La recensione

Twisters è un fotocopia pompata di Twister

Il sequel del film del 1996 è un prodotto vecchio stampo e rivoluziona il ruolo dell'eroina e della storia d'amore con l'altro protagonista
twisters

La città è un purgatorio. In città si va a soffrire, si vive una vita triste, lontana da tutto ciò che ha un senso fare o essere (“Mi trovo bene qui, la gente è gentile” dice la protagonista prima di essere insultata da un tassista per aver attraversato lentamente la strada). E questo è vero anche per chi insegue una carriera scientifica, che per il cinema americano è sempre e comunque una questione avventurosa, e quindi da vivere negli spazi aperti. Se poi il campo di specializzazione è la meteorologia e in particolare i tornado, allora il lavoro sul campo assomiglia a un catastrofico. Era l’idea dietro Twister, che nel 1996 capitalizzava gli scienziati avventurieri che si battono contro questioni naturali, resi famosi da Steven Spielberg due anni prima con Jurassic Park (non solo i produttori erano gli stessi ma anche lo sceneggiatore, Michael Crichton) e che ora torna in sala con forza EF-5 (secondo la classificazione dei tornado), assecondando la legge dei sequel: uguale ma di più. E così avviene con Twisters, in sala in Italia dal 17 luglio.

In questo film in cui una scienziata traumatizzata da un esperimento con un tornado finito male torna a cacciarli, è molto chiaro che i veri protagonisti non sono né lui né lei, cioè né la scienziata geniale con un istinto per la formazione di fenomeni meteorologici estremi, né lo youtuber di tornado che fa video con la sua troupe e il suo pickup attrezzato per una platea di follower, ma semmai il mondo dell’America provinciale. Solo lì lo youtuber (cioè la persona che fa tutto da sè, in autonomia e con sprezzo del pericolo) è il personaggio positivo mentre chi ha una società sua molto attrezzata no. Solo lì qualcuno può dire seriamente a una ragazza: “Oggi abbiamo visto cose terribili, lascia che ti porti a vedere qualcosa di bello” e poi portarla a un rodeo di tori senza che la cosa sia comica. Solo lì si può godere della libertà di correre in auto nelle praterie, inseguire cose pericolose urlando di piacere come se si fosse al galoppo, scrivere le proprie regole e sentirsi liberi da qualsiasi legge come nel West.

Di questo parla Twisters in fondo, della gioia dell’Oklahoma, il posto in cui nessuno può sentirti urlare quando un tornado distrugge la tua casa, ma anche quello in cui “le persone sono ancora persone”. La lotta infatti non è contro dei cattivi ma come in molti film moderni (da Gravity a The Martian a Interstellar) è per sopravvivere contro gli elementi. E questo piacere della vita avventurosa e del contatto con la natura è l'unico sfogo che questi personaggi hanno per la loro tensione sessuale, di fronte alla quale il film fa finta di nulla.

La youtube-star del tornadismo conquista lentamente il cuore della meteorologa che forse ha una soluzione che potrebbe “spegnere” i tornado. Lei è perfetta (difetto tipico dei film americani che faticano a scrivere personaggi femminili protagonisti), lui invece è molto più simpatico, perché passa da vanitoso scemo a scemo con un cuore, lungo un film che mentre distrugge di tutto e fa volare ogni cosa (incluse le persone) cerca di riconfigurare come possa funzionare una storia d’amore senza la benché minima idea di carnalità in un film mainstream e commerciale del 2024.

Twisters è scritto come il Twister del 1996, ne è la fotocopia aggiornata e pompata, quindi è un film vecchio stampo per molti versi, un catastrofico in cui lui e lei possono risolvere tutto e salvare le persone ignare, ma nel frattempo, già che ci sono, capiscono di essere perfetti l’uno per l’altra. Solo che se una volta sarebbe stato abbastanza scontato vederli finire proprio a letto, per quanto non con dovizia di dettagli, e solo dieci anni fa avremmo almeno visto un bacio. Ora Twisters invece posiziona se stesso alla testa del movimento dei film senza contatto fisico.

Quel che stupisce non è il trend (in atto da molto) ma il fatto che al netto di questo Twisters, a differenza di altri film simili, non rinuncia al romanticismo, anzi! Il triangolo è lo stesso che si trova in tutte le storie femminili con una presa commerciale, cioè una donna divisa tra due uomini che vorrebbero stare con lei: uno rappresenta un legame tranquillo, solido e sicuro, affidabile e gentile (il matrimonio); l’altro rappresenta l’attrattiva sessuale, meno sicuro, più sbruffone e difficile da conquistare ma per questo anche più attraente (cioè il godimento). E non mancano nemmeno le scene tipiche con cui il cinema americano cementa la conquista dell’amore, compresi i gesti clamorosi, le dichiarazioni e le corse per non separarsi.

Non manca nulla. Solo il bacio. E proprio per questo qui è più evidente che altrove la ferma intenzione di non connotare un legame palesemente romantico con una dimensione carnale. Guardarsi intensamente, capire di volerlo e poi stringersi la mano. È qualcosa che va contro ogni bisogno di soddisfazione dei desideri del pubblico e che, nel voler affermare l’indipendenza della protagonista dalla sua dimensione sessuale, cioè il suo essere una donna completa e non un oggetto, attraente per la sua intelligenza, annulla quella componente tipica dei film di sublimazione dei desideri dello spettatore. Ancora più frustrato dal fatto che la trama vada molto vicina alla soddisfazione almeno di un bacio, per poi negarla. Se nessuno nella vita vera può aspirare a un Glen Powell o a una Daisy Edgar-Jones, negarglieli anche attraverso i film è quasi una cattiveria. Perché i personaggi possono non desiderarsi ma il pubblico li desidererà comunque.