La tuta spaziale che trasforma l’urina in acqua potabile

Il prototipo, ispirato al film Dune, è pensato per recuperare fino al 75% dell’acqua presente nelle urine e semplificare la vita degli astronauti
La tuta spaziale che trasforma lurina in acqua potabile

Immaginate di indossare una tuta spaziale e, nel bel mezzo di una passeggiata lunare, di avere bisogno urgentemente del bagno. Una scena piuttosto comica se si trattasse di viaggiare soltanto con la propria fantasia, ma è ciò che può capitare a un astronauta che è chiamato a svolgere una mansione extra-veicolare. Infatti, così come sulla Terra, anche nello spazio il corpo umano ha gli stessi bisogni.

L'attuale soluzione è quella di indossare dei pannolini che vengono appositamente progettati, i cosiddetti Maximum Absorbency Garment (Mag), in grado di raccogliere feci e urina per un massimo di otto ore. Questo sistema, però, presenta diversi svantaggi e un gruppo di ricercatori della Cornell University (Stati Uniti) ha pensato a un’alternativa, almeno per l’urina. Una tuta in grado di trasformarla in acqua potabile. Vediamo come funziona il prototipo descritto su Frontiers in Space Technologies e ispirato al film Dune.

Pannolini spaziali

L’urina, così come il sudore, vengono già riciclati sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss), ma non quando gli astronauti escono per svolgere degli incarichi extra-veicolari. Come anticipato, la soluzione attualmente utilizzata durante le passeggiate spaziali presenta diversi svantaggi, primo fra tutti il fatto di esporre astronauti a un certo rischio di infezioni urinarie: “Secondo quanto riferito, il Mag può avere delle perdite e causare problemi di salute come infezioni del tratto urinario e disturbi gastrointestinali - spiega Sofia Etlin, prima autrice dello studio e ricercatrice presso la Weill Cornell Medicine e la Cornell University -. Inoltre, attualmente gli astronauti hanno a disposizione solo un litro d’acqua nella borsa delle bevande della tuta. Questo è insufficiente per le passeggiate spaziali lunari previste, che possono durare dieci ore, e anche fino a 24 ore in caso di emergenza”.

Come funziona il nuovo prototipo

Per risolvere entrambi questi problemi, il gruppo di ricerca ha ideato e messo a punto un nuovo prototipo di tuta spaziale in grado appunto di raccogliere l’urina e di trasformarla in acqua potabile. Il sistema comprende un indumento intimo fatto di stoffa e collegato con una coppa di raccolta in silicone, progettata per adattarsi ai genitali. Questa ha la forma e le dimensioni diverse a seconda che debba essere utilizzata da un uomo o da una donna. L’urina viene poi aspirata da una pompa a vuoto che si attiva tramite un apposito sensore appena l’astronauta inizia ad espellerla.

Vista laterale dell'intero sistema, indossato come zaino. Crediti: Karen Morales. Licenza CC BY

A questo punto entra in gioco un meccanismo di filtraggio che punta a recuperare almeno il 75% dell’acqua presente nell’urina attraverso un sistema osmotico e una pompa. L’acqua così ottenuta viene poi arricchita di elettroliti (sali minerali) e pompata all’interno dell’apposita sacca dalla quale gli astronauti bevono. L’intero “circuito” richiede solo cinque minuti per il riciclo di 500 millilitri di urina ed è alimentato da una batteria da 20,5 Volt con una capacità di 40 ampere/ora.

Fisicamente questo sistema si presenta come un zaino, che ha una lunghezza di 38 centimetri, largo 23, così come lo spessore, e una massa pari a otto chilogrammi. “Il nostro sistema può essere testato in condizioni di microgravità simulata, dato che rappresenta il primo fattore spaziale di cui dobbiamo tenere conto - conclude Christopher Mason, che ha guidato lo studio ed è docente presso la Cornell University -. Questi test assicureranno la funzionalità e la sicurezza del sistema prima che venga utilizzato in missioni spaziali reali”.