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venerdì 24 maggio 2019

Wylam / Other Half Is There Music In Your Dreams?

Ritorna sul blog uno dei birrifici più alla moda tra i beergeeks inglesi; parliamo di Wylam, nato nel 2000 nel piccolo e omonimo villaggio del Northumberland inglese e poi  trasformato profondamente nel 2015 con l’arrivo dei nuovi soci Dave Stone e Rob Cameron. A loro il merito di aver reperito i finanziamenti necessari ristrutturare il Palace of Arts dell’Exhibition Park di Newcastle e installarci il nuovo impianto da 50 ettolitri, taproom con 12 spine e 6 casks, bar, beer-garden, ristorante ed un spazio per organizzare eventi, matrimoni, concerti e serate. 
Anche la produzione è stata completamente rivisitata:  “Wylam fa birre eccezionali sin da quando è nata nell’anno 2000”, ricorda Stone. “Birre in cask, tradizionali, molto locali. Non c’era una grossa fatte di mercato per questi prodotti che facevano fatica ad essere distribuiti lontano dal nord-est. Il palato della gente è profondamente cambiato negli ultimi anni. Tutti pensano che Wylam sia un birrificio nuovo, ma esiste da diciannove anni”. Alla guida dell’impianto c’è dal 2012 il birraio Ben Wilkinson
Lattine, belle etichette, collaborazioni, focus sulle torbide NEIPA  e novità ad un ritmo incalzante: anche Wylam asseconda le regole che attualmente sono in vigore in una certa fetta di mercato. La gente vuole costantemente provare qualcosa di nuovo. Nei primi cinque mesi del 2019  sono arrivate ben venti nuove etichette, una alla settimana. 
L’inizio di aprile è stato dedicato a due collaborazioni con i newyorkesi di Other Half:  con loro e con il birrificio inglese Deya è nata la There’s Nothing Wrong With Dreaming, una Belgian Wit (5.8%) prodotta con aggiunta di arance, coriandolo e dry-hopping di Sabro. Negli stessi giorni, con una bella etichetta a tema realizzata dallo studio Real Eyes Design è stata annunciata anche la Double IPA Is There Music In Your Dreams? Vediamola.

La birra.
Ella T90, Citra Cryo, Idaho 7 T90 e Denali T90: questi i luppoli scelti da Wylam ed Other Half per dare forma ad una nuova Double NEIPA destinata agli amanti dei succhi di frutta. La ricetta si completa con malto Extra Pale Pilsner e fiocchi d’avena. 
Nel bicchiere ricorda una torbida spremuta d’arancia: la schiuma  è abbastanza compatta ed ha una buona persistenza. L’ananas domina un aroma al quale partecipano anche litchi, mango, arancia e mandarino. Per essere una NEIPA direi che raggiunge un livello di pulizia e di eleganza piuttosto soddisfacente, e anche l’intensità è degna di nota. Si potrebbe invece fare di più per quel che riguarda il mouthfeel: la consistenza è leggermente “masticabile” ma non particolarmente morbida, ed è anche disturbata da qualche bollicina di troppo. Rispetto all’aroma, molto convincente, il gusto mantiene una buona intensità ma risulta meno definito: c’è una sensazione tropicale generalizzata nel quale emergono ananas e mango, nel finale piuttosto secco sono invece protagonisti gli agrumi. Si chiude con un amaro di discreta intensità ma brevissima durata che si porta addietro un leggero hop burn. La gradazione alcolica (8.2%) è molto ben dosata e si avverte un po’ di calore solamente nel finale.
Sono birre che difficilmente riescono ad emozionarmi: questa di Wylam ed Other Half è tuttavia una Double NEIPA di livello abbastanza alto anche se ci sono margini di miglioramento e qualche spigolo di troppo: chi ama il genere troverà comunque quasi tutto quello che desidera.
Formato 44 cl., alc. 8.2%, imbott. 04/2019, scad. 01/11/2019, prezzo indicativo 8.00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

lunedì 1 ottobre 2018

Whiplash / Wylam Do You Wanna Touch Me

Whiplash e Wylam, due nome “caldi” nella scena craft dei rispettivi paesi di provenienza, Irlanda e Inghilterra.  Whiplash è una beerfirm guidata da  Alex Lawes e Alan Wolfe, entrambi provenienti dalla Rye River Brewing Company, uno dei più grandi birrifici indipendenti irlandesi. Lawes, a quel tempo homebrewer,  vi era arrivato nel 2014 come apprendista e la sua permanenza doveva durare solamente un anno. Ma nel 2015 la Rye River si era trovata improvvisamente senza birraio e, dopo alcuni infruttuosi colloqui, Wolfe aveva implorato a Lawes di accettare il ruolo di head brewer offrendogli carta bianca sulle ricette e dandogli la possibilità di produrre sugli stessi impianti anche la propria neonata (2016) beerfirm Whiplash. Alla fine del 2017 i due hanno lasciato definitivamente la Rye River per lavorare a tempo pieno al progetto Whiplash:  le birre sono attualmente prodotte sugli impianti del birrificio Larkin di Wicklow. 
Il birrificio Wylam è invece operativo dal 2000 nel piccolo e omonimo villaggio del Northumberland  e  ha “cambiato pelle” nel 2010  grazie all’arrivo di  nuovi soci portatori di liquidità e capacità imprenditoriale: Dave Stone e Rob Cameron. I due sono proprietari di altrettanti gastropub a Newcastle e iniziano a collaborare con Wylam che li rifornisce di birra.  Nel 2015 la collaborazione si trasforma in una vera e propria partnership con la ristrutturazione del Palace of Arts dell’Exhibition Park di Newcastle nel quale trovano posto un impianto 35 ettolitri,  taproom con 12 spine e 6 casks, bar, beer-garden, ristorante ed un spazio per organizzare eventi, matrimoni, concerti. 
Lo ripeto ancora una volta: oggi “birra artigianale” coincide sempre più con il concetto di “novità”. Non bisogna fermarsi mai e offrire sempre qualcosa di nuovo da provare agli appassionati. In quest’ottica le collaborazioni tra birrifici sono uno strumento perfetto: si mettono assieme due nomi alla moda, si produce una IPA/DIPA magari apportando solo qualche modifica ad una ricetta pre-esistente, la si vende.

La birra.
Dall’incontro tra Whiplash e Wylam nasce Do You Wanna Touch Me, una Double IPA prodotta con malti Maris Otter e  Carapils, avena, zucchero candito belga, luppoli Vic Secret e Citra nel whirlpool, doppio dry-hopping di Citra, BRU-1, Vic Secret e Galaxy, lievito London Ale III.  Sul nome scelto non credo ci siano dubbi: Do You Wanna Touch Me? (1973) è stato uno dei successi di  Gary Glitter, glam rocker inglese dalla vita piuttosto turbolenta che sta attualmente scontando 16 di carcere per abusi sessuali nei confronti di tre minorenni avvenuti negli anni ’70. 
Il suo aspetto è quello di un torbido succo alla pera: piuttosto bruttina, ma così vuole il protocollo Hazy/Juicy/NEIPA. La schiuma è invece abbastanza compatta e persistente per lo stile.  L’effetto “succo di frutta” è presente anche al naso, sebbene con poca pulizia e finezza: il risultato è una generale sensazione tropicaleggiante (mango, papaia?) intensa ma un po’ cafona. Il mouthfeel è piuttosto gradevole: morbido e quasi cremoso, senza degenerare in consistenze troppo ingombranti che di fatto penalizzano troppo la bevibilità. La bevuta è tutta via molto meno fruttata di quanto l’aroma potesse far immaginare e, ahimè, abbastanza deludente: il tropicale è poco definito e confuso, l’alcool (8.4%) si sente anche più del necessario e di fatto costringe a rallentare drammaticamente il ritmo dei sorsi. Poteva questa Do You Wanna Touch Me farsi mancare il tipico “bruciore/effetto pellet” delle mediocri interpretazioni dello stile?  Certo che no ed ecco un finale amaro resinoso  e poco gradevole, fortunatamente di modesta intensità e durata. 
Collaborazione poco riuscita tra Whiplash e Wylam:  Double NEIPA confusa, noiosa, bevibile ma pesante da mandare giù.  Non si può nemmeno chiamare in causa l’età anagrafica: un mese al momento della bevuta. Se mi fidassi del beer-rating dovrei piuttosto invocare la teoria della “lattina sfortunata”.
Formato 44 cl., alc. 8,3%, lotto 3071, scad. 13/02/2019, prezzo indicativo 5.50-6.00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio

mercoledì 18 aprile 2018

North Brewing Co / Track / Wylam LDS MCR NCL

A forza di sfornare nuove birre diventerà un problema anche inventarsi un nome che non sia già stato usato da qualche altro birrificio; le azioni legali o le minacce di azioni non sono poi così improbabili. Non è particolarmente attraente ed è anche abbastanza difficile da pronunciare/ricordare quello scelto dai birrifici inglesi North, Track e Wylam: LDS MCR NCL. 
In questa sequenza di acronimi c’è ovviamente un significato: si tratta delle città d’origine. LDS è Leeds,  dove ha sede North Brewing, “costola” della North Bar uno dei precursori della craft beer nella città gallese; il birrificio è stato aggiunto nel 2015 ed è attualmente guidato dai birrai  birrai Seb Brink (ex Golden Owl Brewery) e Darius Darwel (ex Bristol Beer Factory). Li avevamo conosciuti in questa occasione. MCR sta per Manchester: qui si trova Track Brewing,  birrificio fondato alla fine del 2014 da Sam Dyson oggi aiutato dal birraio Matt Dutton. Qui la sua storia. NCK è acronimo di Newcastle, casa di  Wylam Brewery, microbirrificio attivo dal 2000 ma passato alle cronache solo dal 2016 quando grazie ad un sostanzioso investimento da parte di nuovi soci ha traslocato dall’omonimo villaggio di campagna a Newcastle, ristrutturando lo storico Palace of Arts dell’Exhibition Park. Di loro avevo scritto qui.  
Tutti e tre i birrifici hanno un denominatore comune: l’amore per il luppolo e soprattutto per le birre che vanno tanto di moda oggi:  le New England IPA, Juicy &  Hazy, torbidi succhi di frutta.  Dalla loro collaborazione non poteva quindi nascere altro che una Double NEIPA: i luppoli utilizzati non sono tuttavia stati svelati. La birra è stata poi presentata il 01 febbraio in contemporanea nelle tre città: alla Little Leeds Beer House, alla Port Street Beer House di Manchester e al  Block & Bottle di Newcastle.

La birra.
L’impronunciabile LDS MCR NCL si presenta perfettamente torbida e di un color arancio che ricorda quello di un succo di frutta; la schiuma biancastra è cremosa e compatta, con un’ottima persistenza. Il naso è fresco, molto intenso, quasi sfacciato: si parte dall’ananas che poi rapidamente si fa da parte per lasciare spazio a pompelmo e cedro, limone e lime, passion fruit e forse anche mango. L’eleganza non è la sua caratteristica principale ma la macedonia è senz’altro gradevole. Lo stesso si può dire anche del gusto: è una Double IPA modaiola che s’avvicina al succo di frutta. Non cercate in lei livelli eccelsi di pulizia e finezza perché non li troverete: verrete invece ricompensati con una spremuta di mango, ananas e pesca. Il mouthfeel è morbido, leggermente “masticabile” (chewy) il che costringe a rallentare un po’ il ritmo di bevuta; il tallone d’Achille di questa lattina è però l’alcool (8.7%) che esce troppo allo scoperto, non fa sconti e rallenta ulteriormente lo scorrimento. Un amaro  (resina e pompelmo)  abbastanza intenso ma di breve durata chiude una bevuta molto gradevole, abbastanza secca ma un po' troppo impegnativa, soprattutto a causa dell’alcool. Peccato, perché poteva essere una birra davvero notevole nel suo genere, quasi al pari di questa.
Formato 33 cl., alc. 8.7%, lotto 25/01/2018, scad. 25/07/2018

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia, e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

mercoledì 7 febbraio 2018

Wylam: The Man Behind The Door IPA & Macchiato Porter

Ritorna sul blog il birrificio inglese Wylam che avevamo incontrato per la prima volte poche settimane fa:  nato nel 2000 nel piccolo e omonimo villaggio del Northumberland inglese, ha inaugurato nel 2016 la sua nuova sede all’interno dell’Exhibition Park di Newcastle. Impianto da 35 ettolitri, la costruzione di taproom con 12 spine e 6 casks, bar, beer-garden, ristorante ed un spazio per organizzare eventi, matrimoni, concerti e serate: c’è di che divertirsi. 
Dopo le due luppolate Remember 430 e 45:33 è il momento di stappare una lattina di The Man Behind The Door, IPA prodotta con luppoli Simcoe, Ekuanot e Loral, utilizzati anche nell’immancabile (per chi segue la moda) DDH - Double Dry Hopping.
Non ho idea a cosa faccia riferimento il nome di questa birra che si presenta di colore arancio pallido e piuttosto velata, perché l’haze va ovviamente oggi di moda, tanto più se fuoriesce da una lattina; la schiuma è biancastra, di modeste dimensioni e di modesta persistenza. Ignoro la data di nascita di questa birra ma l’aroma è ancora abbastanza fresco: pulizia ed eleganza non mancano e permettono d’apprezzare i profumi di arancia, pompelmo e cedro, resina; più in sottofondo ci sono mango ed ananas.  La sensazione palatale è morbida e gradevole, leggermente “chewy” senza arrivare agli estremi di molte NEIPA: la scorrevolezza ne guadagna. L’apparenza non inganni, nel bicchiere non troverete la classica New England IPA succo di frutta e priva di amaro: il risultato è invece un punto d’incontro ben centrato tra il carattere molto fruttato di una NEIPA e l’amaro piuttosto intenso di una West Coast IPA.  I malti (pane e crackers) non vengono eclissati dalla frutta, un tocco dolce di ananas bilancia il pompelmo donando equilibrio ad una bevuta che sfocia poi in un bel finale amaro e resinoso, pungente, potenziato da un discreto calore etilico (7.2%).  Molto pulita anche in bocca, ‘l’uomo dietro alla porta” di Wylam è una gran bella birra: fruttata ma non all’estremo juicy, amara quasi come quelle West Coast IPA che oggi i beergeeks tendono un po’ a snobbare. Una bellissima highway che unisce idealmente le due coste americane: livello piuttosto alto, non fatevela scappare se la trovate.

Devo invece parlare con meno entusiasmo della porter chiamata Macchiato, ma qui entra in gioco il gusto personale. “Hazelnut Praline Coffee Porter” è una descrizione che dovrebbe mettere in allarme chi non ama le “birre dessert” ma non è sempre così (vedi la Smuttynose bevuta qualche sera fa). L’etichetta elenca solo lattosio, malto e avena tra gli allergeni, quindi suppongo non siano state utilizzate nocciole.  
Nel bicchiere è nera ma la sua schiuma cremosa anche se generosa svanisce abbastanza rapidamente. Il naso è molto pulito e mantiene quanto promesso in etichetta: chicchi di caffè e l’accoppiata nocciola-cioccolato al latte che ricorda un po’ quella famosa crema spalmabile; ci sono anche caffelatte e liquirizia.  Il gusto è un po’ meno pulito dell’aroma: il caffè fa un paio di passi indietro lascia molto spazio al dolce di caramello, lattosio, cioccolato/nocciolato al latte. Il mouthfeel è gradevole, con poche bollicine, avena e lattosio a donarle una sensazione palatale morbida ma poco ingombrante. Le tostature e l'amaro sono quasi assenti, l’alcool (6.5%) non è pervenuto e nel complesso è una birra non molto definita che potrei paragonare ad un piccolo dessert appoggiato su di un velo di caffè. Non c'è quel senso di artificiosità che a volte si trovano nelle pastry-beer ma il risultato, benché privo di difetti e gradevole,  non mi convince del tutto, Magari qualcun altro la troverà deliziosa.

Nel dettaglio: 
The Man Behind The Door, 44 cl., alc. 7.2%,scad. 30/05/2018, prezzo indicativo 7.00 euro (beershop)
Macchiato, 33 cl., alc. 6.5%, scad. 30/03/2019, prezzo indicativo 4.50 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

sabato 20 gennaio 2018

Track Brewing / Wylam: Loose Morals Rye IPA

Ogni appassionato birrofilo conosce (o dovrebbe conoscere) il Bermondsey Beer Mile di Londra, quel chilometro di strada dove, sotto le arcate della linea ferroviaria, vi è un'altissima concentrazione di birrifici con relative taproom, beershop e pub. 
A Manchester, sempre sotto le arcate della ferrovia, alcuni birrifici si sono ispirati a Londra per dar vita al Piccadilly Beer Mile, situato nella zona a sud ovest della città, in prossimità della omonima stazione dei treni. Passeggiando passerete in rassegna i birrifici Track Brewing, Alphabet, Chorlton, Beer Nouveau e Squawk, Ubrew e il deposito del distributore Cave Direct/Beer Merchants. Con una piccola deviazione raggiungerete poi Cloudwater. 
Parliamo di Track Brewing, birrificio fondato alla fine del 2014 da Sam Dyson: ai tempi dell'università (2002) si era dilettato nell'homebrewing assieme ad alcuni amici, ma è un tour in bicicletta negli Stati Uniti, dall'Oregon al Colorado, passando per la California, a far scattare in lui la voglia di mettere in piedi un microbirrificio. 
Dyson lavorava a Londra e alloggiava proprio nella zona di Bermondsey, vive la new wave brassicola londinese e sogna di portarne un pezzo a Manchester: frequenta prima un corso sulla produzione della birra e passa un po' di tempo lavorando alla Camden Brewery per poi ritornare nella nativa Manchester e installare i propri impianti nei pressi della stazione ferroviaria di Piccadilly (5 Sheffield Street), sfruttando i prezzi contenuti e la temperatura costante nel corso dell'anno (15-18 gradi) che quei locali offrono.  Ad aiutarlo arriva il birraio Matt Dutton, fresco vincitore del National Homebrew Champion organizzato dal Brewdog bar di Manchester con la sua Coup D’Etat Brett Stout.  Una settantina le birre prodotte in un paio d'anni d'attività, con il luppolo (IPA e dintorni) protagonista della maggior parte dell'offerta.

La birra.
Loose Morals è una IPA alla segale prodotta assieme al birrificio Wylam che abbiamo incontrato pochi giorni fa. La ricette prevede luppoli Citra e Idaho 7 in grandi quantità, avena e segale ad affiancare i malti.
Nel bicchiere si presenta di colore arancio pallido opalescente con un cappello di schiuma cremosa, un po' grossolana ma dalla buona persistenza. Sono gli agrumi i protagonisti dell'aroma: cedro, lime e pompelmo rilegano in sottofondo la frutta tropicale, in particolare l'ananas. Il bouquet è fresco e pulito, elegante, molto intenso e  convincente. Il gusto è leggermente inferiore come intensità ma ripropone gli stessi elementi con uguale eleganza e pulizia: il dolce della frutta tropicale rimane in secondo piano a sostenere un profilo ricco di agrumi, pulito, secco e molto rinfrescante. Nel finale un po' di resina affianca l'amaro della scorza d'agrumi e la nota leggermente terrosa e pepata della segale: il livello d'amaro è comunque abbastanza contenuto e le bevuta risulta molto bilanciata, succosa e fruttata pur senza arrivare agli eccessi del juicy. L'alcool è piuttosto ben nascosto, la bevuta è facile e, soprattutto, regala ottime soddisfazione: birra molto riuscita e ancora fresca, se l'avvistate non rinunciate a provarla.
Formato 33 cl., alc. 5.9%, scad. 30/04/2018, prezzo indicativo 4.50-5.00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.

giovedì 11 gennaio 2018

Wylam Remember 430 & Wylam 45:33

Altro debutto sul blog, anche questo dal Regno Unito: Wylam Brewery, microbirrificio attivo dal 2000 che nasce nel piccolo e omonimo villaggio del Northumberland inglese, ai confini con la Scozia. A fondarlo furono John Boyle e Robin Leighton, quest’ultimo un ex ufficiale di marina mercantile in pensione ed esperto homebrewers: le qualità delle sue produzioni casalinghe impressionarono Boyle, appassionato di Real Ale, al punto da spronare l’amico a tentare l’avventura tra i professionisti. La loro prima birra, la bitter Landlord’s Choice, ottenne un successo tale da costringerli a trasferirsi in breve tempo dal proprio garage ai locali presi in affitto all’interno delle South Houghton Farm a Heddon on the Wall, Wylam, dove viene installato un impianto da cinque ettolitri, che nel giro di tre anni satura la propria capacità.
Nel 2005 Leighton all’età di 63 anni muore improvvisamente a causa di un infarto e, sebbene le sue figlie decidano di rimanere in società, Boyle si trova a dover gestire il birrificio da solo: ad aiutarlo arriva il figlio Matt che, dopo alcuni tentennamenti, accetta di rientrare dalla Spagna per lavorare a fianco del padre e poi prendere il comando delle operazioni, al suo pensionamento. Il birrificio trasloca in locali più ampi nella periferia di Wylam, l’impianto viene ingrandito per permettere alla produzione di triplicare e raggiungere i 30 ettolitri l’anno.
Ma la vera svolta per Wylam avviene nel 2010 quando entrano in società Dave Stone e Rob Cameron: i due provengono dal mondo della musica, avendo organizzato per 25 anni concerti, DJ-set ed eventi a Londra, Brighton e nel nord-est dell’Inghilterra. Arrivati a cinquant’anni i due vogliono abbandonare la vita notturna per dedicare più tempo alle proprie famiglie: fondano la società Greenan Blueaye e lanciano due gastropub a Newcastle, il Town Wall e la Bridge Tavern, iniziando a collaborare con il birrificio Wylam che li rifornisce di birre. Nel 2015 la collaborazione si trasforma in una vera e propria partnership nella quale la Greenan Blueaye investe 750.000 sterline, quota di un ambizioso piano di espansione da quasi 2 milioni che si concretizza nella ristrutturazione del Palace of Arts dell’Exhibition Park di Newcastle, ultimo edificio superstite della la North East Coast Exhibition del 1929. La palazzina, che giaceva da dieci anni in uno stato di desolante abbandono, viene acquistata da Freddy e Bruce Shepherd, ex presidenti del Newcastle United Football Club, che entrano in società assieme a Wylan e Greenan Blueaye. La ristrutturazione include l’installazione di un nuovo impianto da 35 ettolitri, la costruzione di taproom con 12 spine e 6 casks, bar, beer-garden, ristorante ed un spazio per organizzare eventi, matrimoni, concerti e serate, attività nelle quali Stone e Cameron sono esperti. Il vecchio birrificio a Heddon continua ad essere utilizzato come magazzino e come impianto pilota.
Il nuovo corso Wylam, inaugurato a maggio 2016, coinvolge anche il portfolio birrario che viene rinnovato e ampliato; arrivano le lattine, che vengono ovviamente riempite con quel liquido opalescente amato dai beergeeks chiamato New England IPA.
 
Le birre.
Partiamo da un’American Pale Ale che ci riporta indietro nel tempo al Twin Peaks di David Lynch, conclusosi con la frase: ricorda 430. Richard e Linda. Due piccioni, una fava. L’etichetta ripropone, sebbene in colori diversi, il pattern grafico del pavimento della Loggia Nera. Avena, frumento e destrine hanno il compito di renderla opalescente e di donarle un mouthfeel “cremoso”, mentre il doppio dry-hopping di Citra e Mosaic quello di renderla “juicy”.
All’aspetto è di colore arancio pallido opalescente e forma un cappello di schiuma biancastra cremosa ma un po’ scomposta, dalla buona persistenza. Il naso, fresco, pulito e discretamente elegante, offre una macedonia di agrumi (arancia, mandarino e pompelmo), pesca e frutti tropicale (ananas, mango). Al palato è leggera, scorrevole e, nonostante l’uso di avena non noto un mouthfeel particolarmente ”cremoso”  o “chewy” come vorrebbe il “protocollo New England IPA”. La bevuta è piuttosto intensa ma il succo di frutta non è del tutto convincente e mostra qualche spigolosità che andrebbe limata: ci sono soprattutto agrumi, con un sottofondo dolce appena accennato di mango e ananas. L’asprezza degli agrumi la rende molto secca ma anche un po’ ruvida, l’amaro zesty ed erbaceo è abbastanza intenso ma dall’eleganza piuttosto discutibile, per non arrivando a “raschiare” il palato. Pulita e gradevole, si beve con qualche pausa di troppo e non è un complimento per una birra dal contenuto alcolico del 5.5%: godibile ma con margini di miglioramento che possano aumentarne la fruibilità.
Dal cinema passiamo alla musica con la Double IPA chiamata 45:33: i numeri sono quelli dell’omonimo disco degli LCD Soundsytem; un’unica traccia, della durata di 45 minuti e 33 secondi, commissionata dalla Nike nel 2006 al gruppo statunitense come “colonna sonora” per la corsa. La strobosfera in etichetta è un altro riferimento al gruppo guidato da James Murphy. Il birrificio la descrive come una “multispeed Double IPA prodotta con dosi psichedeliche di luppolina Cryo: Amarillo, Citra e Chinook”. Anche lei è ovviamente opalescente e il suo color arancio pallido è sormontato da un piccolo cappello di schiuma biancastra che svanisce piuttosto rapidamente. Il naso è fresco e dolce, ricco di mango e pesca, ananas, frutto della passione; in secondo piano un lieve “dank”, poi arancia e pompelmo. A voler essere precisi anche in questo il mouthfeel non è così cremoso come ci si aspetterebbe da una NEIPA, ma non è un grosso problema: il gusto segue l’aroma con buona corrispondenza anche se con intensità leggermente inferiore. Si avverte un timida presenza maltata (crackers) ma è la dolce frutta tropicale a guadagnarsi subito il palcoscenico; l’amaro, resinoso e pungente, è di buona intensità e di breve durata, chiudendo la bevuta con eleganza. L’alcool apporta senza eccedere un discreto tepore giusto per avvertire che nel bicchiere c’è una Double IPA pericolosa, la cui facilità di bevuta non è tuttavia elevatissima: anziché berla, si sorseggia con discreta frequenza. Pulita e fresca, abbastanza elegante, la 45:33 di Wylan ha ancora qualche spigolo da smussare ma non le manca molto per raggiungere gli altri birrifici inglesi che stanno cavalcando l’onda del “juicy”: non solo l’hype di Cloudwater ma anche Northern Monk, Verdant, Deya.
 Nel dettaglio:
Remember 430, formato 44 cl., alc. 5.5%, scad. 25/04/2018, prezzo indicativo 7.00 euro (beershop)
45:33 Double IPA, formato 44 cl., alc. 8.4%, scad. 30/05/2018, prezzo indicativo 8.00 euro (beershop)

NOTA: la descrizione della birra è basata esclusivamente sull’assaggio di questa bottiglia e potrebbe non rispecchiare la produzione abituale del birrificio.