. almeno E. Crisci, P. Degni (eds.), La scrittura greca dall’antichità
all’epoca della stampa. Una introduzione, Roma, Carocci, 2011, p. 282).
68
Se fosse così, dal momento che, come detto, tutti i manoscritti tramandano la lezione εἰκότως, la corruzione di εἰκόνες potrebbe
costituire un errore-spia in favore dell’ipotesi di un archetipo in minuscola per le Plat. Quaest. Sulla questione della difficoltà di
individuare, per i singoli Moralia di Plutarco, archetipi in minuscola o in maiuscola, cfr. le fondamentali osservazioni contenute in S.
Martinelli Tempesta, Studi sulla tradizione testuale, cit., pp. 156-161. Cfr. anche S. Martinelli Tempesta, Pubblicare Plutarco, cit.,
p. 67 e S. Martinelli Tempesta, La tradizione manoscritta dei Moralia, cit., pp. 276-278.
65
66
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Niccolò Leonico Tomeo lettore di Plutarco: due marginalia notevoli al testo delle Platonicae Quaestiones
essa: il cosmo della sua essenza (τῆς μὲν οὐσίας), il tempo della sua eternità (τῆς δ ̓ ἀιδιότητος).
Nell’economia del ragionamento che Plutarco conduce nella Quaestio ottava, quest’affermazione ribadisce
inoltre, una volta di più, la reciproca co-implicazione di cosmo e tempo: come l’eternità è un tratto coessenziale all’essere del divino, così il tempo è, analogamente, un tratto coessenziale al divenire del cosmo.
Tomeo, ancora una volta, dimostra con la sua congettura di cogliere perfettamente il punto fondamentale
dell’argomentazione plutarchea.
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