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Basilica di Santa Maria sopra Minerva

Coordinate: 41°53′53″N 12°28′42″E
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Disambiguazione – "Chiesa di Santa Maria sopra Minerva" rimanda qui. Se stai cercando la chiesa di Santa Maria sopra Minerva di Assisi in provincia di Perugia, vedi Tempio di Minerva (Assisi).
Basilica minore di Santa Maria sopra Minerva
La facciata.
StatoItalia (bandiera) Italia
RegioneLazio
LocalitàRoma
Coordinate41°53′53″N 12°28′42″E
Religionecattolica di rito romano
TitolareMaria
Diocesi Roma
ArchitettoCarlo Maderno
Stile architettonicoGotico, Barocco, Neogotico
Inizio costruzioneXIII secolo
CompletamentoXIX secolo
Sito webSito ufficiale

La basilica di Santa Maria sopra Minerva (in latino basilica Sanctae Mariae supra Minervam) è una basilica minore di Roma situata nel rione Pigna, in piazza della Minerva, nelle vicinanze del Pantheon.

Si tratta di uno dei pochissimi esempi di architettura gotica a Roma. La basilica ospita le spoglie di diversi personaggi importanti tra cui Caterina da Siena, proclamata dottore della Chiesa nel 1970, del pittore mistico Beato Angelico, proclamato «Patrono universale degli artisti» nel 1984 e di Papa Benedetto XIII. Al suo interno conserva pregevoli opere d'arte tra cui gli affreschi di Melozzo da Forlì e Filippino Lippi.

Fu nel convento adiacente alla chiesa che, il 22 giugno 1633, il padre dell'astronomia moderna Galileo Galilei, sospettato di eresia, abiurò le sue tesi scientifiche per salvarsi la vita dalla condanna della Santa Inquisizione.

La chiesa (contrassegnata con il numero 844) nella pianta di Roma di Giambattista Nolli del 1748

Nell'VIII secolo esisteva un oratorio dedicato alla Vergine con il toponimo di Minervum. La zona in cui sorse corrispondeva infatti a una vasta area sacra di epoca romana che ospitava diversi edifici di culto, quali il tempio di Iside e Serapide, e il tempio di "Minerva Chalcidica", da cui derivò il nome di "Minervum". Il tempio di "Minerva Chalcidica" è noto alle fonti per essere stato costruito da Domiziano nel Campo Marzio; un tempo si credeva che la chiesa fosse stata costruita proprio sopra questo tempio, ma esso è stato tuttavia in seguito collocato in corrispondenza dell'odierna chiesa di Santa Marta, in piazza del Collegio Romano, probabilmente legato al Divorum[1]. L'oratorio fu dato nell'VIII secolo alle monache basiliane provenienti da Costantinopoli, poi, nel 1266, passò ai frati predicatori domenicani, ma il possesso definitivo della chiesa fu dato loro soltanto nel 1275[2] ed entrò a far parte di un complesso conventuale domenicano noto anche come insula sapientiae.

Nel 1280 fu iniziata la costruzione della grande chiesa gotica a tre navate da parte dei Domenicani, grazie ai finanziamenti donati da Bonifacio VIII e da molti fedeli. Gli architetti si ispirarono alla basilica di Santa Maria Novella di Firenze, tuttavia semplificando molto gli elementi dell'esempio fiorentino[3]. I lavori continuarono fino al 1453, quando la navata maggiore fu coperta a volta, mentre quelle laterali lo erano fin dal Trecento. Sempre nel 1453, il conte Francesco Orsini ordinò la costruzione a spese proprie della facciata. Tuttavia essa rimase incompiuta in laterizio a vista fino al 1725, quando la sua costruzione fu terminata per volere di papa Benedetto XIII. Nel 1600, molti lavori interni, tra cui la trasformazione a tutto sesto degli archi ogivali delle navate, fecero assumere alla chiesa un aspetto barocco. La chiesa è titolo cardinalizio dal 1557. Il primo cardinale titolare fu Michele Ghislieri, che poi divenne papa con il nome di Pio V nel 1566, anno in cui elevò il suo vecchio titolo a basilica minore. Tra il 1848 e il 1855 Girolamo Bianchedi diresse importanti lavori di restauro, nel corso dei quali fu demolita la maggior parte delle aggiunte barocche, mentre le spoglie pareti furono arricchite di affreschi neogotici. Nel 1909 fu realizzato il grande organo a trasmissione pneumatica dalla ditta di Carlo Vegezzi Bossi, restaurato nel 1999.

La facciata e l'obelisco.

Di stile prevalentemente romanico (con influssi abruzzesi e rinascimentali), la facciata tradisce così lo stile architettonico usato per l'interno, che è invece il gotico. Le sue decorazioni rinascimentali sono opera del Raguzzini e risalgono all'intervento settecentesco di Benedetto XIII. Il grande portale maggiore, invece è ottocentesco ed ha un fregio decorato con ghirlande.

Nel piazzale antistante la facciata si trova un obelisco egizio issato su un basamento, opera di Ercole Ferrata su progetto del Bernini, raffigurante curiosamente un grazioso elefantino.

Sulla parte destra della facciata si possono confrontare alcuni indicatori del livello del fiume Tevere, posti nei secoli in occasione di alluvioni. Il più antico risale al 1422, durante il pontificato di Martino V, mentre quello indicante il livello più alto raggiunto risale al gennaio 1548; il più recente è del dicembre 1870.

Navata
Volta della navata centrale.

L'interno della basilica è a tre navate scandite da possenti pilastri con transetto e profonda abside. Lungo le pareti e la volta della chiesa si estende una fitta decorazione ad affresco in stile neogotico, risalente ai lavori di restauro ottocenteschi di Bernardino Riccardi, Pietro Gagliardi, Tommaso Greggia, Raffaele Casnédi. Sulle due navate laterali si aprono varie cappelle laterali che hanno mantenuto il loro aspetto barocco. Fra queste:

Al suo interno l'edificio conserva pregevoli opere del Quattrocento e del Cinquecento anche di Raffaellino del Garbo nonché la lastra funeraria di Beato Angelico e la statua del Cristo portacroce, opera di Michelangelo. Nella terza cappella della navata di sinistra è collocato il Cristo Salvatore, dipinto su tavola attribuito a Perugino. Si trovano infine vari monumenti funerari e cenotafi realizzati da Gian Lorenzo Bernini o attribuiti a lui come Memoria a Maria Raggi e il busto della tomba di Giovanni Vigevano che costituisce la prima svolta della ritrattistica berniniana perché fu il primo ritratto che realizzò avendo potuto studiare il modello ancora in vita.[6]

L'altar maggiore con il sepolcro di Santa Caterina da Siena

Al di sotto della mensa dell'altar maggiore, in stile neogotico, vi sono, racchiusi in un sarcofago quattrocentesco, i resti del corpo di Santa Caterina da Siena, mancanti del teschio e di un dito, che si trovano nella basilica di San Domenico in Siena. Il sarcofago, restaurato fra il 1999 e il 2000, raffigura sul coperchio, ricavato da una statua, la santa giacente.

Nell'abside, illuminata da tre grandi bifore, si conservano le sepolture e i monumenti di vari papi e cardinali, fra cui quelli molto simili di due papi medicei, Leone X e Clemente VII. Entrambi contengono statue di Baccio Bandinelli. Fra le lastre tombali del pavimento vi è quella che segnala la tomba del cardinale e umanista Pietro Bembo, morto nel 1547.

Nella basilica si trovano anche i monumenti funerari di tre altri papi: Paolo IV, Urbano VII e Benedetto XIII (quest'ultimo con una statua del pontefice dovuta a Pietro Bracci).

La tela d'altare della sacrestia fu realizzata da Andrea Sacchi negli anni trenta del XVII secolo su incarico del cardinale Antonio Barberini.

Dietro la Sacrestia è la suggestiva Stanza di Santa Caterina, ricostruita nel 1637 con le mura stesse della camera ove morì in via di S. Chiara, con affreschi assai danneggiati della scuola di Antoniazzo Romano.

In questa chiesa si conservano i sepolcri di alcuni personaggi illustri:

Organi a canne

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L'organo Vegezzi Bossi
La consolle

Nel 1628, l'organaro Ennio Bonifazi, detto "il Cerricola" costruì due organi quasi identici per la basilica, collocandoli nei due transetti sopra delle cantorie. Mentre quello di destra fu saccheggiato di tutte le sue canne interne e poi incendiato, tutte le canne dell'organo di sinistra furono utilizzate per l'organo del Duomo di Sutri. Nel 1909 la ditta d'organi di Carlo Vegezzi Bossi costruì, op.1300, nel corpo dell'organo di sinistra un nuovo strumento a trasmissione pneumatica, dotato di tre tastiere e pedaliera. Fu il primo organo ad essere dotato di due consolle, la seconda era dietro l'altare, fu rimossa per problemi tecnici. Le casse di entrambi gli organi sono quelle originarie del Seicento e sono opera dell'architetto romano Pietro Maruscelli. Nel 1965 la chiesa fu dotata di un terzo organo, dotato di due manuali e pedaliera, opera della ditta Mascioni di Cuvio, collocato in una cassa dietro l'altar maggiore.

La Chiesa della Minerva fu unita ad uno dei più importanti conventi dell'ordine domenicano. Sviluppatosi progressivamente nel corso del XIV secolo, il convento divenne, nel corso dell'età moderna, la sede delle alte gerarchie dell'ordine (maestro generale, procuratore) e ospitò, tra l'altro, la Congregazione del Sant'Uffizio. Vi ebbero luogo due conclavi e l'elezione dei papi Eugenio IV (1431) e Niccolò V (1447), e l'abiura di Galileo.

Dal punto di vista architettonico esso si venne articolando su due chiostri: il chiostro Guidetti, adiacente alla chiesa, che fu completamente riedificato alla fine del Cinquecento, ed il chiostro della Cisterna, costruito alla fine del Quattrocento utilizzando colonne romane di spoglio.

Alla fine del Cinquecento, per impulso del maestro generale Vincenzo Giustiniani, il convento fu ampliato ed abbellito. Intorno al chiostro della Cisterna furono creati, attraverso un processo di sopraelevazione, l'appartamento del maestro generale, una grande sala destinata a biblioteca ed una serie di appartamenti di rappresentanza, attualmente noti come "Sale Galileo" (con la sala del Refettorio, le Sale dell'Inquisizione, le sale Galileo e la sala delle Capriate), attualmente rientranti nel Palazzo San Macuto. Queste sale furono adornate da un ciclo di affreschi celebrativi dei meriti dell'ordine domenicano nella lotta contro l'eresia, attribuiti a Francesco Allegrini e realizzati verso il 1660.

All'inizio del Settecento nell'area del convento dei Domenicani (con la sala dei Papi) fu collocata la Biblioteca Casanatense, di cui i domenicani ebbero la gestione, ma non la proprietà: in essa è rimarchevole il salone monumentale della Biblioteca Casanatense.

Utilizzato come caserma durante l'occupazione napoleonica di Roma (1808-1814), il convento fu definitivamente espropriato dallo Stato italiano dopo il 1870 e destinato a sede del Ministero delle poste e dei telegrafi e del Ministero della pubblica istruzione.

Attualmente l'area esterna alla biblioteca casanatense - consistente nei palazzi San Macuto e della Minerva - è occupata dal Polo bibliotecario parlamentare e da una comunità di frati domenicani, che hanno riottenuto una parte degli ambienti cenobitici.

Opere già in Santa Maria Sopra Minerva

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  1. ^ Francesca De Caprariis, "Minerva Chalcidica, Templum" in Eva Margareta Steinby, Lexicon Topographicum Urbis Romae, III, Roma 1996, p.255.
  2. ^ In quell'anno la chiesa divenne una parrocchia autonoma, poiché fino a quel momento era parte della parrocchia di San Marco.
  3. ^ Richard Krautheimer, Roma. Profilo di una città, 312-1308 Roma, Edizioni dell'Elefante, 1980. Pagg. 265-266.
  4. ^ Cappella di San Domenico, su basilicaminerva.it. URL consultato il 19 luglio 2013 (archiviato dall'url originale il 26 luglio 2013).
  5. ^ Silvia Catitti, L'architettura della cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva a Roma in: "Annali d'architettura" n.16, 2004
  6. ^ AA. VV., I Marmi vivi, Bernini e la nascita del ritratto Barocco, Giunti, Firenze, 2009
  7. ^ Cosa collega Capua con Copernico?, nel blog dell'Accademia Palasciania.
  • R. Fr., Nella chiesa di Galileo, il giallo della sfera rubata, Corriere della Sera - Roma, 30 novembre 2005
  • Giancarlo Palmerio, Gabriella Villetti, Storia edilizia di S. Maria sopra Minerva in Roma, 1275-1870 Roma, Viella, 1989.
  • Giovanni Battistelli, Oscar Mischiati, Arnaldo Morelli, Claudio M. Strinati, Organi e cantorie nelle chiese di Roma Roma, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, 1994.

Voci correlate

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