Galata morente. Storie di un’anima mutata in canto.
GALATA MORENTE
Storie di un’anima
mutata in canto
Ivan Pozzoni
Galata morente. Storie di un’anima mutata in canto.
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Galata morente. Storie di un’anima mutata in canto.
INTRODUZIONE
LA SCONFITTA DELLA SCRITTURA.
Ai confini tra uomo e arte.
(Ivan Pozzoni)
La metafora è la forza più grande che l’uomo possiede. Essa confina con
l’incantesimo ed è come uno strumento dimenticato da Dio dentro le sue
creature, come lo strumento che il chirurgo distratto dimentica nel corpo
del paziente.
(J. Ortega y Gasset)
1. Da Underground a Galata morente.
Fondata dalla dottrina una necessaria identificazione tra io umano
e lirica nel concetto di io lirico moderno, il cammino attuale dell’io
versificante, dell’io lirico, mio o altrui, imbocca una serie di vie senza uscita, destinate a sboccare nell’esito della sconfitta di una scrittura e di un io «da combattimento», votati alla resistenza e alla tutela
dei deboli; la mia modesta attività di chansonnier, ai confini di uomo
e arte, ricalca, da Underground a Galata morente, orme e tentativi
della moderna esperienza poetica, dal romanticismo alla democrazia
lirica del realismo. Nel mio Underground (2006), è centrale il tema
della nascita dell’io lirico moderno, trait d’union tra nascita dell’io
autonomo e della tradizione lirica, sul terreno della clandestinità,
d’un ideale d’artista mimetizzabile, schermato «[…] dai fari accecanti/ di un mondo malato/ di rabbia, d’invidia,/ e di cemento armato»
[UNDERGROUND, 5]; essi nascono clandestini, nei meandri di una
città in sommossa, in scia alla nascita dell’autonomia dell’io moderno, in contrasto con norme e convenzioni sociali, e in scia alla nascita della lirica romantica, in contrasto con norme e convenzioni
dell’amor cortese (metrica trobadorica, Petrarca e barocchi). La
clandestinità della nascita dell’io lirico moderno in rottura con l’idea
medioevale di tradizione – come sostenuto da Nicola Gardini secondo cui «La situazione cambia con il romanticismo. Il poeta romantico
si isola. Egli non parla per qualcuno in particolare, ma contro tutto
Galata morente. Storie di un’anima mutata in canto.
l’ordine costituito. La poesia adesso dice la sua unicità e la sua solitudine […] Non essendo più rappresentazione della realtà storica e
svincolandosi dagli obblighi sociali della corte o di ideologie forti
(come, appunto, quella cortigiana o religiosa), la lirica acquisisce lo
stato di creazione pura e di attività solitaria»- nel suo cammino di
smarcamento da norme e convenzioni etiche e stilistiche consolidate,
è tematica centrale della raccolta Underground. Le domande
dell’uomo nuovo di Neandertal («Ma che razza/ di uomini/ ci troviamo,/ dietro,/ intorno,/ e davanti? […] Ma dov’è andato/ il cielo?
[…] Che razza/ di uomini/ ci dormono/ dentro?») [NEANDERTAL,
9/10] sono simboli dell’avvento d’un io, rotto e di rottura, da razza
anfibia «[…] metà dentro/ l’acqua del disimpegno,/ cocktail/ di lacrime, sudore,/ umori neri e/ coiti in macchine arrugginite,/ e metà
sulla/ terra, risveglio/ angoscioso/ da un sogno/ di mezz’estate,/ senza zanzariere/ voraci/ alle finestre» [ANFIBI, 8], e di un’artisticità,
rotta e di rottura, contraria ai «[…] troppi poeti/ d’apparato […]»
[POESIA PRECARIA, 17] e ai valori della società consumistica raccontata in Danse Macabre. L’io lirico moderno nasce, come «anima
inquieta», dall’Aha-erlebnis dell’hic et nunc, dalla memoria del senso individuale (autopsia) («Ispirazione/ alle due/ del mattino/ è sogno/ frustrato/ di uomo/ sconfitto/ che illumina,/ e abbronza,/ notti
buie/ su pagine/ bianche») [AHA ERLEBNIS, 24/25], nel desiderio
di evidenziare anomalie e disarmonie della vita moderna («Poesia,/
sii/ accanimento terapeutico,/ amplificando, per chi non sente,/ gli
inferni gelidi/ i sogni strabici/ delle esistenze») [ACCANIMENTO
TERAPEUTICO, 30], nel desiderio di assicurare un senso ad «[…]
eterni ritorni/ d’arrancanti istanti» [QUESTE GIORNATE, 32]; nello
stadio adolescenziale dell’io lirico è visibile un’irrinunciabile dimensione di critica sociale («Ma/ nell’oscurità/ di queste celle/ senza finestre,/ continueranno/ a bruciare/ i soli/ dei nostri cuori,/ e chi/ non
si sarà impiccato/ alle sbarre/ di queste celle/ addenterà, prima/ o poi,
la luce/ tenue/ della libertà») [NELL’OSCURITA’ DI QUESTE
CELLE, 36/37], basata su abbozzi di ideale di affrancazione [DATECI VOCE] e di condivisione esistenziale [L’ALBERO DI NATALE]. La canzone di chiusura è tassativa nell’asserire come io concreto e versi siano tattiche da rivolta urbana, ricettacolo d’amore verso deboli e sofferenti («Ma, nei miei/ occhi rovinati/ dalle cicatrici/
Galata morente. Storie di un’anima mutata in canto.
trova sangue,/ chi muore,/ trova lacrime,/ chi piange,/ trova vino,/ chi
ha sete,/ trova amore,/ chi non fugge./ Arrivederci») [EPILOGO,
76/77]. Persa l’idoneità ad esser baricentro d’una tradizione comune,
lirica e io moderni corrono il rischio di invischiarsi nell’autoreferenzialità, finendo rinchiusi in recinti esistenziali e culturali di
discriminazione, sacche di resistenza contro valori ed istituzioni dominanti; nasce l’idea della raccolta Riserva Indiana (2006), dove diviene centrale il tema della resistenza alla banalità dell’everyday life
e della cultura di massa («Pisciaci in testa,/ esistenza, e poi/ sommergici/ di baci,/ incapretta/ i tuoi figli,/ e fanne braci,/ capaci/ di cicatrizzare/ i cuori stanchi/ di chi,/ senza preavviso,/ mai hai/ voluto riscaldare/ col tepor/ del tuo sorriso») [RISERVA INDIANA, 6/7].
L’assoluta irrinunciabilità (Rime assiderate) ad un io anomalo e a
versi sovversivi, benché assecondi l’autonomia creativa dell’intellettuale, relega l’artista moderno, novello indiano d’America, nelle
stanze della diversità, asservendolo ai rischi dello sterminio e della
berlina; nella riserva, l’artista vive «fuori dal mondo», «[…] sottratto
alle noie/ invernali di assiderati/ sets aziendali […]» [L.S.D., 13],
immerso in rivoli d’esistenza - come «[…] una ferita/ intristita/ da
nuvole/ di stress,/ circoncisa/ da un lavoro/ meno sfruttato/ di altri,
forse,/ ma, certo,/ non meno astratto/ nella sua gretta/ tecnicità»
[OGGI, È UNA MERDA, 16]- redenti dall’atto della scrittura custodito dalla catarticità della riserva. Questa scarica emozionale (catarsi), derivante dal sottrarsi ai discorsi della tradizione e versificare,
recitata nella drammatizzazione dell’auto-esilio in riserva (drammaterapia), viene ad essere condizione di riscatto dall’angoscia da
everyday life, e motore di resistenza («Mi alzo,/ cado, / mi rialzerò/ ancora,/ e ancora!-/ cinto/ a cilici/ stinti/ da lacrime/ di salice piangente,/ ebbro di/ madide viae crucis/ senza ritorno,/ solitario, ingannato,/ con animo sconfitto,/ cuore fiero,/ finché,/ d’un tratto/ non
muoia/ il giorno») [VIA CRUCIS, 19/20]; secondo una visione comune a buon numero di critici e storici moderni, «i poeti hanno sempre saputo che il dolore si scioglie nel canto. È la coscienza della catarsi della sofferenza mediante la sua trasformazione in una parola di
forma elevata» (Hugo Friedrich). «Gettato nel mondo», vittima innocente della Geworfenheit heideggeriana, l’artista moderno resiste a
«[…] interventi chirurgici/ lobotomici, in anestesia/ totale, sui/ nostri
Galata morente. Storie di un’anima mutata in canto.
cervelli/ disinnescati/ nell’inconsistente/ solidità di desideri/ di massa, e/ neutralizzati/ dall’arma riconvenzionale/ della malattia mentale/ (stress, ansie o/ disturbi alimentari)» [ANESTESIA GLOBALE,
21/22], suonando la carica, come in Ballata dei resistenti, contro i
manifesti di valore delle società di consumo, senza intuire,
nell’ovattazione della riserva, «d’esser stato ucciso». Lontana dal
mondo, chiusa nel suo sacro recinto, l’arte moderna, vittima
dell’introversione, smarrisce i contatti con la sua naturale missione
sociale di tutela dei deboli e dei sofferenti, trasformando in «illusiva»
la natura allusiva del verso, cadendo nell’illusione («Più che/ alludere/ illudo,/ coi miei versi/ senza buona sorte») [MONOTONIA, 34].
L’ancestrale clandestinità della lirica moderna, nata in irrimediabile
rottura con la nozione stessa di tradizione, confina essa tecnica artistica nel recinto sacro d’una riserva catartica, condannandola
all’introversione e ad un ermetismo scevro di contatti con la realtà; la
clandestinità storica d’un’arte emersa dalla tradizione (romanticismo) rinchiude l’artista in una riserva di simboli indecodificabili
(simbolismo francese di Baudelaire, Rimbaud e Mallarmé) e, esiliandolo da mondo e senso comune, lo condanna a tecniche autistiche
e alla non comunicazione (ermetismo). La raccolta Versi Introversi
(2007) nasce come drammatico esito di Riserva Indiana; Versi Introversi racconta il ritirarsi in se stesso dell’io lirico moderno, caratterizzato dalla chiusura in se stesso di un io umano in rottura col mondo e dall’attuarsi di meccanismi di auto-referenzializzazione
dell’arte. La denuncia nietzscheiana della morte della trascendenza,
schiacciando a terra l’umanità, motiva una tormentata intuizione
dell’artista: «[…] ora,/ a chi imporre/ i nostri vincoli/ d’insulsa impotenza,/ se non a me,/ se non a voi stessi,/ denigrandoci,/ bestemmiandoci,/ assassinandoci,/ nell’ergastolo distonico/ di un’esistenza/
schiava dell’introversione,/ con l’unica amnistia,/ solo mia,/ a canoni
inversi,/ cullata in antri d’alchimia/ da versi introversi» [VERSI INTROVERSI, 8/9]; si abbatte sull’uomo l’era della stanchezza
dell’anima, dell’involuzione, dell’anonimato (Animi stanchi), di una
solitudine svezzata dal dolore (Cuore di belva). L’essere umano/ artista svincolato da un intenso senso di comunità si abbandona ad un
anacoretismo da estrema difesa, distante da istanze di comunicazione
e di condivisione («Per terra,/ insofferente,/ abbandonato/ alla cate-
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na/ d’una vita solitaria/ in odore di saggezza/ o di cancrena,/ dormendo sulla noia/ dei vincenti,/ non mi arrendo/ e refrattario alle carezze/ mostro i denti!») [CANI RANDAGI, 20], creando vite e versi
dominati dall’ansia di esistere («Stretto/ a boccétte/ d’Eden,/ narcotizzato,/ mi immergo/ nella vita,/ tenendo/ il fiato») [BOCCETTE
D’EDEN, 30], in un mondo «[…] retto da pareti/ di chiodi,/ e stuzzicadenti» [NELLA MIA ANIMA, 37]. Nell’asserzione «È morta/ la
letteratura,/ sventrata/ nelle serate vuote/ di chiacchiere, di risate,/
asfissiata/ nella stanchezza/ di tossiche domeniche/ senz’albe,
senz’alibi,/ seviziata/ dalle nostre mani/ inconsistenti, vuote/ di desideri, e d’armi» [MINUTI DI SILENZIO, 39] si vuole riconoscere
l’esistenza di una connessione stretta tra chiusura in se dell’io e autoreferenzialità di un’arte tanto avulsa dalla realtà sociale, dalla vita, da
sembrare morta («Poeti nuovi,/ colletti bianchi,/ io, reo confesso/
d’esametri scianchi,/ mi muovo a disagio/ nel vostro mortorio,/ stanco di correzioni/ da riformatorio») [RIFORMATORIO, 53]. Il concetto jaspersiano di liminalità – utilizzato nel testo Asino di Buridano- descrive con somma efficacia il black-out dell’uomo/artista diviso tra io e società, tra chiusura e continue sollecitazioni massmediatiche, tra tendenza all’introversione ed oneri d’estroversione; la raccolta si conclude con un urlo di schiusura al mondo: «Padre,/ mi hai dato tutto,/ mi hai dato il coraggio/ ma se la vita/ mi brucia,/ e mi incendia/ non è un dramma/ indossare armature/ di faggio?» [PINOCCHIO, 78]. Con Mostri (2008), raccolta in uscita con Limina Mentis
Editore, si indica nella costruzione di una democrazia lirica e nel
concetto di artista come «mostro anti-mostro» una strada alternativa
alla chiusura autistica ed anacoretica dell’io lirico moderno. Partendo
dalla nozione ambigua di «mostruosità», caratterizzata come a] mostruosità terrorizzante (attività di creazione di dolore) da mostro/1
(attore di dolore), volta ad eternare i nessi di dominanza/ controllo
esistenti, mediante discriminazione, e b] mostruosità terrorizzata (attività di sottomissione al dolore) da mostro/2 (vittima di dolore), destinata a mantenere, senza reazione, i nessi di dominanza/ controllo,
mediante «marginalizzazione», si arriva a motivare la «marginalità»
dell’artista, mettendo costui in relazione di conflitto con i mostri/1 e
in relazione di condivisione con i mostri/2. Poesia rientra in società,
con tratti di resistenza alle sirene incantatrici della c.d. vita trendy;
Galata morente. Storie di un’anima mutata in canto.
l’uomo/artista, smarcatosi da forme di ermetismo esistenziale ed artistico, si abbandona alla testarda ricerca di una democrazia lirica da
tramutare in reale democrazia civile, nella condivisione dei destini di
umili e sconfitti (tradizione americana da Whitman, attraverso i
beats, a Bukowski/ Carver). L’introversione dell’artista, causata dall’auto-esilio in riserva d’un’arte nata in clandestinità, viene a tradursi
in un’estroversa riconciliazione col sociale, nella forma della resistenza critica alla società moderna (c.d. vita trendy; etica del successo; mondo del lavoro), all’umanità moderna («inautenticità»; adattabilità, a tutti i costi; analfabetismo emotivo; incultura), alle istituzioni
moderne (dominanza e controllo). Percorrendo il suo snervante «viaggio» oltre le colonne d’Ercole di romanticismo/ clandestinità, simbolismo/ resistenza, ermetismo/ autismo e realismo/ estroversione,
l’io lirico moderno, randagio viandante, arrivato al rendez vous del
terreno di combattimento, s’addestra allo scontro definitivo, invocando, con voce tonante, il «demone della scrittura».
2. La sconfitta della scrittura. Galata morente.
Presa in considerazione la validità della nozione – introdotta nella
mia raccolta Mostri- d’artista come «mostro anti-mostro», idonea ad
evidenziare l’estremo valore di critica sociale dell’arte moderna, con
la corrente raccolta resta mio desiderio andare a fondo nell’analisi
del conflitto («combattimento») tra artista e autorità, mettendo sotto
esame il concetto mitico di catarticità della scrittura (smarcamento
dell’artista o affrancazione del debole dal dolore esistenziale). Qualora l’atto di scrivere subisca una violenta inibizione nei suoi naturali
– secondo una diffusa visione metartistica- meccanismi di catarsi
(redenzione/riscatto), verrebbe a cadere l’utilità di una concezione
normativa sul mondo sociale dell’attività dell’artista, non riuscendo
costui a moderare la sofferenza sua e altrui; l’arte sarebbe ancora
medium inidoneo a diminuire il dolore nel mondo. Da Galata morente arriva sentenza di condanna nei confronti delle istanze catartizzanti dell’arte moderna: non c’è arte, senza dolore. Dell’ineludibile istinto dell’artista a comunicare sono conscio, nel momento in cui riconosca d’esser venuto al mondo «[…] nella coscienza devastante/
Galata morente. Storie di un’anima mutata in canto.
d’essere nato, in/ un Giovedì di tuoni,/ per vedere, per scrivere,/ per
ballare, per cantare,/ contagiando gli altri […]» [S.C.P.A.]; secondo
una visione catartica dell’arte, in assenza della scrittura, una delle
necessità realizzative dell’artista moderno, il narratore resterebbe in
balia della sofferenza esistenziale. Per l’io lirico moderno la scrittura
è un «demone» irresistibile: «Poesia,/ torta von Sacher Masoch,/ sono tuo schiavo,/ essere senza coerenza/ che brilla, di notte, nel ventre/ umido della tua incoscienza,/ sono una bambola/ in tuo potere/ mia dolce ventriloqua-, con una tua mano sulla bocca,/ e l’altra nel
sedere» e «Poesia,/ rombo di tuono,/ cemento indomo/ contro muri
del suono,/ le divinità muoiono,/ i nani corrono sulla sabbia,/ e noi
scriviamo, sotto l’effetto,/ stupefacente, del tuo richiamo» [LUPUS
IN FIBULA]. Per diminuire dolore esistenziale dovuto alla banalità
dell’everyday life e sofferenza dovuta alla mancanza di scrittura, l’io
lirico moderno - «mostro anti-mostro», in conflitto con l’autoritàscrive, servendosi di «versi bomba» («E i miei versi/ saran detonatore,/ e i miei canti/ saranno bomba,/ dati in sorte alla/ mia testa matta,/
per zittir poeti/ affranti, intirizziti,/ a due metri/ dalla tomba,/ per rimarcar che/ i miei chiassi ritmici/ - somma iattura!-/ più che dell’io,/
a tutti gli altri/ sian di rottura») [ANTI-MODERNO], divenendo centro di resistenza nella tutela di umili e deboli. La costante conflittualità tra autorità e artista, riassunta dal ruolo di «mostro anti-mostro»
del secondo, diviene elemento costitutivo di introduzione d’una resistenza dolorosa, creando la dinamica io/resistenza/autorità simbolizzata in Uomo in rivolta, nell’acrostico terminale P-o-t-e-r-e, e in Partigiano moderno; l’ambito delle relazioni tra artista e autorità si basa
sulla metafora del «combattimento». «Lottare,/ combattere,/ resistere,/ senza aiuto/ concreto, anche minimo» [VITA MONDANA] è destino dell’uomo, dell’artista, sballottati tra rottura dell’io e un io di
rottura, alla costante ricerca di una serenità duratura («Ritornando/
alle macerie/ dei miei disastri,/ ribonucleari,/ di vita dura,/ di vita vera,/ combattendo,/ casa su casa,/ via su via,/ in difesa di/ chi soffre,/
shalom/ aleikhem») [SHALOM ALEIKHEM], ma, insieme, mossi
dal desiderio di buttare «[…] cumuli su cumuli,/ cirri e nembi,/ di
terra e anidride carbonica,/ sulle mie domeniche/ d’astio, bastian
contralto/ ostracizzato dal coro,/ sulle mie serate stanche,/ sulla iattura d’un io/ di rottura, da combattimento,/ cicatrizzato tra mari/ su-
Galata morente. Storie di un’anima mutata in canto.
burbani di sabbia,/ e di cemento» [LE CIMETIERE DES PAUVRES],
affossando il dovere di combattere. Questa conflittualità tra artista e
autorità, tra artista e mondo, si trasforma in conflitto interno («Due
anime,/ rodano i meccanismi/ sintetici dei nostri cuori […] e, senza
entrambe,/ i nostri calli, i nostri duroni,/ conquistati su strade/ d’odio
e d’avventura,/ rischiano d’abortire/ semi di cielo azzurro/ nel doloroso limbo/ dei neonati morti,/ nell’aberrante orfanotrofio/ dei morti
viventi») [LIMINA MENTIS], drammatizzando missione e weltanschauung dell’artista sino a neutralizzare il valore catartico della
scrittura. Più che moderar dolore e sofferenza sua o altrui, nel suo
conflitto con l’autorità, l’artista crea dolore a se e al lettore, chiudendosi in un circolo vizioso (dolore del non scrivere/ scrittura/ dolore
dello scrivere) eliminabile unicamente dall’idea smaniosa di «dormire» («Potrei dormire […] invece di scriverti, descriverti/ nella tua
freddezza d’ambra […] Potrei dormire […] sottraendomi, incosciente,/ alla stretta d’un Orfeo dismorfico,/ invece di cantare, coi miei
versi/ seducendo Persefone,/ le anime dell’Inferno,/ i dannati della
terra/ senza voltarmi,/ senza incantarti») [LEXOTAN, AMORE!] o di
morire (Ballata in dies irae); la banalità dell’everyday life vince sulla
natura suturativa del verso, nel momento in cui si asserisca «Poesia,/
condannata ad esser/ scritta, di notte, d’inverno,/ nelle serate stanche
durante/ settimane, anni/ senza ritorno, senza ritorni,/ sotto i tetti
d’amianto/ dei fabbricati aziendali,/ nell’odissea del traffico,/ su treni
arrancanti/ tra i monti dell’inferno,/ nelle ore sotto sequestro/ d’una
carriera imbarazzata […] spazza via, senza/ timor d’esitazione,/ a
colpi d’anarchia,/ chi rivendichi il/ diritto di condurti/ in cassazione»
[CARMINA BURINA]. Distanziando l’arte da riserve e introversione, la totale immersione nell’everyday life – come in Dov’è il poeta?- viene a mettere in crisi i meccanismi catartici dell’arte medesima, condannando l’artista a combattere, in situazione di netta inferiorità, contro l’autorità dei mostri/1, in difesa della dignità dei mostri/2,
e abbandonandolo ad un dolore senza rimedio; senza dolore, l’arte
non morde («[…] non è strano/ che/ i miei versi,/ senza dolore,/ senza angoscia,/ non sian diversi,/ non siano tersi […] non è strano/ che/
i miei versi/ senza angoscia,/ senza dolore,/ non si attacchino/ ai vetri, vieta ventosa,/ d’una ragazza splendida,/ in attesa che smettano/
fulmini, grandine,/ e rumore») [CALMA PIATTA]. La struttura della
Galata morente. Storie di un’anima mutata in canto.
scrittura è anti-catartica, vincolando l’artista all’onere di «continuare
a scrivere» e di trasmettere dolore: «Ma, io, continuo a scrivere,/ nella certezza che vivrò,/ in eterno, all’ombra/ delle mie scemenze/ metriche, nella speranza/ d’essere goccia di Valium/ versata nel bicchiere/ d’un universo stanco,/ facendovi dimenticare/ bellezza, amore,
piacere,/ ricordandovi d’essere polvere […] Ma, io, continuo a scrivere […] sbarrando i vostri occhi,/ con stuzzicadenti, e/ ubriacandovi
d’angoscia» [ETILOMETRI], allestendo un’abitudine alla solitudine
esistenziale (Cammino solo); l’io lirico moderno assume coscienza
della brutalità dell’everyday life, iniziando ad intuire di dover vivere
«fuor di metafora» («E il dubbio di essere/ contagiati, per un momento,/ fugace, per un attimo/ solo, dalla serenità di esistere/ nei magazzini d’un’area/ industriale, ci attanaglia,/ dimentichi di doverci
vivere/ anche fuor di metafora/ fuori dal tramonto») [FUORI DAL
TRAMONTO]. L’insuccesso della catarsi è incrementato
dall’irruzione dell’everyday life nell’esistenza dell’artista: «Cosa ci
fanno/ le lettere dell’alfabeto,/ tra serio e faceto,/ in questo magazzino/ impregnato d’aceto,/ corrugate, disfatte/ come la spugna/ d’un
vecchio soldato/ che alterni denti rotti/ a riotti colpi di stato…»
[AUTOSCATTO]. Postmodernità, morte dell’arte, morte della cultura, è sconfitta dell’idea del valore sociale della scrittura, stretta nella
morsa del conflitto tra dinamiche io/resistenza/autorità e circolo vizioso dolore del non scrivere/ scrittura/ dolore dello scrivere; l’artista
vive «[…] assaporando il gusto amaro/ della sconfitta, senza virare/
d’un metro, d’un metro!» [NON AVVICINARSI, IL CAVALLO
MORDE] e – secondo Paolo Giovannetti «[…] sente di parlare entro,
e da, una condizione priva di legittimazioni forti, anzi sempre più incline a trascolorare verso il non-senso, verso lo smarrimento di ogni
tipo di coordinata». Quale rimedio al circolo vizioso del dolore?
Quali vie d’uscita alle antinomie della Postmodernità? Più che
all’arte, il riscatto dalla sconfitta è demandato al ricovero nel
calembour – come in Lupus in fibula-, nell’ironia – come in Sonnetto
e Politica italiana-, nella valenza ludica dell’atto artistico,
nell’azione sociale – come in Partigiano moderno-, nel silenzio dissenso – come in Provaci tu-; nella clandestinità, chiuso nelle sue riserve, nell’introversione, nella lotta sociale, nel dramma della sconfitta, l’artista non rinunzia a trasmettere il testimone del dolore, can-
Galata morente. Storie di un’anima mutata in canto.
tando «E adesso, senza fretta/ tocca a te, com’è stato/ mio destino
d’un anno/ insano […] tocca a te, canaglia d’un lettore,/ scrivere versi su versi/ macinare nubi di polvere pirica […] Provaci tu,/ a intingere/ dita dense/ di marmellata/ nelle fauci/ dell’orso» [PROVACI
TU].
Ivan Pozzoni
Galata morente. Storie di un’anima mutata in canto.
Indice
PREFAZIONE .......................................................................... 7
INTRODUZIONE................................................................... 11
LUPUS IN FIBULA ................................................................ 21
LEXOTAN, AMORE! ............................................................. 24
AUTOSCATTO ...................................................................... 25
CARMINA BURINA ............................................................. 26
UOMO IN RIVOLTA............................................................. 28
PARTIGIANO MODERNO ................................................... 29
BALLATA IN DIES IRAE ..................................................... 31
BH 464 DE .............................................................................. 33
LIMINA MENTIS .................................................................... 35
RAGAZZA OCCHI BLU COBALTO ................................... 36
DOV’È IL POETA?................................................................. 38
SONNETTO ........................................................................... 40
CALMA PIATTA ................................................................... 41
ANTI-MODERNO ................................................................. 42
CURRICULA........................................................................... 44
POLITICA ITALIANA .......................................................... 45
LE CIMETIERE DES PAUVRES ............................................ 47
AUTOMOBILE CLUB .......................................................... 49
SETE ....................................................................................... 50
GALATA MORENTE ............................................................ 51
RIVENDICATI ....................................................................... 53
PENELOPE............................................................................. 54
ETILOMETRI......................................................................... 55
CAMMINO SOLO ................................................................. 57
VITA MONDANA ................................................................. 59
S.C.P.A.................................................................................... 60
NON AVVICINARSI, IL CAVALLO MORDE.................... 62
MI PIACE, IL TUO LIBRO ................................................... 63
Galata morente. Storie di un’anima mutata in canto.
PAZIENZA ............................................................................. 64
SHALOM ALEIKHEM ............................................................ 65
HIC ET NUNC ........................................................................ 67
TU, PHOTOAGING ................................................................ 68
MOTHERFUCKERS ............................................................... 70
LETTERA SU LETTERA ...................................................... 71
GENITORI E FIGLI ............................................................... 73
PROGNOSI RISERVATA ..................................................... 76
FUORI DAL TRAMONTO .................................................... 78
BLOW-JOB ............................................................................. 79
NON DICE MAI BENE ......................................................... 80
PROVACI TU ......................................................................... 82
Autore : Ivan Pozzoni
Collana : Ardeur
Tema : Poesia
Formato : 15x21
Pagine : 86
Prezzo : € 11,00
Isbn : 978-88-95881-22-5
Per ordinare il libro :
LIMINA MENTIS EDITORE
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Sito: www.liminamentis.com