Arbitro donna, «Se eri in cucina non succedeva» e gli altri commenti sessisti che non vogliamo più sentire

L'ultimo caso viene da Imperia. Il preside di un liceo ha commentato l'infortunio a un’assistente di linea, Guadalupe Porras Ayuso, impegnata nella partita Bethis – Athletic, due settimane fa. È solo l'ultimo degli insulti arrivati a questa donna e davvero non vorremmo sentirne più rivolti a lei e a chiunque altro
Guadalupe Porras Ayuso
Guadalupe Porras Ayuso - arbitro donna assistente di lineaBSR Agency/Getty Images

«Sì vabbè… però oggettivamente se fosse stata in cucina a preparare tagliatelle (cosa degnissima, che con ogni probabilità non sa fare), non si sarebbe fatta male tesoro». Queste parole sono rivolte a una donna che fa l'arbitro e sono state scritte dal preside di una scuola. Questo le rende ancora più sgradevoli delle decine di commenti sessisti che, in queste settimane, sono stati rivolti all’assistente di linea, Guadalupe Porras Ayuso, infortunatasi durante la partita Bethis – Athletic dopo lo scontro con un cameraman che si era avvicinato troppo al campo.

Le immagini del suo volto coperto di sangue erano ovunque un paio di settimane fa. I commenti non si chiedevano come stesse, ma, per la maggior parte, dicevano, con un sessimo di fondo davvero poco sopportabile, che praticamente se lo meritava perché il campo da calcio non era posto da donne, nonostante la Porras da anni abbia esperienza come arbitro e assistente in diverse categorie. Se ne contano decine in italiano sotto gli articoli e i post della Gazzetta dello Sport e non solo. «Non basta togliere la patente alle donne, adesso pure a piedi fanno danni». «Vai a cucinare ai bambini a casa. Non è lavoro per te». E ancora: «Non basta togliere la patente alle donne, adesso pure a piedi fanno danni».

Fra questi commenti anche quello di Paolo Auricchia, preside del liceo Vieusseux di Imperia in una chat privata su Linkedin, secondo quanto scrive Il Secolo XIX. Il testo è diventato di dominio pubblico e gli studenti dell'Istituto hanno fatto partire le proteste. Nella mattina di lunedì 11 marzo hanno mostrato cartelli e scandito slogan. Non vogliono «tagliatelle al gusto di maschilismo». Chiedono le dimissioni del preside. Alessandro De Masi rappresentante degli studenti ha detto al Corriere della Sera: «Siamo rimasti tutti sconvolti da questa uscita, un fatto triste su cui vogliamo spiegazioni. Per protesta ci presenteremo con i maschi vestiti in grembiule e le femmine vestite da calciatori. Poi martedì il vero corteo con tutte le scuole e i docenti».

La consigliera regionale ligure di Parità Laura Amoretti ha chiesto al dirigente di porgere esplicite e formali scuse a «tutte le ragazze iscritte al Liceo Vieusseux, e alle loro e ai loro insegnanti, che con capacità e competenza sanno dare vita alla cultura per la parità di genere. Chieda scusa a loro e a tutte le donne che ogni giorno rivendicano il valore delle proprie capacità e competenze».

Imperiapost riporta le parole che il preside ha aggiunto: «La gente non ammette che altri possano avere opinioni diverse da quelle di tendenza. Non si offende nessuno a dire che le donne non appartengono al mondo del calcio, tanto è vero che fino a una quindicina di anni di fa non ne facevano parte e ciò non vuol dire che i nostri padri o i nostri nonni fossero trogloditi. È il libero pensiero. Poi, del resto, sui social si scrive un po’ di tutto. Non capisco tanto clamore».

Il clamore sta nel fatto che queste parole, come molte altre sentite riguardo a questo episodio, sono altamente sessiste. Il calcio non è territorio esclusivo degli uomini, come non lo è nessuno sport. E non sono le sole e non riguardano solo il calcio. Lo scorso novembre in Veneto, un cinquantenne, padre di un giocatore di basket, è stato identificato dalla polizia dopo aver urlato a un arbitro donna «devi fare la stessa fine di quella di Vigonovo», con riferimento al femminicidio di Giulia Cecchettin. Questo insulto è stato rivolto una ragazza 17enne. La Setina, società di Prima Categoria, ha visto i suoi due allenatori squalificati «per le espressioni gravemente ingiuriose di discriminazione sessista al direttore di gara». Evidentemente non bastano questi provvedimenti e come sempre serve quel cambio culturale tanto richiesto in ogni questione di genere e che sempre più tarda ad arrivare.