Giacomo Raccis
PhD Univeristà di Bergamo (Teoria e analisi del testo) e Université Paris Ouest Nanterre-La Défense (CRIX).
Tesi: L'opera letteraria di Emilio Tadini
Collaboratore con Università degli Studi di Milano: Seminario per Letteratura italiana otto-novecentesca
Supervisors: Nunzia Palmieri, Franca Franchi, Elio Grazioli, Christophe Mileschi, and Bruno Falcetto
Tesi: L'opera letteraria di Emilio Tadini
Collaboratore con Università degli Studi di Milano: Seminario per Letteratura italiana otto-novecentesca
Supervisors: Nunzia Palmieri, Franca Franchi, Elio Grazioli, Christophe Mileschi, and Bruno Falcetto
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Papers by Giacomo Raccis
nei termini del Künstlerroman, un genere che ha una lunga tradizione nel romanzo europeo e che
in Italia si manifesta proprio alla fine dell’Ottocento, grazie alle rappresentazioni che dell’artista
danno le narrazioni scapigliate e i romanzi di Verga e D’Annunzio. Attraverso gli strumenti della
sociologia dell’arte e i contributi della critica sveviana più avvertita, questo contributo intende riconsiderare
i personaggi di Emilio Brentani e di Stefano Balli, individuando in particolare nella parabola
di quest’ultimo l’elaborazione da parte di Svevo di un tema che sarà centrale nella sua produzione
più tarda, ovvero l’espressione di un rapporto non conciliato tra realtà e rappresentazione.
I contributi costituiscono gli atti della giornata di studi sul racconto tenutasi a Bergamo nel maggio 2021, a cura di Giacomo Raccis e Nunzia Palmieri.
Interventi di Massimiliano Tortora, Nunzia Palmieri, Emanuela Bandini, Luigi Ernesto Arrigoni, Arianna Mazzola, Cecilia Monina, Francesco Gallina, Giulio Ciancamerla, Ada D'Agostino, Ginevra Latini, Simone Marsi
nei termini del Künstlerroman, un genere che ha una lunga tradizione nel romanzo europeo e che
in Italia si manifesta proprio alla fine dell’Ottocento, grazie alle rappresentazioni che dell’artista
danno le narrazioni scapigliate e i romanzi di Verga e D’Annunzio. Attraverso gli strumenti della
sociologia dell’arte e i contributi della critica sveviana più avvertita, questo contributo intende riconsiderare
i personaggi di Emilio Brentani e di Stefano Balli, individuando in particolare nella parabola
di quest’ultimo l’elaborazione da parte di Svevo di un tema che sarà centrale nella sua produzione
più tarda, ovvero l’espressione di un rapporto non conciliato tra realtà e rappresentazione.
I contributi costituiscono gli atti della giornata di studi sul racconto tenutasi a Bergamo nel maggio 2021, a cura di Giacomo Raccis e Nunzia Palmieri.
Interventi di Massimiliano Tortora, Nunzia Palmieri, Emanuela Bandini, Luigi Ernesto Arrigoni, Arianna Mazzola, Cecilia Monina, Francesco Gallina, Giulio Ciancamerla, Ada D'Agostino, Ginevra Latini, Simone Marsi
La morte è un avvenimento ricorrente nella narrativa di Fenoglio, oggetto di una rappresentazione oscillante tra un’acuta e talora ossessiva precisione descrittiva e un’evidente volontà di rimozione. Questo meccanismo è particolarmente marcato nella narrativa breve dell’autore, e specificamente in un racconto dei Ventitré giorni della città di Alba: Il trucco. Qui la morte (da impartire a un prigioniero nazifascista) è tema centrale, ma anche strumento di una singolare sperimentazione narrativa: la morte è annunciata, discussa, attesa ma mai pronunciata e, in definitiva, non rappresentata. Il finale diventa così il luogo dello svelamento di un «trucco» che coinvolge perfino il lettore (Eco 1979).
A partire da queste considerazioni, nel presente intervento si proporrà un ragionamento sul «problema della fine» nel racconto di Fenoglio, incrociando un’indagine analitica sul testo (indirizzata principalmente sull’uso della focalizzazione mobile e della reticenza nella costruzione del significato del testo) con alcune osservazioni sul modo con cui Fenoglio rielabora le potenzialità della forma breve (Tortora 2014), che per suo statuto prevederebbe il posizionamento dell’accento proprio sul finale (Ejchenbaum in Todorov1968).
Attraverso un’analisi di questi documenti, prevalentemente inediti, si proverà a ricostruire la condizione diasporica della comunità artistica di quegli anni, che fece da sfondo a una svolta decisiva nella ricerca scultorea di Manzù. Infatti ha origine qui, nella condizione mobile di un esilio autoimposto e nella disponibilità al dialogo interdisciplinare, la parabola che lo avrebbe condotto a Roma e alla consacrazione come “scultore dei papi”.
Per questo Falco mette al centro della sua narrativa il soggetto-lavoratore e sul soggetto si concentrerà l’attenzione di questo intervento, giacché è all’interno della psicologia che si è spostato, nell’era del capitalismo postfordista, l’orizzonte della resistenza alle prevaricazioni del discorso del capitale. Falco delinea prima un soggetto moltiplicato nelle tante voci che animano i micro-racconti di Pausa caffè (2004), graffianti sketches sulle dinamiche relazionali in un’azienda di comunicazione; poi, nei racconti di L’ubicazione del bene (2009), dà a questo soggetto una caratterizzazione sociologica, mostrando il tempo della vita domestica, dove si ripercuotono isterie e frustrazioni di una piccola borghesia ambiziosa ma succube del mito autoimprenditoriale. Infine, in Ipotesi di una sconfitta (2017), quel soggetto disarticolato e incapace di organizzarsi attraverso una coscienza di classe, si condensa in un’unica vita, quella dell’autore, che trasforma la propria storia nell’allegoria dell’esperienza lavorativa contemporanea.
Ricorrendo a strumenti di analisi formale (Simonetti, Donnarumma) e alle più recenti teorie del presente (Sennett, Fisher), si cercherà di mostrare come la scelta del medium narrativo (microracconto, short story, romanzo) condizioni le potenzialità rappresentative ed euristiche del “racconto del lavoro”. Da una narrazione mimetica rispetto ai codici del discorso neocapitalista, sintonizzato su frammentarietà e velocità, Falco approda alla tensione centripeta di un romanzo autobiografico che, attraverso una narrazione stratificata, riflette su cause ed effetti sempre più impalpabili nella rapidità dei processi contemporanei e intesse relazioni con un passato ormai estraneo all’immaginario attuale. Se la mimesi consente l’ironica messa alla berlina della nostra complicità con il capitale, la narrazione in prima persone dà fondo a una riflessione che è anche strategia di resistenza agli impliciti del discorso del potere.
Con Des hommes (2009) Mauvignier ha rivolto questa istanza a uno dei principali rimossi della memoria francese: la guerra d’Algeria. Attraverso la forma del romanzo storico “polifonico”, egli affronta il problema di una vicenda storica che ha nel silenzio un proprio attributo (il silenzio dei reduci studiato da Benjamin Stora e Pierre Nora) e che per questo ha potuto essere manipolata dal discorso istituzionale e mediatico. La narrazione mostra infatti come la remissione delle colpe collettive si fondi su un’“ingiunzione a tacere” (ribaltando Foucault) motivata innanzitutto dal peso psicologico e sociale di un racconto che nessuno vuole.
Questo intervento si propone di studiare come il romanzo di Mauvignier, rifacendosi a una linea del nouveau roman (Duras, Simon) per infrangere l’equazione tra sperimentalismo letterario e neutralità politica, si ponga in reazione rispetto a una tradizione di scritture testimoniali sulla guerra d’Algeria, cercando di «défamiliariser» l’evento storico attraverso gli strumenti retorici e narrativi di una fiction che rivendica l’esperienza secondaria (la «svolta documentale» di cui parla Giglioli) per riscattare un racconto rifiutato dal discorso collettivo.
Siti, Vasta et Sortino revisitent le rapport entre vérité et écriture, en pariant décidément sur les moyens propres à la littérature (fiction, fantastique, style), là où la plupart des récits prétendument réalistes s’obstinent à fonder leur véridicité sur une adhérence à une vérité documentaire qui se révèle de plus en plus insaisissable. Ce faisant, ces romans fondent les préalables d’une écriture apte finalement à faire face aux modifications qui ont concerné avant tout le statut de la réalité (en donnant représentation, peut-être, à ce que Donnarumma a appelé «iper-realtà»), et à trouver par ce chemin de nouvelles conditions d’un engagement littéraire.
Università degli studi di Milano - Université Paris Nanterre
22-23 giugno 2021
Per partecipare, scrivere a [email protected]
Per iscriversi, scrivere a : [email protected]
Ciononostante, o forse proprio in virtù di queste premesse, lo sfuggente statuto dell’artista non ha inibito, ma al contrario ha stimolato l’immaginazione collettiva, e in particolar modo quella letteraria, che in età contemporanea ne ha fatto un vero e proprio ‘personaggio’. Se Herbert Marcuse (1922) riconosceva nell’età dello Sturm und Drang l’origine di un genere, il ‘romanzo dell’artista’, che si rivela la forma simbolica di una cultura, è il Novecento a radicare l’artista al centro dell’immaginario letterario: alla sua figura viene chiesto ora di assumere su di sé il peso di un rapporto con la realtà divenuto problematico (dalla Noia di Alberto Moravia alla Carta e il territorio di Michel Houellebecq), ora invece di dare rappresentazione al condiviso bisogno di fuga o trasfigurazione dei dati più triti dell’esperienza ordinaria (l’artista come genio, dal Dedalus di James Joyce in poi), ora ancora di incarnare in modo non pacificato la lotta agli stereotipi di genere (da Artemisia di Anna Banti all’Architettrice di Melania Mazzucco). Il romanzo declina in termini di script narrativi i diversi tasselli della ‘leggenda dell’artista’, mette in mostra le pratiche della ‘vita d’artista’, ricostruisce ambienti, relazioni e comportamenti che aiutano a dare concretezza all’immagine di questo personaggio, inserendolo peraltro all’interno di quei ‘regimi’ individuati dalla sociologia dell’arte e utili a riconoscere l’evoluzione della sua figura sociale nel corso del tempo (il “regime artigianale”, “vocazionale” o ancora “di singolarità”, per rimanere alle formulazioni di Heinich 2001).
Non sono solo i romanzi incentrati sul personaggio-artista, tuttavia, a contribuire di volta in volta a consolidare stereotipi e immagini convenzionali oppure a definire nuovi miti; spesso sono gli stessi artisti che, con le loro scritture, concorrono più o meno consapevolmente a irrigidire il repertorio di caratteri utili a definire il loro statuto di eccentrici-integrati nel sistema sociale (come ha scritto Enrico Castelnuovo, l’artista è “l’unico tipo di comportamento deviante che venga in qualche modo celebrato”). Dai libri degli artisti alle biografie autorizzate, e ancora di più nelle autobiografie e nelle carte private (come epistole o appunti di lavoro), la scrittura dà forma a un’autopresentazione che è spesso il compromesso tra retorica dell’autenticità e bisogno di costruire in maniera strategica la propria posizione nel campo artistico, confermando oppure schivando etichette sintetiche ma efficaci alla comunicazione di sé (si pensi all’insistenza con cui, nel proprio Autocurriculum, Emilio Isgrò respinge l’attributo di artista a vantaggio di quello di poeta).
Attraverso forme differenti di scrittura, che rispondono a diversi codici di genere, si definisce un immaginario dell’artista che ha ricadute notevoli anche sulla percezione collettiva della figura dell’artista e che richiede, per essere studiato e compreso, strumenti analitici multivalenti, che spaziano dalla narratologia alla filologia, dalla sociologia dell’arte ai visual studies, passando per la critica tematica e le teorie della ricezione.
A partire da queste considerazioni, il numero 25 di Elephant & Castle, intitolato Figure dell’artista: l’immagine dell’artista nelle forme della scrittura letteraria si rivolge allo studio delle forme di rappresentazione e autorappresentazione dell’artista nelle scritture letterarie, con particolare attenzione al contesto italiano contemporaneo (1861-2020), ma senza escludere opportuni e motivati sconfinamenti in altre epoche e aree linguistiche. A questo fine, si invitano le studiose e gli studiosi interessati a inviare contributi che vertano sui seguenti assi di ricerca:
- retoriche della rappresentazione dell’artista nei diversi generi della scrittura letteraria (romanzo, racconto breve, diario, autobiografia, epistolario, libri d’artista…) e loro evoluzione storica;
- luoghi, relazioni, pratiche di lavoro: i caratteri della “vita d’artista” nelle diverse forme della scrittura letteraria;
- il romanzo dell’artista come forma simbolica della cultura contemporanea;
- le scritture pubbliche e private dell’artista come materiale per uno studio sociologico dello statuto sociale dell’artista;
- le scritture private degli artisti come luoghi di costruzione, autentica o strategica, della propria identità pubblica.
Le proposte dovranno pervenire agli indirizzi [email protected] e [email protected] entro e non oltre l’8 gennaio 2021 e dovranno contenere un breve abstract del contributo (max 3000 caratteri) e una breve notizia biografica.
Sono ammessi testi in lingua italiana, inglese e francese.
La comunicazione delle proposte selezionate avverrà entro la fine di gennaio e i contributi completi, corredati di immagini e uniformati alle norme redazionali della rivista, dovranno essere consegnati entro il 12 aprile 2021.
La giornata è organizzata con il patrocinio della MOD - Società Italiana per lo studio della modernità letteraria
Questo il programma:
Ore 9.30 Apertura dei lavori
KEYNOTE SPEECH
Ore 9.45
Giulio Iacoli (Università di Parma), In correlazione o a scomparsa. Soglie, mappe, schemi concettuali per le narrazioni brevi
PRIMA SESSIONE
Ore 10.30
Virna Brigatti (Università degli studi di Milano), Pensare gli indici: un percorso tra le edizioni dei Racconti di Italo Calvino
Filippo Pennacchio (IULM), I dintorni difficili. L’architettura (para)testuale dei Racconti di Italo Calvino
Ore 11.15 Pausa caffè
Ore 11.40
Luisa Bertolini (Liceo “Carducci”, Bolzano), Libri di prefazioni. Carlo Dossi e altri esperimenti di paratesto senza testo
Alice Borali (Università di Bologna), Dalla Madonna dei filosofi al Castello di Udine. Due raccolte gaddiane a confronto
Arianna Marelli, «Il lettore attento troverà…». Istruzioni per l’uso dalla premiata ditta Manganelli
Dibattito
Ore 13.00 PAUSA PRANZO
SECONDA SESSIONE
Ore 14.30
Nunzia Palmieri (Università di Bergamo), La cornice come atlante delle storie
Valentina Tibaldo (University of Oxford), Vittorio Sereni: la prosa e le sue soglie
Dario Boemia (IULM), I Sillabari di Goffredo Parise, dalla terza pagina alle edizioni in volume
Ore 15.30 Pausa caffè
Ore 15.50
Barbara Ricci (Liceo “Carducci”, Bolzano), L’unghia dell’asino. Paratesto e ipertesto nella produzione satirica e surreale di Augusto Frassineti
Andrea Brondino (University of Warwick), A brani: paratesto e intertestualità in Gioventù cannibale
Isotta Piazza (Università di Parma), Lo spazio del web e la nascita di una letteratura «granulare»
Dibattito
Ore 18.00 Chiusura dei lavori
Università degli studi Bergamo, 10 aprile 2019
Aula 6 – Via Pignolo 123
PER INFORMAZIONI
[email protected]
Le proposte di intervento devono essere fatte pervenire all'indirizzo
[email protected] entro e non oltre il 31 dicembre 2018.
4 maggio 2018 - aula 2 /Via Pignolo 123, Bergamo
Racconti di una vita. La narrazione biografica breve nella tradizione contemporanea Università di Bergamo – 30 ottobre 2017
La giornata di studi Racconti di una vita. La narrazione biografica breve nella tradizione contemporanea si inscrive all'interno del Seminario sul racconto, iniziativa arrivata al suo terzo appuntamento dopo le giornate di studi del 2015 (Racconto italiano contemporaneo: percorsi, forme e letture) e del 2016 (Genealogie del racconto contemporaneo). Proseguendo nel tentativo di mappare il racconto in quanto genere e specifico " modo " della narrazione, questa giornata proverà ad affrontare la narrazione breve a partire da uno spunto tematico: il racconto biografico.
avec le soutien de l’ED 138 LLS (Lettres Langues Spectacle)Université Paris Ouest Nanterre la Défense (28-29 mars 2014).
Comité organisateur : Alessandro Benucci, Francesca Bertino, Rachel Coudray, Sara De Benedictis, Giacomo Raccis, Stéphane Resche
Utilizzando di volta in volta la fenomenologia, la tradizione del pensiero negativo o la psicanalisi, Tadini si è confrontato con i principali passaggi culturali del secondo Novecento: dal neorealismo alla nuova avanguardia, dal postmodernismo alla letteratura cannibale. Ha trasformato la sua scrittura, e in particolare quella romanzesca, nel terreno entro cui affrontare questioni teoriche ed espressive senza mai appiattirsi sulle posizioni dominanti. E lo ha fatto dimostrando un’eccezionale coerenza con il parallelo lavoro pittorico, che resta un riferimento ineludibile per comprendere anche la sua poetica letteraria. Ideatore di personaggi memorabili e affabulatore di rara maestria, con il suo espressionismo erudito Tadini si presenta al lettore di oggi come uno scrittore “eccentrico”, ma di sicura attualità nel panorama del secondo Novecento italiano.
A cura di Cecilia Monina, Gabriele Gimmelli, Michele Maiolani, Michele Ronchi Stefanati