Torcha

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Chi siamo

Torcha è un progetto editoriale di informazione sui social media. Il nostro obiettivo è informare i giovani sull’attualità, la politica e l’economia, con contenuti pensati e creati per essere consumati dove passano il loro tempo.

Sito Web
http://torcha.it
Settore
Contenuti audio e video online
Dimensioni dell’azienda
11-50 dipendenti
Sede principale
Milano
Tipo
Società privata non quotata
Data di fondazione
2020
Settori di competenza
editoria, social media, informazione, news media e news

Località

Dipendenti presso Torcha

Aggiornamenti

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    Negli ultimi anni si parla sempre più del diritto alla disconnessione, ovvero la possibilità di non essere costantemente reperibili al di fuori dell'orario di lavoro, soprattutto nei momenti dedicati al riposo. A questo proposito, un gruppo di parlamentari del Partito Democratico ha recentemente presentato alla Camera la proposta di legge "Lavoro, poi stacco", che mira a introdurre ufficialmente questo diritto nella legislazione italiana. La proposta prevede un riposo minimo di 12 ore consecutive al termine di ogni giornata lavorativa, garantendo ai lavoratori il diritto di essere irreperibili al di fuori di questo orario, salvo casi di comprovata urgenza. In altre parole, email, telefonate o altri contatti di lavoro durante le ore di riposo non dovrebbero richiedere una risposta immediata, senza ripercussioni per il lavoratore. Quante volte ti è capitato di essere cercato al di fuori dell'orario di lavoro? Partecipa al sondaggio 👇

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    Il lavoro per cui ti sei candidato potrebbe non essere reale Hai mai avuto la sensazione che l'annuncio di lavoro a cui hai risposto fosse troppo bello per essere vero? Non sei l'unico. Oggi, un numero sempre crescente di aziende pubblica annunci di lavoro che non esistono davvero. Si tratta dei cosiddetti "ghost jobs"—ruoli che appaiono del tutto legittimi ma che, in realtà, non sono destinati a essere coperti. Secondo un sondaggio recente di Resume Builder, ben il 40% delle aziende ha ammesso di aver pubblicato annunci falsi nell'ultimo anno. Ma perché lo fanno? Le motivazioni sono diverse. Alcune aziende vogliono dare l'impressione di essere in crescita per rassicurare investitori e dipendenti interni, altre vogliono semplicemente raccogliere curriculum da tenere in archivio per il futuro. Alcuni manager utilizzano questi annunci come leva psicologica, facendo capire ai dipendenti che sono facilmente sostituibili, sperando così di aumentare la loro produttività. E il problema è che funziona. Circa il 70% dei manager ritiene che questa pratica abbia portato benefici all’azienda, con aumenti di produttività e persino miglioramenti del morale interno. Tuttavia, sul lungo periodo, può minare la fiducia sia dei candidati che dei dipendenti. Scoprire che un’azienda pubblica annunci falsi può danneggiare in modo significativo la sua reputazione e rendere più difficile il reclutamento in futuro. Quindi, come si fa a riconoscere un annuncio di lavoro "fantasma"? Annunci troppo longevi: Se un annuncio rimane attivo per mesi senza aggiornamenti, potrebbe essere un segnale che non hanno davvero intenzione di assumere. Descrizioni vaghe o eccessivamente generiche: Le offerte di lavoro che non specificano chiaramente le competenze richieste o presentano un range salariale molto ampio potrebbero essere meno serie. Processi di selezione troppo semplici o troppo lunghi: Se ti chiamano per un colloquio troppo in fretta o, al contrario, dopo lunghi mesi di silenzio, potrebbe trattarsi di un segnale d’allarme. Assenza di dettagli sull'azienda: Annunci con poche informazioni sull’azienda o su chi è il responsabile delle assunzioni sono spesso sospetti. Ti sei mai imbattuto in un "ghost job"? Se sì, come l'hai riconosciuto? #attualità #ghostjob #candidatura #lavoro #LinkedIn #torcha

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    Tra le aziende italiane che operano per migliorare la società, solo il 12% si occupa di ambiente Le società benefit rappresentano una nuova frontiera nel mondo imprenditoriale, nate con l'obiettivo di coniugare profitto e impatto positivo sulla società. Tuttavia, uno degli aspetti più sorprendenti emersi dalla Ricerca Nazionale 2024 sulle Società Benefit riguarda l’ambiente: solo il 12,2% delle oltre 3.600 aziende italiane che si dichiarano impegnate nel miglioramento della società lo fa con un focus sull’ambiente. Questa cifra è bassa rispetto alle aspettative, soprattutto in un contesto globale che pone la sostenibilità ambientale al centro delle politiche economiche e sociali. Dall’analisi emerge che la maggior parte delle società benefit in Italia concentra i propri sforzi su altre aree: il 32,5% si impegna per il rafforzamento del capitale sociale e il legame con il territorio, seguendo una visione olivettiana di impresa come comunità, mentre il 24,4% punta sull’innovazione del modello di business, con iniziative volte a ridisegnare processi e catene di fornitura per massimizzare l’impatto positivo. Il dato ambientale, tuttavia, sembra essere più basso a causa della preponderanza del settore dei servizi, che rappresenta quasi un terzo delle società benefit italiane. In questi settori, come quello IT o finanziario, è meno immediato misurare e ridurre gli impatti ambientali diretti. Tuttavia, la ricerca mostra che settori più tradizionali come le energie rinnovabili (34,2%) o le infrastrutture (17,2%) presentano un maggiore impegno verso l’ambiente. #ambiente #societàbenefit #energierinnovabili #LinkedIn #torcha

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    Quanto incide il senso di solitudine sul benessere della vita? Un report sulla qualità della vita nelle città europee, condotto dalla Commissione Europea, ha indagato una serie di fattori che incidono sulla qualità della vita, prendendo in considerazione anche la sensazione di solitudine che si prova nelle capitali europee. Secondo quanto riportato dal rapporto, la solitudine è un sentimento soggettivo riferito a un’esperienza spiacevole che deriva dalla bassa qualità della vita e da una rete sociale e di contatti molto scarsa. Per definire la solitudine, sempre secondo il rapporto, non dobbiamo però prendere in considerazione solo i pochi contatti sociali, ma anche la percezione che queste relazioni non siano sufficientemente soddisfacenti. Agli intervistati è stato chiesto quanto spesso si fossero sentiti soli nelle 4 settimane precedenti l’intervista. Le risposte tra cui scegliere erano “sempre”, “la maggior parte del tempo”, “a volte”, “poche volte”, “mai”. I risultati del sondaggio sulla sensazione di solitudine nelle città europee prendono in considerazione solo le risposte di chi ha affermato di essersi sentito solo sempre, o la maggior parte delle volte. Circa il 13% degli intervistati nelle capitali europee ha risposto di essersi sentito solo in un periodo recente, e il dato non si discosta da quanto rilevato in un’indagine simile dell’anno precedente. Per quanto riguarda il nostro Paese, il report ci racconta che nella città di Roma, ad esempio, il 12% di coloro che hanno partecipato alla survey ha dichiarato di aver provato un senso di solitudine apprezzabile nelle 4 settimane precedenti l’intervista, con un valore leggermente al di sotto della media europea. La capitale in cui ci si sente meno soli è Lussemburgo, quelle in cui ci si sente più soli sono Podgorica e Sofia. E a voi? Quanto spesso capita di sentirvi soli? #Attualità #Solitudine #Report #Europa #LinkedIn #Torcha

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    Il congedo parentale prolungato per padri lavoratori è stato testato in 24 grandi aziende italiane Negli ultimi anni, il tema della genitorialità condivisa ha iniziato a guadagnare maggiore attenzione in Italia, ma la strada da percorrere per una vera parità tra madri e padri sul piano lavorativo è ancora lunga. Attualmente, il congedo di paternità previsto dalla legge è di soli 10 giorni, una misura che molti ritengono insufficiente per consentire ai padri di partecipare attivamente alla cura dei propri figli nei primi mesi di vita. Il centro studi Tortuga ha proposto a 24 aziende italiane con un numero di dipendenti che va dai 200 a più di 10mila di testare il congedo parentale prolungato. Lo studio di Tortuga “Verso una genitorialità condivisa, che è stato promosso dalla deputata del PD Lia Quartapelle, è stato presentato alla Camera: il 70% dei lavoratori delle aziende coinvolte ha aderito alla proposta di estendere il congedo di paternità, portando la durata media da 10 giorni a un periodo compreso tra una e 26 settimane. In media, i padri hanno usufruito di 8,6 settimane di congedo, con una maggiore adesione tra le fasce di età 30-39 anni (75%) e 40-49 anni (65%). Mentre in Italia i padri stanno iniziando a fare progressi, il panorama europeo ci offre spunti interessanti: in paesi come la Svezia e la Norvegia, i congedi parentali sono molto più lunghi e possono essere suddivisi equamente tra i genitori, con effetti positivi sul benessere familiare e sulla parità di genere. #attualità #congedoparentale #lavoro #benesserefamiliare #LinkedIn #torcha

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    E se il talento trovasse la sua strada? Ci siamo riusciti! Abbiamo celebrato la conclusione della prima edizione di Talenti Accesi e il lancio del podcast Leggendarie, creato dalle straordinarie Alice Manzati e Valentina Puggioni. È incredibile pensare a tutto il percorso che ci ha portato fin qui. Talenti Accesi è la realizzazione di una visione che abbiamo coltivato sin dall'inizio della nostra avventura con Torcha. Quando abbiamo avviato questo viaggio nel 2020, eravamo motivati dalla necessità di fornire un porto sicuro sui social, un faro di verità in un mare di disinformazione. Oggi, Talenti Accesi rappresenta un passo audace e necessario verso la creazione di opportunità concrete per le nuove generazioni. La partnership con CoopVoce ha reso possibile tutto ciò - un enorme grazie per averci creduto. Insieme, stiamo accendendo la luce sui talenti emergenti, fornendo loro la piattaforma e le risorse necessarie per farsi ascoltare. Con oltre mille candidature ricevute, l’entusiasmo della community è stato travolgente. Ogni storia presentata ci ha ispirato e ha confermato che ci sono tantissimi talenti che meritano di essere ascoltati. E Leggendarie, siamo sicuri, è solo l’inizio! Nel frattempo, lasciatevi coinvolgere da una storia che merita di essere ascoltata. Il podcast Leggendarie è online 🎧 https://lnkd.in/dGNk765r #talentiaccesi #leggendarie #coopvoce #linkedin #torcha

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    Nel Regno Unito il governo sta lavorando per favorire un miglior rapporto tra lavoro e vita privata dei suoi cittadini. Il primo ministro Keir Starmer vorrebbe introdurre il "working from home" di default, una legge che obblighi le aziende a inserire la flessibilità come condizione permanente da fornire al dipendente. Diverse aziende, però, stanno obbligando i dipendenti a tornare in presenza. Secondo i tecnici del governo Uk non si può più obbligare le persone ad andare in ufficio perché "il working from home dà benefici al lavoratore, aiuta la produttività nonché l'occupazione nelle zone più svantaggiate del nostro Paese”. Ora vogliamo sapere cosa ne pensi tu! Ti invitiamo a partecipare al nostro sondaggio e, se ti va, condividi nei commenti il perché della tua scelta ☺️ 🔎 Domanda bonus: #SecondoTe lo smart working dovrebbe essere un diritto fondamentale del lavoratore? #attualità #smartworking #ufficio #sondaggio #LinkedIn #torcha

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    "Open to work" non è "disperato" In un mercato del lavoro sempre più competitivo, LinkedIn ha introdotto una serie di strumenti pensati per agevolare la ricerca di nuove opportunità professionali. Uno di questi è il famoso banner verde “Open to Work”, lanciato nel 2020, che permette agli utenti di segnalare pubblicamente la propria disponibilità a nuove opportunità lavorative. Per alcuni è uno strumento efficace per trovare lavoro, mentre per altri è percepito come una sorta di 'marchio' che trasmette disperazione. Il recente caso di Courtney Summer Myers, una designer che ha trasformato il banner “Open to Work” in una provocazione virale, ha riaperto il dibattito. Myers ha sostituito il classico banner verde con un messaggio audace: un banner rosa con la scritta #Desperate (Disperata), come segno di onestà rispetto alla sua difficile situazione lavorativa. La sua mossa ha portato a 10.000 richieste di connessione, diverse proposte di lavoro e oltre 270.000 like su LinkedIn. Ma cosa ci dice questo episodio sul vero impatto del banner “Open to Work”? Per alcuni, il banner rappresenta un potente strumento per aumentare la visibilità del proprio profilo, incrementando del 40% le probabilità di ricevere messaggi da parte dei recruiter, secondo LinkedIn. Inoltre, segnalare apertamente la propria disponibilità può favorire nuove opportunità di networking, permettendo ai contatti di segnalare posizioni aperte o di fare da tramite con potenziali datori di lavoro. Attivando il banner, LinkedIn offre suggerimenti più personalizzati sulle offerte di lavoro in linea con le competenze dell'utente, aumentando le opportunità mirate. Tuttavia, per altri, il banner “Open to Work” può essere interpretato come un segno di disperazione, soprattutto se si è disoccupati da un po’ di tempo. Molti temono che l’uso di questo strumento possa portare a stigma e pregiudizi: alcuni recruiter potrebbero percepire chi lo usa come qualcuno che non riesce a trovare lavoro autonomamente. Non solo, c'è anche il rischio che chi è attualmente impiegato possa compromettere il proprio rapporto con l'azienda, segnalando apertamente la ricerca di nuove opportunità. Un altro aspetto negativo è la possibilità di essere inondati da offerte di lavoro non pertinenti, sprecando tempo ed energie per posizioni che non rispecchiano le aspettative. Il caso di Myers ci spinge a riflettere su come ci presentiamo su piattaforme come LinkedIn. Essere onesti sulle proprie difficoltà non deve essere percepito come un segno di debolezza, ma piuttosto come un atto di coraggio in un mondo professionale spesso dominato da immagini perfette e costruite. #riflessioni #opentowork #banner #desperate #LinkedIn #torcha

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    Quanto è difficile imparare qualcosa di nuovo? Diciamo la verità: imparare qualcosa di nuovo non è una passeggiata nel parco, soprattutto quando non siamo più ragazzini. Ogni anno che passa, sembra che il nostro cervello si prenda un po' più di tempo per ingranare. Ma la buona notizia è che, anche se ci vuole più impegno, non è affatto impossibile. Basta il giusto approccio e un po’ di pazienza. Imparare qualcosa di nuovo spesso richiede tempo perché il nostro cervello ha bisogno di creare nuove connessioni neurali. Ogni volta che tentiamo di acquisire una nuova competenza, si formano sinapsi che rafforzano i nuovi schemi di pensiero e movimento. La pratica deliberata accelera questo processo, rendendolo più efficiente, perché costringe il cervello a concentrarsi sulle aree più critiche, eliminando distrazioni e sprechi di tempo. Questo concetto, studiato da psicologi e neuroscienziati, si basa su un approccio strategico e mirato all'apprendimento. Non si tratta di fare semplicemente più ore di pratica, ma di praticare in modo intelligente e focalizzato. La pratica deliberata inizia con la definizione di un obiettivo specifico e chiaro. Senza una direzione ben definita, è difficile fare progressi significativi. Poi, bisogna suddividere l'abilità in micro-competenze o "blocchi" più piccoli e gestibili, ciascuno dei quali contribuisce al miglioramento complessivo. Un altro fattore cruciale è l'intensità della pratica: non si tratta di fare lunghe sessioni ripetitive, ma di lavorare intensamente su un aspetto specifico per un periodo breve ma altamente produttivo. Studi dimostrano che sessioni brevi e focalizzate migliorano notevolmente la capacità del cervello di creare nuove connessioni neurali, accelerando così il processo di apprendimento. Infine, il feedback è fondamentale. Ricevere un riscontro immediato sui propri progressi aiuta a correggere gli errori e ad adattare la pratica. Anche una semplice riflessione quotidiana, come tenere un diario di ciò che si è appreso, può fare una grande differenza. Questo ciclo continuo di pratica e feedback permette di apprendere una nuova abilità in una frazione del tempo rispetto ai metodi tradizionali. Che si tratti di una soft skill, come la leadership o la comunicazione efficace, o di una competenza tecnica, come imparare un nuovo strumento o software, la pratica deliberata è la chiave per accelerare l'apprendimento e ottenere risultati migliori. Se vuoi migliorare te stesso o aiutare il tuo team a crescere più rapidamente, integrare questo approccio nel tuo metodo può fare la differenza. Quali sono i vostri trucchi per imparare nuove competenze? #riflessioni #praticadeliberata #skills #imparare #LinkedIn #torcha

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    500mila persone hanno firmato per chiedere il referendum sulla cittadinanza +Europa ha depositato il 4 settembre in Cassazione il testo del quesito referendario per chiedere la riduzione del tempo di residenza legale necessario per ottenere la cittadinanza italiana. Per l’approvazione della richiesta di referendum erano necessarie almeno 500mila firme, cifra che è stata raggiunta oggi   Con il referendum si chiede di abrogare una parte dell’attuale legge della cittadinanza, del 1992, abbassando da 10 a 5 gli anni di residenza legale necessari per poter richiedere la cittadinanza italiana da parte di stranieri maggiorenni. Rimarrebbero invariati gli altri requisiti, come “la conoscenza dell’italiano (livello B1), il possesso di adeguate fonti economiche, l’idoneità professionale, l’ottemperanza agli obblighi tributari, l’assenza di cause ostative collegate alla sicurezza della Repubblica”   La Corte di Cassazione dovrà verificare la regolarità delle 500mila firme depositate, se il controllo della regolarità venisse superato il quesito dovrà essere esaminato dalla Corte Costituzionale, che si occuperà di valutarne la corretta formulazione e l’ammissibilità. Passato questo ultimo controllo, il quesito potrà essere sottoposto ai cittadini in una data tra aprile e maggio 2025   Se vincesse il “Sì” la nuova legge sulla cittadinanza interesserebbe circa 2,5 milioni di cittadini, anche perché i genitori potrebbero trasferire la cittadinanza italiana ai loro figli minorenni tramite ius sanguinis   In questi giorni il PD ha depositato una proposta di legge inerente al tema della cittadinanza, con la proposta di introdurre lo Ius Soli e lo Ius Scholae, ovvero il rilascio della cittadinanza italiana ai figli di genitori che risiedono legalmente in Italia da almeno 2 anni, e ai bambini entrati in Italia prima dei 12 anni che abbiano frequentato le scuole italiane per almeno 5 anni, compresa la scuola dell’infanzia   È possibile ancora firmare per l’approvazione del referendum entro il 30 settembre: le firme che saranno depositate oltre il quorum di 500mila non saranno perse, ma saranno in ogni caso prese in esame dalla Corte di Cassazione   Se si farà, andrai a votare? #politica #referendumcittadinanza #iusscholae #iussoli #LinkedIn #torcha

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