energia pulita

Potremmo vivere di eolico?

Il caso X1 Wind, startup catalana che mette le turbine in alto mare, ci mostra vantaggi e difficoltà di questo sistema energetico
Potremmo vivere di energia eolica

[Questo articolo è originariamente apparso su Wired n.101, il numero dedicato alle migliori startup europee, in edicola]  

Lo scorso aprile a Taranto è stato inaugurato il primo parco eolico marino d’Italia e di tutto il Mediterraneo: “Beleolico”. Con un investimento tutto sommato contenuto (circa 80 milioni di euro) nel nostro paese è apparso un impianto capace di produrre 58mila megawattora all’anno. La potenza complessiva, di circa 30 megawatt, corrisponde all’energia elettrica consumata ogni anno da circa 60mila persone. Come se una città delle dimensioni di Viareggio potesse diventare completamente indipendente dal punto di vista energetico, e riducesse a zero il proprio inquinamento. Sì perché se consideriamo che l’impianto tarantino rimarrà attivo almeno per venticinque anni allora possiamo già preventivare quanta CO2 ci permetterà di risparmiare: ben 730 mila tonnellate.

Storie come quella di Beleolico fanno sorgere due domande. Una è ottimista, ed è frutto dell’entusiasmo: a breve potremmo finalmente basare la nostra economia sull’energia pulita prodotta da fonti rinnovabili come quella eolica? La seconda, invece, ha a che fare con un senso di incredulità: se è così conveniente, come mai per inaugurare il primo impianto eolico marino abbiamo impiegato così tanto tempo? Si dà il caso che le risposte siano strettamente collegate.

Partiamo dalla prima. Per capire quanto grandi siano le aspettative sul futuro dell’eolico il modo migliore è guardare alle soluzioni che propone un’azienda che ha sede a Barcellona, in Spagna, e che si chiama X1 Wind. L’idea di fondo sviluppata a partire dal 2012 da Carlos Casanovas (mentre ancora studiava al Mit di Boston) è quella di installare grandi turbine eoliche galleggianti pensate per poter sfruttare i forti venti che soffiano in mare aperto. Il vento, dopotutto, bisogna necessariamente andarlo a sfruttare lì dove è più forte e (soprattutto) più costante, e non c’è un modo migliore di farlo che non sia a diversi chilometri dalla costa. X1 Wind è un’azienda giovane – è nata soltanto nel 2017 – ma che sin da subito è riuscita ad attirare a sé un forte interesse, sia degli addetti ai lavori che dei media e delle istituzioni europee. Per capire l’entità dell’impatto di quest’idea abbiamo chiesto direttamente a X1 Wind qual è il vantaggio ambientale più importante dell'installazione di parchi eolici offshore – cioè in mare – rispetto a quelli onshore. La risposta è che prima di tutto è sempre più difficile «trovare un'area adatta sulla terraferma per sviluppare parchi eolici». 

Ma il problema della poca disponibilità di spazio riguarda anche i parchi eolici marini a cui siamo abituati perché «l'eolico fisso offshore è limitato a profondità d'acqua di circa 40 metri, il che permette di installarlo solamente in acque poco profonde, spesso molto vicino alla costa». È da qui che arriva l’idea proposta da X1 Wind: l’off shore lontano dalla costa. I vantaggi sono sostanziosi: uno su tutti «la riduzione della necessità di occupare terreni, eliminando così la necessità di deforestazione o l'uso di siti con potenziale agricolo» e poi c’è che installando gli impianti lontano dalla costa l’impatto visivo è decisamente ridotto, o addirittura nullo. Che tradotto vuol dire meno comitati cittadini in subbuglio, meno sindaci e prefetti preoccupati e quindi lavori più spediti. Allo stesso tempo, ci raccontano sempre da X1 Wind, «le località offshore offrono risorse di vento più corpose e più stabili» e questo permette di generare molta più energia. Insomma, una tecnologia simile, se sviluppata e diffusa adeguatamente, potrebbe davvero contribuire a rendere il nostro fabbisogno energetico sempre più indipendente dalle fonti fossili. Un notevole vantaggio ambientale, visto che in questo modo riusciremmo a ridurre le emissioni in atmosfera, ma anche strategico e politico, come dimostra la recente invasione russa dell’Ucraina, in cui Mosca usa le sue esportazioni di gas come ricatto e arma politica.

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Ma veniamo alla seconda domanda che ci siamo posti all’inizio di questo articolo: come mai ci abbiamo messo così tanto tempo a puntare sull’eolico? Per rispondere bisogna parlare di un problema che non riguarda soltanto l’energia e le scelte ambientali, ma è decisamente più capillare, la burocrazia. Ecco un dato per farsi un’idea dell’entità della questione: da quando il progetto dell’impianto Beleolico è stato presentato a quando è stato realizzato sono passati ben sedici anni. Sono tempi eccessivi, e lo sono soprattutto da un punto di vista ambientale: se davvero vogliamo liberarci dei combustibili fossili (carbone e petrolio, innanzitutto, ma in futuro e con meno fretta anche il gas) bisogna poter puntare subito sulle energie alternative e ottenere dei risultati già nel giro di pochi anni. Il riscaldamento globale, come racconta l’ultimo rapporto Ipcc, è un problema su cui siamo ancora in tempo per intervenire ma ci vuole un impegno collettivo su scala globale e serve che questo impegno sia politico, sociale ed economico. Perché dal punto di vista tecnologico le idee e gli strumenti ci sono, li abbiamo già. Insomma, ciò che ha reso così lenta la realizzazione di Beleolico è la burocrazia. Dei 16 anni trascorsi dalla presentazione del progetto alla sua realizzazione, infatti, solo uno è servito ai lavori di costruzione dell’impianto, gli altri quindici sono passati nell’attesa di permessi, sentenze processuali e ricorsi. Questi problemi riguardano anche realtà come X1 Wind? In parte sì, confermano dall’azienda di Barcellona, ma per delle ragioni che non vanno sottovalutate, per tecnologie come le loro «sono necessari permessi per lo sfruttamento delle aree marine, per garantire il rispetto dell'ambiente e per connettere gli impianti alla rete elettrica» e naturalmente l’azienda si trova ad essere influenzata dalla lunghezza di questi processi, ma è tassativo anche ricordare che questi permessi richiesti sono «fondamentali» per la buona riuscita di quella che, a tutti gli effetti, è una trasformazione che apportiamo al pianeta. La soluzione ottimale sarebbe che gli stati riuscissero a stare al passo con progetti come quelli delle piattaforme in mare aperto, dotandosi di regolamenti e procedure apposite.

Gli impianti eolici proposti da X1 Wind hanno anche delle caratteristiche che servono a ridurre ulteriormente l’impatto ambientale. Gli ormeggi, per esempio, hanno un unico punto di ancoraggio, il che significa che l’impatto sull’ambiente marino è bassissimo. Non solo: si tratta di impianti particolarmente leggeri (con pesi complessivi molto inferiori a quelli standard) e questo permette di ridurre la quantità di materiale utilizzato per costruirli, e quindi anche l’impronta ecologica che ne consegue. Terzo punto che è importante notare è che grazie a un ormeggio che funziona con una piattaforma a gambe in tensione (Tlp) si riduce anche l’inquinamento acustico sottomarino.

Quando si va a vedere come mai l’azienda di Barcellona ha ottenuto così tanti riconoscimenti internazionali (compresi i fondi per la ricerca dell’Unione europea) i motivi sembrano soprattutto tre. Il primo è che l’idea che propone può essere applicata su larga scala. I luoghi ventosi in mare aperto, infatti, sono tantissimi e sono ovunque nel mondo. Italia compresa. In secondo luogo, come conferma la stessa X1 Wind, questa tecnologia ha il potenziale «di abbassare i costi dell’offshore galleggiante, un'industria in forte crescita e con il potenziale di diventare trasformativa per il settore energetico» E poi il terzo punto: i tempi. Passare dalla fase progettuale al momento in cui l’impianto è operativo, almeno in linea teorica, necessita in questo caso di soli cinque anni.

Di migliorie, poi, si sta facendo in modo di apportarne delle altre: diminuire ancora il peso degli impianti e renderli capaci di auto-orientarsi così da seguire il vento. Sono tentativi di massimizzare l’efficienza di strutture che noi, dalla costa, probabilmente nemmeno vedremo mai, ma che a tutti gli effetti possono contribuire a migliorare la salute nostra e degli ecosistemi.