«Ho chiamato questa compilazione Mappae Clavicula così che tutti quelli che spesso si eserciteranno su essa penseranno che una sorta di chiave vi è contenuta. Infatti l'accesso a un luogo ben chiuso è impossibile senza una chiave, benché la stessa cosa sia ovviamente agevole a chi ne sta già all'interno»

La Mappae Clavicula è una raccolta miscellanea in latino di circa 300 ricette tecniche, per la maggior parte preparazione di colori e per la metallurgia; la copia più antica risale a un periodo tra la fine dell'VIII e l'inizio del IX secolo. Costituisce uno dei più antichi ricettari che ci siano pervenuti.

Secondo alcuni, sarebbe pochi decenni precedente al ricettario "Eraclio".

Manoscritti

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Ci sono giunte tre copie complete manoscritte: la più antica è conservata a Lucca (Biblioteca Governativa, MS. 296), mentre risale al IX secolo il Codice di Sélestat (Sélestat, Alsazia, Bibliothèque Humaniste, MS. 17); al XII secolo risale la terza copia detta anche Codice Phillipps (conservato a Corning Stato di New York, Corning Museum of Glass, MS. 5 - olim Phillips 3715): entrambe queste due copie più tarde includono abbondante materiale aggiuntivo. Un frammento con diciassette ricette (quattro presenti anche in quello di Lucca, il resto negli altri) è anche custodito a Klosterneuburg, nei pressi di Vienna (MS. W.8.293). Esiste anche una menzione dell'opera nel catalogo dei libri dell'Abbazia di Reichenau sul Lago di Costanza, redatto tra l'821 e l'822.

Il titolo

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La "piccola chiave della mappa" non è un titolo immediatamente comprensibile ed ha dato origine a varie ipotesi rispetto al suo significato originario. Se la chiave sottintende allo svelarsi di una conoscenza, mappa potrebbe riferirsi a quelle strisce di garza sottile imbevuta di colore che i pittori usavano per conservare i medesimi (un antesignano quindi del "tubetto", che veniva poi usato ammorbidendo il colore con pennelli bagnati). La chiave è "piccola" perché non è quella della "grandi" conoscenze, svelate solo nelle sacre scritture.

Una sagace ipotesi ha affermato che "mappa" potrebbe essere il frutto di una svista della traduzione dal greco di qualcos'altro: keiromakton (mappa) letto al posto di keirokmeton, che significa elaborazione manuale, parola già presente (al plurale) in alcuni ricettari e trattazioni di arti pratiche.

Contenuti

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Nel ricettario sono comprese circa 300 ricette, senza un preciso ordine logico, con talvolta contraddizioni e ripetizioni (per questo si è ipotizzato che la prima redazione fosse a cura di non-professionisti). Alcune sono state effettivamente usate per preparare colori, confermato dalle moderne analisi chimiche dei componenti, mentre altre sono palesemente inapplicabili. Per noi è molto difficile comprendere la commistione tra chimica e magia naturale, che all'epoca dovevano essere parte di un sapere unico e correlato.

Alcune di queste ricette sono state provate come derivanti dal papiro di Leida o quello di Stoccolma, risalenti a circa quattro secoli prima (IV secolo), ma il materiale in genere è molto disomogeneo, con influenze di molte culture diverse: greca (Dioscoride), romana (Plinio il Vecchio), bizantina, araba e britannica. Altre ricette, presenti in codici più tardi, sono mutuate dal Manoscritto di Lucca, sebbene in un ordine diverso.

Vi si trovano varie operazioni chimiche e talvolta con suggestioni più alchemiche, che riguardano la preparazione di coloranti, inchiostri per la miniatura, lacche e pigmenti vari, oltre al nucleo consistente sulla lavorazione dei metalli e altri scopi vari, come l'avvelenamento delle frecce.

Non si può parlare di vera e propria alchimia, perché il testo è completamente scevro delle concezioni filosofiche e dell'idea di perfezionamento che caratterizzano le esperienze degli antichi alchimisti, anche se alcune ricette hanno una corrispondenza quasi completa con alcuni procedimenti descritti in testi alchemici anteriori: per esempio la ricetta XX riproduce con errori di traduzione dal greco un passo di un testo tardoantico attribuito all'alchimista Mosè; quindi si può affermare che tali testi siano stati una delle fonti più dirette del ricettario.

Il tono del libro è piuttosto iniziatico, con un'introduzione nel manoscritto di Sélestat che descrive il libro come un compendio dei segreti delle sacre scritture che debbono essere custoditi il più gelosamente possibile e tramandato ai figli (o discepoli) solo quando essi siano pienamente maturi per capire il valore del testo e custodirne il segreto. Il linguaggio di quest'opera è quindi talvolta volutamente oscuro, da iniziati.

Nel mascritto di Philipps nelle ricette dalla CXCV alla CCI contengono parole arabe dalla varia traslitterazione; nella CCXII poi, dove si descrive l'estrazione dell'alcol, esiste una vera e propria criptografia su tre parole indicate come xknk, qbsuf e tbmkt, che scrivendo la lettera che le precede nell'alfabeto (tranne la n) danno vini, parte e salis.

Talvolta nelle ricette si trovano condizioni complesse che indicano come nel tempo alcuni processi semplici venissero via via arricchiti di dettagli, anche per la convinzione teorica che a un procedimento più complesso corrispondesse un risultato migliore. Così si trovano ingredienti come l'urina (una delle rare fonti di ammoniaca) che talvolta dev'essere maschile altre femminile, altre prelevata da soggetti con i capelli rossi e così via; analogamente alcuni ingredienti devono essere recuperati durante la canicola, altri da animali sottoposti a un'alimentazione purificativa, ecc.

Bibliografia

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  • Thomas Phillipps, Mappae clavicula. A treatise on the preparation of pigments during the middle ages, Londra 1847.
  • Rozelle P. Johnston, Notes on some manuscripts of the Mappae Clavicula, in "Speculum", 10, 1935, 1, pp. 72-81.
  • Heinz Roosen-Runge, Farbgebung und Technik fruhmittelalterlicher Buchmalerei: Studien zu den Traktaten Mappae Clavicula und Heraclius, Deutscher Kunstverlag, Berlin 1967.
  • Mappae Clavicula: A Little Key to the World of Medieval Techniques, edited and translated by Cyril Stanley Smith and John G. Hawthorne, American Philosophical Society, Philadelphia 1974.
  • Antique metal-joining formulas in the Mappae Clavicula, in "Proceedings of the American Philosophical Society", v.125, no.2, 1981, pp. 91-103.
  • Charles Burnett and Louise Cochrane, Adelard and the Mappae clavicula, in: Adelard of Bath: an English scientist and arabist of the early twelfth century, ed. by Charles Burnett. The Warburg Institute, University of London (Warburg Institute surveys and texts; 14) London 1987, pp. 29-32.
  • Francesca Tolaini, "De tinctio omnium musivorum": technical recipes for glass in the so-called "Mappae Clavicula", in When glass matters: studies in the history of science and art from Graeco-Roman antiquity to early modern era, ed. by Marco Beretta, (Biblioteca di Nuncius: studi e testi; 53) Olschki, Firenze 2004, pp. 195-219. ISBN 88-222-5318-3
  • Bianca Silvia Tosatti, Trattati medievali di tecniche artistiche, (Di fronte e attraverso; 778) (Di fronte e attraverso. Storia dell'arte; 33) Jaca Book, Milano 2007, in part. pp. 27-36.
  • Sandro Baroni, Giuseppe Pizzigoni, Paola Travaglio ( a cura di), Mappae clavicula. Alle origini dell'alchimia in Occidente. Testo - traduzione - Note, Il Prato, Saonara (PD), 2014.

Voci correlate

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