La guerra del futuro

Come spende l'Europa i suoi miliardi per armi e nuove tecnologie militari

La Commissione assegna fondi per la ricerca nel campo della difesa. Da nuovi droni ai carri armati del futuro, dalle prossime corvette all'intelligence spaziale, ecco cosa finanzia
Un drone a pilotaggio remoto mostrato a una fiera in Germania
Un drone a pilotaggio remoto mostrato a una fiera in GermaniaTOBIAS SCHWARZ/AFP via Getty Images

Da 142 milioni a 1 miliardo all'anno. La Commissione europea preme l'acceleratore sugli investimenti in armi e tecnologie per la difesa. Dai 590 milioni di euro complessivi investiti tra il 2017 e il 2020, Bruxelles è passata a un pacchetto di 7,3 miliardi per il settennato 2021-27. Solo quest'anno il Fondo europeo per la difesa (Edf) ha messo sul piatto 1,1 miliardi suddivisi in 34 bandi per altrettanti temi di ricerca in ambito militare. Dallo sviluppo di nuovi modelli di droni a sensori per aumentare le capacità dei radar. Da sistemi per contrastare gli attacchi di missili ipersonici a potenziamenti dell'analisi delle immagini raccolte dai satelliti. Da armi “intelligenti” a tecnologie di comunicazione avanzate. I bandi sono stati aperti a fine giugno e c'è tempo fino al 5 novembre per dividersi una fetta della torta e, poi, un anno di tempo per consegnare il progetto.

Il progetto di una difesa comune ha origini lontane ed è stato formalizzato nel 2015, ma è stata l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia ad accelerare la marcia della Commissione europea a spendere in armi, munizioni e tecnologie militari. Basta scorrere la lista dei progetti in lizza per i finanziamenti 2024 per farsi un'idea di cosa cerchi Bruxelles. Sul piatto ci sono 100 milioni per sviluppare un nuovo drone di lungo raggio e media altezza, dotato di sistemi avanzati di intelligence, sorveglianza, acquisizione degli obiettivi e riconoscimento (in una sigla, Istar) e pilotato da remoto. Su un progetto simile l'Unione europea ha già investito, assegnano 98 milioni dei 290 complessivi necessari allo sviluppo di un velivolo simile, battezzato Eurodrone, a una cordata composta dalle francesi Airbus e Dassault Aviation più l'italiana Leonardo. Altri 11 milioni dall'Edf vanno invece al prototipo di un piccolo drone aereo a guida autonoma.

Telecomunicazioni e AI

Gran parte delle risorse va al rafforzamento dei canali di comunicazione e di scambio dei dati. Onde evitare, per esempio, che qualcuno prenda i comandi del drone pilotato da remoto. L'Edf assegna 25 milioni a una rete 5G destinata alla sfera militare, altrettanti a prototipi per comunicazioni satellitari e 24 per sviluppare sistemi dedicati a droni sottomarini. Attraverso questi canali sicuri dovranno essere trasferite le informazioni necessarie ad alimentare algoritmi e strumenti di analisi automatica. Un bando assegna 45 milioni per un prototipo di software di AI che faccia dialogare mezzi automatici e centrali operative gestite da personale in carne e ossa.

Secondo un articolo di Anthony King, docente all'università di Exeter, pubblicato sul Giornale di studi sulla sicurezza globale, finora in campo militare “l'AI non è stata utilizzata principalmente per produrre sistemi d'arma robotici o autonomi. Negli ultimi due decenni, le forze armate hanno cercato di sfruttare i big data per generare una comprensione più ricca e approfondita del campo di battaglia, tracciando le impronte lasciate nel cyberspazio dai loro avversari. Poiché esiste una quantità così vasta di dati digitali nel cyberspazio, le forze armate hanno iniziato a sfruttare il potenziale dell'AI, degli algoritmi e dell'apprendimento automatico per identificare schemi e firme, migliorando così la loro consapevolezza e affinché non manchino pezzi cruciali di informazioni”.

Uno schema perseguito anche dagli investimenti europei. Già l'anno scorso l'Edf ha sostenuto con 4 milioni un modello di comunicazione per comandare sciami di mezzi autonomi e altrettanti sono andati al rafforzamento dei cavi sottomarini, spina dorsale di internet e target militare. Per assicurarsi che i dati raccolti dallo spazio “parlino", e forniscano una rappresentazione in tempo reale e precisa dei potenziali rischi, c'è un progetto da 157 milioni, gestito da Leonardo, Airbus e Ariane group (azienda aerospaziale), per integrare le informazioni su un'unica piattaforma, sulla scia di due progetti precedenti. Ma se sommiamo tutti i programmi di intelligence attraverso sensori, satelliti e altre fonti digitali, il solo piano 2023 ha dislocato sul tema altri 70 milioni. Con altri 6 milioni l'Unione prova a cautelarsi anche in caso di blackout di comunicazioni, sostenendo un piano a trazione estone per una tecnologia di navigazione dei droni che funzioni anche senza segnali satellitari, ma si basi sull'analisi in tempo reale di ciò che la macchina “vede”.

Le nuove armi made in Eu

Il Fondo di difesa comunitaria, tuttavia, va a caccia anche di prototipi di nuove armi. Ci sono 25 milioni per la prossima generazione di blindati, 30 per la creazione di armi intelligenti e sempre più precise e 20 milioni di euro sono destinati a individuare almeno 4 potenziali soluzioni per far navigare un drone in ambienti “non permissive”, che fuor di gergo diplomatico indicano aree di guerre o caratterizzate da grande instabilità.

Altri 50 milioni riguardano la creazione di un nuovo drone terrestre, dotato di “funzioni letali”. Di che genere? Lo spiega meglio un allegato al via libera della Commissione all'Edf 2024. Si legge che il programma deve studiare un “un processo completamente autonomo di mira contro obiettivi diversi e soluzioni per la mobilità e l'ingaggio”, ma anche produrre un'analisi degli “aspetti etici e legali dell'integrazione di droni autonomi per il combattimento nelle forze armate europee”. Con una precisazione: “Se necessario, è bene che sia inclusa una ricerca per sostenere raccomandazioni e decisioni” su questi aspetti. Come dire: dateci materiale per perorare la causa.

Nel caso delle armi “intelligenti”, invece, l'Unione reclama maggiore precisione di missili e razzi, ma fa riferimento anche a “loitering munition”, ossia i droni suicidi, che girano in un'area definita finché non individuano l'obiettivo e lo colpiscono, abbattendosi su di esso. Una tecnologia militare molto controversa. L'Unione è anche interessata a copiare il modello Iron Dome, lo scudo missilistico di Israele.

Carri armati e corvette del futuro

Poco prima di aprire i nuovi bandi, la Commissione ha comunicato anche i 54 progetti vincitori del programma 2023. Tra questi rientra Marte, acronimo per Main armoured tank of Europe, un programma per sviluppare nuove tecnologie da integrare su un carro armato. A spartirsi i 20 milioni di finanziamento è una cordata di una quarantina di imprese, tra cui i due campioni della difesa di Italia e Germania, rispettivamente Leonardo e Rheinmetall. Altrettanti ne ha ricevuti un progetto simile, sempre per aggiornare l'architettura del carro armato, che invece ha in testa la francese Thales. Da Bruxelles 154 milioni finanzieranno i circa 288 necessari allo sviluppo della nuova corvetta di pattugliamento comunitaria (Epc2), che vede l'Italia Fincantieri tra i capofila del progetto (durata 48 mesi). Altri 25 milioni sono destinati alla costruzione di un prototipo di imbarcazione a guida autonoma, lunga 12 metri, che si muove mediante idroali (quindi con lo scafo fuori dall'acqua).

Leonardo è capofila di un progetto per sviluppare sistemi di contro-aerea per droni militari, che sfrutti sensori, disturbi delle reti di telecomunicazione e altre tecnologie. La francese Cilas invece è a capo di un programma per sviluppare la prima arma laser europea, forte di un sostegno di 25 milioni. Un prototipo di lanciamissili a propulsione elettro-magnetica ha incassato 4 milioni, 26 ne prende un agente di intelligenza artificiale chiamato a gestire in modo autonomo protezione e contrattacco in risposta ad aggressioni cyber, 80 milioni uno studio sulla difesa da armi ipersoniche. Altri 27 milioni hanno sostenuto la creazione di un nuovo sistema missilistico, con un raggio di 150 chilometri, 40 quella di un cargo militare e 44 quella di tecnologie offensive con droni sottomarini.

Fondi e alleanze

Ma i canali per alimentare l'industria militare europea sono vari. A fianco all'Edf c'è Eudis, uno schema che vale 2 miliardi per il settennato e sostiene l'accelerazione di startup e piccole e medie imprese (obiettivo: 400 all'anno). E il Fondo di investimento europeo (gestito dalla Banca europea degli investimenti), con un taglio più generale ma che non disdegna neanche di piazzare le sue fiches in ambito difesa, in particolare su tecnologie di ambito duale (civile e militare). Il suo scopo è quello di agire da investitore chiave, attirando di conseguenza altri operatori disponibili a dividersi il rischio, ma fino al 2027 ha da spendere 175 milioni di euro. Altri 8 miliardi, sempre nell'orizzonte dei prossimi 3 anni, potrà mobilitare la Banca europea per l'industria della sicurezza.

Sette gli investimenti già siglati. Tra questi, ci sono 10 milioni di euro alla tedesca Quantum Systems per droni a decollo verticale, 30 alla spagnola Skydweller per il suo velivolo a guida autonoma alimentato a celle solari, 600 milioni su due programmi di comunicazioni spaziali. Anche l'italiana Leonardo ha beneficiato dei prestiti della Bei, che ha siglato un assegno da 260 milioni per attività di ricerca e sviluppo in vari ambiti tecnologici.

Nei giorni scorsi Eif ha siglato un accordo con il Fondo innovazione della Nato (Nif), il primo fondo di venture capital sovrano multinazionale, sostenuto da 24 dei 32 paesi che fanno parte dell'Alleanza atlantica. Nif ha in cassa un miliardo per foraggiare con fondi “amici” aziende innovative in tecnologie di frontiera, come intelligenza artificiale, spazio, robotica, nuovi materiali e biotecnologie. Le due cassaforti hanno deciso di fare squadra per aumentare la potenza di fuoco degli investimenti e accelerare i risultati delle strategie aziendali. La Nato ha iniziato a piazzare le sue fiches: ha finanziato quattro startup, in ambito spazio, materiali, semiconduttori e robotica. Tra i beneficiari c'è Arx Robotics, sede a Oberding, Baviera. La startup realizza mezzi a guida autonoma per la difesa, che possono essere impiegati per spostare pesi fino a 500 chili, fare sorveglianza o fungere da obiettivi. I suoi dispositivi sono già in uso agli eserciti di Germania, Austria, Ungheria e Svizzera e sono stati impiegati anche sul fronte ucraino.

A sua volta la Nato fa scounting di startup attraverso Diana, il suo programma di accelerazione. L'anno scorso ne ha finanziate 44, nei settori dell'energia, delle telecomunicazioni e della sorveglianza, con un assegno da 100mila euro e sei mesi di incubazione nei suoi centri sparsi in Europa. Settimana scorsa ha lanciato cinque nuovi bandi. C'è tempo fino al 9 agosto per presentare idee non solo nei tre campi già coperti nel 2023, ma anche in quelli della salute e della logistica e delle infrastrutture critiche. Attenzione particolare sarà garantita a idee che intersecano queste aree di interesse con applicazioni in ambito spaziale, di resilienza e sostenibilità.

Un'industria in crescita

L'industria della difesa sta vivendo un particolare fermento in Europa, spinta dalla corsa al riarmo dopo l'invasione dell'Ucraina. Secondo la banca d'affari Goldman sachs, i titoli della difesa quotati presso i listini del vecchio continente hanno incrementato il loro valore del 45% in media. L'Euro Stock Aerospace & Defence Index, un indice della Borsa tedesca che riunisce i principali titoli in ambito militare (come Airbus, Rheinmetall, Leonardo e Bae), da febbraio 2022 si è impennato del +194%. L'Agenzia europea per la difesa calcola che nel 2022 la spesa militare dei 27 si è attestata, in media, all'1,5% del prodotto interno lordo, per un totale di 240 miliardi di euro.

E l'Edf prepara il terreno alle nuove tecnologie da comprare. Come si legge nel documento programmatico, il fondo dovrà assicurare che entro il 2027 l'Unione europea possa avere pronti i prototipi di droni da combattimento, di programmi per il controllo e il comando sviluppati localmente, sistemi radio interoperabili e integrazioni tra le difese aeree e lo sciame di satelliti che osserva la Terra. Dovranno essere realizzate piattaforme cloud per archiviare ed elaborare le informazioni raccolte, nuovi sistemi di allerta rapida per gli attacchi missilistici e nuovi mezzi da combattimento navali e terrestri. Uno sconfinato programma di ricerca, suddiviso tra centinaia di aziende (1.200 quelle coinvolte a più livelli nei 157 progetti finanziati tra il 2021 e il 2023), che ora dovrà passare al vaglio della nascente Commissione, ancora più votata ad aprire la borsa quando si tratta di spendere per le armi. Non si tratta, d'altronde, solo di prepararsi alla guerra. Per un'Unione ossessionata dalle migrazioni, droni, sistemi di sorveglianza e tecnologie di controllo possono essere un alleato anche per rafforzare la chiusura dei confini.