Dragon Ball Z: Kakarot - Recensione
Le emozioni di una delle saghe più amate sono più forti che mai, eppure...
LA RECENSIONE IN BREVE
- Un vero e proprio "fan service", con grande attenzione al materiale originale e tante citazioni. Consigliato agli appassionati di Dragon Ball.
- Gli scontri e l'azione pura risultano soddisfacenti e spettacolari, tanto da vedere quanto da vivere in prima persona.
- Le meccaniche da GdR sono esili e poco convincenti, con dinamiche che non riescono a dare il loro meglio o a essere sfruttate a dovere.
Cha-La Head-Cha-La! Avviare Dragon Ball Z: Kakarot e, nel giro di una opening, finire indietro di una ventina d'anni, (quando davanti alla televisione si alzavano le braccia al cielo pronti a donare la nostra energia a Goku) è un'emozione e il segno che esistono immaginari senza tempo. L'opera magna di Akira Toriyama è uno di questi: Dragon Ball è un universo sconfinato, ricchissimo, con oltre trent'anni sulle spalle, che ha cresciuto almeno due generazioni ma ancora non sembra soddisfatto. Di tutte le saghe che compongono l'avventura di Son Goku, quella dei Guerrieri Z è la più importante - in termini effettivi e affettivi. Non è una sorpresa che il lavoro del Bird Studio sia entrato definitivamente nella spirale dei tie-in, con tutti i pro e i contro del caso.
Dragon Ball Z: Kakarot è l'ultimo di una lunghissima serie di videogiochi ma il primo a trattarne l'universo narrativo sotto il profilo del GdR. Action/GdR per essere precisi. Il titolo sviluppato da CyberConnect2 prende la saga Z e la mette nelle mani dei giocatori con quel citazionismo e quel fanservice capaci di riaccendere l'animo Saiyan sopito in ognuno di noi.
What is my destiny
Come anticipato, il gioco copre l'intera saga, dall'invasione dei Saiyan sulla Terra fino alla sconfitta di Bu. L'aspetto primo da mettere in chiaro parlando di questo titolo è che Dragon Ball Z: Kakarot sta agli action/GdR come Sekiro: Shadows Die Twice sta ai soulslike. Ovvero, entrambi condividono aspetti di un genere al quale si riferiscono ma non ne fanno veramente parte. L'esperienza è scandita da un ritmo ben preciso, che alterna filmati a combattimenti e lascia molto l'idea che, sotto la patina del gioco di ruolo, Kakarot sia un Tenkaichi o uno Xenoverse un po' più elaborato.
Sotto il profilo della trama, si vede la volontà di rimanere il più fedeli possibile agli eventi pur con i tagli dovuti a tempo e probabilmente costi - nonostante certi buchi lascino un po' di amaro in bocca, al pari delle censure e di altre piccolezze che tuttavia sono figlie di una pignoleria eccessiva. Presa nel suo complesso, la trama fin a dove sono arrivata ora (la conclusione della saga di Frieza) è soddisfacente e il lavoro di CyberConnect2 è sicuramente da premiare: la maggior parte dei punti cardine è presente, valorizzata da una regia che cerca di seguire il più fedelmente la controparte anime e da una direzione artistica lodevole. Sembra di essere tornati precisamente a vent'anni fa quando Z debuttò in Italia e, seppure filtrate dal fatto di essere cresciuti nel frattempo, le emozioni sono pressoché le stesse.
Le prime difficoltà iniziano a sentirsi proprio sotto il profilo "ruolistico". Accanto a una gestione della narrazione principale molto, troppo lineare, ci sono però momenti in cui è possibile visitare liberamente il mondo di gioco. Divisa in macro aree, la Terra (la maggior parte delle attività si svolge lì, esclusa la parentesi namecciana della saga di Frieza) è a disposizione del giocatore e si apre all'esplorazione a mano a mano che si prosegue con l'avventura: mentre all'inizio sono attivate giusto un paio di zone, più si procede e più il gioco sblocca nuove aree. Visivamente molto fedeli, alcune anche molto estese ma, in particolare, generalmente prive di compenetrazione poligonale, hanno un grosso difetto: sono pressoché spoglie. Non di elementi bensì di attività e di nemici con i quali potersi allenare, anzi, a voler andare ancora più in profondità il gioco non valorizza minimamente il grinding - piuttosto insensato, per un GdR.
Poca carne al fuoco
La varietà dei nemici con i quali ci si può illudere di aumentare il livello del personaggio sarebbe imbarazzante... se esistesse varietà da principio. In ventuno ore di gioco e riferendomi soltanto alla Terra ho incontrato due sole tipologie di avversari: i robot pirata del Red Ribbon e, una volta arrivato il duo Vegeta/Nappa sulla Terra, i Saibaman. Questi nemici compaiono a caso sulla mappa ed esclusivamente in cielo, tendono a essere di un livello pari o inferiore rispetto a quello del giocatore e non offrono alcuna possibilità di progressione. Anche se ci fosse, in ogni caso, la mancanza di varietà renderebbe il tutto noioso.
Vista la profondità dell'universo di Dragon Ball trovo molto difficile credere che non si sia potuto pensare a qualcosa di più e soprattutto delude vedere la componente GdR così svalorizzata, perché se da un lato c'è un'assenza totale o quasi di nemici, dall'altro elementi come le missioni secondarie sono scarne e spesso strettamente fetch: prendi il pomodoro speciale dal contadino e portalo al Maestro Muten, per ottenerlo però bisogna scambiare del pesce che si trova nella stessa zona in cui ti trovavi fino a un minuto prima, quindi ritorna lì, poi di nuovo dal contadino, infine da Muten (o meglio, dalla Tartaruga). Sono sulla falsa riga dell'esempio appena riportato, cioè mancano di una profondità che proprio Dragon Ball fra i tanti avrebbe potuto offrire, considerato che in giro si trovano moltissimi personaggi - da Pilaf e i suoi sgherri fino a C-8 o anche Tao Pai-pai. Senza ovviamente contare, ancora, i punti esperienza a dire poco risibili che si ottengono per avere compiuto il nostro dovere.
L'aura del citazionismo, in Dragon Ball Z: Kakarot, è over 9000 ed è una cosa positiva ma non basta a rendere giustizia a quello che sarebbe potuto essere un grande GdR: i minigiochi visti finora sono al limite del banale e alcune meccaniche, come la caccia ai dinosauri, sembrano non avere un senso. Anziché mettere quest'ultimi come nemici particolari e più forti del normale, da affrontare con un criterio per ottenere certi tipi di risorse, ci si lilmita a bersagliarli con il Ki, da una visuale in prima persona e senza subire alcun danno finché non cedono. Nel caso decidessimo per uno scontro più "leale" rimanendo a terra, se anche fosse travolto dalla loro carica il personaggio non subisce alcun danno, limitandosi a essere sbalzato indietro. La stessa meccanica, e sempre pensata per avere le risorse, si applica alle torri del Red Ribbon, alle navicelle di Frieza quando si è su Namecc... tutti elementi che danno l'idea di essere stati messi lì per riempire una mappa che altrimenti in termini di attività sarebbe ben spoglia.
Tanti spazi da riempire
Se CyberConnect2 brilla, o quantomeno soddisfa, dal punto di vista del combat system (come vedremo più avanti), non si può dire ugualmente per la costruzione del mondo di gioco, per quel GdR che tanto avrebbe potuto regalare alla serie e al giocatore stesso. Volare da un punto a un altro di una mappa dettagliata dal punto di vista artistico ma povera sotto il profilo contenutistico lascia l'amaro in bocca, sapendo quante occasioni si sono lasciate andare per creare un mondo coinvolgente. Certo, ci sono oggetti, sfere Z per la progressione delle abilità e "tesori" da raccogliere ma dopo un po' prevale la noia, la sensazione del riempitivo e, sotto sotto, la delusione per un risultato finale che poteva essere davvero molto di più.
Dragon Ball Z: Kakarot non dà la sensazione di essere un brutto gioco ma, per quanto riguarda la sua natura GdR o più che altro la volontà di esserlo, subisce un po' la maledizione che affligge i tie-in dedicati agli anime: Kakarot, nel senso del gioco, vive di fanservice e funziona, se letto in questa ottica, ma quando prova a uscire dal seminato e a dimostrare qualcosa di più si perde nel proverbiale bicchiere d'acqua. Come anticipato, quella del gioco di ruolo è una patina molto molto velata sotto la quale si cela quello che di fatto è un action game.
Una volta capita la struttura di gioco, diventa chiaro che, per ambire a essere un gioco di ruolo, il mondo di gioco di Dragon Ball Z: Kakarot è troppo limitato e limitante ma anche la progressione stessa del personaggio cozza con quella che sarebbe la concezione di gioco di ruolo.
Menarsi molto forte
Quando si passa al sistema di combattimento ci si ritrova di fronte a un'esperienza soddisfacente e ben strutturata e in effetti i dubbi, con CyberConnect2 di mezzo, erano pochi. Non appena Goku e compagni scendono in campo, il gioco mostra tutti i suoi muscoli
Dovendo seguire lo sviluppo narrativo della saga, Dragon Ball Z: Kakarot si muove per gradi ma, forte anche della nostalgia e della presa che inevitabilmente esercita sui fan, questa progressione lenta è da leggersi come un pregio piuttosto che un difetto. C'è un soddisfacente senso di conquista a mano a mano che Goku passa dal Kaiohken alla trasformazione in Super Saiyan, seguito a ruota da Gohan, da Vegeta e dallo stesso Piccolo quando finirà per ritornare tutt'uno con Dio durante l'arco narrativo di Cell. Il team di sviluppo ha colto il desiderio dei fan di rivivere la saga come sarebbe dovuta essere e l'ha infuso nella sua componente action.
I combattimenti sono impegnativi, anche perché la progressione "incatenata" non permette al giocatore di creare un'enorme disparità tra il proprio livello e quello dell'intelligenza artificiale (sebbene finita la storia di Freezer, con la dovuta pazienza, diventi più semplice creare un piccolo divario di forze), e soprattutto bilanciano la frenesia alla strategia. Nella sua spettacolarità, tra attacchi di pura forza bruta e onde energetiche di sorta, Dragon Ball Z: Kakarot non scorda di esigere dal giocatore l'utilizzo di intelligenza e strategia, se vuole uscire vittorioso dagli scontri.
Proprio come nell'anime
In base al momento della storia, i combattimenti possono essere affrontati in gruppo, in due oppure in solitario, tutte eventualità il cui peso sull'andamento dello scontro si fa sentire: sfidare da soli tre o addirittura sei avversari non è lo stesso che farlo assieme a un alleato, soprattutto perché il gioco dà il meglio di sé quando il pacchetto è completo. Non esiste un pulsante del controller che non si riveli utile nell'economia dello scontro: dalle trasformazioni, fino alle tecniche per arrivare all'uso degli oggetti (ci sono anche i famosi Senzu!) o al supporto chiesto agli alleati, le dita somigliano a formiche impazzite mentre la testa corre già alla prossima combinazione da utilizzare per massimizzare i danni con il minimo sforzo. Se c'è un aspetto che, dopo la fedeltà visiva e artistica, spicca di più nel gioco è proprio la travolgente sensazione di sentirsi parte di quel mondo che da ragazzini vedevamo filtrato dallo schermo del televisore.
Dragon Ball Z: Kakarot ci mette davvero nei panni dei guerrieri Z, lo fa con la scioltezza di chi, come CyberConnect2, è consapevole della propria esperienza nel genere e intende metterla a frutto in modo eclatante. Quando si tratta di muovere le mani, di entrare a far davvero parte dell'azione, non potreste trovare soddisfazione migliore che quella garantita in questo caso. Sotto quest'ottica, la scelta di legare la progressione del giocatore al proseguimento della storia assume senza dubbio più senso ma non manca di cozzare con la seconda anima del gioco, quella ruolistica.
Con ogni probabilità se ci si fosse concentrati sulla parte action, relegando i pochi elementi GdR a un compito più marginale, l'esito sarebbe stato in larga misura migliore. Perché se il sistema di combattimento non presenta falle quando si tratta di far saltare i denti a qualcuno, le piccole mancanze legate alla progressione non tardano a farsi sentire.
Tante idee un po' confuse
Lo sviluppo del personaggio non è soltanto legato al level up ma anche, in maniera significativa, alla meccanica del cibo: nonostante si possa procedere senza problemi dimenticandosi della sua esistenza (e non è certo un pregio, questo), mangiare piccoli piatti e in particolare menu più completi garantisce un aumento permanente di alcune statistiche, assieme ai consueti vantaggi temporanei che vanno a esaurirsi con il tempo. Le pietanze base sono alla portati di tutti i personaggi non giocanti che mettono a disposizione le loro abilità culinarie, al contrario dei menu speciali che solamente Chichi può preparare.
Indipendentemente da cosa si sceglie, per cucinare servono gli ingredienti che possono essere trovati nei negozi ma soprattutto nelle varie aree del mondo: qui è il momento in cui la metà GdR e quella action entrano in contatto, essendo l'esplorazione parte di rilievo se si vogliono accrescere le potenzialità dei personaggi. La noia che sopraggiunge sia in fase di ricerca, per un mondo fedele visivamente ma poco stimolante a livello ludico, sia nel terminare eventuali missioni secondarie che possono premiare con oggetti più rari, non invogliano a sfruttare una meccanica di cui, come si è già detto, ci si può facilmente dimenticare.
L'importanza del cibo, intesa come volontà di trasporla fedelmente dal manga/anime, si va a perdere in una costruzione ruolistica insoddisfacente, dando alla meccanica un'importanza risibile e più interessante forse per i completisti.
Legata alla progressione del personaggio c'è anche la Comunità, una delle caratteristiche più interessanti del gioco: divisa in sette sezioni, ciascuna delle quali capitanata da un leader, la fase Comunità è un piccolo "minigioco" gestionale in cui bisogna assegnare i relativi emblemi in base alla sezione di riferimento e, soprattutto, a come si vuole valorizzare il proprio stile di gioco. Ogni emblema rappresenta un personaggio e sebbene ce ne siano alcuni che è quasi un obbligo inserire in una determinata sezione, moltissimi potrebbero anche far parte di altri gruppi per via dei bonus che possono offrire: è in sostanza un gioco di incastri basato da un lato sul valore più alto che un emblema può offrire ma dall'altro sulle vostre scelte nello sviluppo della partita.
Tenete alla cucina e ai suoi effetti? In questo caso potreste dovervi trovare a utilizzare Gohan e Goten - che per ovvi motivi eccellono nella sezione Guerrieri Z. Vendere e raccogliere risorse è invece la vostra strada nella vita? Allora è la comunità degli adulti a dovervi interessare, della quale fan parte persino personaggi che non avreste mai preso in considerazione.
Nel complesso la comunità è un ottimo strumento per regolare la vostra partita ed è inevitabilmente legata a doppio filo con il lato GdR del gioco. La maggior parte degli emblemi si ottiene finendo specifiche missioni secondarie molto spesso legate ad altrettanti momenti della storia: significa che, doveste mancarle, non sarete più in grado di recuperarle in futuro. Ancora una volta, un aspetto che avrebbe potuto funzionare molto bene viene rallentato da un'anima da GdR piuttosto indecisa: giocando ho sentito troppo spesso la stretta delle catene invisibili imposte dagli sviluppatori. Per un gioco che vuole anche essere di ruolo la mancata libertà è un peso non indifferente.
La sensazione è che si sia provato a dar vita a tante cose assieme senza avere bene in mente come fare a mantenerle coerenti e accattivanti: la maggior parte degli aspetti GdR manca di mordente, dalle missioni secondarie ripetitive e fin troppo fetch all'assoluta mancanza di varietà nei nemici. Tante le idee, senza dubbio, forse anche troppe in una ricerca di fedeltà e integrazione delle varie serie che è stata un'arma a doppio taglio.
Un ottimo action game in un mondo blando
Dragon Ball Z: Kakarot funziona benissimo quando si sconfina nel combattimento puro, restituendo le sensazioni dell'anime in tutta la loro forza e dando vita a un action/picchiaduro soddisfacente e valido. La progressione del personaggio legata al proseguimento della trama, in merito abilità e trasformazioni, ha senso mentre la questione del level up e dell'incremento delle statistiche sbatte il muso contro un impianto GdR troppo abbozzato, ripetitivo e mal strutturato in alcuni punti. Sono meccaniche che funzionano, ma troppo spesso si percepiscono costrittive e limitanti per un gioco di ruolo, scadendo nella noia quando non nella vera frustrazione.
Trovo inoltre imperdonabile la mancanza di varietà lato nemici: quaranta e passa ore trascorse a combattere soprattutto i robot del Red Ribbon (che peraltro nel mondo Z ha una valenza molto scarsa, eccezion fatta per gli androidi del Dr. Gelo) tolgono qualsiasi divertimento a un grinding che già di base è incatenato.
A questo va aggiunta l'eccessiva presenza di caricamenti: i tempi sono relativamente brevi, anche per merito della patch, ma sono diversi i casi in cui ci viene mostrato un filmato di dieci o poco più secondi, fase di caricamento, altro video breve, caricamento e via discorrendo per almeno due volte ancora. La fedeltà narrativa di Dragon Ball Z: Kakarot è indiscutibile, pur mancando a volte delle scene chiave che avrebbero potuto essere inserite, ma riguardo i ritmi si sarebbe potuto fare qualcosa di più, magari unendo certe scene anziché spezzarle con una irritante sequela di caricamenti.
Nulla da dire, invece, per quanto riguarda il profilo artistico: suoni e grafica, così come la ricostruzione dell'universo, sono a dir poco perfetti, capaci di fare la gioia di tutti gli appassionati. La colonna sonora originale dell'anime è poi un eccezionale tocco di classe.
Verdetto
Dragon Ball Z: Kakarot è, fuori da ogni dubbio, il tie-in dedicato a un anime migliore che sia mai stato sviluppato... sotto il profilo del fanservice. Un appassionato della serie non potrebbe probabilmente desiderare di meglio. Se però ci allontaniamo dal lato artistico/narrativo e andiamo ad analizzare nel dettaglio quello ludico, emergono molte, troppe pecche sotto il profilo ruolistico che vanno inevitabilmente a intralciare anche la fase più puramente d'azione, che invece di per sé risulta soddisfacente. Se preso nelle singole metà, Dragon Ball Z: Kakarot è un gioco che si potrebbe dire spezzato in due. Da un lato appaga per la gestione del sistema di combattimento, dall'altra sfortunatamente delude in quanto GdR: le varie meccaniche non riescono mai a lasciare il segno, o se lo fanno non in positivo, influendo negativamente sul lavoro invece ottimo quando si tratta del combattimento in sé. In breve, è certamente un gioco destinato a soddisfare nell'ottica di fanservice ma espone di più il fianco in merito all'aspetto ludico.