La ricorrenza

Ottant’anni fa lo sbarco in Normandia rovesciava le sorti della Seconda guerra mondiale

Il 6 giugno 1944 è la data della più grande operazione militare della storia: con il D-Day settemila navi all’orizzonte delle coste francesi decisero le sorti del conflitto mondiale
Lo sbarco in Normandia a Omaha Beach
Lo sbarco in Normandia a Omaha BeachThree Lions/Getty Images

Sovrasta Omaha Beach, una delle cinque spiagge dello sbarco in Normandia. Due grandi bandiere a stelle e strisce, il verde brillante dell’erba e una distesa di croci bianche. È il cimitero americano di Colleville-sur-Mer.Quasi 10mila croci e molte stelle di David per altrettanti caduti, sepolti uno affianco all’altro, senza distinzione di rango o di grado. Migliaia di uomini e di ragazzi americani che, con altri uomini e ragazzi, inglesi e canadesi, avevano attraversato la Manica per dare il via alla più grande operazione di militare della storia: il D-Day.

Ottant'anni fa quasi settemila navi e oltre 150 mila uomini la mattina del 6 giugno 1944 si presentarono di fronte alle coste della Normandia. I dati ufficiali parlano di 6.939 navi, tra cui 20 incrociatori, 221 tra cacciatorpediniere, fregate e corvette, oltre a 864 navi di supporto logistico per il trasporto di cibo, attrezzature e munizioni e sulle quali erano stati allestiti alcuni ospedali. Tutte distribuite in 47 convogli, con oltre quattromila zattere a motore, munite di portelloni per scaricare uomini e mezzi: i barconi che ormai tutti conoscono come “mezzi da sbarco”, ma che erano stati progettati e realizzati appositamente per quell’azione. In totale su quelle navi trovavano posto 156.177 uomini.

Di questi, 133 mila vennero sbarcati a ondate successive sulle cinque spiagge scelte dal Comando Alleato e battezzate con nomi convenzionali: Omaha, Juno, Sword, Utah e Gold, per un fronte che andava dalla foce della Senna alla penisola di Cotantin. Nome in codice dell’attacco: “Operazione Nettuno”, prima fase della “Operazione Overlord”. Obiettivo: liberare la Francia e puntare sulla Germania, stringendola in una morsa con le truppe dell’Unione Sovietica che avanzavano da Est. Era l’inizio del D-Day: una espressione di uso comune negli eserciti angloamericani per indicare il giorno fissato per l’inizio di un attacco. Da quella mattina del giugno 1944 però D-Day (Jour-J per i francesi e i canadesi francofoni) è diventata la sigla universalmente conosciuta per indicare il giorno dello sbarco in Normandia.

Ferisce il mio cuore con monotono languore

Tutto era iniziato qualche ora prima, nella notte fra il 5 e il 6 giugno, con le azioni dell’aeronautica angloamericana: oltre 14 mila voli per bombardare la costa e paracadutare sull’entroterra migliaia di uomini (13 mila americani e 10 mila inglesi). Aeroplani e alianti carichi di militari e attrezzature, ma anche fantocci imbottiti di esplosivo e attaccati a un paracadute, per confondere la difesa tedesca. I reparti aviotrasportati furono così i primi a toccare il suolo francese. Non tutti però riuscirono a raggiungere le posizioni previste. Molti finirono nelle zone controllate dai tedeschi e furono uccisi. A fine giornata i superstiti si attestarono a Saint Mère Église, dove attesero l’arrivo delle truppe provenienti dallo sbarco.

Intanto, sulla costa, ai bombardamenti aerei (12 mila tonnellate di esplosivo sganciate in un giorno) si aggiungevano le cannonate provenienti dalle navi, con effetti devastanti sulle difese tedesche, ma anche sulla popolazione civile, che contò 3 mila vittime in una giornata.

La Resistenza francese, che nei mesi precedenti aveva ampiamente collaborato con gli Alleati fornendo preziose informazioni sulle dislocazioni degli uomini e delle fortificazioni difensive in Normandia, era stata avvertita dello sbarco imminente da due messaggi in codice. La sera del primo giugno Radio Londra aveva trasmesso parte di un verso di Paul Verlaine: “I lunghi singhiozzi dei violini d’autunno”. Era il segnale che lo sbarco era imminente. La sera del 5 giugno la strofa fu completata: “Feriscono il mio cuore con monotono languore”. L’operazione era al via: poche ore e l’immensa flotta sarebbe comparsa all’orizzonte. Da quel momento i partigiani si impegnarono in decine di azioni di sabotaggio per bloccare o rallentare lo spostamento dei reparti e dei carri armati tedeschi.

Alle 6.30 di martedì 6 giugno i primi mezzi da sbarco raggiungono la costa: 58.000 soldati americani sono pronti a sbarcare a Utah Beach e Omaha Beach, 54.000 inglesi sono di fronte a Gold Beach e Sword Beach, 21.000 canadesi puntano su Juno Beach. Alle loro spalle le navi sono pronte a scaricare 20.000 veicoli, tra cui un migliaio di carri armati. E altri ne arriveranno nei giorni successivi.

Il Führer dormiva

I primi a toccare terra sono gli americani. A Utah l’operazione è relativamente semplice. A Omaha invece la reazione delle postazioni tedesche è violentissima. Già all’apertura dei portelloni i fanti vengono falciati dall’artiglieria e il massacro continua sulla battigia. La spiaggia verrà conquistata soltanto dopo ore di combattimento e con perdite spaventose. Un'ora più tardi le tre divisioni anglo-canadesi sbarcano a Sword, Gold e Juno Beach dove la reazione nemica è molto violenta e provoca altre pesanti perdite.

Quel tratto di costa era presidiato da tre divisioni tedesche, delle quali una soltanto era di alta qualità. Le altre due erano composte da soldati tedeschi inadeguati, per età o condizioni fisiche, all’impiego sul fronte orientale, oltre che da soldati russi e di altre nazionalità che avevano preferito l’arruolamento al campo di concentramento. 

Al di là della reazione immediata allo sbarco, i comandi tedeschi dovevano però decidere come muoversi su scala più ampia. Una incertezza che si protrasse per alcune ore, rallentando la risposta all’invasione. Gli alti Comandi nazisti attendevano da tempo l’attacco degli Alleati, ma erano convinti che lo sbarco sarebbe avvenuto a Calais, nel punto più stretto della Manica, dove avevano concentrato difese e divisioni corazzate. Così al momento dello sbarco in Normandia in molti rimase il dubbio che si trattasse di una manovra diversiva. Soltanto quando si ebbe chiara l’idea della portata straordinaria dell’attacco, fu evidente che non era così. Ogni decisione comunque poteva essere presa soltanto dal Führer, che a quell’ora dormiva.

Hitler era solito andare a letto tardissimo, intorno alle 4, e alzarsi non prima delle 10. In ogni caso aveva dato disposizione di non essere svegliato prima delle 8. E così fu anche quella mattina, quando, avuta la notizia dello sbarco, commentò: "L'invasione è finalmente cominciata!". Molti storici però concordano che questo dettaglio non ebbe conseguenze sullo sviluppo successivo dei combattimenti. Più grave risultò l’incertezza mostrata da Hitler sul da farsi prima di convincersi che non ci sarebbe stato nessun altro sbarco a Calais. Così come viene considerata più grave l’assenza di Rommel, che quel giorno si trovava a casa per festeggiare il compleanno della moglie e che raggiunse il fronte soltanto ore dopo l’inizio dei combattimenti.

Alla sera del 6 giugno le cinque spiagge sono in mano agli Alleati, anche se gli uomini sbarcati a Omaha e Juno non si sono ancora uniti al resto delle forze. È il tramonto del D-Day e l’inizio dell’avanzata attraverso la Francia. Altre migliaia di uomini prenderanno terra sulle coste francesi e il 24 agosto gli Alleati entreranno a Parigi.