la recensione

Fly Me to the Moon è una commedia svelta, dal romanticismo intelligente e con una gran protagonista

Il film con Scarlett Johansson è un racconto a più livelli di lettura non solo sulla corsa alla Luna ma sul ruolo del capitalismo e la sua attrattiva
Fly Me to the Moon è una commedia svelta dal romanticismo intelligente e con una gran protagonista

La storia la scriviamo ogni giorno, la raccontiamo e riraccontiamo nei libri di testo, ma anche nelle canzoni, nei film e nei romanzi. E i film in particolare ogni giorno la riscrivono non esattamente per come è andata davvero, ma per come ci può dire qualcosa sul presente, a uso e consumo degli obiettivi di chi la racconta. Pochi anni fa, in Il diritto di contare, la storia della conquista della Luna è stata una maniera per dire che un momento cruciale della dimostrazione di supremazia statunitense e quindi di orgoglio, è stato sorretto e cementato da un gruppo di donne afroamericane discriminate, di eccezionale bravura nei calcoli, che hanno svolto tutte le operazioni che hanno reso tecnicamente possibile l’impresa. Ora, in Fly Me to the Moon - Le due facce della Luna (al cinema dall'11 luglio), quello stesso evento (il grande scatto che fu necessario per arrivare sulla Luna entro la fine degli anni '60 e prima dei sovietici) ci viene detto che è stato possibile grazie al capitalismo.

article image
La comprereste da lui? Sony Pictures presenta un divertente video per il lancio del film Fly Me to the Moon - Le Due Facce della Luna. Eccolo in anteprima per Wired Italia

A differenza di Il diritto di contare, questo non è un film con pretese di realismo, anzi, si diverte nella sua piccola e controllata implausibilità per fare una commedia rosa dai dialoghi ritmati. È un film volutamente d’altri tempi, in cui tutta la spregiudicatezza sessuale è allusa e non mostrata, e in cui conta molto di più l’interazione e la rapidità dei dialoghi rispetto all’effettivo intreccio. E Scarlett Johansson ci sguazza. Erano anni che non era così decisiva in un film commerciale, così capace di formare un personaggio animato da spinte opposte. Nella trama è una pubblicitaria spietata e bravissima degli anni '60, Don Draper di Mad Men, con in più una contagiosa joie de vivre utile a convincere e vendere ancora di più. Il governo ha bisogno di vendere la conquista della Luna agli americani per poterla finanziare come merita e la assume. Lei userà il marketing più spietato per rendere sexy gli astronauti e l’impresa, per farla andare di moda, per far desiderare al paese che il loro governo la finanzi. E poi le chiederanno l’inganno finale: di filmare il finto allunaggio perché “non si sa mai come può andare”.

Dan McFadden

È la celebrazione definitiva della vittoria sull’Unione Sovietica, ballando sopra il suo cadavere: non solo gli americani sono arrivati sulla Luna per primi, ma ci sono arrivati (secondo il film) perché erano un paese capitalista. E la protagonista è essa stessa l’incarnazione del capitalismo, ne ha tutte le caratteristiche: è bella, è sexy, è desiderabile, vende piacere, vende un mondo di sogni, è pronta a mentire a tutti per interesse, non accetta mai un "no" come risposta e, se pagata, fa qualsiasi cosa. Scarlett Johansson, da attrice, vende a noi la donna che sa vendere bene. C’è poi la controparte maschile, Channing Tatum, ingegnere tutto d’un pezzo della Nasa che vede di cattivo occhio tutti questi lustrini e questo marketing, perché conta solo la missione, ma che lentamente sarà conquistato da questa donna irresistibile e ovviamente (visto che sono la stessa cosa) dall’idea di vendere la missione al paese.

Quel primo livello, quello della musica swing da big band, degli sguardi allusivi, delle operazioni romantiche e delle schermaglie che portano al bacio, è perfetto. Ma è il secondo che conquista davvero. Perché già non è semplice fare una commedia romantica fatta bene (oggi poi!), ma ancora di più lo è creare i presupposti per una celebrazione del capitalismo che forse non è tale. Perché, arrivato alla fine, Fly Me to the Moon è anche una gigantesca apologia della menzogna e delle fake news fatte circolare per ottenere un obiettivo superiore, e il film stesso è il primo a mettere nello spettatore il dubbio che davvero questa convinzione dei personaggi che tutto si può fare per battere i russi sia giusta. La bravura di Scarlett Johansson è di dare a questo personaggio una tenacia un filo oltre il giusto. È pronta a diventare tutto quel che serve per fare soldi, senza veri ideali che non siano la conquista dell’obiettivo. Senza etica e morale. È efficace (che è uno dei grandi miti americani) ma così tanto che fa venire qualche domanda.

Ci vorrà l’amore (ovviamente, siamo pur sempre in una commedia romantica e le cose si risolvono baciando, mica sparando) di un ragazzone americano tutto d’un pezzo, un militare, ex astronauta con un sogno e che crede nel suo paese, per temperare questa donna (che vale la pena ricordarlo, incarna sempre il capitalismo) e trovare la giusta via di mezzo. Certo è che Scarlett Johansson si mangia Channing Tatum, ne annulla la presenza scenica imponendo la propria. Lei è sempre il personaggio più interessante in scena, quello che vorresti sentire parlare, da cui ti aspetti la risoluzione e del quale vorresti sapere tutto. Che poi è la differenza tra un grande attore e una star del cinema: essere una calamita per l’attenzione dello spettatore, tenerlo attaccato e contribuire a fargli arrivare il senso ultimo di quel che si sta dicendo. Cioè venderglielo.