la recensione

Immaculate - La prescelta è il film che consacra Sydney Sweeney come scream queen del momento

Avevamo aspettative troppo alte per l'horror religioso in sala dall'11 luglio, ma non siamo totalmente delusi, anzi: la pellicola regala una prova attoriale fenomenale della sua protagonista
Immaculate  La prescelta
Immaculate - La presceltaLeone Film Group

Suore horror, suore horror, suore horror!, è stato il nostro primo gioioso grido di esultanza rivolto a Immaculate – La prescelta, ed è diventato ulteriormente gaudente alla prospettiva di assistere alla trasformazione della più promettente (assieme a Mia Goth) scream queen del panorama horror attuale, Sydney Sweeney, in innocente suora. L’interprete di Nocturne e Night Teeth al cinema ed Euphoria e Handmaid’s Tale in tv si era avvicinata al progetto (poi naufragato) nel 2014, appena diciassettenne, e un decennio dopo lo ha riesumato personalmente prendendone le redini sia come attrice che produttrice, allo scopo di farne una vetrina per sé stessa. Missione – ampiamente – compiuta, perché la Sweeney nei panni della virginale novizia americana Cecilia accolta in un isolato convento-ospizio italiano sede di orrori indicibili rappresenta il picco della Nunsploitation dell’ultimo lustro, in un panorama cinematografico che in tempi recenti ha sfornato una nutrita lista di pellicole incentrate su suore cattoliche terrificanti, da Nun e Nun II a Gli occhi del diavolo passando per Sorella Morte.

Cecilia ha scoperto un’incrollabile vocazione divina dopo un incidente; persuasa che Dio abbia in serbo una grande missione per lei, accetta l’invito di Padre Sal Tedeschi (Álvaro Morte di La casa di carta) di unirsi alle consorelle di un convento italiano nel quale vengono assistite suore anziane e morenti. Poco dopo il suo arrivo, accompagnato da incubi e visioni perturbanti, Cecilia scopre di essere incinta. Per Sal si tratta di immacolata concezione, e la giovane suora appena ordinata comincia a essere trattata come la santa a cui è stata concessa la maternità di Cristo. Eventi sempre più sinistri si susseguono in un’escalation che, nella terza e ultima parte della narrazione, culmina nella violenza e nell’orrore estremi. Il regista Michael Mohan, che ha già lavorato in passato con la Sweeney (in The Voyeurs), attinge ai propri ricordi personali di giovane cattolico per conferire un’atmosfera perfettamente credibile alla narrazione; Mohan ha ammesso l’influenza dell’horror italiano - evocato inequivocabilmente dalle location (ha dichiarato compiaciuto di avere girato negli stessi luoghi di Ecologia del delitto di Bava) - di L’esorcista e di Suspiria.

Immaculate - La prescelta è suddiviso in tre capitoli: l’introduzione, che segue i tentativi di Cecilia di acclimatarsi in un ambiente ostico, legando con la ribelle suor Gwen (Benedetta Porcaroli) ed entrando in conflitto con l’ostile Isabella (Giulia Heathfield Di Renzi); la parte centrale, nella quale la gravidanza divina e l’ostacolo della lingua (Cecilia non parla l’italiano) la isolano e alienano sempre di più; e il finale, durante il quale la trama dispiega completamente le ali dell’horror. Elisha Christian confeziona una fotografia che usa il passaggio dalla luce al buio per creare i momenti di paura più suggestivi, specialmente quando la macchina da presa si avventura tra i corridoi infiniti del convento o si insinua in luoghi angusti, dentro bare e catacombe. Mohan usa in modo creativo e accattivante i simboli della fede ma si affida un po’ troppo ai jump scare piuttosto che alla costruzione di atmosfere tenacemente orrorifiche. Una parte della narrazione centrale vorrebbe offrire anche una critica del patriarcato, incarnato dalle figure oppressive e meschine dei religiosi di sesso maschile che defraudano del diritto sul proprio corpo di Cecilia tramite la gestione del miracolo del concepimento.

In questo la sceneggiatura si dimostra debole e troppo superficiale per esplorare adeguatamente le tematiche sociali e di genere. In quest’ottica si inserisce la parabola di emancipazione dell’eroina, che da pura e docile serva della chiesa si trasforma gradualmente in paladina dell’emancipazione dallo sfruttamento del proprio corpo. Sebbene sul piano della critica sociale vacilli, l’arco narrativo riservato a questo aspetto si rivela valido laddove si presta alla disamina dell'evoluzione psicologica della protagonista, garantendo alla Sweeney l’opportunità di brillare con una prova attoriale rimarchevole: quando appare innocente è perfettamente credibile, tanto quanto si trasforma in un sanguinario angelo di vendetta. La Sweeney, che si è vantata a più riprese delle sue doti imprenditoriali e di auto-promozione, con Immaculate sfiora il genio: sfruttando l’attenzione lasciva che il pubblico dimostra in rete nei suoi confronti, esaspera la venerazione feticista dei suoi fan mostrandosi nei panni di una giovane donna che è la quintessenza di una purezza e di un'innocenza paradossalmente sexy.

Dopo aver elogiato la propria astuzia e aver fieramente dichiarato che l’infausta decisione di partecipare a un obbrobrio come Madame Web era in realtà una “decisione commerciale strategica” (cit!) per ingraziarsi il distributore e guadagnarsi l’enorme visibilità garantita da Tutti tranne te e dell’imminente remake di Barbarella, Sydney dimostra coi fatti di essere, in effetti, un’abile promotrice di sé stessa, della sua sensualità e del suo talento: come accennato, in Immaculate non è solo irresistibilmente e candidamente sexy, è anche un mostro di bravura, e con quel finale, che mette ferocemente in discussione la potenza dell’istinto materno (trionfante in tanti film sulle progenie mostruose) ha regalato ai fan dell'horror un nuovo momento memorabile.