Phd Thesis by Valeria Cocozza
Quando il 29 luglio 1529, nella cattedrale di Barcellona, Carlo V e Clemente VII firmarono la pac... more Quando il 29 luglio 1529, nella cattedrale di Barcellona, Carlo V e Clemente VII firmarono la pace, che dalla città catalana prese nome, Trivento era uno snodo importante nel piano strategico e delle operazioni militari della Corona spagnola nel Regno di Napoli. Posta, com’era, lungo la strada d’accesso terrestre al Regno di Napoli, in una zona di confine con la Santa Sede, circondata da potentati ecclesiastici come Montecassino o la badia di S. Sofia di Benevento, era inevitabile che un sovrano come Carlo V avesse mire su di essa per stabilire un controllo serrato in ambito civile ed ecclesiastico, da un lato con il conferimento del titolo feudale alla fedele e leale nobiltà e dall’altro lato controllando gli avvicendamenti episcopali sulla cattedra più antica del Contado di Molise. Eppure, nell’ambito della storia e delle vicende che riguardarono il regio patronato nel Mezzogiorno d’Italia, sulla diocesi di Trivento è stata fatta ancora poca luce, soprattutto in relazione al maggior rilievo economico e politico che ebbero altre diocesi e arcidiocesi del Regno su cui pure il sovrano spagnolo intese stabilire il proprio controllo. Il presente lavoro intende colmare questo vuoto.
La storia della diocesi molisana ha rappresentato l’occasione per osservare la periferia del Regno di Napoli nell’età spagnola, alla luce delle complesse dinamiche politiche nelle molteplici e differenti relazioni tra “centri”, Spagna/Roma/Napoli e “periferie” dell’Impero e del Regno. In quel vasto spazio territoriale che fu il Regno di Napoli, periferia dell’assai più ampio Impero spagnolo, si muovono le trame per la nomina dei vescovi della diocesi di regio patronato e dunque degli ecclesiastici candidati alla diocesi di Trivento. Alla luce del costante dialogo tra i centri del potere sono ricostruiti i processi di nomina e i profili dei candidati alla diocesi molisana. Quest’ultimi erano segnati da un cursus honorum di tutto rispetto, perfettamente inseriti nel dialogo e nelle trame politiche vicereali della corte napoletana. La storia che emerge è storia politica, storia sociale, storia religiosa, in un moltiplicarsi di spunti di riflessioni che inevitabilmente emergono confrontandosi con una realtà diocesana e con le linee evolutive a essa riconducibili all’indomani del Tridentino e nelle attività pastorali del clero che operava nel territorio.
Quanti dei vescovi nominati dal sovrano spagnolo raggiunsero Trivento e, una volta sul posto, cosa fecero? Cosa cambiò nella storia del territorio? Seguendo le vicende della storia diocesana sono analizzati i motivi che indussero la Monarchia spagnola alla scelta di Trivento come diocesi di regio patronato e, dall’altro lato, le risposte e gli esiti che, nel lungo periodo, si ebbero sul territorio.
L’intero lavoro di tesi si snoda tra i centri del potere politico chiamati a nominare i vescovi di regio patronato e la compagine locale, per quel che attiene il territorio, le strutture demografiche, il panorama socio-economico, il sistema devozionale, la composizione del clero diocesano. Tutti elementi utili a contestualizzare e tracciare la storia diocesana nel lungo periodo dell’età spagnola
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Papers by Valeria Cocozza
Il patrimonio della città. Fonti e temi per la storia di Venafro (secc. XVI-XXI), a cura di Elisa Novi Chavarria, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2021
Attraverso l’analisi delle fonti notarili conservate presso l'Archivio di Stato di Campobasso e d... more Attraverso l’analisi delle fonti notarili conservate presso l'Archivio di Stato di Campobasso e dei libri contabili del monastero di S. Chiara di Venafro custoditi nell'Archivio del Capitolo Cattedratico di Isernia, è stata tracciata la vita di una comunità monastica, al confine tra due province del Regno di Napoli e che seppe ritagliarsi un ruolo attivo nell’economia locale nel corso del Seicento.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
2022, Confraternities in Southern Italy: Art, Politics, and Religion (1100–1800), edited by D. D’Andrea and S. Marino, Toronto, Centre for Renaissance and Reformation Studies, pp. 269-301, 2022
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Manuscrits. Revista d’Història Moderna, 41/2020, pp. 25-44, 2021
Poniendo el foco en las relaciones entre la Italia española y Cataluña, el presente artículo ofre... more Poniendo el foco en las relaciones entre la Italia española y Cataluña, el presente artículo ofrece un análisis comparativo de las prácticas de las carreras episcopales de patronato regio. En particular, se estudia la formación y circulación de las élites eclesiásticas en el seno de la red episcopal de patronato regio y de la monarquía ibérica. La emblemática y prestigiosa carrera desarrollada en Cataluña por el napolitano Benet de Tocco evidencia el rol que los eclesiásticos de corte tuvieron, no solo en el gobierno de las diócesis asignadas, sino en las redes de poder de las familias a las que pertenecían. ¿Cuál fue la circulación de eclesiásticos regios en el Mediterráneo moderno y en el sistema imperial español? ¿Quiénes fueron los obispos seleccionados para la asignación de las diócesis de patronato regio? ¿Qué significaba su traslado? El presente artículo procurará dar algunas respuestas a estas preguntas.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Attraverso la storia. Nuove ricerche sull'età moderna in Italia, a cura di E. Ivetic, Napoli, Editoriale Scientifica, 2020, pp. 331-352, 2020
Attorno e all’interno delle più conosciute diocesi di regio patronato del Regno di Napoli vi era ... more Attorno e all’interno delle più conosciute diocesi di regio patronato del Regno di Napoli vi era una altrettanto significativa rete di 125 benefici ecclesiastici. Si trattava di dignità ecclesiastiche esenti dalle giurisdizioni vescovili e direttamente dipendenti dal cappellano maggiore di Napoli. Come provvedeva la Monarchia spagnola alla nomina dei titolari di questi benefici? Che ruolo ebbero questi benefici ecclesiastici nella formazione delle élites ecclesiastiche nelle province del Regno di Napoli? Il presente contributo intende rispondere a queste domande, ponendosi come obiettivo quello di ricostruire la distribuzione dei benefici ecclesiastici di regio patronato, le loro rendite e i profili degli ecclesiastici cui furono assegnati.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
"Actes del VIII Congrés d'Història Moderna de Catalunya: «Catalunya i el Mediterrani». Barcelona, 17-20 desembre 2018", J.Dantì, X.Gil, D.Sola, I.Mauro (coord.), Barcelona 2019, pp. 865-875, 2019
La fruizione di un beneficio ecclesiastico di regio patronato rappresentava un importante strumen... more La fruizione di un beneficio ecclesiastico di regio patronato rappresentava un importante strumento utilizzato dalla Corona per stabilire, rinsaldare e consolidare le proprie reti politiche e sociali, e dai beneficiari come canale di ascesa socio-economica per sé e per i propri familiari. Le nomine vescovili di regio patronato nel sistema imperiale spagnolo, in tal senso, rappresentano un angolo visuale privilegiato per tracciare tempi, spazi e modi della formazione delle élite ecclesiastiche all’interno dell’impero degli Austrias. Partendo da due casi studio assai emblematici il presente contributo intende porre l’attenzione alle carriere plurilocalizzate tra i domini spagnoli in Italia e Catalogna dei vescovi di regio patronato.
important tool used by the Crown to establish and consolidate their political economic ascent for them and their families. The episcopal appointments in the Spanish imperial system offers an opportunity to study the times, spaces and modalities of formation of the ecclesiastical elites in the territories of the Hispanic Monarchy. Based on the study of two very emblematic cases, the present paper faces on the plurilocalized careers of the Bishops of Regio Patronat between the Spanish domains in Italy and Catalonia.
http://www.raco.cat/index.php/Pedralbes
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Capitali senza re nella Monarchia spagnola. Identità, relazioni, immagini (secc. XVI-XVIII), Palermo: Mediterranea, t. II, pp. 449-469, 2020
Che ruolo ebbe il cappellano maggiore nel cerimoniale di corte della Napoli spagnola? In che cosa... more Che ruolo ebbe il cappellano maggiore nel cerimoniale di corte della Napoli spagnola? In che cosa differì e in cosa si distinse dal rispettivo capellán mayor a Madrid? Il presente studio vuole far luce sul primo ecclesiastico di regio patronato a Napoli: il cappellano maggiore. In particolare, si intendono tracciare le analogie e le differenze del ruolo del cappellano maggiore tra Napoli e Madrid. Una figura, quest’ultima, su cui la tradizione storiografica italiana finora non ha posto adeguata attenzione, diversamente dai numerosi e ampi lavori coordinati da Martínez Millán che hanno interessato l’organizzazione della cappella reale in Castiglia all’interno delle case sovrane. Il cerimoniale offre, in tal senso, un angolo visuale privilegiato per sottolineare la molteplicità dei ruoli e la preminenza che egli ebbe a palazzo e fuori di esso nella religiosità, negli spazi della azione politica vicereale e nelle sue interazioni con le altre cariche politiche ed ecclesiastiche della capitale del Regno di Napoli.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Mediterrana. Ricerche Storiche, 2019
SOMMARIO: La percentuale di città demaniali nel Regno di Napoli in età moderna fu sempre marginal... more SOMMARIO: La percentuale di città demaniali nel Regno di Napoli in età moderna fu sempre marginale rispetto alla più ampia geografia feudale, ma non per questo fu meno significativa. Il presente saggio vuole fare luce sui casi in cui il conseguimento dello stato demaniale fu effetto di un processo bottom up, raggiunto per iniziativa dei ceti emergenti locali che, con ingenti sforzi finanziari, promossero, per l'appunto, la propria condizione di demanializzazione. Sono stati presi in esame tre differenti casi di studio, attestati tra la seconda metà del XVII secolo e la prima metà del XVIII secolo per rintracciare, attraverso la documentazione dell'Archivio Storico del Banco di Napoli, attori sociali e operazioni economiche svolte tra Napoli e le province del Regno per raccogliere le somme utili alla richiesta di riscatto in demanio presso i tribunali napoletani. È stato così ricostruito il network sociale di nuovi operatori economici, attivi a livello provinciale, che parteciparono come mediatori nella gestione delle pratiche finanziarie svoltesi a Napoli, con dinamiche per molti versi in linea con le coeve principali piazze europee.
ABSTRACT: The percentage of state-owned cities in the Kingdom of Naples in the modern age was always lower than the number of fiefs, that didn't mean that it was less significant. The study is focused on the bottom up process that defined the state-owned state, obtained by the initiative of the local emerging classes, namely the 'redemption processes in state property'. In the documents of the Historical Archive of the Banco di Napoli, three different case studies were examined between the second half of the 17th and the first half of the 18th century. The social actors and the economic operations were traced between Naples and the provinces of the Kingdom of Naples to collect the money useful for the request for redemption in state-owned. The social network of new economic operators, active at the provincial level and mediators in the management of financial practices in Naples, was reconstructed with the dynamics of the main contemporary European plazas.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Isole e frontiere nel Mediterraneo moderno e contemporaneo, a cura di A. Gallia, L. Pinzarrone, G. Scaglione, Palermo, New Digital Frontiera, 2017, 2017
Since the end of 15th century and until the first half of 16th century, the Spanish kings request... more Since the end of 15th century and until the first half of 16th century, the Spanish kings requested and received several concessions for the royal patronage in the dioceses of their dominions in Europe and in the New World. The control of the clergy trough the royal elections of bishops, as is known, expanded the network of patronage and the market of titles and honors in favour of the loyalty to the Crown.
Before the Barcelona agreements of the 1529, in the instructions sent from the Spanish kings to the viceroy and to the Spanish ambassadors to the Holy See. It marked the continuous demands by the Crown to obtained the royal patronage on not specified number of dioceses. Then, in the 1529, it was reserved to Charles V a portion of 10% of the large ecclesiastical geography of the Kingdom of Naples. The overview of studies on the royal patronage from the nineties to nowadays can be defined complete for each dominion of the Spanish Crown. This study is aimed to propose a synchronic and diachronic survey about the feudal government on the 25 cities that were located dioceses of the royal patronage. The investigation is focused in three principal moments of the 16th century and It aims to improve the analytical framework of these same cities as part of more complex Spanish politics.
Indeed, each episcopal place of the royal patronage was located in borders of military operations, in borders of the defense of the Kingdom by the sea and the land site. They represented the strategic points for the political and economic priorities of the Spain in the 16th century.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Comunità e territorio per una storia del Molise moderno attraverso gli apprezzi feudali (1593-1744), pp. 49-58, 2015
Bookmarks Related papers MentionsView impact
In the historiography there is a gap for what concerns the role and duties attached to the chapla... more In the historiography there is a gap for what concerns the role and duties attached to the chaplain major of Naples, in detail for the 16th and 17th century. During the Spanish age the chaplain major of Naples became a royal official with own dignity, with ecclesiastical and civil privileges, free by the Holy See and by any ecclesiastical court. The aim of this study is to reconstruct the extensive areas of competence of the chaplain major in the ecclesiastical, political and cultural sphere in the kingdom of Naples and in the Capital. The requirement for the chaplain designation were the same used to select the civil and ecclesiastical roles. However, the choice of major chaplains was direct to prefer who had previous and direct experience in the Court or in a family linked to the Court, regardless to the “nationality” of the candidate. The second part of the study is aimed to highlight the dialectic between Naples and Madrid for the appointment of chaplains through the reconstruction of dynamics of election and two profiles of chaplains, Gabriel Sanchez de Luna and Juan de Salamanca. They clearly explain issues and expectations of the Spanish Crown in the choice of ecclesiastical figures of Court.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Bookmarks Related papers MentionsView impact
La storiografia italiana e spagnola, più o meno recente, ha ormai messo bene in evidenza le trame... more La storiografia italiana e spagnola, più o meno recente, ha ormai messo bene in evidenza le trame del potere politico e le dinamiche fazionarie che ruotavano attorno al conferimento dei maggiori incarichi ecclesiastici. Proponendo il caso studio di Paolo Bisnetti de Lago, per lungo tempo segretario dei generali dell’Ordine dei Frati minori e poi vescovo nel regio patronato del Regno di Napoli, il presente contributo intende entrare nel merito della politica messe in atto dal clan dei Sandoval, nei più complessi e ampi giochi di potere per la gestione e il conferimento dei numerosi incarichi e benefici ecclesiastici nei confronti di quanti appartenevano alla vasta ‘comunidad de vassallos’ della Corona spagnola. Chiamati a svolgere una carriera transnazionale all’interno e, talvolta, anche all’esterno dell’Impero spagnolo, gli ecclesiastici di corte accumulavano esperienze ed entravano in contatto con modelli culturali di cui si facevano promotori stimolando positivi cambiamenti all’interno degli spazi in cui essi operavano e nei confronti delle comunità locali con cui interagivano. La carriera del Bisnetti e l’indotto economico e devozionale che lo stesso seppe attivare e radicare nel territorio della diocesi di Trivento, durante il suo lungo episcopato, offrono una visuale assai interessante per analizzare le dinamiche di potere nel regio patronato nel Regno di Napoli del primo Seicento.
The Italian and Spanish historiography has been highlighted the scheme of the policy and the dynamics of the factions about the ecclesiastical designations. Paolo Bisnetti de Lao was the secretary of the General Master of the Friars Minor for long time, then he became bishop in the royal patronage of the Kingdom of Naples. This work wants to assess the merits of the political dynamics of the clan of Sandoval for the management and the provision of the many positions and ecclesiastical benefits against the wide ‘servant community’ of the Crown Spanish. The ecclesiastical court carried out a transnational career inside and sometimes even outside of the Spanish Empire. The ecclesiastical court gained experiences and was in contact with cultural models becoming the promoter of positive changes within the places, where it operated, and with the local communities, by which interact. The career of Bisnetti and his economic and devotional spin-off during his long episcopate in the diocese of Trivento offer a very interesting view in order to analyze the patterns of power in the royal patronage of the Kingdom of Naples in the early seventeenth century.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Migrazioni Circolari, Glocale 8/2014
The image of Molise, during the Modern Age, is too often identified with the seasonal migrations ... more The image of Molise, during the Modern Age, is too often identified with the seasonal migrations of shepherds and herds between Abruzzo and Puglia.
In this area, however, there was a micro-mobility, that was typical of the Ancient Règime society, composed by individuals or group that come outside of Molise to “integrate” the social and professional local figures.
The essay intends to analyze spaces and forms of these internal and temporary migrations. A specific focus is devoted to the case-study of Trivento between 16th and 18th centuries.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Tutte mediterranee. Storie di donne e di culture, a cura di Melania Busacchi e Emanuela Locci, Dec 2013
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Culture di genere in Unimol. Studi offerti a Giovanni Cannata, a cura di E. Novi Chavarria e I. Zilli, Campobasso, Università degli Studi del Molise, 2013
Bookmarks Related papers MentionsView impact
La costruzione del paesaggio agrario nell’età moderna. Lezioni e pratiche della Summer School “Emilio Sereni”. (III Edizione, 23 – 28 agosto 2011), a cura di G. Bonini, A. Brusa, R. Cervi, Gattatico, Istituto Alcide Cervi, 2012
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Baroni e vassalli. Storie moderne, a cura di E. Novi Chavarria e V. Fiorelli, Milano, FrancoAngeli, 2011
Piccoli feudi di antica costituzione, ascrivibili alla microsignoria, componevano il panorama del... more Piccoli feudi di antica costituzione, ascrivibili alla microsignoria, componevano il panorama della feudalità ecclesiastica del Molise moderno. Si trattava di un fenomeno “residuale”, che rimase perlopiù invariato nel corso dell’età moderna. Nel ricostruire la composizione della feudalità ecclesiastica si analizzano le analogie e le divergenze con la feudalità laica, rispetto alle forme di gestione e giurisdizione, oltre che di partecipazione al “mercato del feudo”.
Small feuds of old constitution, that can be attributed to “micro-lordship”, defined the landscape of modern ecclesiastical feudalism in Molise. It was a residual of medieval feudalism and it was almost unchanged during the modern age. The paper reconstructs and analyzes the similarities and the differences between the ecclesiastical and secular feudalism, in comparison to the forms of administration and jurisdiction, as well as the participation in the trade feud.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Glocale. Rivista molisana di storia e scienze sociali, 2011
I più recenti studi di demografia storica stanno rivalutando il consueto paradigma della sedentar... more I più recenti studi di demografia storica stanno rivalutando il consueto paradigma della sedentarietà delle popolazioni dell’Europa di antico regime. Si deve piuttosto propendere per una endemica micromobilità regionale, con tempi e modi diversi nel tempo e nello spazio, annullando qualsiasi schematizzazione tesa a distinguere nettamente la sedentarietà e la mobilità.
In quest’ottica, nel contributo si pone l’attenzione su alcuni gruppi di zingari, attivi mercanti di bestiame nel Molise e nelle regioni limitrofe, tra Sette e Ottocento. Spostandosi al ritmo delle fiere e dei mercati gli zingari entravano in contatto con le comunità che di volta in volta li ospitavano per lunghi o brevi periodi, diventando parte integrante dell’economia fieristica locale. In questo senso, la loro mobilità non dipendeva da fattori antropologici o di emarginazione, ma era funzionale alle attività che loro stessi sceglievano di svolgere.
I libri delle obligationes penes acta delle corti baronali hanno costituito un punto di vista privilegiato e di partenza per ricostruire le vicende del loro vissuto e dei processi di integrazione economica e di ascesa sociale che contraddistinsero le vicende di alcuni di loro. Studiandone le attività, gli spostamenti, le vicende genealogiche si tracciano i profili della interazione e integrazione degli zingari nel sistema non solo culturale e sociale, ma anche e soprattutto economico del Molise tra Sette e Ottocento.
Most recent studies of historical demography are slowly rediscovering the paradigm of a sedentary lifestyle. The population was not immobile. There were different mobility’s patterns, therefore, it could be defined a regional endemic mobility, that it cannot be fixed in a specific patterns: mobility or immobile.
The study analyzes complementarity between mobility and immobile about a gypsies’s group, that was an important traders group in the fairs of the South Italy in the XVIII and XIX centuries. Their mobility was limited in the space and interested short or long period, and becoming part of the economy local fair. In this sense, their mobility was not affected by anthropological factors or exclusion, but was instrumental in the activities that they themselves chose to play.
The obligationes penes acta have constituted a point of view and the beginning of rebuild the profiles of some gypsies, such as events of their experiences and their social integrations with others populations.
They moved in Molise and in the surrounding regions with the rhythm of fairs. Through the study of their activities, their movements, their genealogy's events we have reconstructed some models of cultural, social and economic integration.
Bookmarks Related papers MentionsView impact
Uploads
Phd Thesis by Valeria Cocozza
La storia della diocesi molisana ha rappresentato l’occasione per osservare la periferia del Regno di Napoli nell’età spagnola, alla luce delle complesse dinamiche politiche nelle molteplici e differenti relazioni tra “centri”, Spagna/Roma/Napoli e “periferie” dell’Impero e del Regno. In quel vasto spazio territoriale che fu il Regno di Napoli, periferia dell’assai più ampio Impero spagnolo, si muovono le trame per la nomina dei vescovi della diocesi di regio patronato e dunque degli ecclesiastici candidati alla diocesi di Trivento. Alla luce del costante dialogo tra i centri del potere sono ricostruiti i processi di nomina e i profili dei candidati alla diocesi molisana. Quest’ultimi erano segnati da un cursus honorum di tutto rispetto, perfettamente inseriti nel dialogo e nelle trame politiche vicereali della corte napoletana. La storia che emerge è storia politica, storia sociale, storia religiosa, in un moltiplicarsi di spunti di riflessioni che inevitabilmente emergono confrontandosi con una realtà diocesana e con le linee evolutive a essa riconducibili all’indomani del Tridentino e nelle attività pastorali del clero che operava nel territorio.
Quanti dei vescovi nominati dal sovrano spagnolo raggiunsero Trivento e, una volta sul posto, cosa fecero? Cosa cambiò nella storia del territorio? Seguendo le vicende della storia diocesana sono analizzati i motivi che indussero la Monarchia spagnola alla scelta di Trivento come diocesi di regio patronato e, dall’altro lato, le risposte e gli esiti che, nel lungo periodo, si ebbero sul territorio.
L’intero lavoro di tesi si snoda tra i centri del potere politico chiamati a nominare i vescovi di regio patronato e la compagine locale, per quel che attiene il territorio, le strutture demografiche, il panorama socio-economico, il sistema devozionale, la composizione del clero diocesano. Tutti elementi utili a contestualizzare e tracciare la storia diocesana nel lungo periodo dell’età spagnola
Papers by Valeria Cocozza
important tool used by the Crown to establish and consolidate their political economic ascent for them and their families. The episcopal appointments in the Spanish imperial system offers an opportunity to study the times, spaces and modalities of formation of the ecclesiastical elites in the territories of the Hispanic Monarchy. Based on the study of two very emblematic cases, the present paper faces on the plurilocalized careers of the Bishops of Regio Patronat between the Spanish domains in Italy and Catalonia.
http://www.raco.cat/index.php/Pedralbes
ABSTRACT: The percentage of state-owned cities in the Kingdom of Naples in the modern age was always lower than the number of fiefs, that didn't mean that it was less significant. The study is focused on the bottom up process that defined the state-owned state, obtained by the initiative of the local emerging classes, namely the 'redemption processes in state property'. In the documents of the Historical Archive of the Banco di Napoli, three different case studies were examined between the second half of the 17th and the first half of the 18th century. The social actors and the economic operations were traced between Naples and the provinces of the Kingdom of Naples to collect the money useful for the request for redemption in state-owned. The social network of new economic operators, active at the provincial level and mediators in the management of financial practices in Naples, was reconstructed with the dynamics of the main contemporary European plazas.
Before the Barcelona agreements of the 1529, in the instructions sent from the Spanish kings to the viceroy and to the Spanish ambassadors to the Holy See. It marked the continuous demands by the Crown to obtained the royal patronage on not specified number of dioceses. Then, in the 1529, it was reserved to Charles V a portion of 10% of the large ecclesiastical geography of the Kingdom of Naples. The overview of studies on the royal patronage from the nineties to nowadays can be defined complete for each dominion of the Spanish Crown. This study is aimed to propose a synchronic and diachronic survey about the feudal government on the 25 cities that were located dioceses of the royal patronage. The investigation is focused in three principal moments of the 16th century and It aims to improve the analytical framework of these same cities as part of more complex Spanish politics.
Indeed, each episcopal place of the royal patronage was located in borders of military operations, in borders of the defense of the Kingdom by the sea and the land site. They represented the strategic points for the political and economic priorities of the Spain in the 16th century.
The Italian and Spanish historiography has been highlighted the scheme of the policy and the dynamics of the factions about the ecclesiastical designations. Paolo Bisnetti de Lao was the secretary of the General Master of the Friars Minor for long time, then he became bishop in the royal patronage of the Kingdom of Naples. This work wants to assess the merits of the political dynamics of the clan of Sandoval for the management and the provision of the many positions and ecclesiastical benefits against the wide ‘servant community’ of the Crown Spanish. The ecclesiastical court carried out a transnational career inside and sometimes even outside of the Spanish Empire. The ecclesiastical court gained experiences and was in contact with cultural models becoming the promoter of positive changes within the places, where it operated, and with the local communities, by which interact. The career of Bisnetti and his economic and devotional spin-off during his long episcopate in the diocese of Trivento offer a very interesting view in order to analyze the patterns of power in the royal patronage of the Kingdom of Naples in the early seventeenth century.
In this area, however, there was a micro-mobility, that was typical of the Ancient Règime society, composed by individuals or group that come outside of Molise to “integrate” the social and professional local figures.
The essay intends to analyze spaces and forms of these internal and temporary migrations. A specific focus is devoted to the case-study of Trivento between 16th and 18th centuries.
Small feuds of old constitution, that can be attributed to “micro-lordship”, defined the landscape of modern ecclesiastical feudalism in Molise. It was a residual of medieval feudalism and it was almost unchanged during the modern age. The paper reconstructs and analyzes the similarities and the differences between the ecclesiastical and secular feudalism, in comparison to the forms of administration and jurisdiction, as well as the participation in the trade feud.
In quest’ottica, nel contributo si pone l’attenzione su alcuni gruppi di zingari, attivi mercanti di bestiame nel Molise e nelle regioni limitrofe, tra Sette e Ottocento. Spostandosi al ritmo delle fiere e dei mercati gli zingari entravano in contatto con le comunità che di volta in volta li ospitavano per lunghi o brevi periodi, diventando parte integrante dell’economia fieristica locale. In questo senso, la loro mobilità non dipendeva da fattori antropologici o di emarginazione, ma era funzionale alle attività che loro stessi sceglievano di svolgere.
I libri delle obligationes penes acta delle corti baronali hanno costituito un punto di vista privilegiato e di partenza per ricostruire le vicende del loro vissuto e dei processi di integrazione economica e di ascesa sociale che contraddistinsero le vicende di alcuni di loro. Studiandone le attività, gli spostamenti, le vicende genealogiche si tracciano i profili della interazione e integrazione degli zingari nel sistema non solo culturale e sociale, ma anche e soprattutto economico del Molise tra Sette e Ottocento.
Most recent studies of historical demography are slowly rediscovering the paradigm of a sedentary lifestyle. The population was not immobile. There were different mobility’s patterns, therefore, it could be defined a regional endemic mobility, that it cannot be fixed in a specific patterns: mobility or immobile.
The study analyzes complementarity between mobility and immobile about a gypsies’s group, that was an important traders group in the fairs of the South Italy in the XVIII and XIX centuries. Their mobility was limited in the space and interested short or long period, and becoming part of the economy local fair. In this sense, their mobility was not affected by anthropological factors or exclusion, but was instrumental in the activities that they themselves chose to play.
The obligationes penes acta have constituted a point of view and the beginning of rebuild the profiles of some gypsies, such as events of their experiences and their social integrations with others populations.
They moved in Molise and in the surrounding regions with the rhythm of fairs. Through the study of their activities, their movements, their genealogy's events we have reconstructed some models of cultural, social and economic integration.
La storia della diocesi molisana ha rappresentato l’occasione per osservare la periferia del Regno di Napoli nell’età spagnola, alla luce delle complesse dinamiche politiche nelle molteplici e differenti relazioni tra “centri”, Spagna/Roma/Napoli e “periferie” dell’Impero e del Regno. In quel vasto spazio territoriale che fu il Regno di Napoli, periferia dell’assai più ampio Impero spagnolo, si muovono le trame per la nomina dei vescovi della diocesi di regio patronato e dunque degli ecclesiastici candidati alla diocesi di Trivento. Alla luce del costante dialogo tra i centri del potere sono ricostruiti i processi di nomina e i profili dei candidati alla diocesi molisana. Quest’ultimi erano segnati da un cursus honorum di tutto rispetto, perfettamente inseriti nel dialogo e nelle trame politiche vicereali della corte napoletana. La storia che emerge è storia politica, storia sociale, storia religiosa, in un moltiplicarsi di spunti di riflessioni che inevitabilmente emergono confrontandosi con una realtà diocesana e con le linee evolutive a essa riconducibili all’indomani del Tridentino e nelle attività pastorali del clero che operava nel territorio.
Quanti dei vescovi nominati dal sovrano spagnolo raggiunsero Trivento e, una volta sul posto, cosa fecero? Cosa cambiò nella storia del territorio? Seguendo le vicende della storia diocesana sono analizzati i motivi che indussero la Monarchia spagnola alla scelta di Trivento come diocesi di regio patronato e, dall’altro lato, le risposte e gli esiti che, nel lungo periodo, si ebbero sul territorio.
L’intero lavoro di tesi si snoda tra i centri del potere politico chiamati a nominare i vescovi di regio patronato e la compagine locale, per quel che attiene il territorio, le strutture demografiche, il panorama socio-economico, il sistema devozionale, la composizione del clero diocesano. Tutti elementi utili a contestualizzare e tracciare la storia diocesana nel lungo periodo dell’età spagnola
important tool used by the Crown to establish and consolidate their political economic ascent for them and their families. The episcopal appointments in the Spanish imperial system offers an opportunity to study the times, spaces and modalities of formation of the ecclesiastical elites in the territories of the Hispanic Monarchy. Based on the study of two very emblematic cases, the present paper faces on the plurilocalized careers of the Bishops of Regio Patronat between the Spanish domains in Italy and Catalonia.
http://www.raco.cat/index.php/Pedralbes
ABSTRACT: The percentage of state-owned cities in the Kingdom of Naples in the modern age was always lower than the number of fiefs, that didn't mean that it was less significant. The study is focused on the bottom up process that defined the state-owned state, obtained by the initiative of the local emerging classes, namely the 'redemption processes in state property'. In the documents of the Historical Archive of the Banco di Napoli, three different case studies were examined between the second half of the 17th and the first half of the 18th century. The social actors and the economic operations were traced between Naples and the provinces of the Kingdom of Naples to collect the money useful for the request for redemption in state-owned. The social network of new economic operators, active at the provincial level and mediators in the management of financial practices in Naples, was reconstructed with the dynamics of the main contemporary European plazas.
Before the Barcelona agreements of the 1529, in the instructions sent from the Spanish kings to the viceroy and to the Spanish ambassadors to the Holy See. It marked the continuous demands by the Crown to obtained the royal patronage on not specified number of dioceses. Then, in the 1529, it was reserved to Charles V a portion of 10% of the large ecclesiastical geography of the Kingdom of Naples. The overview of studies on the royal patronage from the nineties to nowadays can be defined complete for each dominion of the Spanish Crown. This study is aimed to propose a synchronic and diachronic survey about the feudal government on the 25 cities that were located dioceses of the royal patronage. The investigation is focused in three principal moments of the 16th century and It aims to improve the analytical framework of these same cities as part of more complex Spanish politics.
Indeed, each episcopal place of the royal patronage was located in borders of military operations, in borders of the defense of the Kingdom by the sea and the land site. They represented the strategic points for the political and economic priorities of the Spain in the 16th century.
The Italian and Spanish historiography has been highlighted the scheme of the policy and the dynamics of the factions about the ecclesiastical designations. Paolo Bisnetti de Lao was the secretary of the General Master of the Friars Minor for long time, then he became bishop in the royal patronage of the Kingdom of Naples. This work wants to assess the merits of the political dynamics of the clan of Sandoval for the management and the provision of the many positions and ecclesiastical benefits against the wide ‘servant community’ of the Crown Spanish. The ecclesiastical court carried out a transnational career inside and sometimes even outside of the Spanish Empire. The ecclesiastical court gained experiences and was in contact with cultural models becoming the promoter of positive changes within the places, where it operated, and with the local communities, by which interact. The career of Bisnetti and his economic and devotional spin-off during his long episcopate in the diocese of Trivento offer a very interesting view in order to analyze the patterns of power in the royal patronage of the Kingdom of Naples in the early seventeenth century.
In this area, however, there was a micro-mobility, that was typical of the Ancient Règime society, composed by individuals or group that come outside of Molise to “integrate” the social and professional local figures.
The essay intends to analyze spaces and forms of these internal and temporary migrations. A specific focus is devoted to the case-study of Trivento between 16th and 18th centuries.
Small feuds of old constitution, that can be attributed to “micro-lordship”, defined the landscape of modern ecclesiastical feudalism in Molise. It was a residual of medieval feudalism and it was almost unchanged during the modern age. The paper reconstructs and analyzes the similarities and the differences between the ecclesiastical and secular feudalism, in comparison to the forms of administration and jurisdiction, as well as the participation in the trade feud.
In quest’ottica, nel contributo si pone l’attenzione su alcuni gruppi di zingari, attivi mercanti di bestiame nel Molise e nelle regioni limitrofe, tra Sette e Ottocento. Spostandosi al ritmo delle fiere e dei mercati gli zingari entravano in contatto con le comunità che di volta in volta li ospitavano per lunghi o brevi periodi, diventando parte integrante dell’economia fieristica locale. In questo senso, la loro mobilità non dipendeva da fattori antropologici o di emarginazione, ma era funzionale alle attività che loro stessi sceglievano di svolgere.
I libri delle obligationes penes acta delle corti baronali hanno costituito un punto di vista privilegiato e di partenza per ricostruire le vicende del loro vissuto e dei processi di integrazione economica e di ascesa sociale che contraddistinsero le vicende di alcuni di loro. Studiandone le attività, gli spostamenti, le vicende genealogiche si tracciano i profili della interazione e integrazione degli zingari nel sistema non solo culturale e sociale, ma anche e soprattutto economico del Molise tra Sette e Ottocento.
Most recent studies of historical demography are slowly rediscovering the paradigm of a sedentary lifestyle. The population was not immobile. There were different mobility’s patterns, therefore, it could be defined a regional endemic mobility, that it cannot be fixed in a specific patterns: mobility or immobile.
The study analyzes complementarity between mobility and immobile about a gypsies’s group, that was an important traders group in the fairs of the South Italy in the XVIII and XIX centuries. Their mobility was limited in the space and interested short or long period, and becoming part of the economy local fair. In this sense, their mobility was not affected by anthropological factors or exclusion, but was instrumental in the activities that they themselves chose to play.
The obligationes penes acta have constituted a point of view and the beginning of rebuild the profiles of some gypsies, such as events of their experiences and their social integrations with others populations.
They moved in Molise and in the surrounding regions with the rhythm of fairs. Through the study of their activities, their movements, their genealogy's events we have reconstructed some models of cultural, social and economic integration.
Nei decenni a ridosso dell’Unità italiana si verificò un vero e proprio risveglio degli studi storici che incontrò nelle Deputazioni di Storie Patrie il principale luogo di azione e, dunque, nelle storie locali il prodotto attraverso cui individuare e ricostruire i tratti identitari delle singole realtà provinciali e cittadine, intenzionate a mostrare il contributo dato al conseguimento dell’unità nazionale. Gli autori delle molteplici opere, prodotte in questo contesto, erano esponenti dei ceti professionali, provenienti dalle province e che nelle città capitali degli antichi stati italiani pre-unitari, come Napoli, e nei grandi archivi qui conservati ricercarono le tracce del passato pre-unitario, componendo singolari collezioni di saperi antichi.
Quegli stessi documenti, spesso vittime di dispersione e distruzione, rivivono nelle memorie locali a
stampa cui gli stessi eruditi li hanno consegnati. Come recitano i titoli delle diverse storie patrie esse contenevano raccolte di documenti per servire alla storia. Il presente lavoro intende osservare la produzione delle storie locali della fine dell’Ottocento analizzando alcuni casi-studio sotto la lente dell’archivista, per sottolineare e tracciare l’importanza che le stesse possono rivestire oggi, a distanza di più di un secolo, per il recupero di fonti purtroppo andate perse, potendo (ri)comporre delle piccole serie archivistiche su scala locale.
Collectors of knowledge and unconscious conservatories of sources: the production of the nineteenth-century erudites of southern Italy
In the decades of the Union of Italy there was a real awakening of historical studies with the main interest in the Deputazioni di Storie Patrie. In the same time, the local stories became the way for the reconstruct of the identity traits of each community for to the achievement of national unity. The authors of the many works that were born in this context were exponents of the professional classes, coming from the provinces and that in the capital cities of the ancient states before the Union of the Italy, like Naples. They could attend the main archives and study historical sources.
Those same documents, often victims of dispersal and destruction, relive in local memories a press which the scholars themselves gave them. The different homeland stories containing collections of documents to serve history - as the titles of the same works recite - leave no doubt about their contents. The present study aims to observe the production of local stories of the late nineteenth century, specifically analyzing emblematic case studies with of point of view of the archivist, to underline and trace the importance that they can play today. After more than a century, a small series of archives on a local scale might be (re) compose for the recovery of unfortunately lost sources.
Rivolta agli studenti delle ultime classi della scuola superiore e agli iscritti al nostro Corso di Studio, la giornata sarà incentrata sugli interventi di giovani studiosi – storici, storici dell’arte, archeologi ed epigrafisti – che illustreranno i metodi d’indagine scientifica propri delle loro discipline. Queste ultime, a cominciare dalla storia – senza la quale ogni ricerca nell’ambito delle scienze umanistiche perde di senso e fondamento – sono indispensabili nel percorso formativo delle figure professionali che operano nei settori dei beni culturali. All’incontro sono stati invitati i responsabili del'Ufficio Scolastico Regionale e delle istituzioni culturali della Regione, quali parti d’interesse del Corso di Studio, coinvolte nella valutazione dell’offerta formativa del Corso stesso.
La giornata si configura come presentazione e promozione di uno dei curricula del nostro Corso di Studio e rappresenta l’occasione per attivare un confronto fra gli studenti che hanno intrapreso o intendono intraprendere tale percorso di studi, i ricercatori delle materie storico-artistiche e le istituzioni che sono il punto di riferimento per i laureati in Lettere e Beni culturali.
Eppure, attorno e all’interno di questa geografica ecclesiastica vi era un’altrettanto ampia e significativa rete composta da più o meno grandi - per estensione, importanza e dislocazione geografica - benefici di regio patronato di più antica fondazione e dotazione, in molti casi risalenti ai secoli XIII e XIV e pervenuti in eredità agli Asburgo di Spagna. Gli studi fino ad ora prodotti sul regio patronato, però, non hanno mai posto la dovuta attenzione a quest’altra maglia beneficiale.
Tra il 1593 e il 1730 l’Impero spagnolo si trovò a gestire circa un centinaio di benefici dislocati in tutte le province del Regno di Napoli, esenti dalle giurisdizioni vescovili a loro prossime e direttamente dipendenti dall’autorità del cappellano maggiore di Napoli. L’importanza e l’ampiezza di questa rete ecclesiale va letta alla luce delle diverse dignità di cui la Corona gestiva in vario modo la nomina, oltre ovviamente all’entità e alla natura delle rendite dei benefici stessi che si aggiravano da pochi ducati fino a centinaia di ducati e parte delle quali derivavano anche dalla riscossione di diritti feudali.
In che modo, allora, la Corona gestì la sua ampia rete di benefici di regio patronato? A questa domanda intende rispondere il presente contributo. I risultati che si propongono sono frutto di uno studio in itinere a partire dalla documentazione spagnola del Consiglio di Italia, composta da consulte di nomina e rendiconti economici, confrontata e integrata con la trattatistica napoletana e con i tomi dedicati a questo tema nella monumentale opera Scripturarum Iurisdictionalium Regali Archivii del Chioccarello, utile anche a rintracciare le ricadute che ebbe sul territorio la scelta degli ecclesiastici da destinare a questi benefici.
Ѐ stata dunque avviata una preliminare analisi della dislocazione geografica, dello stato delle rendite e del piano di intervento della Corona nella nomina diretta o per mano della corte vicereale, dei beneficiari. Si pone, poi, particolare attenzione a uno specifico caso-studio: la chiesa regia di S. Maria Assunta di Altamura, in Terra di Bari, fondata nel XIII secolo da Federico II. L’analisi degli avvicendamenti nell’arcipretura della medesima chiesa e la ricostruzione dei profili, delle carriere e delle clientele stabilite nella provincia di Terra di Bari offre molti spunti per mettere in rilievo l’importanza che ebbero questi benefici non solo nel classico e assai noto mercato degli onori, ma anche nell’ottica della stretta relazione non dicotomica, ma piuttosto bilaterale, tra poteri centrali e potentati locali nel più complesso processo di integrazione dinastica e in un inestricabile intreccio dunque tra laicità e religione. La fruizione del beneficio finiva per essere un altro mezzo utilizzato dalla Corona per stabilire, rinsaldare e consolidare le proprie reti politiche e sociali, ma dall’altro per i beneficiari e per le famiglie di origine era un canale di ascesa socio-economica con ricadute positive anche per il territorio.
Per il Regno di Napoli, sia nelle istruzioni ai viceré che in quelle agli ambasciatori presso la Santa Sede ricorre la continua richiesta da parte della Corona a garantirsi il diritto di nomina su un certo numero di diocesi ancor prima della pacificazione di Barcellona che, nel 1529, fissò, in via definitiva, la rete delle 24 e poi 25 sedi episcopali (8 arcidiocesi e 17 diocesi) su cui il sovrano avrebbe esercitato il regio patronato. Nella vasta geografia diocesana del Regno di Napoli, composta da ben 146 diocesi fu riservato al controllo diretto della Corona spagnola una piccola fetta pari ad appena il 10%. La documentazione e gli studi ad oggi consultati e prodotti non consentono di mettere in luce possibili trattative tra la Corona e la Santa Sede. In tal senso, il presente intervento intende rafforzare, più che colmare, il quadro di analisi delle diocesi di regio patronato del Regno di Napoli, per comprendere meglio le motivazioni di questa selezione sancita con il Trattato di Barcellona. Nello specifico sarà svolta un’analisi congiunta della geografia insediativa e del regime giurisdizionale che gravava sulle singole città episcopali ascritte al regio patronato nel più ampio piano politico e militare messo in atto dalla Spagna per la difesa dell’Italia meridionale.
Ad oggi, può dirsi abbastanza completo il panorama storiografico che, dagli anni Novanta ad oggi, ha via via ricostruito e indagato il regio patronato nei diversi reynos dell’impero spagnolo. Si pensi ai lavori di Barrio Gozalo per la Spagna di età moderna, a quelli di Raimondo Turtas per la Sardegna, ai recenti studi di Fabrizio D’Avenia per la Sicilia, a quelli di Agostino Borromeo per il Ducato di Milano e allo studio congiunto di Giovanni Pizzorusso e Matteo Sanfilippo per il Nuovo Mondo.
Per l’Italia Meridionale Il mercato della mitra. Episcopato regio e privilegio dell'alternativa nel Regno di Napoli in eta spagnola (1529-1714) di Mario Spedicato ha aperto la strada a diversi altri studi che, indagando singole realtà diocesane o ambiti ecclesiastici più ampi, hanno messo in evidenza tempi, spazi e modi dei processi delle nomine episcopali svolte tra il centro e le diverse periferie dell’Impero, oltre a porre delle solide basi per lo studio delle reti clientelari che si andarono componendo attorno alle singole nomine e, tramite quest’ultime, nel tessuto socio-economico e culturale dei territori diocesani (cito, ad esempio, tra i lavori di Paola Nestola Incorporati tra i confini della monarchia cattolica: vescovi portoghesi, spagnoli e italiani nel viceregno di Napoli durante l'unione dinastica, «Revista de História das Ideias», 33/2012; ma si veda anche I. Mauro, Il governo dei viceré di Napoli e la presenza di vescovi spagnoli nelle diocesi di regio patronato del Regno, in En tierra de confluencias Italia y la Monarquía de España: siglos XVI-XVIII, coord. por C. Bravo Lozano, R. Quirós Rosado, Valencia 2013).
Il presente intervento, invece, vuole porre l’attenzione al ruolo che ciascuna delle diocesi ebbe per la politica spagnola del XVI secolo. Attraverso una visione al contempo sincronica e diacronica nel lungo Cinquecento, si andrà ad analizzare la geografia di regio patronato nell’Italia Meridionale, nel più vasto piano di intervento politico e militare della Corona spagnola nello scenario delle guerre di potenze di cui l’Italia, e il Regno di Napoli in particolare, era ancora teatro.
Ciascuna di queste città episcopali era posta in punti strategici per le operazioni militari necessarie alla difesa del Regno via mare e via terra e rappresentavano dei luoghi chiave per le priorità politiche ed economiche della Spagna del Cinquecento. Ѐ questo quanto emerge, anche, dalle consulte del Consiglio d’Italia a Madrid che, nella scelta degli ecclesiastici da candidare e poi nominare, teneva conto dell’importanza geografica, politica ed economica delle singole diocesi. Per questo, la Corona sceglieva ecclesiastici dall’alto profilo politico e dalla comprovata lealtà alla causa spagnola in grado di promuovere un governo delle anime e del territorio in linea con gli interessi della politica spagnola.
Nell’ambito, quindi, di un più complesso disegno di controllo del territorio in molti di questi territori l’inizio dell’età spagnola fu contraddistinto anche dall’avvio di programmi di fortificazione e di ammodernamento dei sistemi difensivi alle nuove tecniche di guerra. Emblematico può essere in tal senso il caso de L’Aquila, ad esempio, o delle cittadine poste lungo le coste di Terra d’Otranto e della Calabria Ultra. In altri casi, invece, furono stabiliti dei presidi militari permanenti, come è documentato per la città di Trivento, ad esempio. Nel lungo Cinquecento, inoltre, un numero sempre crescente - che arrivò alla fine del secolo a quasi la metà - delle città diocesane di regio patronato fu alla diretta dipendenza della regia corte, mantenendo un regime di demanialità fino all’eversione della feudalità. Dall’altro lato, la titolarità delle restanti città fu, di volta in volta, assegnata a famiglie di comprovata lealtà alla Corona, con la preferenza per i viceré di Napoli (com’è il caso del feudo di Potenza conferito ai de Guevara sin dagli inizi del XVI secolo), dei loro prossimi parenti o delle più ristrette élites spagnole giunte nel Regno al seguito degli Aragonesi e ricompensati proprio con feudi importanti (con i de Cardenas, conti di Acerra dal 1499).
A partire da queste considerazioni si avvierà un’indagine nominativa della feudalità nelle città episcopali di regio patronato in tre momenti topici del XVI secolo: il 1503, anno di inizio della dominazione spagnola; il 1529, anno della pace di Barcellona ma anche della ricomposizione del baronaggio a seguito della campagna del Lautrec; e la fine del secolo quando, terminate le guerre d’Italia, il quadro e la geografia feudale dell’Italia Meridionale cambiò ulteriormente, per quanto il margine di trasformazione per le nostre sedi diocesane non fu molto marcato.
In questo scenario, infine, l’attenzione si sposterà su un caso studio in parte trascurato dalla storiografia: la diocesi di Trivento, posta nell’area interna appenninica a cavallo tra il Contado di Molise e gli Abruzzi, in una zona di confine tra il Regno di Napoli e la Santa Sede e di ingresso per via terra all’Italia Meridionale.
del Cappellano Maggiore di Napoli incontra un vuoto storiografico, soprattutto per il periodo dell’età
spagnola. Ufficiale al servizio regio, il Cappellano era un vero e proprio anello di congiunzione tra il centro e
la periferia dell’Impero, per quel che atteneva il controllo della rete dei benefici ecclesiastici di regio
patronato. Le modalità e i criteri per la nomina del cappellano erano comuni a quelli seguiti per il
conferimento degli incarichi civili ed ecclesiastici nella struttura burocratica della Monarquía, in gran parte
già noti alla storiografia. A partire da una terna di candidati designati dal viceré di Napoli, la proposta veniva
trasmessa a Madrid e discussa dal Consiglio di Italia che, con propria consulta, inviava al sovrano una rosa
definitiva di candidati tra cui scegliere il Cappellano Maggiore. Con la prammatica del 1530, De officiorum
provisione, inoltre, Carlo V, aveva fissato alcuni criteri per la nomina degli ufficiali del Regno, stabilendo nel
caso degli incarichi ecclesiastici e quindi anche del Cappellano l’alternanza tra un regnicolo e un forestiero. Il
privilegio, però, rimase eluso nella maggior parte dei casi. Le scelte, infatti, ricadevano quasi sempre su
soggetti spagnoli, individuati tra coloro che avevano una diretta corrispondenza con le reti di patronage della
corte castigliana. Il nostro interesse, in tal senso, intende porsi proprio all’analisi degli spazi, dei tempi, dei
modi e del linguaggio politico di queste nomine, ricostruendo cursus honorum e cursus studiorum degli
ecclesiastici chiamati a ricoprire il ruolo di Cappellano Maggiore sullo sfondo della costante dialettica tra il
centro e la periferia dell’Impero.
Seminario di giovani studiose e studiosi di Storia dell’età moderna – V edizione (Padova, 20-22 febbraio 2019)
PANEL
Carriere plurilocalizzate al servizio dei sovrani: la Monarchia Ispanica e le sue élites
COORDINATORE
COCOZZA Valeria, Università degli Studi del Molise
Abstract: Proponendo la comparazione di casi studio differenti tra loro per tipologia, spazi di azione ed epoca di riferimento, la presente proposta intende ricostruire le dinamiche geografiche, politiche ed economiche dell’ascesa sociale di individui o gruppi familiari, appartenenti, nello specifico, alle élites genovesi, napoletane e spagnole tra Cinque e Settecento. La possibilità di stabilire e consolidare alleanze politiche transnazionali, al servizio della Monarchia spagnola, consentiva a gruppi di individui e alla nobiltà di accumulare patrimoni sempre più ampi e prestigiosi di titoli e privilegi, spendibili nelle linee discendenti e collaterali dei rami familiari per attuare e consolidare trame di potere già esistenti, ma anche per definire nuove relazioni clientelari e di mediazione politica nel medio e nel lungo periodo. È quanto sta emergendo da una sempre più ricca tradizione storiografica di cui un primo e necessario rinvio d’obbligo è senz’altro al volume collettaneo a cura di Bartolomé Yun Casalilla, Las Redes del Imperio. Elites sociales en la articulación de la monarquía hispánica, 1492-1714 (Madrid, 2009).
Seguendo l’approccio prosopografico e della network analysis, tra i diversi centri e periferie del sistema spagnolo, verranno volta a volta tracciate le tappe delle carriere in ambito politico, economico ed ecclesiastico, di esponenti della nobiltà di toga o di spada svolte tra Spagna, domini spagnoli in Italia e Roma. Le relazioni proposte sono frutto di ricerche in fieri sviluppate presso i maggiori archivi – pubblici, privati ed ecclesiastici – spagnoli (di Madrid e Simancas) e italiani (di Genova, Napoli e Roma).
Relazioni:
MARÉCHAUX BENOÎT, Istituto Europeo di Firenze - Gli asentistas de galeras genovesi e l’impero spagnolo: dinastie imprenditoriali, intrecci di interessi e lotte di potere (ss. XVI-XVII)
BEN YESSEF GARFIA YASMINA ROCIO, Escuela Española de Historia y Arqueología, Roma - Cardinali genovesi al servizio del sovrano ispanico: ipotesi e proposta di studio attorno alla figura di Antonio Maria Sauli (ca. 1541-1623)
COCOZZA VALERIA, Università degli Studi del Molise - Le élites ecclesiastiche di regio patronato e la fedeltà alla Corona: il caso di Geronimo Teutonico e la vendita delle isole Tremiti
BALESTRA DAVIDE, Università degli Studi di Bari "Aldo Moro" - L’esilio della nobiltà napoletana a Madrid tra servizio a Filippo V e strategie di sopravvivenza (1700-1734)
Giovedì 18 gennaio 2018, alle ore 16.00 sarà presentato il volume presso la Biblioteca della Società di Storia Patria di Napoli. Alla presenza del vescovo di Trivento, S.E. Mons. Claudio Palumbo, introdurrà e coordinerà i lavori Elisa Novi Chavarria (Università degli Studi del Molise). Interverranno: Giovanni Brancaccio (Università degli Studi “G. D’Annunzio” di Chieti), Diego Carnevale (Birkbeck, University of London) e Ignasi Fernández Terricabras (Universitat Autònoma de Barcelona).
L’evento è stato organizzato con il patrocinio del Dipartimento di Scienze Umanistiche, Sociali e della Formazione dell’Università degli Studi del Molise, della Diocesi di Trivento, del Comune di Trivento e della Società Napoletana di Storia Patria.